"Trovandola una delle più belle canzoni. Continua a ispirarmi e sarò lieto di dare la mia traduzione.
La conosco specialmente attraverso Joan Baez e Roger McGuinn che presentano versioni bellissime con sonorità commoventi."
In realtà la composizione Et in Terra pax è ispirata alla poesia di Charles Sorley ma non ne contiene il testo, che viene semmai letto da una voce recitante durante l’esecuzione. La sola parte vocale del componimento, per il resto interamente strumentale, è costituita dalla ripetizione del titolo, “Et in Terra pax”.
Carissimo Ognjen, senza mezze parole: ti abbraccerei. Chi ti scrive, ha visto bene sia la Jugoslavia prima della guerra, "prije rata", sia c'è stato durante e nemmeno una volta sola. E non immagini nemmeno, forse, lo sgomento e il dolore nel vedere gli stessi luoghi "prima" e "dopo"; ho in mente, particolarmente, Mostar. Da come scrivi, se eri troppo piccolo durante la guerra, devi essere molto giovane; nel '93 durante la guerra, quando lavoravo come interprete per le spedizioni umanitarie, avevo trent'anni precisi. Sentire un ragazzo, perché credo di poterti definire così, definirsi non "croato", "serbo" o "bosniaco", ma Jugoslavo, mi fa un effetto incredibile. Un paese intero ucciso in nome della Deutsche Bank, dei traffici d'armi, del riassetto europeo: nessuno dovrebbe scordarsene. La Jugoslavia è stato uno dei banchi di prova del "New World Order", un'anomalia da eliminare a tutti i... (continuer)
Riccardo Venturi 24/7/2014 - 05:16
Caro Riccardo,
Non ho avuto modo di crearmi ricordi della Jugoslavia, sono nato nell'88 ma quel che sò viene dai ricordi dei miei genitori e della mia famiglia, un paese nel quale non solo l'etnia non era importante, ma che usava il pugno di ferro contro chiunque recasse offesa a qualcun'altro tirandone in ballo le origini o la religione.
Specialmente nella mia città, sul confine bosniaco con la Croazia, la guerra civile ha inscenato episodi orribili e sanguinosi; chi è rimasto, chi non ha potuto o voluto abbandonare la propria casa, ha visto quanto in basso può cadere l'uomo.
Ha ragione Balasevic, la colpa è nostra.
Carissimo Ognjen (nome che, se non erro, vuol dire "infuocato")*, grazie per la traduzione: di traduzioni dal serbo-croato qui c'è un discreto bisogno, come puoi controllare tu stesso. A tale riguardo, vorrei darti un paio di "dritte": 1) se inserisci una traduzione, traduci anche il titolo della canzone; 2) se metti una nota testuale, non la mettere nel corpo della traduzione ma staccala con un rimando (un asterisco, un numero) e mettila poi in calce al testo. Complimenti davvero per il tuo italiano da madrelingua, da restare sbalorditi!
*Parola della più remota antichità indoeuropea: il serbocroato "oganj" (da cui Ognjen), genitivo "ognja", si confronta direttamente col latino "ignis" e col sanscrito vedico "agniḥ". Il primo degli inni dei Ṛgveda, l'Inno al Fuoco, inizia: "Agnim ile purohitám"...
Secondo me si, ma il fatto e' che i nomi delle lingue nel nostro sito si basano su uno standard internazionale, ISO 639-2, che prevede codici diversi per il serbo ed il croato (e addirittura per il bosniaco!)
Bungiorno,
Grazie Riccardo per l'aiuto ad inserire la traduzione e per le dritte, starò più attento in futuro! In effetti io avevo inserito la lingua serba ma ora ho scoperto che i Magazin sono un gruppo croato. L'origine del mio nome deriva proprio dal fuoco ("Oganj")!
Sono davvero felice di aver scoperto questo sito, le canzoni contro la guerra sono tutte meravigliose e meritano di essere capite.
La copertina del singolo e pure dell’album “The Lion's Roar” citano esplicitamente quella di “Silly Sisters”, il disco di Maddy Prior e June Tabor datato 1976:
Ecco, bravi, sono spariti i commenti mia innopportuni, era proprio quello che volevo, ma comunque è 'na forma di censura :)
Farvi ricordare che siete voi che gestite la cosa, fu forse la mia vera intenzione
Grazie
(Krzysiek Wrona)
Direi, Krzysiek, che non c'è nessun bisogno di ricordarci che siamo noialtri a "gestire la cosa": lo facciamo da undici anni e mezzo, sicuramente non senza errori e contraddizioni ma anche senza averci mai preso un soldo che fosse uno e cercando sempre di fare il nostro meglio. Come ho sempre detto: se c'è qualcuno che se la sente di farlo al nostro posto, si faccia avanti così potrà constatare da solo che non si tratta affatto di uno scherzetto; c'è gente al mondo che crede che siamo addirittura una specie di "fondazione" con uffici a New York, Londra e, perché no, Varsavia, e non immagina nemmeno che questo sito va avanti invece da un monolocale all'Isolotto... (continuer)
25/7/2014 - 04:15
Bisogna precisare, appunto, ogni tanto. Per quanto riguarda me (o i miei alter), la cosa si può andar a fottere anche da subito. Ma mi dispiacerebbe.
Buona giornata a tutti.
Cioè a nessuno, come specificava 'na volta un amico mio.
Vi voglio bene, comunque... e grazie
Krzyszor (k)
Anche a noialtri dispiacerebbe, e ti parla uno coi suoi bravi altereghi (Riccardo Scocciante, Ahmed il Lavavetri...); e anche noialtri ti si vuole bene. Non è questione di mandare a fottere alcunché, ma semplicemente di reazione di volta in volta alle "esternazioni" degli altereghi. Un altro mio amico diceva sempre: "Buona giornata a tutti, fuori che a uno"; subito dopo specificava che quell'uno era...se stesso. Saluti cari! [RV]
18 aprile 1996, Qana, Libano: durante l’operazione “Grappoli di Rabbia” l’esercito israeliano bombarda un compound dell’UNIFIL, la forza internazionale d’interposizione nel conflitto tra israeliani ed Hezbollah libanese. Il bilancio è di 106 morti, tutti civili libanesi che lì avevano trovato rifugio dalla guerra.
L’ONU non condannò Israele, semplicemente gli intimò di pagare 1.7 milioni di dollari per la ricostruzione della struttura dell’UNIFIL, cosa che Israele non ha mai fatto. Nel 2005 alcune familiari delle vittime hanno aperto una causa contro il generale israeliano Moshe Yaalon – oggi ministro della Difesa - responsabile dell’IDF in quella circostanza. Le corti dell’ONU hanno rigettato la causa, sia in primo grado che in appello, per “difetto di giurisdizione”.
6 gennaio 2009, campo di Jabalia, Striscia di Gaza: durante l’operazione “Piombo Fuso” l’esercito israeliano bombarda la... (continuer)
Io ho cercato di capire il senso del brano con Google Translate e mi sembrava attinente. Però, non avendo trovato traduzioni in inglese o altre lingue che riesco ad intendere, non vorrei aver preso un abbaglio e che si tratti invece di canzone patriottarda... Potete darci un occhio?
Grazie
Intanto qui ho trovato, oltre che una discreta serie di katonadalok ungheresi, un testo della canzone che mi permette di interpretare meglio alcune forme che mi erano apparse parecchio strane (ad es. szépit, ékességit del testo da te fornito non mi sconfinferavano, e infatti sulla pagina da me trovata si trovano forme che invece mi dicono qualcosa come szépét, ékességét. Probabilmente si tratta di forme dialettali o popolari). Mo' ci lavoro un po' sopra.
Direi, Bartleby, che si tratta tutt'altro che di una canzone patriottarda; in questo senso hai avuto ottimo intuito. La lingua ungherese, però, è una delle dimostrazioni viventi della totale inutilità dei traduttori automatici, che non riescono neppure minimamente a "dare un idea"; la sua struttura, praticamente, prevede che la si debba interpretare alla rovescia, partendo dal fondo delle frasi. Ne avrà da fare ancora di strada, povero piccolo Google.
Molto bene, grazie Riccardo, proprio un bel testo...
E penso che nei due CD di "Katonadalok" possano essercene altre di canzoni che fanno il caso nostro...
Buona giornata
Si vedano anche qui alcune Note alla traduzione. Questa versione è praticamente identica alla precedente nella prima parte, mentre la parte finale è del tutto autonoma. [RV]
Per Bartleby: un suggerimento. Quando nomini nomi ungheresi ripresi da fonti ungheresi, devi tenere presente che in ungherese (come in giapponese!) è obbligatorio che il cognome preceda il nome, ma che riportando il tutto in una lingua occidentale si deve fare il contrario. Da noi si dice "Béla Bartók", ma gli ungheresi dicono "Bartók Béla" (questo perché, secondo la loro ferrea logica, il cognome è un aggettivo che modifica il nome di battesimo, il quale è un sostantivo; e l'aggettivo precede sempre il nome, senza eccezioni). Quindi ho corretto "Szvorák Kati" in "Kati Szvorák" e "Kallós Zoltán" in "Zoltán Kallós". Ricordati di fare così ogni volta che trovi un nome ungherese e saluti da Venturi Riccardo.
Ci sono sguardi silenziosi che lasciano immaginare le parole, e le cose non dette possiamo solo immaginarle.
I momenti più belli della cultura popolare che si basa sulla trasmissione orale sono quelli che riescono a condensare in poco spazio una memoria secolare...
Sam Lightnin' Hopkins riusciva a mantenere viva quella memoria, in così poco spazio, con la propria forza espressiva che gli permetteva non solo di ricordare, ma anche di inventare di fronte a un piccolo pubblico che voleva divertirsi, e gli riusciva di farlo da solo, con la sua chitarra. Non gli necessitava di aggiungere nulla alle poche note che seguivano il silenzio della sua voce... Lui non suonava per il “consumo”, lo faceva per l’immaginazione…
Ci sono sguardi silenziosi che lasciano immaginare le parole, e le cose non dette possiamo solo immaginarle.
I momenti più belli della cultura popolare che si basa sulla trasmissione orale sono quelli che riescono a condensare in poco spazio una memoria secolare...
Sam Lightnin' Hopkins riusciva a mantenere viva quella memoria, in così poco spazio, con la propria forza espressiva che gli permetteva non solo di ricordare, ma anche di inventare di fronte a un piccolo pubblico che voleva divertirsi, e gli riusciva di farlo da solo, con la sua chitarra. Non gli necessitava di aggiungere nulla alle poche note che seguivano il silenzio della sua voce... Lui non suonava per il “consumo”, lo faceva per l’immaginazione…
mi sono sempre chiesto cosa intendesse Edoardo De Angelis quando negli ultimi versi della quartina finale scrive:
"E che il giorno era al tramonto e che stava per finire
Qualche cosa che è difficile capire"
Personamente io l'ho interpetato come espressione dell'ambiguità dell'epopea napoleonica: da un lato sogno di libertà per i popoli oppressi dalle monarchie europee e russa, dall'altro affermazione della dittatura e dell'uomo solo al comando, contraddizioni che emergeranno in tutta la loro tragicità in vicende come quella dell'eroica Repubblica Napoletana del 1799. Chissà....
andrea 24/7/2014 - 18:08
Cesare o la repubblica, er' dilemma antico :)
Pressochè irrisolto
L'espressione “Guerra Bianca” – utilizzata per primo dallo storico inglese Mark Thompson - individua il particolare contesto e l'insieme di eventi del fronte italiano durante la prima guerra mondiale combattuta nel 1915-1918 sulle Alpi tra le truppe del Regno d'Italia e dell'Impero Austro-ungarico negli scenari di media ed alta quota dei settori operativi di Ortles-Cevedale, Adamello-Presanella e Marmolada.
Tra i settori operativi della Guerra Bianca, il settore Adamello-Presanella fu quello che ebbe il peso strategico maggiore, registrando azioni belliche e gli eventi più significativi; sono questi i motivi per cui si individua la Guerra Bianca in Adamello-Presanella come tema di particolare approfondimento. (it.wikipedia)
Grazie al riscaldamento globale e allo scioglimento dei ghiacciai, ogni tanto l’Adamello restituisce ancora i corpi di soldati della Grande Guerra…
Ad oggi, più di 80 corpi sono apparsi dal ventre del ghiacciaio, gli ultimi non molti mesi fa: erano quelli di due ragazzini austriaci di 17 o 18 anni…
Bernart Bartleby 24/7/2014 - 11:27
Terribile immagine: sembrano pipistrelli appesi a una volta di ghiaccio...
Nel numero dello scorso marzo del National Geographic Italia c'è un servizio dedicato alla "Guerra Bianca" a firma di Michele Gravino, con le fotografie di Stefano Torrione.
Quella che propongo campeggia sulla copertina ed è emblematica ed inquietante: una maschera antigas in dotazione ai soldati italiani, con cappello da alpino e occhiali antischeggia da ghiacciaio...
Bellissima pagina, complimenti per la traduzione.
Bregovic è tra i pochi artisti che non si vergognano di criticare e prendere in giro i responsabili della disgregazione della Jugoslavia, inoltre ha sempre rifiutato una qualsiasi etichetta etnica.