Liberamente ispirata alla lettera scritta da Giuseppe Di Vittorio al Conte Pavoncelli il 24 dicembre 1920. Leggere il testo di questo brano è come aprire un vecchia busta da lettera dentro la quale si ritrovano foto sbiadite e in bianco e nero - che ritraggono scene di lavoro nei campi della Puglia dei primi del secolo scorso - e una lettera antica (la prima delle tre di questo disco). Non è una lettera qualsiasi: l’ha scritta Giuseppe Di Vittorio al suo datore di lavoro, il Conte Pavoncelli, la vigilia di Natale del 1920, per restituirgli, nel modo più gentile possibile, un piccolo cestino di auguri che questi aveva fatto recapitare a casa sua. Lo fa perché non vuole il benché minimo privilegio rispetto agli altri braccianti che rappresenta: un gesto necessario non soltanto per onestà d’animo individuale, ma anche perché, nella vita... (Continues)
Chanson librement inspirée de la lettre écrite par Giuseppe Di Vittorio au Comte Pavoncelli le 24 décembre 1920. Lire le texte de cette chanson est comme ouvrir une vieille enveloppe dans laquelle on trouve des photos décolorées et en noir et blanc – qui retracent des scènes de travail dans les champs des Pouilles durant les premières années du siècle passé – et une lettre ancienne (la première des trois de ce disque). Ce n'est pas n'importe quelle lettre : Giuseppe Di Vittorio l'écrivit à son patron, le Comte Pavoncelli, la veille de Noël 1920, pour lui rendre, de la manière la plus aimable possible, une petite corbeille de vœux qu'il lui avait fait porter chez lui. Di Vittorio l'a renvoyé parce qu'il ne veut pas d'un quelconque privilège par rapport aux autres journaliers qu'il représente ; un geste nécessaire pas seulement par honnêteté... (Continues)
Dove, quando, come, perché Ettore Majorana ha fatto perdere le sue tracce? In questa piccola canzone Majorana si trova nel porto di Palermo la sera della sua scomparsa: la decisione è già presa, non resta che un ultimo esame di coscienza e un messaggio di addio per il mondo, prima di mimetizzarsi nel mare dell’umanità. Una canzone perfetta per il congedo dagli ascoltatori che ora possono lasciare che anche la conchiglia si rigetti nel mare e si confonda con esso.
Una canzone su Ettore Majorana una CCG? E perché? Ettore Majorana, fisico italiano scomparso ufficialmente il 27 marzo 1938 (le ultime indagini lo danno per vivo fino al 1959 in Venezuela), almeno inizialmente infatuato del nazismo, nel "pantheon" delle CCG? A me piace pensare, così come Sciascia in La scomparsa di Majorana che sia fuggito rinunciando al ruolo di scienziato in seguito a una intuizione circa il possibile sviluppo della bomba atomica e le conseguenze potenzialmente disastrose che ne sarebbero scaturite.
D'amore e di marea
(Basso; Colaninno – Ottolino)
Liberamente ispirata alla lettera scritta da Giuseppe Di Vittorio al Conte Pavoncelli il 24 dicembre 1920. Leggere il testo di questo brano è come aprire un vecchia busta da lettera dentro la quale si ritrovano foto sbiadite e in bianco e nero - che ritraggono scene di lavoro nei campi della Puglia dei primi del secolo scorso - e una lettera antica (la prima delle tre di questo disco). Non è una lettera qualsiasi: l’ha scritta Giuseppe Di Vittorio al suo datore di lavoro, il Conte Pavoncelli, la vigilia di Natale del 1920, per restituirgli, nel modo più gentile possibile, un piccolo cestino di auguri che questi aveva fatto recapitare a casa sua. Lo fa perché non vuole il benché minimo privilegio rispetto agli altri braccianti che rappresenta: un gesto necessario non soltanto per onestà d’animo individuale, ma anche perché, nella vita... (Continues)