Sono convinto che sia questa l'internazionale di fatto, valida per non dire dilagante da sempre, anche oggi. E come capita spesso, dietro la scoperta dell'esistenza di questo brano (follia a parte), c'è una catena di avvenimenti che vorrei svelare per spiegare come ci sono arrivato e perché ho sbagliato la prima attribuzione (bisogna però notare che la seconda, analizzando e approfondendo l'argomento, rimane pur sempre incerta e misteriosa). Dunque, qualche giorno fa uscendo da un ufficio, ho sentito di striscio pronunciare alla radio polacca il nome di Umberto Tozzi. Un fatto di per se insignificante che ha scatenato, però, in me, una valanga di ricordi nonché una amara constatazione che pure suonandomi familiare questo cognome, non riesco ad abbinarlo a nessuna nota. Faceva parte della mia memoria e nello stesso momento smascherava la sua caducità. Così, dopo un paio di giorni, ricordandomi... (continuer)
Krzysiek Wrona 17/2/2014 - 21:18
Per Riccardo, sì, ci sono le traduzioni polacche di questo pezzo, c'è un'altra su Tekstowo, ma non valgono granché. Faresti davvero l'onore a questo artista ignoto, proponendo la tua versione nella lingua di Jan Kochanowski. Come ho accennato qualche tempo fa', prossimamente vorrei trovare un po' di tempo per ripassare le tue traduzioni polacche di brani che risalgono agli arbori del sito e per dare magari qualche suggerimento o correggere inesatezze. Ma le tue ultime traduzioni di Kulisiewicz, per esempio, mi sembrano già molto buone. Prova a pronunciare:
Lo conosco, quel tizio! :-) Solo che me ne ricordo come "Grzegorz Brzęczyszcztykiewicz", con una "t" in più; me lo insegnarono due ragazzi polacchi nell'estate del 1993. Li conobbi per caso per la strada e restarono quasi un mese a casa mia :-PP Erano di Danzica.
Grzegorz Brzęczyszczykiewicz (ho fatto solo copia incolla, lo ammetto...), scena dal film "Jak rozpętałem drugą wojnę światową (How I Unleashed World War II) diretto nel 1969 da Tadeusz Chmielewski...
Ma la "t" non c'è. Veramente, è una "battutaccia", scusa...il nome viene inventato dal protagonista, un soldato polacco, nella scena del film "Jak rozpętałem II wojnę światową"(Come ho scattenato la II guerra mondiale) in occasione della cattura da parte del Wermacht e seguente l'interogatorio. Giusto per mandare in bestia i teutoni :)
Mi crolla un mito ultraventennale, dovrò abituarmi a dirlo senza la "t" :-PP
Comunque ho cominciato a provare a tradurre in polacco senza guardare il Tekstowo. Senti, Krzysiek, va bene così?
JESTEM SYCYLIJCZYKIEM
Nie ma jednego miejsca na całym świecie
w którym nie spotkasz Sycylijczyka,
w Stanach Zjednoczonych, Francji lub Anglii...
Più o meno, al ritmo che sto tenendo adesso (grammatica polacca anche la mattina sul cesso) conto di imparare il polacco circa in una quindicina di giorni, vediamo un po' se mi riesce. Magari ti farò qualche domanda se ci vuole il verbo perfettivo o imperfettivo, ok? Salud!
Dimenticavo una cosa basilare: anch'io, tre giorni fa, SONO TORNATO IN MERCEDES CON LA MAMMA! L'ho accompagnata a Scandicci a fare una visita oculistica, abituata com'è alle mie macchine non si sarebbe certo mai immaginata un figliolo con la Mercedes; però dice che sembra un relitto della II guerra mondiale e che quando si mette in moto puzza di cavoli andati a male...
Sul nome: non sapevo che stava in un "firme", però i ragazzi mi avevano detto che era un nome inventato per fare incazzare gli stranieri. Però glielo pronunciai subito bene, tiè! ghghgh! E che ci vuole? :-PPP Niente a confronto dei commentatori francesi che dovevano pronunciare il nome di un calciatore siciliano che giocava là, tale Miccichè. Dicevano "Miksish"....
Così tanto per calarsi nell'atmosfera e nelle condizioni di uno sweastshop, per rifare questa pagina ci ho messo praticamente una giornata intera. Da diventarci pazzi. A un certo punto avrei preso chi ha fatto la traslitterazione e lo avrei infilato in un'impastatrice; ma neppure la parte del testo in caratteri ebraici già presente in rete era esente da pecche e incongruenze. Purtroppo, coi testi in yiddish è pane quotidiano, e solo l'incredibile importanza (e bellezza) che hanno spinge a andare avanti e a volerli riportare qui in una forma decente.
Ad ogni modo, pregherei Bernart di leggere bene questo commento e, possibilmente, di stamparselo. Contiene alcune "dritte" per lavorare meglio, d'ora in poi.
Le "dritte" riguardano il riconoscimento delle "traslitterazioni tedeschizzanti" dei testi, autentica calamità. La traslitterazione presente su "Nice Words", il blog dal quale è stata ripresa... (continuer)
Riccardo Venturi 17/2/2014 - 20:24
Capisco e ci proverò, anche se non sarà facile per me che non conosco la lingua.
Ti ringrazio per il lavoro immane cui sei costretto, per amore della correttezza e della lingua e anche per il rispetto di tutti quei milioni di morti ai quali la lingua cercarono di cavargliela, insieme alla vita.
Una volta ricostruito il testo di questa cosa con la massima esattezza possibile, si è trattato di renderlo in italiano corrente. La traduzione inglese presente in questo sito, lo ripeto, è particolarmente bella e ben fatta; ma si tratta di un inglese estremamente d'arte, solenne e aulico, che non tutti potrebbero intendere (e che si prende, inoltre, diverse libertà). Questa mia traduzione non è così. E' particolarmente brutta, ma è stata fatta direttamente sul testo in yiddish e alla lettera; soltanto nella strofa, incredibilmente bella e terribile, dell' "orologio parlante", ho fatto qualche adattamento per meglio far capire il senso di ciò che viene espresso. Al termine della faticata che è costata questa pagina, e non soltanto a me, appare questa cosa che dà il senso esatto di quel che si fa qui. [RV]
Credo proprio che tu abbia centrato la cosa, Bernart. In questa particolare sezione del sito, sento il senso preciso di quando si dice "dare voce a chi non la ha più". Non la ha più perché è stato spazzato via; nei lager del lavoro ancor prima che in quelli dei nazisti. La lingua dei morti, sempre quella.
È vero, ci sto faticando su questi testi. Nulla, ovviamente, in confronto alla fatica che dovettero passare quegli uomini, quelle donne, fino a morirne. Quel che posso fare, è riprodurre nel modo più esatto possibile le parole che scrissero per testimoniare il loro dolore e le loro lotte, in una fabbrica come a Dachau. Anche per questo sono immensamente incavolato con chi tratta questi testi con inesattezza e faccio veramente le pulci, al peggio del peggio della mia pignoleria.
Perché, poi, una volta ricostruito il testo, appaiono cose come questa, di questa pagina. E sono ancora qui senza... (continuer)
Per cominciare mi sono stampato la tua legenda sulle translitterazioni tedeschizzanti che - ora lo so - sono da aborrire (Pensa un po' te, manco conosco la lingua è se appena un termine mi appare "tedeschizzante" adesso già lo odio)...
Un'altra cosa, il comando di allineamento da destra, quello che chiami "direction:rtl", è il classico "Ctrl+Shift+D", quello che ha anche la sua icona nella barra di formattazione di Word? E basta quello perchè poi il testo risulti corretto nell'orientamento uno volta postato sul sito? Il comando va applicato prima di incollare su Word o al testo già incollato?
Chanson italienne - Tre passi nel delirio - Dugentodumila – 2002
Plus qu'une chanson, il s'agit d'une trilogie, ou bien de trois micro-chansons, dans lesquelles trois des membres du groupe interprètent les sensations qu'ils imaginent avoir été éprouvées tout au long de sa vie par le pilote qui lors de la seconde guerre mondiale a lâché la bombe atomique sur Hiroshima. La peur, quand il était dans l'avion, qui ne lui a pas laissé voir la gravité du geste, le remords qui commence à le tourmenter immédiatement comme un spectre, une fois rentré chez lui à la fin de la guerre et enfin la honte, pendant sa vieillesse qu’il masque avec orgueil et arrogance. Cette trilogie ne s'inspire pas de la biographie réelle du pilote, les auteurs prennent simplement appui sur cet événement pour faire surgir l'absurdité de la guerre.
Questa canzone di Leyb Rozental di Vilnius è sicuramente stata ispirata ad un brano precedente, “פּאַפּיראָסן” (Papirosn), di cui fu autore negli anni 20 Hermann Yablokoff (1903-1981), originario di Hrodna, oggi in Bielorussia, ed emigrato negli USA nel 1924. Personaggio molto noto nel teatro yiddish americano, alla fine della guerra Yablokoff fece molte tournée in Germania, Austria ed Italia per portare conforto ai rifugiati sopravvissuti alla Shoah.
Su di una melodia tradizionale bulgara.