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Der Krieger von Sedan

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[1870 ca.]

Il castello di sedan. Le château de Sedan. Das Schloss von Sedan.
Il castello di sedan. Le château de Sedan. Das Schloss von Sedan.


Un canto della guerra franco-prussiana del 1870 che rievoca la sanguinosa battaglia di Sedan, nelle Ardenne francesi, battaglia che segnò la disfatta del "II Impero" del golpista Luigi Napoleone Bonaparte, più noto come Napoleone III (il quale si era fatto eleggere presidente della repubblica, per instaurare la dittatura monarchica con il colpo di stato del 2 dicembre 1851). Dittatura e impero che morirono nella più cocente e umiliante delle disfatte, in una guerra preparata dal cancelliere Bismarck e alla quale Napoleone III "abboccò" colpevolmente trascinando la Francia nell'abisso: Napoléon, cédant Sedan, céda ses dents, recita un celeberrimo scioglilingua francese ispirato da quegli eventi. Nacque la repubblica borghese da quegli eventi, e nacque la Comune di Parigi. Un evento cruciale nella storia francese ed europea, ma anche una guerra terribile con migliaia di morti da entrambe le parti. Con questa canzone li riviviamo dalla parte dei cosiddetti "vincitori", ma non esistono né vincitori, né vinti. Il "guerriero di Sedan" è il soldato mandato a morire per i criminali giochi dei potenti che condannano paesi interi alla più terribile delle catastrofi. [CCG/AWS Staff]

La battaglia di Sedan

sedan


La battaglia di Sedan ebbe luogo fra il 31 agosto ed il 1º settembre 1870, fu combattuta nell'ambito della guerra franco-prussiana (19 luglio 1870 - 10 maggio 1871) ed impegnò quasi la metà dell'esercito francese al comando del Maresciallo di Francia Patrice de MacMahon. Il suo esito costrinse Napoleone III alla capitolazione, il 2 settembre.

Nell'agosto del 1870 l'esercito francese era diviso in due corpi principali: l'armata di Alsazia, guidata dal maresciallo di Francia Patrice de Mac-Mahon e concentrata dal 16 agosto a Châlons-en-Champagne, presso l'imperatore Napoleone III e l'armata del Reno, guidata da un secondo maresciallo di Francia, François Achille Bazaine.

Bazaine, dopo aver impedito l'accerchiamento il 16 agosto (battaglia di Mars-la-Tour), rifiutò di impiegare l'interezza delle proprie truppe contro la successiva azione prussiana il 18 agosto (battaglia di Gravelotte), venendo così spinto, pur disponendo ancora di forze ingenti (140.000 uomini), in una posizione strettamente difensiva nella piazzaforte di Metz (Assedio di Metz, 3 settembre - 23 ottobre 1870), circondata dalla II armata prussiana al comando del principe Federico Carlo di Prussia.

L'armata francese di Châlons era forte di circa 150.000 uomini era costituita dal I corpo (generale Ducrot), il V corpo (generale de Failly) ed il VII corpo (generale Félix Douay), tutti reduci delle sconfitte in Alsazia, e dal XII corpo (generale Lebrun), costituito a seguito dell'entrata in guerra.

L'armata non aveva dimensioni sufficienti per sbarrare ai germanici la strada di Parigi e, in effetti, sembra che Mac-Mahon fosse, piuttosto, dell'opinione di concentrarsi su Parigi, a rinforzo della guarnigione della capitale e per dar tempo alla generale mobilitazione in corso in tutta la Francia: è certo che in una conversazione di quei giorni con il presidente del Senato, Eugène Rouher, che gli aveva fatto visita, il maresciallo si sia detto convinto che una marcia verso est si sarebbe inevitabilmente tradotta in una disfatta; in assenza di notizie da Bazaine entro il 23 agosto, assicurò il maresciallo, si sarebbe ritirato su Parigi.

Tutto dipendeva, quindi, dalle notizie circa il destino di Bazaine e dell'armata del Reno. Mac-Mahon scelse di prendere tempo, e il 21 agosto mosse su Reims, posizione dalla quale egli stimava poter assistere Bazaine, nel caso quest’ultimo fosse uscito da Metz, ovvero, in caso contrario, ripiegare relativamente indisturbato su Parigi.

Ciò che lo mosse a muoversi, infine, su Metz, fu un telegramma di Bazaine inviato alcuni giorni prima, il 19 agosto, giorno successivo alla battaglia di Gravelotte ed un giorno prima che i Prussiani tagliassero le linee telegrafiche. Quest’ultimo assicurava: "Conto ancora di muovermi verso Châlons via Montmédy... ovvero via Sedan, od anche Mézières". Mac-Mahon e Napoleone III vollero allora credere che il Bazaine avesse già lasciato Metz e decisero di raggiungerlo sulla strada di Montmédy in località Stenay.

La decisione si sarebbe risolta in un disastro: logicamente, negli anni successivi, i militari fecero di tutto per ribaltarne la responsabilità sull'opinione pubblica (la causa più spesso invocata) sui “politici” (il parlamento, il ministro della guerra, il generale Cousin-Montauban conte di Palikao, il governo in generale), la famiglia reale (l'imperatrice Eugenia che, oltretutto, era spagnola). La storiografia contemporanea ritiene, invece, assai più probabile che Mac-Mahon abbia deciso in base a ragioni di onore militare. Ripiegare su Parigi avrebbe trasformato la guerra dell'Imperatore in una guerra di popolo (come, infatti, puntualmente avvenne dopo Sedan), e non avrebbe lasciato all'armata di Bazaine altro ruolo che sacrificarsi per guadagnare tempo. Meglio, per i militari e la casa imperiale, giocare il tutto per tutto proseguendo il piano originario di ricongiungimento delle due armate francesi. Solo che ora, anziché attendere acquartierata a Châlons, l'armata di Mac-Mahon e di Napoleone III avrebbe dovuto aprirsi la strada per Metz, scommettendo sulla non motivata speranza che Bazaine riuscisse, nel frattempo, ad aprirsi la strada verso nord. Bazaine, in effetti, nemmeno tentò (Assedio di Metz).

L'armata di Alsazia, guidata da Napoleone III in persona, con il MacMahon comandante in seconda, lasciò le proprie posizioni a Reims il 23 agosto ed iniziò una marcia verso nord-est, in direzione dei confini del Belgio, con l'intenzione di evitare di essere agganciata dai prussiani prima di ricongiungersi a sud con il Bazaine.

I Prussiani (guidati dal capo di stato maggiore maresciallo Helmuth von Moltke) con l'armata francese del Reno condannata a subire una battaglia di assedio, potevano ora permettersi di indirizzare forze ingenti (la III armata del Principe reale di Prussia e la IV armata - armata della Mosa del Principe reale di Sassonia) a bloccare la manovra imperiale. Le due armate erano forti di 240.000 uomini e 700 cannoni.

Informato da dispacci catturati e, perfino, dai giornali parigini, il von Moltke distolse tali forze dalla marcia verso Parigi e manovrò verso nord, sino ad agganciare i Francesi il 30 agosto alla battaglia di Beaumont. Al termine dello scontro i Francesi, persi più di 7.000 uomini e 40 cannoni (contro 3.500 uomini circa da parte dei Prussiani), ripiegarono sulla piazzaforte di Sedan, nelle Ardenne a pochi chilometri dalla frontiera belga, con l'intenzione di dare riposo all'armata, rifocillarla, rifornirla e poi ritirarsi, sperabilmente, su Parigi. Dopo Beaumont, infatti, il MacMahon aveva ottenuto la prova provata che il Bazaine non aveva lasciato Metz e che l'armata di Alsazia mai avrebbe potuto raggiungerlo nella piazzaforte assediata. Nessuno avrebbe potuto più accusare lui e l'Imperatore di vigliaccheria.

L'armata francese, benché scoraggiata dalla sconfitta e provata dalla mancanza di rifornimenti, seppe ritirarsi in buon ordine sino a Sedan. La mattina del 31 agosto l'intera armata era attorno alla città, salvo un corpo di cavalleria che giunse solo in serata. Il MacMahon, con una armata duramente provata, non si sentì di programmare l'avvio della marcia prima del mezzogiorno del 1º settembre. La posizione appariva, d'altronde, sicura, coperta a sud ed a est dalla Mosa e dalla Givonne, a nord della frontiera belga, mentre ad ovest la strada per Mézières appariva libera e sicura. È difficile affermare quali siano le ragioni di tale stasi. Forse pesò l'opinione di Napoleone III, che forse cercava un nuovo scontro (in un telegramma alla moglie qualificò Beaumont come un “insignificante scontro”. Forse pesò la prospettiva di un facile ripiegamento sulla vicinissima frontiera belga. Forse bastò lo stato di scoramento generale dell'armata e dei suoi comandanti.

In ogni caso, non venne nemmeno curato con sufficiente attenzione l'ordine di distruggere tutti i ponti sulla Mosa fra Sedan e Mézières (città nella quale l'armata avrebbe dovuto finalmente attraversare e raggiungere la salvezza), al fine di rendere sicura la strada del ripiegamento. Il MacMahon non provvide nemmeno ad assicurare i molti guadi sulla Mosa. Lasciando ampi varchi alle superiore forze prussiane, che, dall'indomani non avrebbero avuto difficoltà ad occuparli.

Nel frattempo, il von Moltke non rinunciava alla anelata “battaglia di distruzione”. Comandò l'armata della Mosa di assalire il fianco sinistro chiudendo le vie di evacuazione verso est, mentre il fronte centrale e destro era lasciato alla III armata. Il 31 agosto, grande fu lo stupore della III armata quando poterono traversare il fiume sul ponte intatto e non custodito di Donchéry. Tagliando da lì ogni via di fuga diversa dalla frontiera belga.

Nel frattempo l'ala destra della III armata, trovato distrutto il ponte di Remilly nei pressi di Bazeilles, sulla strada Montmédy-Sedan, guadò e prese contatto con una divisione di fanteria di marina del XII corpo, guidata dal generale Vassoigne, senza poter prendere la sfortunata cittadina. L'azione, tuttavia, aveva consentito ai germanici di assicurare, oltre al ponte di Donchéry, alcuni punti di attraversamento, anche attrezzati con ponti di barche.

Nella notte gli attaccanti definirono un piano per tagliare all'armata di Alsazia anche la strada verso il Belgio. Ciò richiedeva che l'ala destra prendesse La Chapelle e poi Illy, mentre l'ala sinistra avrebbe dovuto espugnare Bazeilles e l'area circostante. Presto il mattino Bazeilles venne presa d'assalto, ma i fanti di marina si erano ben fortificati, vennero sostenuti anche dalla popolazione e raggiunti da rinforzi. Cadde invece la vicina La Moncelle e nel corso dei combattimenti una carica di artiglieria ferì il MacMahon.

Alle 6.00 del mattino il maresciallo aveva trasmesso il comando al generale Auguste-Alexandre Ducrot. Questi comandò l'armata una nuova linea difesa a nord, sull'altopiano di Illy, abbandonando Bazeilles. L'armata avrebbe poi dovuto ripegare verso Mézières: il Ducrot ignorava che i germanici avevano già tagliato tale via al ponte di Donchéry.

Verso le 10.00 del mattino, il generale de Wimpffen, giunto dall'Africa il giorno precedente, presentò un ordine ministeriale che lo nominava comandante in caso di assenza del MacMahon ed assunse il comando. Gli ordini del Ducrot, riconosciuti irrealizzabili, vennero annullati e l'armata venne comandata di riprendere Bazeilles. Alle 9.00 cominciò un intenso fuoco di artiglieria e la cittadina venne raggiunta verso le 10.00, con i francesi che gettavano sempre nuove truppe nella battaglia.

Alle 11.00 nuovi rinforzi prussiani rigettarono gli attacchi francesi. Alle 13.00 il de Wimpffen decise un nuovo, infruttuoso, attacco, contro truppe bavaresi che riteneva ormai esauste.

Nel frattempo nuove forze germaniche avevano attraversato la Mosa ed erano giunte, indisturbate, al villaggio di Floing, da dove sarebbe stato possibile rigettare i francesi più a ridosso di Sedan. La cavalleria francese del generale Margueritte lanciò tre disperati attacchi verso il vicino villaggio di Floing, senza ottenere altro che forti perdite ed una grave ferita per lo stesso Margueritte (sarebbe morto in Belgio alcuni giorni dopo). Ad esito di cruenti ed innumerevoli scontri, i germanici spinsero ingenti forze francesi a ripiegare nella foresta della de la Garenne e presero possesso del calvario di Illy, sulla via di fuga verso il nord ed il Belgio.

Il Bosco della Garenne venne spazzato dalle artiglierie, per lasciare spazio alla fanteria che sloggiò i difensori, ormai totalmente disorganizzati. Il de Wimpffen lanciò un ultimo attacco su Bazeilles, solo per venire ancora una volta respinto. Alla battaglia partecipò anche il ferrarese Tiglio Finetti(1850-1932) che soppravvisse e testimoniò la partecipazione della nobile città emiliana.

A fine pomeriggio del 1º settembre, l'intera armata francese era accerchiata. La via verso il Belgio chiusa. La situazione era ormai talmente compromessa che le artiglierie germaniche poterono dedicarsi a battere la stessa città di Sedan. I Francesi avevano perso oltre 17.000 feriti o uccisi, 21.000 prigionieri. I Prussiani 2.320 uccisi, 5.980 feriti e 700 prigionieri o dispersi.

Alle 16.15, senza più truppe di rincalzo, Napoleone III riassunse il comando ed ordinò una cessazione degli attacchi. I termini della resa vennero negoziati durante la notte. Il giorno successivo, 2 settembre, l'Imperatore ordinò di cominciare i negoziati di resa, ed alle 11.00 si consegnò a von Moltke, con 118.000 uomini, compresi 14.000 feriti e ben 549 cannoni.

Napoleone III, fatto prigioniero, venne portato per una breve cattività a Wilhelmshöhe, nei pressi di Kassel, da dove proseguirà per il suo esilio inglese e morirvi il 9 gennaio 1873 (già prima dell'inizio della guerra Napoleone III soffriva di un tumore alla prostata). Privo dell'Imperatore, il governo a Parigi perse ogni autorità e venne rovesciato da una incruenta rivoluzione repubblicana il 4 settembre. Il Governo provvisorio della neonata Repubblica era desideroso di proseguire la guerra, come fece per i successivi 5 mesi, conducendo una strenua difesa di Parigi ed organizzando nuove armate, via via lanciate contro gli invasori.

I Prussiani fecero del 2 settembre la festa nazionale del neonato Secondo Impero Germanico, e ne stamparono le immagine nella moneta da 10 centesimi di marco.

L'enormità della sconfitta delle armate di Metz e Sedan ebbero una incalcolabile influenza sulla politica francese sino al 1918. Un episodio spesso ricordato, al di là delle Alpi, riguarda il sottotenente Joseph Simon Gallieni ferito a Bazeilles: dopo molti anni, nel 1914, da governatore militare di Parigi, seppe rivalersi sui prussiani organizzando il famoso trasferimento di truppe in taxi da Parigi alla Marna, che bloccò la grande avanzata verso Parigi pianificata da un altro von Moltke, Helmuth Johann Ludwig von Moltke, nipote del vincitore di Sedan.
In Deutschland, da musste von stillem Haus
ein Vater in den blutigen Krieg hinaus
Es stunden um ihn die liebenden Seinen
Sein treues Weib und die munteren Kleinen.

Die Mutter, sie sprach unter Tränen kein Wort
Es weinten die Kinder in einem fort
Sie fielen kniend zu Füssen ihm nieder:
Ach Vater, ach Vater, wann kommst du wieder?

Da sprach der Vater mit traurigem Wehn
Lebt wohl ihr Kinder, jetzt muss ich gehn
Er griff zum Gewehr mit bangem Zagen
und eilte hinaus zum blutigen Jagen

Der Vollmond so oft schon am Himmel stand.
Die Kinder sie eilten hinaus an den Strand.
Sie riefen: Nun muss der Vater bald kommen
Der Krieg hat längst ein Ende genommen.

Der Vater, er lag bei Sedan im Blut
Dort hat er verloren den kriegrischen Mut
Er schrie nach dem Weibe, er schrie nach den Kindern
Da kam der Tod, die Schmerzen zu lindern.

Contributed by Riccardo Venturi - 2008/12/24 - 02:34



Language: Italian

Versione italiana di Riccardo Venturi
25 dicembre 2008
IL GUERRIERO DI SEDAN

In Germania, dalla sua casa quieta e tranquilla
Un padre dovette andare alla sanguinosa guerra.
Attorno a lui, i suoi cari che lo amavano,
La sua fedele sposa e i vivaci bambini.

La madre non diceva nulla e piangeva,
I bimbi continuavano a piangere tutti assieme.
Caddero in ginocchio davanti a lui:
Papà, papà, quando ritornerai?

Il papà allora parlò con tristi lamenti:
Addio, bambini, state bene; io devo partire.
Afferrò il fucile con fare timoroso
E si affrettò a andare al cruento macello

Splendeva in cielo, sovente, la bella luna piena.
I bambini corsero fuori, alla riva,
Gridando: Papà dovrà ritornare presto,
La guerra oramai è finita da tanto.

Ma il papà giaceva nel sangue, vicino a Sedan,
là ha perso tutto il suo ardimento guerriero.
Gridò qualcosa alla moglie, qualcosa ai figli,
E poi venne la morte a lenire il dolore.

2008/12/25 - 00:29




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