Version française – MOTET N°1 – Marco Valdo M.I. – 2013
Chanson italienne - Mottetto n.1 – Cantacronache – vers 1960
Paroles de Michele L. Straniero
Musique de Sergio Liberovici
Lì per lì non ho trovato notizie sui musicisti, perché ho cercato Banda Brian, mentre forse è più corretto scrivere Bandabrian. Sotto questo nome ho trovate questo sito in cui ci sono alcune informazioni: http://www.arcivicenza.it/lullaby/band...
Altre notizie compaiono nella didascalia del video che ho mandato, che, oltre un'interessante introduzione discorsiva, contiene altre due canzoni, che però per il contenuto non mi sono sembrate adatte ad essere inserite qui.
Silva 2013/5/27 - 13:53
Notizie più cospicue sulla Bandabrian su Blogfoolk !
La trascrizione in caratteri latini (Si veda l'introduzione)
"The song is performed by Betty Segal, accompanied by Akiva Daykhes on the accordion.
The song was written by Leyb Rosental, who perished in 1945, for a review show of the Vilna Ghetto Theater entitled “Korene Yorn un Veytsene Teg” (Corn Years and Wheat Days), performed in 1943. The title is a play on the words “veytsene” – pronounced here as “vey tsu”– a cry of pain.
The song describes life in the ghetto as shadows, haunted by their destiny. The Jewish shadows – ghetto residents – live as corpses, as others continue their lives giving no thought to their pain and suffering. The lonely man – nobody listens to his cries. But one day in the future, “the shadows will disappear, and from the horrors you will see, soon, how the shadow passes and the sun shines a clear light.” The song ends in hope, as do many of the songs performed... (Continues)
E', come già specificato nell'introduzione, della versione ebraica di Music and the Holocaust. Anche da questa pagina la canzone può essere ascoltata in file audio. [RV]
Ecco che è passato un altro ventisette di maggio. Coi suoi soliti preavvisi. Un manifestino attaccato al CPA. Un post su un altro blog che lo ricordava, assieme alla poesia di una bambina. Mi dicevo di non parlarne più, mi dicevo.
Anche perché, come sempre, mi sarei ritrovato a dire cose già dette e stradette. A ricordarmi, come faccio da diciassette anni a questa parte, che quella bambina della poesia l'ho vista coi miei occhi tirare fuori dalle macerie, a un metro e mezzo di distanza. A ridire di come, da allora, non ho più sopportato nemmeno la vista di un ovetto Kinder. A raccontare di nuovo di un piede in pigiama a righe, e di un fagottino che mi passava davanti in braccio a un pompiere. Tutto di quella notte maledetta, fin dall'esplosione, fino nei più minuti particolari. L'insegna dissolta dell'Antico Fattore, che aveva lasciato solo... (Continues)
2013/5/27 - 00:16
L'ho già visto
di Riccardo Venturi, 26 maggio 2007
Rividi nella distruzione
la pietra scolpita da mani
di polveri antiche, la vita
storpiata, le immagini ferme;
mi colsero qui, nella notte
di maggio, le spalle un po' curve
mentre già, lontano, esplodeva
nel sogno il dolore, la fine.
E' da quella notte del 27 maggio 1993 che vado ripetendo una cosa, periodicamente, ogni qual volta mi torna alla mente oppure quando vedo un ovetto Kinder. Dico, sempre, che non importa se andrò all'inferno; l'ho già visto.
L'ho visto a partire da un letto in via di San Salvi, dove dormivo. Due ore prima avevo fatto una telefonata, o forse era un'ora e mezzo, o forse non l'ho mai fatta e me la sono sognata; sì, dormivo, ma di quei sonni strani di quell'anno. Erano sonnacci cani, puzzolenti d'alcool, sporcati d'illusioni, aggrovigliati alla follia. Si sentì uno scoppio tremendo.
Mi scuso per aver inserito in questa pagina due cose da me scritte, altrove, negli anni passati; tutte e due attorno alla data del ventisette maggio. Se avrete già letto le due cose, avrete capito che in quella disgraziata notte di vent'anni fa ero là, proprio là. Ho visto la distruzione. Ho visto tirar fuori tutte e cinque le vittime della strage di via dei Georgofili. E sono cose che mi porterò per sempre negli occhi e dentro di me.
Version française – LA LIBRE ÉCONOMIE – Marco Valdo M.I. – 2013
Chanson allemande – Die freie Wirtschaft – Kurt Tucholsky – 1930
Un poème signé sous le pseudonyme de Theobald Tiger publiée le 4 Mars 1930 sur « Die Weltbühne », la revue que Tucholsky dirigea jusqu'à cet année, pour ensuite s'exiler en Suède, convaincu que désormais la lutte contre l'arrivée au pouvoir des nazis était perdue…
Musique de Leobald Loewe, musicien connu pour ses adaptations des chansons de Brassens en allemand.
Interprétée par l'auteur-compositeur et le guitariste allemand Leo Kowald
Mais le nazisme n'était pas l'unique préoccupation de Tucholsky. Il savait que les nouveaux guerriers étaient dangereux pas seulement car ils dupaient les masses populaires épuisées par la misère et le chômage, en titillant leurs instincts les plus bas, mais car ils étaient soutenus par des grands groupes industriels, des adorateurs... (Continues)
E' un testo, questo, che ha subito numerose aggiunte e varianti; e "variopinte" sono anche le trascrizioni (quasi tutte incomplete, peraltro) che si trovano in rete. Abbiamo quindi deciso di rifare totalmente anche la trascrizione, in base ai criteri YIVO. [RV]
Le versioni inglesi come quella presente in questa pagina sono nate per essere cantate ed eseguite, e sono naturalmente degli adattamenti. Sul testo originale yiddish ho quindi condotto questa traduzione pienamente letterale, che copre la "versione completa". [RV]
Chanson italienne - Mottetto n.1 – Cantacronache – vers 1960
Paroles de Michele L. Straniero
Musique de Sergio Liberovici