Già questa finisce male ma conosco un'altra poesia dell'importante poeta rumeno ottocentesco Dimitrie Bolintineanu che ha un epilogo anche peggiore. Infatti la giovane sposa piange la partenza in guerra dell'amato e la madre del sovrano la consola dolcemente salvo poi, quando il figlio si ripresenta sconfitto e ferito, dapprima disconoscerlo per poi respingerlo in malo modo incontro alla morte affinchè almeno l'onore sia salvo:
Muma lui Ştefan cel Mare
I.
Pe o stâncă neagră, într-un vechi castel,
Unde cură-n poale un râu mititel,
Plânge şi suspină tânăra domniţă
Dulce şi suavă ca o garofiţă,
Căci în bătălie soţul ei dorit
A plecat cu oastea şi n-a mai venit.
Ochii săi albaştri ard în lăcrimele
Cum lucesc în rouă două viorele;
Buclele-i de aur cad pe albu-i sân;
Rozele şi crinii pe faţă-i se-ngân.
Însă doamna soacră lângă ea veghează
Şi cu dulci cuvinte o îmbărbătează.
II.
Un... (continuer)
Flavio Poltronieri 14/1/2020 - 17:57
Ho un curioso ricordo legato al poeta Dimitrie Bolintineanu. All'età di 14 anni, quando cominciai a imparare il romeno da una vecchissima grammatichetta trovata per caso nella biblioteca del liceo (Romeo Lovera: Grammatica della lingua romena, Manuali Hoepli, 1914), me lo ritrovai subito negli esercizi di traduzione; o meglio, nell'immancabile "piccola antologia di testi letterari" che si trovava in tutti quei manualetti dedicati all'apprendimento delle lingue straniere. Era una poesia dedicata a Venezia. Ho considerato e considero pressoché sacra quella grammatichetta: il romeno è stata la prima lingua un po' "particolare" che ho più o meno imparato, e cominciai proprio con quel libriccino. Le lingue sono il gioco (e il giocattolo) più bello del mondo: per questo devo aver cominciato da bambino piccolo. Rivedendo il nome di Dimitrie Bolintineanu, in un certo senso torno indietro di cinquant'anni... (continuer)
Grazie Paola Brolati per il suo riscontro.
In effetti, mentre tutti i siti della Rete lo danno per morto in quel tiste giorno di marzo del 1950, le cronache del tempo - L'Unità, in particolare - riportavano correttamente che Nerone Piccolo era rimasto gravemente ferito, non che fosse stato ucciso:
"L’operaio Nerone Piccolo, conosciuta la gravità delle sue ferite, si rivolgeva al compagno Tescari, della Camera del Lavoro di Venezia, e gli diceva: "Se io muoio ricordatevi
di alzare sempre più in alto la bandiera rossa." (L'Unità, 15 marzo 1950)
Io credo che averlo dato per morto per quasi 70 anni, al signor Nerone Piccolo - bellissima associazione tra nome e cognome - gli abbia forse allungato la vita...
Cara Paola Brolati, se lo conosce personalmente ce lo saluti tanto, con un abbraccio.
Bernart Bartleby 14/1/2020 - 21:45
Non c'entra niente, ma interessante leggere sull'Unità del 1950 la cronaca delle liberissime elezioni in Unione Sovietica in cui il 99% degli elettori ha votato comunista e l'articolo che attacca Tito - colpevole evidentemente del recente strappo con Stalin. Altri tempi...
Gian Piero Testa