E così, dopo una lunga vita, se n'è andato Manlio Sgalambro. Non fosse stato per Battiato e per le sue canzoni, sarebbe rimasto senz'altro confinato in quel suo pensiero che, come ha affermato, "non gli ha dato gioia". Non è, per essere sincero in modo brutale, un pensiero che mi abbia granché corrisposto; le sue radici nichiliste e la sua insalata di Nietzsche e Cioran non mi hanno mai appassionato più di tanto. Ma riconosco, limitatamente alla sua collaborazione con Battiato, qualche testo interessante o quantomeno da considerare, anche al di là del "boom" de La cura. C'è poi il ricordo di questa canzone, certamente, e di quella notte al confino in ospedale; una cosa che, per me, resterà per sempre piantata dentro con quella voce da siciliano antico (non molto dissimile da quella di Andrea Camilleri). Dunque, buon viaggio a Manlio Sgalambro in quel vastissimo nulla... (Continues)
Un altro esempio della parlata sostanzialmente polacca, ma con un forte accento, in puro stile jewish jokes.
Il video viene riportato allo scopo strettamente educativo.
Lo sketch è intitolato "Debito". Bisognerebbe aggiungere che questo modo di parlare sia oramai scomparso dalle nostre parti insieme alle persone che lo praticavano.
Per Lorenzo. Qualche tempo fa mi sono imbattuto in un personaggio di nome Frank Wilczek. L'avrai sicuramente sentito nominare, visto che di adroni te ne intendi. Mi è simpatico per almeno due motivi: ha intitolato la sua dissertazione "The Lightness of Being, Mass, Ether, and the Unification of Forces", facendo verso al famoso romanzo di Milan Kundera "L'insostenibile leggerezza dell'essere" e in secondo luogo, semplicemente perché il suo cognome tradotto in italiano, significa "lupacchiotto". Tante buone collisioni degli adroni!
Anvedi, pure lì Perls Bifore Suine...sarano gagliardi 'na cifra pure kuesti!
krzyś 2014/3/6 - 08:22
Parlavo degli scozzesi delle Highlands, dove la Riforma non ebbe grande successo... Fu anche per quello che i landlords protestanti non ebbero alcuna remora a perseguitare e a far fuori la popolazione da quelle terre...
Ok, ci sta... La madre che, come tutte le madri, piange il figlio partito per la guerra, dopo di che racconta orgogliosa, in parte anche con le parole di lui, delle sue sconfitte e delle sue vittorie. E alla fine (happy end) il soldatino se l'è cavata (thank God) e torna a casa ad abbracciare la mamma...
Se vogliamo considerarla una CCG, fate pure, per me non lo è affatto.
Saluti
Su Ballads On Line ho trovato un testo molto simile, datato tra il 1850 ed il 1899, presente in una raccolta pubblicata a Dublino da Nugent, J.F. & Co. La canzone s’intitola “The Young Soldier’s Letter To His Mother” e la melodia è quella della tradizionale nord-irlandese “The River Roe” (il River Roe - Abhainn na Ró – scorre nella contea di Derry).
L’ordine delle strofe è diverso e non c’è il lieto fine: “Nessuno potrebbe descrivere l’immane massacro che accadde [il riferimento è alla battaglia di Sebastopoli, agosto 1855, costata circa 23.000 morti], solo chi avesse avuto il cuore duro come l’acciaio avrebbe potuto sostenere la vista di tutti quegli eroi che morivano o agonizzavano lontani dagli amici e dalla terra natale, nella lontana Russia”
L’interno della copertina di “Balaklava” mostra una ragazzina, Molly Stewart, ritratta dal fotografo Mel Zimmer ad un raduno contro la guerra. Questa la bella foto originale. La foto della bambina è circondata da disegni di Jean Cocteau, tanto orrifici quanto quelli di Bruegel Il Vecchio che compaiono sulla front cover. In fondo a destra, una frase di Jorge Agustín Nicolás Ruiz de Santayana y Borrás, in arte George Santayana, filosofo, poeta e scrittore ispano-americano: “Only the dead have seen the end of war” …
Bernart Bartleby 2014/3/6 - 08:53
“Il trionfo della Morte”, di Pieter Brueghel (Il Vecchio), dipinto intorno al 1562, conservato al Museo del Prado, Madrid.