Níjò wọ la mà bọ o l’òkó eru ọ?
A ọ bọ njókanò, l’òkó èru ọ
Tà lọ sò fùn mi pẹ àwó dùdú mọ gbè ṣ'àrá mi ọ da ọ
E mù wà ki nrì ọ
Tà lọ sò fùn mi pẹ àwó dùdú mọ gbè ṣ'àrá mi ọ da ọ
E mù wà k’érì ọ
Kọ ṣ’ọhun tò dà bi àwó dùdú ti ẹ gbè ṣ ’àrá yìn
Kọ ṣ ’ọhun tò dà bi àwó dùdú ti ẹ gbè ṣ’àrá yìn
E wọ mi dàáda ọ
A ọ bọ njókanò, l’òkó èru ọ
Tà lọ sò fùn mi pẹ àwó dùdú mọ gbè ṣ'àrá mi ọ da ọ
E mù wà ki nrì ọ
Tà lọ sò fùn mi pẹ àwó dùdú mọ gbè ṣ'àrá mi ọ da ọ
E mù wà k’érì ọ
Kọ ṣ’ọhun tò dà bi àwó dùdú ti ẹ gbè ṣ ’àrá yìn
Kọ ṣ ’ọhun tò dà bi àwó dùdú ti ẹ gbè ṣ’àrá yìn
E wọ mi dàáda ọ
envoyé par Alessandro - 21/10/2008 - 13:38
Langue: anglais
Versione inglese
BLACK MAN'S CRY
When will we be free from the slavery plantation?
We’ll be free one day slavery plantation
Who says my black skin is not beautiful?
Show me the person so I can see him
Who says your black skin is not beautiful?
Show me the person so I can see him
There is nothing as beautiful as your black skin
There is nothing as beautiful as my black skin
Look at me closely
When will we be free from the slavery plantation?
We’ll be free one day slavery plantation
Who says my black skin is not beautiful?
Show me the person so I can see him
Who says your black skin is not beautiful?
Show me the person so I can see him
There is nothing as beautiful as your black skin
There is nothing as beautiful as my black skin
Look at me closely
envoyé par Alessandro - 21/10/2008 - 13:40
Langue: italien
Dalla bella scheda su Fela Kuti scritta da Giulio Mario Rampelli per Music on Tnt
(la traduzione in italiano è diversa da quella in inglese ma, non conoscendo la lingua yoruba, non sono in grado di dire quale sia quella giusta... probabilmente, trattandosi di un brano proposto fin dall'origine come live, Fela Kuti ne avrà cambiato più volte il testo...)
(la traduzione in italiano è diversa da quella in inglese ma, non conoscendo la lingua yoruba, non sono in grado di dire quale sia quella giusta... probabilmente, trattandosi di un brano proposto fin dall'origine come live, Fela Kuti ne avrà cambiato più volte il testo...)
LAMENTO DEL NEGRO
Quand’è che saremo liberi dai tentacoli della schiavitù?
Saremo liberi un giorno, dai tentacoli della schiavitù.
Chi sta cercando di convincermi che la mia pelle nera è inferiore?
Portatemi questa persona, fatemela vedere!
Non c’è niente che sia bello come la pelle nera.
Guardatemi, guardatemi bene.
Questa è una canzone per liberare la mente dei neri dal complesso d’inferiorità,
come quegli africani che usano prodotti chimici per schiarirsi la pelle,
e tutti quelli che si sentono in qualche modo inferiori ai bianchi.
Quand’è che saremo liberi dai tentacoli della schiavitù?
Saremo liberi un giorno, dai tentacoli della schiavitù.
Chi sta cercando di convincermi che la mia pelle nera è inferiore?
Portatemi questa persona, fatemela vedere!
Non c’è niente che sia bello come la pelle nera.
Guardatemi, guardatemi bene.
Questa è una canzone per liberare la mente dei neri dal complesso d’inferiorità,
come quegli africani che usano prodotti chimici per schiarirsi la pelle,
e tutti quelli che si sentono in qualche modo inferiori ai bianchi.
envoyé par Alessandro - 21/10/2008 - 13:45
Io invece, conoscendo un pochino la lingua yoruba (detta "il cinese dell'Africa": pur essendone lontanissima come origine, ha una struttura "tonale" e sintattica del tutto simile), mi sono divertito a riscrivere il testo che era del tutto privo dei necessari segni diacritici (indicanti i toni e le modificazioni vocaliche), secondo l'ortografia ufficiale e sulla scorta del "mitico" Teach Yourself Yoruba. Speriamo ne sia venuta fuori una cosa buona...
Riccardo Venturi - 21/10/2008 - 14:11
Perdindirindina, Riccardo, ma c'è una lingua che non sai? Scommetto che conosci anche il patois di Pragelato...
Ciao!
Ciao!
Alessandro - 21/10/2008 - 15:05
Alt, alt, non ho detto di "sapere" lo yoruba, so solo qualche parola e, diciamo, come "funziona" la lingua; ed è una lingua importante, quasi 50 milioni di parlanti. Quanto al patois di Pragelato, tu procurami una descrizione grammaticale e un dizionarietto anche minimo, e vedrai che dopo un po' me la cavo :-)
Riccardo Venturi - 21/10/2008 - 18:09
ciao ieri sera su Mymovies sono riuscito a vedere "Fela, il mio dio vivente" un documentario realizzato dal regista Daniele Vicari (vi ricorderete il suo film Diaz) utilizzando le tracce del film mai terminato girate da Michele Avantario.
ecco il finale dell'articolo che lo presenta
Cinema come autobiografia e biografia in prima persona, cinema come etnografia (oppositiva), cinema come mistero, ma soprattutto, nella deformazione encomiastica, cinema come radiografia di un’epoca e di un ideale perduto. Come a dire, dai Sessanta in poi non solo in America e in Europa si sognò di cambiare e pacificare il mondo.
Fela, il mio dio vivente
Di là dei riti, del volto dipinto o gonfio di sax di Fela, delle masse vocianti di Lagos, oltre la Kalakuta dove Kuti intratteneva 27 donne prima violentate dalla polizia e poi sposate, ecco spuntare, allora, l’Africa libera ma non liberata dal giogo colonialista. Popolosa e oppiacea (i chili di marijuana che costarono l'arresto a Fela, mogli e musicisti nello sbarco in Italia per concerti del 1984), militarista e pacifista, animista e orgiastica, rivoltosa e repressiva.
Sempre e comunque in polemica con la politica americana: “in africano la parola democrazia la pronunciamo in modo diverso ‘crazyness’, pazzia, pazzia demo, demo-pazzia”, sogghigna Fela a Michele. A Daniele. A noi.
link all'articolo completo
Fela il mio dio vivente
Qui sotto invece il link per vedere il film accreditandovi
mymovies
ecco il finale dell'articolo che lo presenta
Cinema come autobiografia e biografia in prima persona, cinema come etnografia (oppositiva), cinema come mistero, ma soprattutto, nella deformazione encomiastica, cinema come radiografia di un’epoca e di un ideale perduto. Come a dire, dai Sessanta in poi non solo in America e in Europa si sognò di cambiare e pacificare il mondo.
Fela, il mio dio vivente
Di là dei riti, del volto dipinto o gonfio di sax di Fela, delle masse vocianti di Lagos, oltre la Kalakuta dove Kuti intratteneva 27 donne prima violentate dalla polizia e poi sposate, ecco spuntare, allora, l’Africa libera ma non liberata dal giogo colonialista. Popolosa e oppiacea (i chili di marijuana che costarono l'arresto a Fela, mogli e musicisti nello sbarco in Italia per concerti del 1984), militarista e pacifista, animista e orgiastica, rivoltosa e repressiva.
Sempre e comunque in polemica con la politica americana: “in africano la parola democrazia la pronunciamo in modo diverso ‘crazyness’, pazzia, pazzia demo, demo-pazzia”, sogghigna Fela a Michele. A Daniele. A noi.
link all'articolo completo
Fela il mio dio vivente
Qui sotto invece il link per vedere il film accreditandovi
mymovies
Paolo Rizzi - 5/11/2024 - 21:35
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Album: Fela Ransome-Kuti & Africa '70 with Ginger Baker - "Live!"
"Afrodisiac e Live! with Ginger Backer sono poco più che raccolte dei brani degli Africa ’70 usciti in Nigeria come singoli tra il 1970 e il 71, esempi dell’afrobeat ancora immaturo, stridente e fortemente intriso di soul degli inizi, con i testi in yoruba che oscillavano tra la vita quotidiana e la politica. In Live troviamo Black Man’s Cry, un altro dei primi brani ideologici degli Africa 70, in qualche modo la risposta di Fela a Say it Loud - I’m Black and I’m Proud, l’inno al Black Power di James Brown uscito nel 1968."
Dal bellissimo articolo su Fela Kuti scritto da Giulio Mario Rampelli per Music on Tnt
Testo in lingua Yoruba trovato qui