Esistono molte varianti della canzone a testimonianza della sua vasta popolarità e diffusione. Una vecchia bothy ballad che affonda nella materia medievale dei canti dei vaganti, quel vasto sottobosco di umanità un po’ artistoide, un po’ disadattata, un po’ morta di fame che si arrabattava a sbarcare il lunario esercitando i mestieri più improbabili e spesso truffaldini.
Probabilmente già lo stesso Richard Brome si ispirò a questi canti dei mendicanti per la sua commedia “A Jovial Crew, or the Merry Beggars” (1640), in cui scrive il coro “The Beggar” detto anche The Jovial Beggar, con il refrain:
And a Begging we will go, we’ll go, we’ll go,
And a Begging we will go.
Come sia la melodia raggiunge una notevole popolarità moltiplicandosi in tutta una serie di “clonazioni” A bowling we will go, A fishing we will go, A hawking we will go, and A hunting we will go e così via. Terre celtiche
segue grossomodo il testo riportato in “Folk Songs of Lancashire” (Harding 1980).
La protesta contro il “sistema” all’insegna del sex-drinks&piping s’incanala in uno specifico filone di canti popolari (britannici e irlandesi) sul mestiere di mendicante, uno spirito libero che vagabonda per il paese senza radici e vuole solo essere lasciato in pace.
Chissà quando, da qualche parte avevo letto che la passione musicale di frate Francesco era tanta da arrivare talvolta a costruirsi una rozza imitazione di una viella, raccogliendo da terra un pezzo di legno che poi teneva con il braccio sinistro e sfregava con un altro legnetto tenuto curvo da un filo a mo’ di archetto, accompagnando il proprio canto usando la lingua “gallica” (romanza o galloromanza). Che frate Francesco amasse la musica risulta da pressoché tutti i testi bioagiografici, duecenteschi e trecenteschi, che lo riguardano. Fin da giovane gli piaceva cantare. Il suo era un canto liturgico: durante la celebrazione del Natale a Greccio cantava con “voce robusta, dolce, limpida e sonora" come annotava frate Tommaso da Celano. Francesco componeva anche la musica e anche alcuni dei suoi suoi fratelli-frati, prima della conversione, erano stati musicisti di professione come Pacifico che nel secolo era assurto a grande fama con la qualifica di re dei versi, autore di canzoni mondane.
la versione originaria di "Judges and Juries" era un lament, uno straziante lamento del detenuto che piange la separazione dalla sua fidanzata, o viceversa
La ballata è ripresa anche nella serie televisiva "Sharpe's Rifles" Terre eltiche
Scanzonata e divertente, "Black Velvet Band" è la tipica canzone irlandese che vuol mettere in guardia gli uomini dalle belle donne di facile conquista, perchè procurano solo guai.
L'origine della canzone è sconosciuta ma essendo molto popolare e diffusa dall'Irlanda all'America e all'Australia presenta molte varianti testuali, quasi tutte si concludono con la strofa di avvertimento di non bere troppo in compagnia di una bella ragazza. Terre celtiche
UNA FASCIA DI VELLUTO NERO (Continues)
Contributed by Cattia Salto 2018/3/23 - 22:21
Gli Irish Rover cantano un'altra versione della storia:
I due si incontrano in un bar e lui quasi “inavvertitamente” si trova per le mani un “oggetto” che la ragazza ha rubato ad un cliente. Qui arriva il poliziotto e li arresta entrambi. Tuttavia la passeggiata per il corso è quella che va per la maggiore
The Bonny Moorhen nella versione scozzese è una jacobite song. scritta in codice e in cui l’uccello invocato non è un “moorhen” ma il Bel Carletto.
La melodia è quantomeno seicentesca e riproposta con altri testi per buona parte del settecento.C’è anche una versione goliardica di Robert Burns riportata nelle “Merry Muses of Caledonia” uscito postumo dal titolo “The Bonie Moo-hen” a hunting song”: nella versione di Robert Burns si tratta di una battuta di caccia alla gallinella d’acqua. Il poemetto è un linguaggio cifrato tra lui e la bella Nancy McLehose con cui il bardo intratteneva una relazione adulterina, ennesima prova di una loro relazione molto più carnale di quanto sia stato lecito supporre nei salotti edimburghesi del tempo.
LA VERSIONE TRADIZIONALE
La bella gallinella d’acqua (Gallinula chloropus) porta i colori del vecchio tartan Stuart: becco rosso acceso, zampe verdi, piumaggio... (Continues)
Cattia Salto 2018/3/23 - 19:47
The Bonny Moorhen
Ewan MacColl e Peggy Seeger, The Corries
Ennesima Jacobite Song made in Scozia, scritta in codice e in cui l’uccello invocato non è un “moorhen” ma il Bel Carletto.
Moorhen è la gallinella d'acqua, il maschio e la femmina hanno una livrea identica con colorazione prevalentemente marrone scuro-grigio e nera. Terre Celtiche
Il buon BB è riuscito a beccare una Child Ballad che non avevo mai tradotto a partire dal 1982 o giù di lì: gliene va dato il dovuto atto e onore. In realtà non avevo mai pensato di occuparmi di questa Border Ballad, lo riconosco: le Border Ballads sono in generale molto belle, ma anche abbastanza ripetitive nel descrivere le vicende di quella terra senza legge tra i secoli XVI e XVII. Terra senza legge, quindi terreno straordinariamente fertile per ogni tipo di ballata epica, esattamente come il Wild West americano, come i Balcani, come l'Italia meridionale ai tempi della "guerra al brigantaggio". Ci sono due considerazioni fondamentali da fare sulle Border Ballads: la prima è che fioriscono in un periodo dove tutti si sbudellavano allegramente con tutti, senza nessuna questione di "torto" o "ragione": era così e basta. La seconda è che la balladry, come sempre, e come in ogni epoca e paese,... (Continues)
Grazie Riccardo, chissà perchè ma ti avrei visto bene a cavalcare, menar le mani, bere ed amoreggiare sui Borders tra XVI e XVII secolo... Forse avresti avuto l'autorevolezza per mettere un po' ordine anche lassù, così come sei solito fare sulle pagine delle CCG/AWS!
Ciau!
Ma guarda che queste erano le attività usuali del mio avo, l'Anonimo Scozzese del XVI Secolo! Ivi compreso catalogare e manoscrìvere Border Ballads, quell'ingrato di Francesco Giacomo Infante poteva anche citarlo una piccola volta nella sua raccolta, ma dico io...
Non lontano dalle mura di Enna s'apre il Pergo,
lago d'acque profonde; mai il Caistro,
nelle sue onde fuggenti, ode canti di cigni
più di quello. Una selva corona le sue acque
e ne avvolge le rive, e le fronde come velo
allontanano l'impeto di Febo. I rami danno ombra
e l'umida terra fiori d'ogni specie:
là eterna è primavera. Mentre in quel bosco
giocava Proserpina cogliendo bianchi gigli e viole
con gioia di fanciulla, a gara con le amiche,
colmandone il grembo e i canestri, la vide Plutone
e subito l'amò e la rapì: tanto fu rapido amore.
Proserpina, impaurita, chiamava con voce dolente
la madre e le compagne, ma più la madre;
e poi che lacerata alle spalle pendeva la sua veste,
caddero dalla tunica sciolta tutti i fiori.
V'era tanta innocenza nella sua fresca età,
che per i fiori caduti fu in pena la fanciulla.
E intanto Plutone... (Continues)
L'Anonimo Toscano del XXI secolo 2018/3/22 - 14:16
Probabilmente già lo stesso Richard Brome si ispirò a questi canti dei mendicanti per la sua commedia “A Jovial Crew, or the Merry Beggars” (1640), in cui scrive il coro “The Beggar” detto anche The Jovial Beggar, con il refrain:
And a Begging we will go, we’ll go, we’ll go,
And a Begging we will go.
Come sia la melodia raggiunge una notevole popolarità moltiplicandosi in tutta una serie di “clonazioni” A bowling we will go, A fishing we will go, A hawking we will go, and A hunting we will go e così via.
Terre celtiche