Il testo italiano riferito da Antonia Arslan nel suo romanzo “La strada di Smirne”, riportato qui a commento della canzone Deir Ez-Zor di Lucia Moon, è abbastanza simile ma non identico a questo, Inoltre mi pare che il preciso riferimento a Deir Ez-Zor, la Auschwitz armena, dati quella ninna nanna all’epoca del secondo massacro armeno del 1915-16.
Tigre dell’Amur
Impressionanti sequenze del rilascio in libertà nelle foreste del Primorye siberiano di tre tigri rimaste orfane da cuccioli in seguito all’uccisione della madri ad opera di bracconieri.
La ninna nanna citata nell’introduzione, come tradotta in italiano da Antonia Arslan, è probabilmente quella intitolata “Nazei Oror”.
Mi riservo di contribuirne il testo nei prossimi giorni perchè il mio programma di scrittura domestico non supporta i caratteri armeni.
Dagli archivi zaristi riemergono le immagini del massacro degli armeni del 1915, nella Turchia Orientale, il primo genocidio di massa del secolo. È la carica, l’andare violento, dell’esercito turco a cavallo. Nelle città, nei villaggi, nei monasteri. Il fuoco, il fumo, la polvere, la distruzione. Elenchi di atrocità, di contemplazione del dolore. Ai sopravvissuti non rimane che la via dell’esilio. È l’inizio del vagare di un popolo per i quattro angoli della terra. E non vi è ritorno.
Yervant Gianikian ed Angela Ricci Lucchi - lui di origine armena, lei romagnola - lavorano insieme dagli anni 70 e sono registi “archelogi delle immagini”.
Loro è anche una spendida trilogia - anch’essa risultante dal montaggio artistico di rare immagini di repertorio - dedicata alla Grande Guerra: “Prigionieri della guerra 1914-18” (1995), “Su tutte le vette e pace” (1999) e “Oh, uomo!” (2004)
Sembrerebbe la sigla di una telenovela cinese, non saprei dire di che parla il testo, ma senza dubbio la musica è quella del pescatore. se si potesse andrebbe un bollino bleah, solo su questo video
(video non più disponibile)
dq82 2015/1/17 - 10:15
Pur essendo fuori dal coro della moltitudine che osanna questa canzone (una delle poche di De Andrè che non mi piacciono) voglio esprimere i miei complimenti sinceri per le varie traduzioni pubblicate: un lavoro collettivo straordinario!
Inoltre, anche se con oltre dieci anni di ritardo (vedi l'intervento di Riccardo Venturi del 2-12-2004), vorrei contribuire con queste informazioni riguardanti il gruppo tedesco Diesiebenleben assieme ai quali (e ad altri) ho partecipato a un evento mondiale dedicato a Cohen svoltosi a Berlino nell'agosto del 2006.
Chanson allemande – Dachaulied – Jura Soyfer – 1938
Texte : Jura Soyfer
Musique : Herbert Zipper
Je ne souhaite pas faire de longs commentaires ; je voudrais seulement rapprocher cette chanson de la suite de 24 chansons que comporte Dachau Express, qui raconte à son tour – de façon plus ample et plus détaillée – la vie dans le camp de concentration quelques années plus tard, telle qu'elle fut rapportée par un prisonnier italien antifasciste, Joseph Porcu.
Marco Valdo M.I.
Herbert Zipper raconte en 1988 à l'« Österreichischen Musikzeitschrift » comment nacquit cette chanson :
« En août 1938, dans le camp de concentration de Dachau, pendant une semaine entière, Jura Soyfer et moi, on dut charger une brouette de sacs de ciment, qui avaient été empilés à l'extérieur du camp de concentration. Ensuite, nous devions conduire la brouette dans le lager et la décharger. Donc, nous avons passé... (Continues)
Un prete nelle Fosse Ardeatine - don Pietro Pappagallo
"Pane e Cipolla e Santa Libertà", è probabile che un buongustaio come Aldo Fabrizi non avrebbe sottoscritto facilmente ai primi due termini del trinomio; il prete corpulento che l'attore romano interpretò in "Roma città aperta", invece, ne aveva fatto il motto di un'esistenza coraggiosamente libera e cristiana.
Il don Pietro "partigiano" di Roberto Rossellini - e dell'aiuto sceneggiatore Federico Fellini - era infatti il calco di un personaggio realmente esistito (pur se la fine del sacerdote cinematografico si ispira piuttosto a un altro prete romano, don Morosini, fucilato a Forte Boccea): don Pietro Pappagallo, l'unico sacerdote ucciso alle Fosse Ardeatine. E forse il solo, fra le 335 vittime dell'allucinante eccidio del 24 marzo 1944, a cui fu offerta la possibilità di salvarsi e la rifiutò.
Ora, a sessant'anni dall'episodio,... (Continues)