Vasija de barro
(Gonzalo Benítez - Luis Alberto Valencia)
Yo quiero que a mí me entierren
como a mis antepasados
en el vientre oscuro y fresco
de una vasija de barro.
Cuando la vida se pierda
tras una cortina de años
vivirán a flor de tiempo
amores y desengaños.
Arcilla cocida y dura,
alma de verdes collados.
Barro y sangre de mis hombres,
sol de mis antepasados.
De tí nací y a tí vuelvo,
arcilla, vaso de barro.
Con mi muerte yazgo en tí,
en tu polvo enamorado.
Orcio di terracotta
(Traduzione italiana di Riccardo Venturi)
Io voglio essere sepolto
come i miei antenati,
dentro al ventre scuro e fresco
di un orcio di terracotta.
Quando la vita si perderà
dietro una cortina d'anni
vivranno a fior di tempo
amori e disinganni.
Argilla cotta e dura
anima di verdi colli.
Terracotta e sangue della mia gente,
sole dei miei antenati.
Da te nacqui e a te ritorno,
argilla, vaso di terracotta.
Con la mia morte in te giaccio,
nella tua polvere innamorata.
Maria Cristina 30/3/2013 - 18:30
Ciao Maria Cristina,
bello il tuo contributo!
Partendo da uno spunto presente sulla pagina del sito di Atahualpa Yupanqui relativa alla canzone, ho approfondito la questione della paternità e sono arrivato ad una versione di “Vasija de Barro”pubblicata su Youtube da tal “jwr1947”.
L’esecuzione è degli anni 60, incisa in un disco di musica popolare intitolato “Voces y Cuerdas del Ecuador”.
Il contributore riporta le note contenute nel disco:
“El poema Vasija de Barro fue escrito en la noche del 7 de noviembre de 1950, durante una reunión en la casa del pintor Oswaldo Guayasamín por los poetas: Jorge Carrera Andrade, Hugo Alemán, Jaime Valencia, y Jorge Enrique Adoum . Cada uno en ese orden escribió una estrofa del poema. Posteriormente, Gonzalo Benítez, del dúo Benitez y Valencia lo musicalizó a ritmo de Danzante, ritmo precolombino ecuatoriano, en compás de 6/8."
Cattolico apostolico romano, liberale, anticomunista, amico di Craxi e di Alemanno... non gli è servito, è morto pure lui: "Er Califfo", "Il Maestro", Franco Califano, 14 settembre 1938 – 30 marzo 2013.
Però qualche bella canzone ce l'ha regalata, forse soprattutto quelle che ha scritto per altri: Mina, Mia Martini, Ornella Vanoni, Bruno Martino...
Chanson italienne – La sera che partì mio padre – Enzo Jannacci – 1968
Enzo Jannacci - Vengo anch'io. No, tu no. - 1968
Mina - Mina quasi Jannacci - 1977
Ah, Lucien l'âne mon ami, je ne sais pas ce que vaut cette version française... Mais j'ai voulu la faire ce soir... Afin que ne se perde pas la mémoire de ce gars-là que je ne connaissais pas... En mémoire... Car, en effet, il ne reviendra pas.
Quoi qu'il en soit, tu as bien fait, dit Lucien l'âne. Car c'était lui aussi un des nôtres, un de ces canuts qui tissait le linceul de ce vieux monde...
Perché "S'i' fosse foco" negli extra ?
Questa canzone è una "dichiarazione di guerra" dalla prima parola all'ultima.
Rodolfo 30/3/2013 - 17:06
Io l'ho contribuita come Extra perchè, forse inconsciamente aderendo all'interpretazione da sempre più in voga, ho pensato che questo di Cecco Angiolieri fosse più che altro un "Vaffanculo a tutti quanti, io voglio solo godermela!", una bella piattaforma programmatica ma un pò privata per poterla proporla come CCG...
Però, leggendola e rileggendola, come tradisce anche il mio commento introduttivo, ora sono d'accordo con te, Rodolfo: questa mi sembra sempre di più una dichiarazione di guerra ai potenti di allora travestita da poesia goliardica...
Se gli Admins condividono, la si potrebbe anche trasferire tra le "strictly" CCG/AWS.
(Gonzalo Benítez - Luis Alberto Valencia)
Yo quiero que a mí me entierren
como a mis antepasados
en el vientre oscuro y fresco
de una vasija de barro.
Cuando la vida se pierda
tras una cortina de años
vivirán a flor de tiempo
amores y desengaños.
Arcilla cocida y dura,
alma de verdes collados.
Barro y sangre de mis hombres,
sol de mis antepasados.
De tí nací y a tí vuelvo,
arcilla, vaso de barro.
Con mi muerte yazgo en tí,
en tu polvo enamorado.
Orcio di terracotta
(Traduzione italiana di Riccardo Venturi)
Io voglio essere sepolto
come i miei antenati,
dentro al ventre scuro e fresco
di un orcio di terracotta.
Quando la vita si perderà
dietro una cortina d'anni
vivranno a fior di tempo
amori e disinganni.
Argilla cotta e dura
anima di verdi colli.
Terracotta e sangue della mia gente,
sole dei miei antenati.
Da te nacqui e a te ritorno,
argilla, vaso di terracotta.
Con la mia morte in te giaccio,
nella tua polvere innamorata.