Mi chiedo però se non sia il caso, non per questioni di primazia o di precedenza, ma semplicemente di comodità e di unitarietà, di riportare il tutto nella pagina di Volta la carta, magari ampliando un po' il discorso. Attendo pareri.
Riccardo Venturi 23/8/2019 - 06:17
Secondo me no, questa è la canzone popolare originale (in una delle sue varianti probabilmente) a cui si è ispirato De André per la sua canzone, che comunque ha un testo per il resto completamente diverso e una musica originale.
La versione dell'Editore Partigiano "Panfilo", 1947
Nel libretto "Canta Partigiano" (presentato nella pagina La Veglia del Partigiano) è presente una versione del testo quasi identica alla precedente, con l'eccezione della strofa "L'è morto un partigiano" forse più consona al canto corale e che richiama il titolo "...l'è morta".
Lungi da proporla come versione ufficiale, mi limito a riproporne l'introduzione, a firma dell'Editore, che ben recita:
Fu la divisa ed il canto della I Divisione Alpina G.L.
La canzone riprende e svolge il motivo "alpino", congiungendo idealmente l'alpino morto in Russia col partigiano che combatte nelle valli italiane. Intuizione felice: che veramente i partigiani sono gli eredi e i continuatori della magnifica tradizione di quegli alpini, che su tutti i campi di battaglia han dimostrato di essere fra i primissimi soldati del mondo.
Va cantata sull'aria di... (continuer)
23/8/2019 - 09:27
Dal diario di Russia di Nuto Revelli
Ogni mattina all’alba, nel buio freddo, selezionavamo i feriti, abbandonavamo i morti, quelli della notte. Che pietà, che coraggio, ad allontanare i feriti gravi. Avevano il ventre bucato o un femore spaccato, e si trascinavano fino alle slitte. Decideva il comandante. Eravamo spietati con i feriti gravi. Ed erano i migliori che abbandonavamo, i feriti in combattimento, i volontari del combattimento: non gli sbandati, non i feriti per caso. Tironi! Come ricordo il freddo mattino di Nikolajewka. Le lacrime ti serravano la gola. Ripetevi il mio nome come se non ti riconoscessi. Ti aggrappavi a me, alla slitta. Ti ho abbandonato nella neve, nel buio e nel freddo. Una legge bestiale l’imponeva. Non servivi più a nulla. Eri un peso inutile, un ingombro. Ti ho abbandonato, sapendo cosa facevo”.
La parola "sano" nel verso "Sta tutt'o munno sano arrevutato" va intesa come "intero".
Una versione in italiano del verso potrebbe essere: C'è il mondo intero in rivolta.