Ήταν ο τόπος μου βράχος και
χώματα ήλιος και μαύρο
κρασί. Όργωνα θέριζα και με
τον Όμηρο σε τραγουδούσα,
λαέ μου. Πάνω στα κύματα
νύχτες ολόκληρες σε ονειρεύτηκα.
Ήταν τα σπίτια μου άσπρα
γαρίφαλα και τα κορίτσια σεμνά.
Είχαν αρμύρα στα χείλη στα
μάτια τους καίγανε την οικουμένη
και τα παιδιά μου με μια
φυσαρμόνικα τα ξελογιάζανε.
Ήταν ο τόπος μου σαν το χαμόγελο,
όνειρο καθημερνό.Κάποιος τον
πούλησε, κάποιος τον ρήμαξε
σαν δανεισμένη πραμάτεια.
Τώρα τ' αγόρια μου παίζουν
το θάνατο στα χαρακώματα.
χώματα ήλιος και μαύρο
κρασί. Όργωνα θέριζα και με
τον Όμηρο σε τραγουδούσα,
λαέ μου. Πάνω στα κύματα
νύχτες ολόκληρες σε ονειρεύτηκα.
Ήταν τα σπίτια μου άσπρα
γαρίφαλα και τα κορίτσια σεμνά.
Είχαν αρμύρα στα χείλη στα
μάτια τους καίγανε την οικουμένη
και τα παιδιά μου με μια
φυσαρμόνικα τα ξελογιάζανε.
Ήταν ο τόπος μου σαν το χαμόγελο,
όνειρο καθημερνό.Κάποιος τον
πούλησε, κάποιος τον ρήμαξε
σαν δανεισμένη πραμάτεια.
Τώρα τ' αγόρια μου παίζουν
το θάνατο στα χαρακώματα.
envoyé par Riccardo Venturi - 11/3/2009 - 13:02
Langue: italien (Toscano Elbano Occidentale)
Versione in Elbano occidentale di Riccardo Venturi
30 agosto 2009
30 agosto 2009
Quando, dopo un po', vengo via dall'Elba mi prendono strani pensieri. Anche l'Elba è un posto (τóπος) nel Mediterraneo. Ο τόπος μας είναι κλειστός, e ognuno ha le Simplegadi che vuole. La mia famiglia, nello stesso 1944 di questa canzone/poesia, ha avuto in casa uno sbarco alleato intero. Il 17 giugno 1944, dopo l'occupazione tedesca, con le truppe coloniali “alleate” che arrivarono, saccheggiarono, morirono pure loro tanto da meritarsi una stele in arabo con versi del Corano al cimitero di Marina di Campo. E sono cose che ho visto, e che so, fin da bambino piccolo. Di ragazzi a morire nelle trincee, oppure proprio in Grecia a Capo Tènaro (più noto come Matapan), ho avuto uno zio diretto. E con la Grecia ho deciso di fare i conti. Imparando la sua lingua, recandomici a stare interminabili serate sfumate nella notte a bere e parlare, ché la mia infanzia, come la loro, ancora gioca sul mare. Reco per questa traduzione nella mia lingua vera, quella di bambino piccolo, quella del portico e delle vecchie comari, una foto d'una tomba. Di un giovane morto in quella guerra. La Pila è un paesino di case bianche. Non conobbero freno all'odio e alla violenza, le truppe senegalesi, così come ora non conosce freno alla violenza l'odio verso chiunque sia diverso. Non è per questo che sono nati i nostri mari. Non è per questo che i nostri posti, all'Elba, in Grecia e dovunque, sono stati sconciati e venduti a logiche che non erano le nostre. Ci hanno mandati a morire, come Silvio Grassi, nelle trincee, sullo Sgarallino, a Kessariani o su carrette del mare. Non va. Le tombe parlano. In questa sera dove mi va il pensiero ad una donna che soffre, il pensiero a suo fratello che veglia. Non è una dedica, è un pensiero e un'ondalunga che abbraccia tutto quanto. Tradurre nella propria lingua profonda non è semplice. Viene poco spesso. Quando viene, è un boato dalle viscere della terra e del mare. [RV]
Nota alla traduzione. Nell'elbano occidentale, le doppie "r" si pronunciano generalmente scempie; quindi "tèrra" si deve leggere in realtà "tèra", come in romanesco. La "è" è ancora più aperta, però: ['tæ:ra]. Nella traduzione, al posto dell' "armonica" con cui si fa girare la testa alle ragazze, ci ho messo piuttosto un "fistio" (fischio); mai ho visto nessuno, all'Elba, far voltare le ragazze con un'armonica. Piuttosto, si fischia loro dietro.
Nota alla traduzione. Nell'elbano occidentale, le doppie "r" si pronunciano generalmente scempie; quindi "tèrra" si deve leggere in realtà "tèra", come in romanesco. La "è" è ancora più aperta, però: ['tæ:ra]. Nella traduzione, al posto dell' "armonica" con cui si fa girare la testa alle ragazze, ci ho messo piuttosto un "fistio" (fischio); mai ho visto nessuno, all'Elba, far voltare le ragazze con un'armonica. Piuttosto, si fischia loro dietro.
ERA IR MI' POSTO
Era ir mi' posto,
scogli, tèrra, vino nero.
Facevo ir campo, la vigna
e ti 'antavo nziem'a Omèro,
gente mia. In cima all'ondalunga
pe' notti ti sognavo senza fine.
Èreno le mi' ase bianche,
garòfali e le bambole ammodo.
Sapèveno di sale, e nell'occhi
dàveno foo ar mondo;
e li mi bamboli 'or fistio
ni facèveno girà ir capo.
Era ir mi' posto, e ridevo
sognando 'oll'occhi spipati.
Varcuno l'ha dato via,
varcuno l'ha mandato in merda
come robaccia da magazzino.
E ora li mi' bamboli giòcheno
a morì nelle trincee.
Era ir mi' posto,
scogli, tèrra, vino nero.
Facevo ir campo, la vigna
e ti 'antavo nziem'a Omèro,
gente mia. In cima all'ondalunga
pe' notti ti sognavo senza fine.
Èreno le mi' ase bianche,
garòfali e le bambole ammodo.
Sapèveno di sale, e nell'occhi
dàveno foo ar mondo;
e li mi bamboli 'or fistio
ni facèveno girà ir capo.
Era ir mi' posto, e ridevo
sognando 'oll'occhi spipati.
Varcuno l'ha dato via,
varcuno l'ha mandato in merda
come robaccia da magazzino.
E ora li mi' bamboli giòcheno
a morì nelle trincee.
Langue: italien
Versione italiana di Gian Piero Testa
ERA IL LUOGO MIO
Era il luogo mio scoglio e
zolla sole e vino
nero. Aravo mietevo e con
Omero ti cantavo,
popolo mio. Sopra le onde
nottate intiere ti sognai.
Erano bianche le mie case
e garofani le ragazze giudiziose.
Sapevano di sale le loro labbra
con gli occhi incendiavano la terra
e i miei ragazzi con una
fisarmonica le facevano ammattire.
Era il luogo mio come un sorriso,
ogni santo giorno un sogno. Qualcuno
l'ha venduto, qualcuno l'ha mandato in malora
come merce avuta in prestito.
Adesso i miei ragazzi giocano
a morire nelle trincee.
Era il luogo mio scoglio e
zolla sole e vino
nero. Aravo mietevo e con
Omero ti cantavo,
popolo mio. Sopra le onde
nottate intiere ti sognai.
Erano bianche le mie case
e garofani le ragazze giudiziose.
Sapevano di sale le loro labbra
con gli occhi incendiavano la terra
e i miei ragazzi con una
fisarmonica le facevano ammattire.
Era il luogo mio come un sorriso,
ogni santo giorno un sogno. Qualcuno
l'ha venduto, qualcuno l'ha mandato in malora
come merce avuta in prestito.
Adesso i miei ragazzi giocano
a morire nelle trincee.
envoyé par Gian Piero Testa - 12/12/2010 - 09:54
Langue: anglais
English Version by Mιλτος Mπ. © 22-11-2005 @ 18:04
stixoi.info
stixoi.info
"1944, The German and Bulgarian occupation armies were retreating from Greece. The British soon arrived, bringing with them the policies of division and conquer. The old collaborationists were now named nationalist-leaning. The left-leaning resistance partisans were initially dissarmed then hunted down and the civil war was soon after a grim reality for post war Greece."
IT WAS MY LAND [1944]
It was my land rock and
soil sun and crimson dark
wine. I was plowing I was harvesting and
with Homer I was singing you
my people. On top of waves riding
endless nights I dreamed of you.
They were my houses white
carnations and the girls modest.
They had saline taste on their lips in
their eyes they were burning the whole world
and my children with a
harmonica they mislead them.
It was my land like a smile
a daily dream. Someone
sold it, someone ruined it
like borrowed merchandise.
Now my boys play
with death inside the trenches.
It was my land rock and
soil sun and crimson dark
wine. I was plowing I was harvesting and
with Homer I was singing you
my people. On top of waves riding
endless nights I dreamed of you.
They were my houses white
carnations and the girls modest.
They had saline taste on their lips in
their eyes they were burning the whole world
and my children with a
harmonica they mislead them.
It was my land like a smile
a daily dream. Someone
sold it, someone ruined it
like borrowed merchandise.
Now my boys play
with death inside the trenches.
envoyé par CCG/AWS Staff - 16/3/2009 - 14:58
Langue: français
Version française – C'ÉTAIT MON PAYS – Marco Valdo M.I. – 2009
d'après la version en Elbois occidental de Riccardo Venturi - ERA IR MI' POSTO,
d'une chanson grecque de Nikos Xylouris / Νίκος Ξυλούρης - « ' Ηταν ο τόπος μου [1944] »
d'après la version en Elbois occidental de Riccardo Venturi - ERA IR MI' POSTO,
d'une chanson grecque de Nikos Xylouris / Νίκος Ξυλούρης - « ' Ηταν ο τόπος μου [1944] »
Quand, je suis rentré depuis peu d'Elbe, il me vient d'étranges pensées. L'Elbe aussi est un lieu (τóπος) en Méditerranée. Ο τόπος μας είναι κλειστός, et chacun a les Symplegades qu'il veut. Ma famille, dans la même année 1944 de cette chanson/poésie, a eu chez elle un débarquement allié. Le 17 juin 1944, après l'occupation allemande, les troupes « coloniales » alliées arrivèrent, saccagèrent, moururent elles-aussi jusqu'à mériter une stèle en arabe avec des vers du Coran au cimetière de Marina di Campo. Et ce sont des choses que j'ai vues, et que je sais, depuis que je suis un petit enfant. Des gars à mourir dans les tranchées, précisément en Grèce au Cap Ténarion (plus connu comme Matapan), j'ai eu un oncle. Et avec la Grèce, de régler les comptes. En apprenant sa langue, , en m'y rendant pour rester d'interminables soirées enfumées dans la nuit à boire et à parler, tandis que mon enfance, comme la leur, jouait encore sur la mer. Je présente pour cette traduction dans ma vraie langue, celle de petit enfant, celle du porche et des vieilles commères, une photo de tombe. D'un jeune homme mort à cette guerre. La Pila est un petit village de maisons blanches. Les troupes sénégalaises ne connurent aucun frein à leur haine et à leur violence, comme aujourd'hui ne connaît aucun frein à la violence, la haine envers celui qui est différent. Ce n'est pas pour cela que sont nées nos mers. Ce n'est pas pour cela que nos lieux en Elbe, en Grèce et partout, ont été abîmés et vendus selon des logiques qui ne sont pas les nôtres. Ils nous ont envoyés mourir, comme Silvio Grassi, dans les tranchées, sur le Sgarallino, à Kessariani ou sur des cargos. Cela ne va pas. Les tombes parlent. Dans cette soirée où ma pensée va à une dame qui souffre, à son frère qui veille. Ce n'est pas une dédicace, c'est une pensée, une vague longue qui embrasse tout. Traduire dans sa propre langue profonde n'est pas simple. Cela vient peu souvent. Quand cela vient, c'est un fracas des viscères de la terre et de la mer. [R.V.]
Quoi, quoi, dit Lucien l'âne aux oreilles exclamatives, tu traduis l'Elbois à présent. En voilà une affaire ! J'ignorais que tu connaissais cette langue...
Mais mon ami Lucien, tu sais bien que je ne connais pas du tout l'Elbois et que j'ai traduit comme qui dirait au pif... Un peu comme je fais toujours, en me fiant à mon sens de l'orientation. D'ailleurs, je dois bien te dire que j'ai pris la précaution de soumettre ma traduction à Riccardo... Il m'a relevé quelques erreurs... Mais quand même, dans l'ensemble, en gros, ma traduction tenait le cap.
Qu'est-ce donc qui t'a pris de te mettre à traduire de l'Elbois occidental – de surcroît... Tu aurais pu éviter pareille digression...
Sans doute, Lucien, j'aurais pu... Mais je voulais faire une surprise à Riccardo pour son retour de vacances en Elbe, précisément (c'est ma manière à moi de le saluer et de saluer son travail...) et puis, évidemment, il y a aussi la chanson elle-même. Elle raconte la situation pénible de la Grèce du temps de Metaxas, la destruction du pays par la guerre et les douleurs de tous ces jeunes hommes envoyés à la boucherie (en Grèce comme ailleurs, comme partout où la folie guerrière s'installe) pour ce que moi et des millions d'autres avec moi appelons une connerie. Oh Barbara, quelle connerie la guerre !, disait dans Paroles, le poète Jacques Prévert. Ce qui fut chanté aussi.
Ainsi Parlait Marco Valdo M.I.
Quoi, quoi, dit Lucien l'âne aux oreilles exclamatives, tu traduis l'Elbois à présent. En voilà une affaire ! J'ignorais que tu connaissais cette langue...
Mais mon ami Lucien, tu sais bien que je ne connais pas du tout l'Elbois et que j'ai traduit comme qui dirait au pif... Un peu comme je fais toujours, en me fiant à mon sens de l'orientation. D'ailleurs, je dois bien te dire que j'ai pris la précaution de soumettre ma traduction à Riccardo... Il m'a relevé quelques erreurs... Mais quand même, dans l'ensemble, en gros, ma traduction tenait le cap.
Qu'est-ce donc qui t'a pris de te mettre à traduire de l'Elbois occidental – de surcroît... Tu aurais pu éviter pareille digression...
Sans doute, Lucien, j'aurais pu... Mais je voulais faire une surprise à Riccardo pour son retour de vacances en Elbe, précisément (c'est ma manière à moi de le saluer et de saluer son travail...) et puis, évidemment, il y a aussi la chanson elle-même. Elle raconte la situation pénible de la Grèce du temps de Metaxas, la destruction du pays par la guerre et les douleurs de tous ces jeunes hommes envoyés à la boucherie (en Grèce comme ailleurs, comme partout où la folie guerrière s'installe) pour ce que moi et des millions d'autres avec moi appelons une connerie. Oh Barbara, quelle connerie la guerre !, disait dans Paroles, le poète Jacques Prévert. Ce qui fut chanté aussi.
Ainsi Parlait Marco Valdo M.I.
C'ÉTAIT MON PAYS
C'était mon pays
Rochers, terre, vin noir.
J'en vivais, la vigne
Et je te chantais avec Homère
Mon pays. Au sommet de la vague longue
Pendant des nuits, je te rêvais sans fin.
Il y avait mes blanches maisons
Des œillets et des filles comme il faut.
Elles avaient la saveur du sel, et dans leurs yeux
Rutilait le monde entier
Et mes copains en sifflant
Leur faisaient tourner la tête.
C'était mon pays et je riais
En songeant à leurs yeux pétillants
Quelqu'un l'a escamoté
Quelqu'un l'a soldé
Comme une vieille riquette.
Et à présent mes copains jouent
À mourir dans les tranchées.
C'était mon pays
Rochers, terre, vin noir.
J'en vivais, la vigne
Et je te chantais avec Homère
Mon pays. Au sommet de la vague longue
Pendant des nuits, je te rêvais sans fin.
Il y avait mes blanches maisons
Des œillets et des filles comme il faut.
Elles avaient la saveur du sel, et dans leurs yeux
Rutilait le monde entier
Et mes copains en sifflant
Leur faisaient tourner la tête.
C'était mon pays et je riais
En songeant à leurs yeux pétillants
Quelqu'un l'a escamoté
Quelqu'un l'a soldé
Comme une vieille riquette.
Et à présent mes copains jouent
À mourir dans les tranchées.
envoyé par Marco Valdo M.I. - 30/8/2009 - 22:22
Un simple remerciement ne suffit pas, cette fois-ci. Si tu as décidé de te confronter avec un texte écrit dans un langage si étrange et marginal comme l'elbois occidental, c'est parce que j'ai réussi à "communiquer" quelque chose en m'en servant. En plus, ce que j'appelle "elbois occidental" est pour moi un langage presque endophasique; c'est pour cette raison que je t'ai invité, une fois ou l'autre, à traduire quelque chose directement en wallon. Ta traduction est parfaite, et émouvante.
Riccardo Venturi - 31/8/2009 - 01:05
×
Το χρονικό
Στίχοι: Κ.Χ Μύρης
Μουσική: Γιάννης Μαρκόπουλος
Πρώτη εκτέλεση: Νίκος Ξυλούρης
Gli "Annali" di K.H.Myris
versi di K.H. Myris
Musica di Yannis Markopoulos
Prima interpretazione di Nikos Xylouris
Gli "Annali" di K.H.Myris e Yannis Markopoulos
Το είχαν ακούσει η Ασπασία Παπαθανασίου, ο Τάκης Λαμπρίας, ο Μάριος Πλωρίτης, ο Βασίλης Βασιλικός κ.α. Το 1970, συμπληρώθηκε με τέσσερα τραγούδια: το Π.Χ (το τραγούδι του Προμηθέα, όπου τρεις σταυρώνουν τον Τιτάνα και ο τίτλος έπαιζε ανάμεσα στο «Προ Χριστού» και στο «Παραδείγματος Χάριν»), Το λιονταρόπουλο (νανούρισμα αφιερωμένο στην κόρη μου που γεννήθηκε εκείνη τη χρονιά), Στο καφενείον "Η Ελλάς" και το τελικό τραγούδι, ("Πως να τραγουδήσω, πώς να σας μιλήσω") και βέβαια με την συνταρακτική φωνή του Νίκου Ξυλούρη. Επειδή δεν γνωρίζαμε τη μοίρα του έργου, στη λογοκρισία τα έστειλα με το ψευδώνυμο Κ.Χ.Μύρης, που το κράτησα έκτοτε ως γουρλίδικο.
Η λογοκρισία «έκοψε» δύο τραγούδια, που τώρα ο Γ.Μαρκόπουλος τα συμπεριέλαβε με τη φωνή του στην επανέκδοση τσε CD. Ο «Μύθος» του έργου οφείλεται στις ζωντανές εκτελέσεις στη «Λήδρα» όπου κάθε βράδυ συνέρρεαν πλήθη φοιτητών, συνειδητών πολιτών και αρκετών επωνύμων (Κ. Δοξιάδης, Γ. Σαββίδης, Χρ. Λαμπράκης, Σ.Φυντανίδης, Γ.Ρωμαίος, Τ.Λαμπρόπουλος, Αλ.Πατσιφάς κ.α.)
Ο Ρ. Μπήτον στην εισαγωγή του στη Νεοελληνική Λογοτεχνία, αφιερώνει μια σελίδα στο «κίνημα» που ξεκίνησε με το Χρονικό.
Li avevano ascoltati Aspasia Papathanasiou, Takis Lambrias, Marios Ploritis, Vasilis Vasilikos e altri; nel 1970 furono completati con quattro altre canzoni: Π.Χ. (la canzone di Prometeo, dove in tre crocifiggono il Titano -il titolo è un gioco di sigle tra Προ Χριστού “a.C., avanti Cristo” e παραδείγματος χάριν “p.es., per esempio”), Το λιονταρόπουλο (una ninna-nanna dedicata a mia figlia, che era nata in quegli anni), Στο καφενείον “Η Ελλάς” e la canzone finale (”Πώς να τραγουδήσω, πώς να μιλήσω”), con la voce senz'altro sconvolgente di Nikos Xylouris. Poiché non potevamo sapere che sorte avrebbe avuto l'opera, la mandai alla censura con lo pseudonimo di “K.H.Myris”, che da allora mi è rimasto come nome d'arte.
La censura tagliò due canzoni, che ora sono state reinserite da Yannis Markopoulos, e da lui cantate, nella riedizione del CD. Il “mito” dell'opera è dovuto alle rappresentazioni dal vivo alla “Lidra” [il locale ateniese di Xylouris, ndt.], dove ogni sera accorrevano frotte di studenti, di cittadini consapevoli e anche parecchie personalità (K. Doxiadis, G. Savvidis, Chr. Lambrakis, S. Fyndanidis, G. Romeos, T. Lambropoulos, A. Patsifàs e altri).
R. Beaton, nell'introduzione alla sua “Letteratura Greca Moderna”, dedica una pagina al “movimento” che ebbe inizio con gli “Annali”.