Capitato per caso su questo glorioso canto, mi viene in mente di aver letto - nei lontanissimi tempi dell' Università - una trasposizione in piemontese del poeta arcadico e oraziano sì, ma all'occasione anche giacobino, Edoardo Calvo, che faceva più o meno così:
Ah l'è rivà l'è rivà l'è rivà
l'ora da mpiché ste birbe ad nobil
Ah l'è rivà l'è rivà l'è rivà
l'ora da mpiché la nobiltà.
Vado a memoria e il mio possesso del piemontese è del tutto labile: mi rimetto perciò a bartleby pestalozzi, se volesse dargli un'aggiustata. Il testo mi par che fosse nel volume sui lirici del Settecento della Ricciardi, che negli anni mi è andato perduto.
Sempre del Calvo giacobino mi ricordo vagamente dei versi altrettanto truculenti sullo stesso argomento, che cerco di cavare dalla memoria pur non sapendo coniugare i verbi piemontesi:
O tacheili tutt a un pal
o tajeili almanc la testa,
basta... (Continues)
Gian Piero Testa 2010/9/7 - 10:41
Il "Ça ira" in piemontese non l'ho trovato, ma l'altra sanguinolenta poesiola del mio illustre concittadino Edoardo Ignazio Calvo sì... s'intitola "Passapòrt dj'aristocrat" ed è del 1798-99.
Copio e incollo il testo perchè da buon "rinnegato" - come il Carlo Antonio Gastaldi da Biella (segnalatomi dalla sempre attenta Admin Adriana), soldato piemontese passato ai briganti pugliesi - non conosco bene nè il piemontese nè il patois (nè l'inglese, nè il francese e nemmeno altre lingue, e forse neppure l'italiano)
PASSAPÒRT DJ’ARISTOCRAT
Patriòt republican,
còsa feve ‘d tanti nòbil?
Veule ancor guarneve ij mòbil
pì pressios dël vòst tiran?
Veule ancora conservé
j’assassin ch’ v’han trucidave,
coj ch’a v’han perseguitave
për podèive sterminé?
Coj istess ch’l’han massacrà
tante pòvre creature
con le rove dle viture,
galopand për le contrà?
Coj ch’un di ficà ant soe tor,
con ‘d torment,... (Continues)
Bravo Bart, che almeno una l'hai trovata. E non so se dire un bravo anche a me, perché, come si può vedere, il mio testo è sì infarcito di errori, ma è un ricordo ripescato - ora faccio il penoso conto - dopo quasi cinquant'anni. Perché è da cinquant'anni che non mi è più accaduto di ripensare a Edoardo Calvo. Per dirla tutta, mi era completamente uscito dalla mente; ma il solo rileggere in AWS il ça ira mi ha fatto risuonare in testa questi antichi versi del bravo piemunteis.
Per l'altra, ne sono quasi sicuro: io la lessi nei lirici del Settecento della Ricciardi.
E mi ricordo anche qualche altro verso del Calvo. Per esempio questi, che non c'entrano niente con AWS:
Quant l'è mai lepida
l'è mai bagiana
st'idea ch'la stussica
la rassa umana:
viv ant le metropoli
duve la gent vivu
sussurru e bulicu
parej di givu.
(*) Nel testo originario il soggetto era “Le Juif”… l’antisemitismo è sempre stato un male diffuso e duro a morire. Nell’Europa di fine 800, poi, il pregiudizio contro gli ebrei era fortissimo, specie in Inghilterra e in Francia. Basti pensare che solo qualche anno dopo la composizione di questa canzone sarebbe scoppiato il famoso “caso Dreyfus”. Giustamente la redazione della Bibliothèque Libertaire che cura le pagine da cui la canzone è tratta ha ritenuto di doverne modificare il testo.
Ah l'è rivà l'è rivà l'è rivà
l'ora da mpiché ste birbe ad nobil
Ah l'è rivà l'è rivà l'è rivà
l'ora da mpiché la nobiltà.
Vado a memoria e il mio possesso del piemontese è del tutto labile: mi rimetto perciò a bartleby pestalozzi, se volesse dargli un'aggiustata. Il testo mi par che fosse nel volume sui lirici del Settecento della Ricciardi, che negli anni mi è andato perduto.
Sempre del Calvo giacobino mi ricordo vagamente dei versi altrettanto truculenti sullo stesso argomento, che cerco di cavare dalla memoria pur non sapendo coniugare i verbi piemontesi:
O tacheili tutt a un pal
o tajeili almanc la testa,
basta... (Continues)