1899
Questi versi sono stati pubblicati per la prima volta nel 1899, dalla Tipografia Valdès di Cagliari, in una raccolta intitolata Poesias de Giuseppe Mereu. La raccolta contiene 29 poesie, di vario metro e contenuto, tutte scritte fra il 1890 e il 1897. Peppino Mereu aveva scritto questo versi, di tipo epistolare, con il titolo A Nanni Sulis (I), con questo titolo pubblicherà altre due composizioni che vengono contraddistinte, oltre al titolo, con i relativi numeri romani. Il componimento è costituito da 33 quartine del tipo ABCB.
Nel 1974, Nicolò Rubanu leader del Gruppo Rubanu Orgosolo, musicò il testo e fu eseguita dal gruppo, per la prima volta, al Teatro Eliseo di Nuoro, in occasione di una esibizione insieme agli Inti-Illimani, lo stesso anno il gruppo la pubblicò nell'album Su lamentu de su pastore.
Successivamente la musica fu arrangiata da Tonino Puddu, direttore del Coro su... (continuer)
Nanneddu meu è una canzone basata su un testo del poeta Peppino Mereu. La canzone, nella versione ora conosciuta, è stata scritta nel 1974 da Nicolò Rubanu e successivamente ripresa da Tonino Puddu, sui versi dell'omonima poesia, scritta alla fine dell'Ottocento dal poeta di Tonara. Questo brano è un canto d'autore di ispirazione folklorica e da tempo è entrato a far parte della cultura e della tradizione popolare sarda. wikipedia
Questa composizione dedicata a Giovanni Sulis, medico di Tonara e amico di P. Mereu, è una delle poesie più popolari. Il testo esprime le impressioni del poeta sui cambiamenti sociali, economici e politici della fine dell’ Ottocento, periodo attraversato da carestie, miseria, soprusi e proteste. Tutto ciò viene narrato con realismo e amaro pessimismo: “Il mondo sta cambiando, così come era non sarà più”. collettivo Peppino Mereu
Credo che la canzone debba essere attribuita a Peppino Mereu o tutt'al più a Nicolò Rubanu, che l'ha musicata nel 1974, i Tazenda sono solo uno dei gruppi/interpreti che l'hanno incisa. Inoltre sebbene nei crediti dell'album "Murales" risulta come "Naneddu" il testo dovrebbe essere "Nanneddu meu"
[Intorno al 1895?]
Versi del grande poeta sardo che fanno seguito a Naneddu meu, entrambe nella raccolta “Poesias” pubblicata nel 1899.
Nell’album intitolato “E prite tottu custu” dei Tenore San Gavino di Oniferi, Nuoro, che comunque ne cantano solo la prima parte, quella più intima (fino al punto che ho indicato con *)
Più interessante – almeno dal punto di vista delle CCG – la seconda parte della poesia, quella in cui Mereu, dal suo letto di sofferenza, si scaglia con violenta energia contro i ricchi, i padroni, i “vandali continentali” e i loro sgherri… Non manca nemmeno una strigliata ai carabinieri, corpo di cui peraltro il poeta fece parte per ben 5 anni…
Ciao Adriana, "Deo no isco, sos carabineris" non è che la seconda parte della poesia "A Nanni Sulis II"... Così abbiamo la prima parte - meno rilevante, almeno dal nostro punto di vista - interpretata dai Tenores di Oniferi, e la seconda parte dal Coro Rubano di Orgosolo, ma presente in due pagine e con due traduzioni italiane differenti... Un bel pasticcio, quasi pari a quello della "mini-IMU"... E il bello è che l'ho combinato io, Bernart Bartleby, e lo dovrete rimediare voi, o stoici Admins!
Cicca-cicca!
Nella raccolta “Poesias”, pubblicata a Cagliari nel 1899 per i tipi della Premiata Tipografia Eitice Editrice P. Valdés.
Interpretata dai Tenore San Gavino de Oniferi, Nuoro.
Un nobile decaduto che ormai è costretto ad usare il bastone, un tempo simbolo di distinzione e comando, per raccogliere le cicche per strada… Disprezzò gli umili ed il loro lavoro, ne fece di cotte e crude, abusò del proprio potere e della propria ricchezza negando giustizia ai poveri… E mal gliene incolse. E’ troppo tardi ormai, “non si piega più la schiena al lavoro” e la croce del cavalierato che l’ha protetto in passato è ormai cosa morta. E si avvicina il giorno in cui anche il nostro, senza più santi in paradiso, trascorrerà il suo tempo a “contemplare il cielo a quadri”…
[Fine 1900 o inizio 1901?]
Testo trovato in “Peppino Mereu. Poesie complete”, a cura di Giancarlo Porcu, traduzione di Giovanni Dettori, Marcello Fois, Alberto Masala, Edizioni Il Maestrale, 2004.
Trovata su YouTube in un’interpretazione dei Tenores di Orgosolo risalente al 1961.
Una poesia forse davvero scritta in punto di morte, comunque non compresa nella raccolta originaria “Poesias” del 1899. In ogni caso quella di Mereu fu una vita intera trascorsa “in punto di morte”, che fu sempre di salute inferma e che morì a soli 29 anni, probabilmente per una grave forma di diabete. Ciò non gli impedì di cantare con forza, con coraggio e con ferocia la sua Sardegna afflitta dalla fame, dalla malaria e dal sopruso e dalla brutalità di “barones” e “feudatarios” e dei loro sgherri.
«Senza distinziones curiales devimus esser, fizzos de un'insigna, liberos, rispettados, uguales.» «Senza distinzioni di casta dobbiamo essere tutti figli di un simbolo, liberi, rispettati, uguali.»
[1981]
Dalla raccolta “Poesias in duas limbas – Poesie bilingui”, Scheiwiller, Milano (2° ed. 1993, 3° ed. 2006 per i tipi de Il Maestrale di Nuoro).
Come Cantone de s'òmine in su fossu, anche questa poesia non ha una musica, eppure sì, perchè è un "cantone", una ballata, e una ballata non può non avere musica. E poi è una ballata scritta da Frantziscu Màsala, uno dei più grandi poeti in lingua sarda con Grazia Deledda, Francesco Ignazio Mannu e Peppino Mereu.
"Sono nato in un villaggio di contadini e di pastori, fra Goceano e Logudoro, nella Sardegna settentrionale e, durante l'infanzia, ho sentito parlare e ho parlato solo in lingua sarda: in prima elementare, il maestro, un uomo severo sempre vestito di nero, ci proibì, a me e ai miei coetanei, di parlare nell'unica lingua che conoscevamo e ci obbligò a parlare in lingua italiana, la "lingua della Patria", ci disse. Fu così che,... (continuer)
Canzone il cui testo è un estratto di una delle poesie di Peppino Mereu indirizzate al suo amico Nanni Sulis.
Nell’album “Su lamentu de su pastore” del 1975, il disco più celebre dei tenores orgolesi raccolti intorno alla figura di Niccolò Giuseppe Rubanu
I Kenze Neke la reinterpretarono più tardi proponendola sia nell’ep “Gherramus tott'impare” del 1995 (con gli Askra) sia nel successivo album “Liberos, rispettatos, uguales” del 1998.
Jago Siotto (1876-1958), il nome citato nella terz’ultima strofa, è stato un avvocato e militante socialista sardo.
Questi versi sono stati pubblicati per la prima volta nel 1899, dalla Tipografia Valdès di Cagliari, in una raccolta intitolata Poesias de Giuseppe Mereu. La raccolta contiene 29 poesie, di vario metro e contenuto, tutte scritte fra il 1890 e il 1897. Peppino Mereu aveva scritto questo versi, di tipo epistolare, con il titolo A Nanni Sulis (I), con questo titolo pubblicherà altre due composizioni che vengono contraddistinte, oltre al titolo, con i relativi numeri romani. Il componimento è costituito da 33 quartine del tipo ABCB.
Nel 1974, Nicolò Rubanu leader del Gruppo Rubanu Orgosolo, musicò il testo e fu eseguita dal gruppo, per la prima volta, al Teatro Eliseo di Nuoro, in occasione di una esibizione insieme agli Inti-Illimani, lo stesso anno il gruppo la pubblicò nell'album Su lamentu de su pastore.
Successivamente la musica fu arrangiata da Tonino Puddu, direttore del Coro su... (continuer)