Infatti quello di Servat non era un problema personale, si trattava dela distruzione di una cultura, di una comunità, di una lingua.Il bretone lui non lo aveva mai parlato, non lo conosceva e giorno dopo giorno gli stava sparendo davanti agli occhi, irriso nei bar e nelle scuole e calpestato con precisa e implacabile volontà dalle suole dell'educazione francese. Lui si riconobbe il questa lingua, nel suo modo di approciarsi alla realtà e, con una specie di rispetto lontano, non smetterà mai di farlo. Ci si rende ben conto di ciò già nel suo disco d'esordio nel 1972, nel passaggio più tenero e malinconico della "leucémie bretonne" quando dice"....la mia lingua, mamma, pietà per lei, ogni parola bretone pronunciata singhiozza di miserere..." Servat ha compreso immediatamente la dimensione universale della repressione a cui accenna Riccardo qui sopra: cancro del sangue o delle coscienze? "...Ecco... (continuer)
Riscrittura italiana / Ré-écriture en italien / Italian reworking / Italiankielinen uudelleenkirjoittaminen:
Riccardo Venturi, 22-11-2018 21:12
Sulla base di una traduzione di Flavio Poltronieri
Based on Flavio Poltronieri's translation
Sur la base d'une traduction de Flavio Poltronieri
Perustuu Flavio Poltronierin käännös
Nel suo “Librone”, Flavio Poltronieri aveva a suo tempo eseguito una traduzione italiana del brano, che naturalmente e prontamente ha inviato in fotografia. Da vecchio e avido goditore degli Esercizi di Stile queneliani, mi sono detto: e perché non accettare il gioco? E', del resto, la medesima considerazione che si fece, a suo tempo, chi rese in italiano gli Exercices, tale Umberto Eco, un giovane alessandrino di cui sentiremo senz'altro parlare in futuro specie quando si deciderà a scrivere un suo giallo su certi omicidi di monaci. Accettare il gioco significa, ovviamente,... (continuer)
CILE TT (continuer)
22/11/2018 - 21:25
Non bastava evidentemente una banale denunzia degli orrendi misfatti compiuti dall'imperialismo. Qui ci si mette a confronto con le responsabilità politiche. Eppure niente è enunciato distintamente. Nessuna frase reca un senso compiuto. E' il rapporto stesso tra sigla e parole a creare il significato. Come autore a mia volta, affermo che ci troviamo al cospetto della massima forma di concisione possibile nella scrittura del testo di una canzone. Le associazioni sparse che svolazzano in apparentemente casualità, invece che la confusione, suscitano l'angoscia ed evocano gli spettri dell'orrore come non avrebbero saputo fare delle frasi sapientemente elaborate da logiche e grammatiche. La poesia qui espressa, per i suoi collegamenti con la storia e la lotta del popolo, colpisce duro quel che censuriamo in noi stessi e non osiamo dire, nulla viene analizzato o discusso, in questo testo la poesia si impregna della più nefanda realtà che l'uomo possa creare: l'esercizio della forza, della violenza, della sopraffazione.
Ho notato che c'è un errore all'inizio della seconda riga della sesta quartina dell'originale francese: "des maux" al posto di "des mots". La pronuncia è la stessa solo che quelli che hai tradotto come "mali" in realtà sono "parole" e la frase suonerebbe così:
"Des mots de son enfance, à son cou le symbole"
ovvero:
"Delle parole della sua infanzia, al collo il simbolo"
Ne approfitto per spiegarne il significato (scusandomi, in quanto non è mia abitudine intervenire sul lavoro altrui, solo che in questo caso mi sembra indispensabile ai fini della corretta interpretazione): quello che Gilles chiama "symbole" era una palla di legno che pendeva dal collo dei bambini che parlavano bretone a scuola, appesa loro per farli vergognare e punirli di questo.
Flavio Poltonieri
Flavio Poltronieri 21/11/2018 - 11:42
Questo purtroppo succede quando, ahimè, ci si fida dei testi che si reperiscono in rete (e già è piuttosto difficile trovare i testi più antichi di Gilles Servat, sembra impossibile ma è così). I siti di "lyrics" e le altre fonti inesatte fanno il resto. Purtroppo, nelle traduzioni, sono stato fuorviato proprio da quel "maux" al posto di "mots"; e dire che conoscevo bene la storia del "symbole", autentica ignominia del sistema scolastico francese. Ad ogni modo, Flavio, non devi assolutamente avere remore nell'intervenire sul lavoro altrui, né tantomeno sul mio: nessuno di noi è Dio in terra. Personalmente, anzi, ti ringrazio: quel che conta davvero è avere testi corretti e traduzioni che li seguono altrettanto correttamente. Oltreché, naturalmente, a ulteriori precisazioni sul brano in questione; a tale riguardo, importantissime sono quelle che hai fornito su François Quenechou. Grazie ancora, un grazie infinito.
The name of the band performing the song, Kollaa kestää (Kollaa will hold), refers to the Battle of Kollaa fought from December 7, 1939, to March 13, 1940, in then Finnish Karelia, north of Lake Ladoga, as a part of the Soviet-Finnish Winter War.