La canzone racconta la storia di un poveretto, figlio di contadini, che era stato chiamato a fare la guerra del 15-18 e in seguito allo scoppio di una bomba che l'aveva sfigurato (da qui il soprannome "Muso di Cane"), era diventato scemo e alla fine, dopo che era tornato al suo paese, quando è morto non gli hanno fatto neppure il funerale.
La coda musicale bandistica che accompagna la grottesca e agghiacciante risata finale del protagonista della canzone con il suo incedere processionale, immagino voglia essere un tardivo ma dovuto risarcimento.
'Na cròsce spezzata, do' tavulu cendràte (Continues)
Contributed by Flavio Poltronieri 2014/4/15 - 21:33
Ballissima! Mi piacerebbe poterla ascoltare...
Penso che di questo Tonino Zurlo dovrebbero esserci molte più canzoni sulle CCG...
Grazie Flavio per averla contribuita!
Bisogna ringraziare Tonino Zurlo, peccato che sia poco conosciuto: credo che sarebbe bello se accendendo la radio o la televisione si ascoltassero canzoni così e se questa fosse la musica che ci rappresenta all'estero. Mi piacerebbe inviare anche "Don Ciccilluzzo" che a me piace tanto, ma non è una antiwar song...
Se a qualcuno capitasse di andare ad Ostuni gli potete fare visita nella sua bottega artigianale di via Gaspare Petrarolo, nel centro storico.
Non conosco lo jidish
Non conosco il greco
Ma sono comosso
Come un poro geco
Che percorre i muri
Quando sole brucia
Di notte cammina
Si nutre di bruchi
Ciechi
Carissimi Bernart e Krzys, visto che avete apprezzato Tonino Zurlo, vi invito ad ascoltare anche quest'altra (anche se non è una anti-war song ma piuttosto una anti-slanders song)
«"Lu frate in polizia" ci sembrò [negli anni '70] la risposta alla poesia di Pasolini su Valle Giulia: i poliziotti sono sì figli del popolo, ma figli rubati, alienati, tagliati via dagli affetti e dai legami. Questa canzone la ritroviamo adesso, dopo molti anni, dopo molte storie, e dopo altri due dischi che hanno confermato Tonino Zurlo come una delle voci più originali e più irriducibilmente radicali di tutta la canzone d'autore italiana. Piantato dentro la sua Puglia senza pizzica e taranta, Tonino canta di anime e corpi, di vita e di morte, di santi e di idoli che appartengono a tutti, in un linguaggio musicale che intreccia un'antica voce contadina con le suggestioni del blues, dello swing, persino del gospel, valorizzata negli arrangiamenti essenziali e rispettosi di questo disco». (Sandro Portelli)
La coda musicale bandistica che accompagna la grottesca e agghiacciante risata finale del protagonista della canzone con il suo incedere processionale, immagino voglia essere un tardivo ma dovuto risarcimento.