Dall'album Un poco abitudine... (Decca SKLI 5001) del 1973. La versione di Giorgio Laneve è, in parte, un'autentica riscrittura; si tratta della prima volta che il testo viene trascritto in Rete. Nella versione si noti l'eliminazione di ogni riferimento diretto a Corneille, e la "retrocessione" dell'età di Marchesa (da 26 a 21 anni).
Naturalmente, per solidarietà "cornacchiesca", a questo punto mi aspetterei un bell'adattamento polacco a cura di uno che si chiama esattamente come Corneille. Chi sarà mai?.... :-P
Mi sono detto: "Se sono stato chiamato in modo così diretto di farmi avanti, bisogna pure cominciare in qualche maniera...".
È una cosa risaputa che ogni traduttore serio, prima di abbandonarsi al lavoro strettamente letterario, procede a regola d'arte e comincia da una sfrenata ricerca per approfondire l'argomento. La mia prima mossa, proprio d'istinto, era quella di controllare se ho afferrato bene "la pointa" dell'opera in questione. Per saperlo mi sono buttato subito sul "google translator" per scoprire il significato esatto della frase francese in polacco. Ecco il risultato deludente, che però, per un certo verso, mi ha messo immediatamente di buon umore : )
Chanson italienne – Le formiche – Giorgio Laneve – 1976
Aux débuts des années '70, dans la vague « cantautorale » (chansonnière) italienne qui aura duré, plus ou moins, jusqu'à la fin de la décennie pour ensuite succomber (même musicalement) lors des années de strontium de la décennie suivante, Giorgio Laneve représenta une voix certes menue et polie, mais avec des traits d'originalité (et d'authentique poésie). Ingénieur électronique de formation, Giorgio Laneve commença fort jeune et, pendant une certaine période, il jouit même d'une certaine popularité, sans jouer des coudes (moi-même je me rappelle d'avoir vu une allusion à lui dans le journal de Mickey Mouse, je ne plaisante pas). En 1970, à 24 ans à peine, arriva à l'improviste en second au alors très célèbre « Disque pour l'été » avec Amore dove sei?Amour où es -tu ? , qui reste probablement sa chanson la plus célèbre. Il fut même... (continuer)
Da quel che sono riuscito a sapere, rukeli (la grafia rukelie sembra piuttosto un tedeschismo) significa "alberello" e sarebbe il diminutivo di ruk "albero". Pare che tale soprannome lo avesse fin da quando combatteva da ragazzino, perché si piantava lì in mezzo al ring, aspettava e poi metteva a segno il colpo. Era un "alberello" anche per il suo aspetto, coi capelli neri, foltissimi e ricci come fosse un albero. Sulla parola che significa "ragazzo" non sono riuscito a sapere nulla, ma non è escluso che -se esiste- abbia proprio la stessa origine.
Riccardo Venturi 8/2/2016 - 17:17
Bella Bart, direttamente dal torsolo dell'albero dei canti :)
Splendida versione!!! What a Voice!!!
Si tratta di Jewel Brown, classe 1937, la quale - chissà perchè - ebbe una breve carriera e quasi solo come "sidegirl" di Louis Armstrong. Si ritirò dalle scene già nel 1971. Peccato...
E' tornata nel 2012 con un disco per la Dialtone Records, insieme al chitarrista Milton Hopkins, ma senza suscitare grande clamore...
Non mi ero accorto che c'era già una canzone, contribuita pure di recente, sulla vicenda dei giovani rugbysti argentini, Ellos nos han separado...
Grazie DQ82!
In molti dischi dedicati al grande bluesman della Louisiana, a cominciare da “Negro Folk Songs For Young People”, Folkways Records, 1960.
L’esecuzione di Kurt Cobain si trova in un demo del 1989 presente nella raccolta “Nirvana - With The Lights Out”
THEY HUNG HIM ON A CROSS (AND HE NEVER SAID A MUMBLING WORD) (continuer)
envoyé par Bernart Bartleby 6/2/2016 - 22:42
Una poesia di Wisława Szymborska, nella raccolta Koniec i początek del 1993.
TORTURY
Nic się nie zmieniło.
Ciało jest bolesne,
jeść musi i oddychać powietrzem i spać,
ma cienką skórę, a tuż pod nią krew,
ma spory zasób zębów i paznokci,
kości jego łamliwe, stawy rozciągliwe.
W torturach jest to wszystko brane pod uwagę.
Nic się nie zmieniło.
Ciało drży, jak drżało
przed założeniem Rzymu i po założeniu.
w dwudziestym wieku przed i po Chrystusie,
tortury są, jak były, zmalała tylko ziemia
i cokolwiek się dzieje, to tak jak za ścianą.
Nic się nie zmieniło.
Przybyło tylko ludzi,
obok starych przewinień zjawiły się nowe,
rzeczywiste, wmówione, chwilowe i żadne,
ale krzyk, jakim ciało za nie odpowiada,
był, jest i będzie krzykiem niewinności,
podług odwiecznej skali i rejestru.
Nic się nie zmieniło.
Chyba tylko maniery, ceremonie, tańce.
Ruch rąk osłaniających głowę
pozostał... (continuer)
C'ero anch'io alla Mandria e sono uno di quelli che ha suonato e cantato su quel palco, con il gruppo di Siracusa, per "sostituire" i contestati (non tanto loro quanto l'idea degli organizzatori di pagare qualcuno per esibirsi) Angelo Branduardi (quasi sconosciuto al tempo) e Napoli Centrale (appena costituito, Pino Daniele ha collaborato 2 anni dopo).
Non mi era più capitato di cantare questa canzone.
Ieri, a casa di vecchi amici non scout, raccontando dei tempi andati e della route, abbiamo trovato su youtube i remake di Paolo e di un gruppo del Molise https://www.youtube.com/watch?v=reyt1qdlSx4 .
Mi sono commosso e sono riaffiorati tutti i ricordi di quei giorni e di quella serata, nitidi, precisi, intensi.
E' .... bellissimo
Per farmi un po'...perdonare la confusione che ho combinato con Le transporté, traduco qua il Canto dell'Orapu in una sua versione. Devo fare solo un appunto sulla parola “bricole”, dato che ho visto che se ne parla dell'introduzione. In francese, “bricole” è una parola credo molto antica che in origine indicava i finimenti del cavallo, poi passò a indicare la cinghia del facchino, vale a dire qualcosa di purtroppo molto simile alle corregge dei forzati che vediamo in questo canto. Però il senso normale è quello di cinghia per reggere pesi. Sempre anticamente, voleva dire anche “inganno, imbroglio” ma ha non so quanti significati ancora. “Bricolage” voleva dire, e vuol dire ancora, qualcosa come “fare mille mestieri” o meglio ancora, “sfacchinare”. Il significato di fare lavoretti di casa, il “fai da te”, è abbastanza recente e molto ironico visto che invece indicava tutt'altro che... (continuer)
CANTO DELL'ORAPU (continuer)
6/2/2016 - 21:11
Un po' come i burlak in Russia. Tanti condannati polacchi hanno potuto assaggiare il gusto di quel "lavoretto a tempo perso". Sarebbe da proporre questo canto russo in qualche occasione, magari. https://en.wikipedia.org/wiki/Burlak
Mi sembra che i burlak siano proprio degli alatori, ovvero quelli che tiravano controcorrente barche e chiatte...in pratica si torna diritti a Ol’ Man River. Quel che fa davvero impressione è la foto delle alatrici, le donne che tirano sotto lo sguardo del guardiano con la frusta...
E sì, gli zar e poi Stalin erano strapieni delle invenzioni revoluzionarie, a parità dei sessi piena. Da notare, che al posto degli tre uomini ci volevano trenta donne (forse avvocate, chi lo sa?).
Gliene rimaneva poco tempo per cantare, poco ma sicuro.
Saludowsky
Mi scuso se ho provocato un po' di confusione, non era davvero mia intenzione. Dovrò starci più attenta, senz'altro, ma sinceramente non mi aspettavo che ci fosse già Le transporté, sono andata troppo a colpo sicuro. La prossima volta che avrò una canzone "impossibile" penserò prima che qui tutto è possibile. Buona serata, avv. Jeanne Auban Colvieil da Arles (Francia)
avv. Jeanne Auban Colvieil, Arles (France) 6/2/2016 - 20:16