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Χαΐνηδες / Chaïnides
Language: Greek (Modern)


Χαΐνηδες / Chaïnides

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[2002]
Στίχοι και μουσική / Testo e musica / Lyrics and music / Paroles et musique / Sanat ja sävel: Dimitris Apostolakis / Δημήτρης Αποστολάκης
Album / Albumi: Δελτίο ειδήσεως (“Comunicato stampa”)

Chaïnides (2008)
Chaïnides (2008)


I Chaïnides sono un gruppo cretese di musica popolare, il cui nome significa qualcosa come “Ribelli” o “Fuggitivi” (dire “ribelli fuggitivi” sarebbe la cosa più corretta). Come accade sovente nella lingua greca, il termine è di origine turca (hain) e, in ultima analisi, araba (khā’in). I Chaïnides sono attivi fin dal 1990 ed hanno inciso sette album in studio. Ne facciamo oggi la conoscenza assieme a quella del frontman Dimitris Apostolakis, che scrive usualmente testi e musiche ed è quello al centro della foto sopra, con bandana e bouzouki, e del cantante e chitarrista Dimitris Zacharioudakis (che canta anche questa canzone, ed è il signore all’estrema destra, più anziano e coi capelli bianchi). In tutti questi giorni di anniversari cileni (è il cinquantunesimo a partire dal golpe dell’11 settembre 1973 e, a proposito, a Santiago la “ricorrenza” è stata festeggiata con gli ennesimi carabineros che hanno represso la folla a base di idranti e manganelli, nonostante l’attuale “presidente di sinistra”), non ho potuto fare a meno di attribuire questa canzone al relativo percorso, anche perché il Cile vi è nominato. Ma, in definitiva, è una canzone di esili e esiliati, di qualsiasi parte del mondo. Di sradicamento che non dà speranza. E’, a mio parere, molto bella anche nel titolo, amaramente e ironicamente “geopolitico”. Dio, o chi per lui, ci scampi sempre dalla “geopolitica”; ai miei tempi si chiamava semplicemente “guerra”. [RV]
Το δικό μου το παιδί έχει πεθάνει
πείνα το θέρισε μακριά στην Αφρική
και πονέσαν μερικοί
που δε βάλαν φυλακή
στο εδώ και στο εκεί.

Σ’ αυτό τον τόπο πια κανείς δε με προσμένει
γριά τσιγγάνα μη μου πεις το ριζικό
περνούν οι άνθρωποι βαθιά τους σκοτωμένοι
κι ούτε κουβέντα δεν ακούς για φονικό.

Τ’ αδερφού μου την εικόνα δε θυμούμαι
κάποια μητέρα την κρατούσε στη Χιλή
και τη λέγανε τρελή
μα δε νοιάστηκες πολύ
στου σπιτιού σου τη βολή.

Τ’ όνειρο θάψανε μακριά σας σ’ άλλα μέρη
μ’ απ’ την καρδιά σας βγαίνει τάφου αποφορά
κι όταν ο έρωτας πεθάνει θα σας φέρει
άψυχα μέσα στην κοιλιά σας τα μωρά.

Contributed by Riccardo Venturi - Ελληνικό Τμήμα των ΑΠΤ "Gian Piero Testa" - 2024/9/12 - 11:19



Language: Italian

Μετέφρασε στα ιταλικά / Versione italiana / Italian version / Version italienne / Italiankielinen versio:
Riccardo Venturi, 12-9-2024 11:35
Sviluppi internazionali

Mio figlio è morto. La fame
lo ha mietuto in Africa, lontano.
E parecchi, che pure
non li hanno sbattuti in galera,
hanno penato tanto, qua e là.

In questo posto non m’aspetta più nessuno,
vecchia zingara, non mi predire la sorte.
Le persone passano come uccise dentro,
e non si sente manco una parola sull’assassino.

Non ricordo la foto di mio fratello,
qualche madre la teneva in Cile
e la chiamavan pazza;
ma non t’importava granché,
era stata scattata a casa tua.

Il sogno lo han sepolto altrove, lontano da voi,
dal vostro cuore scaturisce un’offerta votiva.
E quando l’amore morirà, vi porterà
Bambini senza vita dentro al grembo.

2024/9/12 - 11:35




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