Il secondo ed ultimo disco di Elaine Brown, quello del 1973, s'intitola semplicemente "Elaine Brown". "Until We're Free" è il titolo di un singolo promozionale estratto da quell'album.
Un disco del genere, poi, non poteva certamente essere prodotto direttamente dalla Motown - all'epoca già una grossa major - e infatti fu prodotto dalla Black Forum, label sussidiaria della casa di Berry Gordy, con all'attivo un pugno di dischi, più che altro poesia e spoken words politici afroamericani.
Ho preferito non contribuire il video dell'interpretazione originale, pur presente su YouTube, perchè le immagini utilizzate non corrispondono in alcun modo al testo.
Interpretata da Madou [2005]
Musica: Richard Thompson, 1974
Album: Madou / Madouce Comprende una traduzione italiana
La segnalazione di Flavio Poltronieri sull'esistenza della versione di Madou non solo mi ha fatto un enorme piacere, ma non è rimasta neppure inascoltata. Il testo di Jan Devos, in lingua neerlandese, è stato interpretato da Madou nell'album Madou/Madouce del 2005 e dev'essere senz'altro organico ad un album dove, sulle copertine recto/verso, si vede una ragazza che cade da una finestra in due modalità differenti. Flavio parlava di suggestioni nelle quali non si è mai soli: debbo dargli ragione. Il testo neerlandese di Jan Devos, pur cantato sulla musica di The Great Valerio, non è propriamente una "traduzione": è una canzone autonoma, ed è, soprattutto, la storia esatta, la descrizione della caduta mortale di Karl Wallenda. A tale riguardo mi è sembrato opportuno accompagnare il testo con una traduzione italiana. [RV]
Loška Dolina, Slovenia meridionale, il 31 luglio 1942. Soldati italiani fucilano Franc Žnidaršič, Janez Kranjc, Franc Škerbec, Feliks Žnidaršič ed Edvard Škerbec, cinque abitanti del villaggio di Dane presi in ostaggio qualche giorno prima. Nell’Italia degli ultimi anni, un’interpretazione frettolosa e “capovolta” di questa foto ne ha innescato la proliferazione virale in rete e sui giornali, sino a farne l’illustrazione per eccellenza di articoli sulle foibe e le vittime italiane della “violenza slava”.
Dal volume: Veleno di piombo sul muro, Le canzoni del Black Power, Editori Laterza, Tempi nuovi 30, ottobre 1969, pp.207 / 209. Così Alessandro Portelli introduceva la canzone: "Un'altra eccellente canzone sulla guerra in Vietnam. È interessante il riferimento agli indiani d'America: esistono alcune correnti nel movimento negro che tendono a rivalutare anche l'eredità indiana e a ricollegarvisi come a quella di popolo di colore che per primo fu padrone dell'America. Da Everybody's Got a Right to Live cit.; trascritta per "Broadside" da Barbara Dane." (p. 205) Nel volume, l'autore è presentato come "Jim" Collier (non "Jimmy"); la notazione sugli Indiani sembra far credere al fatto che Collier fosse figlio di una indiana Choctaw. [RV]
Un disco del genere, poi, non poteva certamente essere prodotto direttamente dalla Motown - all'epoca già una grossa major - e infatti fu prodotto dalla Black Forum, label sussidiaria della casa di Berry Gordy, con all'attivo un pugno di dischi, più che altro poesia e spoken words politici afroamericani.