Dolente deluderti un po', e contraddire il dizionario Duccani, ma -dalle fonti consultate- il verbo sciosciare sembrerebbe di origine dialettale meridionale (in primis napoletana, ma lo si ritrova anche in area salentina) e sembrerebbe omologo all'italiano soffiare. Si veda ad esempio qui oppure qui. Ho qualche dubbio "intuitivo" che pure l'esclamazione sciò abbia a che fare qualcosa con lo scià e anche con il verbo sciosciare, la sua origine mi sembra onomatopeica. In generale sono abbastanza poco propenso a credere che si trattino di espressioni nate soltanto una quarantina d'anni fa, e perdipiù in Iran. Il verbo sciosciare è attestato da secoli. Nessun dubbio invece sullo šāh māt "il re è morto", da cui lo "scatto matto" e il nome stesso del gioco degli scacchi. Così a titolo di curiosità, il termine šāh "re" è di antica origine iranica (già nei testi Achemenidi è usata l'espressione xšayāθiya xšayāθiyānām "re dei re", da cui anche xšaça "regno"). Il termine māt "morto" è invece di origine araba. Saluti.
Riccardo Venturi 14/11/2017 - 18:34
Riccardo, che notizia che mi dai!
Questa volta pensavo proprio di averci azzeccato con la mia "linguistica creativa"! E invece, come al solito e pur senza infierire, mi hai riportato alla dura realtà...
Eppure il Duccani... credevo fosse attendibbolo... mah?!?
Mi ricorda di una mia conoscente che da bambina era solita uscirsene con frasi profonde e ad effetto, solo che pronunciava ancora male certe consonanti, sicchè: "Siamo tutti pettatori, chi petta di più, chi petta di meno, ma pettiamo tutti quanti!"
(Il racconto ti dice anche qualcosa sull'ambiente cacco-tomunisca in cui sono cresciuto, mio malgrado...)
Non so davvero che cosa dirti, perché in effetti il Quattrocani (bau!) è attendibile; ma questa mi sembra davvero una cosa poco attendibile, e piuttosto sorprendente per un'opera di tale serietà. A questo punto, ti ricorderei anche il famoso personaggio napoletano di Felice Sciosciammocca, creato da Edoardo Scarpetta e immortalato anche da Totò nel film Miseria e nobiltà. Ma non ti sentire proprio né mortifigatto e né mortifiguana, l'origine delle parole è per definizione materia dibattuta assai, e qualche volta anche oggetto di guerre e duelli all'arma bianca tra chi se ne occupa. Ho in mente certi scambi di articoli tra paludati professori, che mi è capitato di leggere e che rasentavano gli insulti ad personam e considerazioni non propriamente leggiadre sulle rispettive mogli, famiglie e genitrici.
Bellissimo però il tuo ricordo della bambina e dei suoi pettatori. Io, invece, all'età... (continuer)
Già che sono stata interpellata da krzyś in questo interessante dibattito, aggiungo anch’io, a mo’ di confronto, che anche in ceco esiste una simile espressione onomatopeica, “kšá” o “kšó” (si aggiunge una “k” all’inizio...), effettivamente usata (soprattutto) per scacciare le galline. Se poi derivi da una comune matrice iraniana o comunque indoeuropea, oppure sia frutto della percezione simile dei suoni che sono alla base di ogni espressione onomatopeica, non saprei dirlo. Difficilmente però ha a che fare con le parole šáh – lo scià, šach – scacco, šach mat – scacco matto, šachy – gli scacchi (le quali parole invece, come in italiano, sono riconducibili alla stessa origine). Esiste anche il verbo vyšachovat, che paradossalmente ha un significato un po’ simile a sciosciare sopra descritto, ma escluderei a priori qualsiasi legame etimologico. “Vyšachovat” si riconduce direttamente al gioco... (continuer)
Ma se mi posso permettere, io credo che, se si andasse a vedere anche in georgiano dialettale, in birmano di campagna o in xhosa coi click [1], per scacciare le galline si dice qualcosa che contiene "sh - sh". L'onomatopea è la preistoria e l'infanzia del linguaggio umano, è quella cosa per cui le prime sillabe pronunciate dal neonato sdentato sono "pa-pa" e "ma-ma" (si pensi che anche parole protoindoeuropee fondamentali come pa-ter, ma-ter sono fondate su tali sillabe munite chissà quanti millenni dopo di un suffisso di agente). Salud!
[1] Li avete sentiti mai i click dello xhosa? Ve li faccio sentire, assieme al vero nome di Miriam Makeba.
Blues for ei arbeiderkvinne som hengde seg - La versione norvegese del gruppo Via Brinken Norwegian version by the band Via Brinken
Norsk gjendiktning av Via Brinken
Due parole del traduttore. In questa pagina è stata presente finora una traduzione italiana di Jacopo “Laverdure”, che poi è stato colui che questa pagina la ha fabbricata nel lontano 2005. Mi ricordo bene di Jacopo, “pioniere” della canzone d'autore svedese in questo sito e al quale si deve praticamente l'originaria presenza di Cornelis Vreeswijk in questo sito. Se ben mi ricordo ancora, almeno per un certo periodo ha vissuto in Svezia. Però la traduzione che aveva fatto a suo tempo di questa canzone era, purtroppo, una sequela di errori e incomprensioni (ammettendo naturalmente che i testi di Cornelis Vreeswijk non sono mai semplicissimi). In questi giorni di “ristrutturazione vreeswijcchiana” ho quindi preparato questa nuova traduzione. Se per caso ci leggesse ancora, mi scuso con Jacopo: non sono certamente solito agire in questo modo. Però certe parti della sua vecchia traduzione le ho comunque mantenute.
Non sò se sia cosa "buona e giusta" segnalare questo interessantissimo tributo italiano ad opera del Consorzio Produttori Indipendenti, in quanto è diventato di una rarità purtroppo ed è un peccato perchè suona proprio bene.
Visto che non ci sentiamo da un po', caro Occitano Bernard o Dead End o che dir si voglia e visto che Wyatt lo cita all'inizio della canzone ed è pure inerente al sito, ti dedico “Peace”, parola che andrebbe bandita dai vocabolari in quanto sulla bocca di tutti ma che giace eternamente inascoltata sotto le scarpe. Terza traccia del terzo disco/capolavoro “The Shape Of Jazz To Come” di Ornette Coleman uscito per la Atlantic nel 1959, quello di questo quartetto è stato l'unico jazz capace di arrivarmi quanto le canzoni di Cohen, Brel o Vysotsky.
Victor compose la canzone circa tre anni prima dell'incisione, quando la vittoria presidenziale del 3 novembre 1964 di Eduardo Frei Montalva sembrò dare speranza alla battaglia dei campesinos per la Riforma Agraria in Cile.