Proclama scritto dal Comando Tedesco in Roma occupata, e affisso su tutti i muri della città il 25 marzo del ’44:
«Il 23 marzo nel pomeriggio viene lanciata una bomba da criminali comunisti-badogliani contro una colonna tedesca in transito per via Rasella.
Trentadue uccisi parecchi feriti.
Per ogni tedesco ammazzato dieci criminali comunisti-badogliani saranno fucilati.
Quest’ordine è già stato eseguito»
Verso le due dentro a Regina Coeli entrano le SS,
aprono le porte vanno di cella in cella, gridano nomi di uomini prigionieri
Il primo a essere chiamato il maggiore Talamo esce senza la giacca,
vuol tornare a prenderla ma no se lo portano via. Ah! Ah!
Passano in fretta aprono e gridano un nome
e un uomo esce e non ritorna più.
Bruno Pellegrino vede passare Alberto Fantacone,
lo portano in barella non poteva camminare,
capisce che è impossibile che lo portino a lavorare, e allora si mette a gridare:
«È una mattanza! È una mattanza! Assassini! Assassini!»
E tutto il carcere attacca a gridare «Assassini!». Diceva il carcere «Assassini!»
La frenesia, la confusione…
Il tenente Tunath preleva gli uomini del terzo braccio
poi attende la lista della Polizia Italiana, ma la lista non arriva, non c’è!
Allora prende a caso undici persone, si fa dare il nome
e le aggiunge alla sua lista ah!
Solinas vede passare Manlio Bordon, dalla sua cella è prelevato Michele Bolgia
Enrica Filippini vede passare il dottor Pierantoni e i Di Consiglio sei Di Consiglio
Non vedrà più Luigi Gavioli
Il più vecchio dei prelevati aveva ottant’anni, il più giovane quattordici anni ah Ah!
Un maresciallo delle SS chiede chi è disposto a fare lavori pesanti,
scavare fosse si faccia avanti!
C’è un lungo silenzio, poi mano a mano, si offrono tutti. Ah!
Il più giovane dei Di Consiglio che non è stato chiamato
vuole raggiungere il padre e i fratelli,
e il suo nome va dentro alla lista. Ah!
Il cielo si fa nero, è quasi sera
Sento muovere nel cortile
vedo i camion pronti a partire
E quelli con le mani legate issati sui camion in un silenzio straordinario
E i soldati con i mitra puntati
e loro dentro accovacciati
E da noi gli sportelli sono tutti sprangati, c’è un gran silenzio
Ma una donna si mette a gridare, urla lamenti, ci fa male
È la moglie di Genserico Fontana,
non riescono a farla tacere, lei ha capito…:
«Era nel primo pomeriggio: partivano, li ho visti io
da via Tasso tre camion, amore mio
Noi stavamo ad aspettare il secondo colloquio e la finestra dava sul cortile,
e i camion erano del tipo militare telati coperti sopra e ai lati
E i nostri cari con le mani legate, amore mio!
E abbiamo cominciato a chiamare
Chiamava ognuno i suoi padri figli fratelli nipoti, amore mio
E i soldati venivano incontro col mitra spianato
“Via! Via! Kaputt!”, pazzi erano, erano pazzi
E noi che potevamo fare? Vi abbiamo visti partire»
E vanno per Roma i camion, Roma deserta
Nessuno doveva vedere, nessuno doveva sapere!
Una camionetta girava da due ore per il quartiere e un megafono strillava:
«Un convoglio deve passare, che le persiane siano tutte sbarrate,
Se vediamo qualcuno affacciato abbiamo l’ordine di sparare!»
E poi i camion sono arrivati circondati dalle moto col sidecar
e i soldati con i mitra puntati, Piazza Barberini, il Tritone,
via Nazionale, il Colosseo, tutto sbreccolato
e Marco Aurelio sul suo cavallo dorato
E la piazzetta ornata con la chiesa in cima alla scalinata
che sale sale fino al portale
E da via Tasso e da Regina Coeli quei camion hanno sfilato
fra le case scolorite e i muri vecchi
e le fontane delicate,
e portavano al macello padri e figli ammanettati
E nessuno li ha seguiti! Nessuno è andato a chiamare -
Lo sai che me lo chiedo da cinquant’anni -
Nessuno è andato a domandare:
Ma perché bloccano le strade?
Ma che cosa volete fare?
Arrivano sull’Ardeatina che il sole sta per cadere
mettono due sentinelle per bloccare veicoli e pedoni
a monte e a valle delle cave
e i camion retrocedono fino all’ingresso affinché loro non si vedano
E nessuno li ha visti entrare
Solo i tedeschi militari immobili pronti per sparare
A trecentotrentacinque uomini: cinque per volta…
«E noi come potremo mai dimenticare che così sono morti i nostri padri?»
«Ma lo sai quante volte me li vedo entrare dentro al buio delle cave, smarriti,
si guardano intorno per capire»
«Ma che si sono detti in quel momento? Ma cosa avranno pensato?
Ma che gli avrà detto il cervello? Ma la bocca gli avrà parlato?»
Trecentotrentacinque uomini, cinque per volta
E questo è vero! È vero! È tutto vero
E la storia l’ha detto e il tribunale ha parlato
Così è stato, ma come si può pensare...!
– Ce ne sono cinque di troppo – dice Kappler
– Questi hanno visto tutto, che ne facciamo? Uccidiamo anche loro?
Uccidiamo anche loro –.
«Il 23 marzo nel pomeriggio viene lanciata una bomba da criminali comunisti-badogliani contro una colonna tedesca in transito per via Rasella.
Trentadue uccisi parecchi feriti.
Per ogni tedesco ammazzato dieci criminali comunisti-badogliani saranno fucilati.
Quest’ordine è già stato eseguito»
Verso le due dentro a Regina Coeli entrano le SS,
aprono le porte vanno di cella in cella, gridano nomi di uomini prigionieri
Il primo a essere chiamato il maggiore Talamo esce senza la giacca,
vuol tornare a prenderla ma no se lo portano via. Ah! Ah!
Passano in fretta aprono e gridano un nome
e un uomo esce e non ritorna più.
Bruno Pellegrino vede passare Alberto Fantacone,
lo portano in barella non poteva camminare,
capisce che è impossibile che lo portino a lavorare, e allora si mette a gridare:
«È una mattanza! È una mattanza! Assassini! Assassini!»
E tutto il carcere attacca a gridare «Assassini!». Diceva il carcere «Assassini!»
La frenesia, la confusione…
Il tenente Tunath preleva gli uomini del terzo braccio
poi attende la lista della Polizia Italiana, ma la lista non arriva, non c’è!
Allora prende a caso undici persone, si fa dare il nome
e le aggiunge alla sua lista ah!
Solinas vede passare Manlio Bordon, dalla sua cella è prelevato Michele Bolgia
Enrica Filippini vede passare il dottor Pierantoni e i Di Consiglio sei Di Consiglio
Non vedrà più Luigi Gavioli
Il più vecchio dei prelevati aveva ottant’anni, il più giovane quattordici anni ah Ah!
Un maresciallo delle SS chiede chi è disposto a fare lavori pesanti,
scavare fosse si faccia avanti!
C’è un lungo silenzio, poi mano a mano, si offrono tutti. Ah!
Il più giovane dei Di Consiglio che non è stato chiamato
vuole raggiungere il padre e i fratelli,
e il suo nome va dentro alla lista. Ah!
Il cielo si fa nero, è quasi sera
Sento muovere nel cortile
vedo i camion pronti a partire
E quelli con le mani legate issati sui camion in un silenzio straordinario
E i soldati con i mitra puntati
e loro dentro accovacciati
E da noi gli sportelli sono tutti sprangati, c’è un gran silenzio
Ma una donna si mette a gridare, urla lamenti, ci fa male
È la moglie di Genserico Fontana,
non riescono a farla tacere, lei ha capito…:
«Era nel primo pomeriggio: partivano, li ho visti io
da via Tasso tre camion, amore mio
Noi stavamo ad aspettare il secondo colloquio e la finestra dava sul cortile,
e i camion erano del tipo militare telati coperti sopra e ai lati
E i nostri cari con le mani legate, amore mio!
E abbiamo cominciato a chiamare
Chiamava ognuno i suoi padri figli fratelli nipoti, amore mio
E i soldati venivano incontro col mitra spianato
“Via! Via! Kaputt!”, pazzi erano, erano pazzi
E noi che potevamo fare? Vi abbiamo visti partire»
E vanno per Roma i camion, Roma deserta
Nessuno doveva vedere, nessuno doveva sapere!
Una camionetta girava da due ore per il quartiere e un megafono strillava:
«Un convoglio deve passare, che le persiane siano tutte sbarrate,
Se vediamo qualcuno affacciato abbiamo l’ordine di sparare!»
E poi i camion sono arrivati circondati dalle moto col sidecar
e i soldati con i mitra puntati, Piazza Barberini, il Tritone,
via Nazionale, il Colosseo, tutto sbreccolato
e Marco Aurelio sul suo cavallo dorato
E la piazzetta ornata con la chiesa in cima alla scalinata
che sale sale fino al portale
E da via Tasso e da Regina Coeli quei camion hanno sfilato
fra le case scolorite e i muri vecchi
e le fontane delicate,
e portavano al macello padri e figli ammanettati
E nessuno li ha seguiti! Nessuno è andato a chiamare -
Lo sai che me lo chiedo da cinquant’anni -
Nessuno è andato a domandare:
Ma perché bloccano le strade?
Ma che cosa volete fare?
Arrivano sull’Ardeatina che il sole sta per cadere
mettono due sentinelle per bloccare veicoli e pedoni
a monte e a valle delle cave
e i camion retrocedono fino all’ingresso affinché loro non si vedano
E nessuno li ha visti entrare
Solo i tedeschi militari immobili pronti per sparare
A trecentotrentacinque uomini: cinque per volta…
«E noi come potremo mai dimenticare che così sono morti i nostri padri?»
«Ma lo sai quante volte me li vedo entrare dentro al buio delle cave, smarriti,
si guardano intorno per capire»
«Ma che si sono detti in quel momento? Ma cosa avranno pensato?
Ma che gli avrà detto il cervello? Ma la bocca gli avrà parlato?»
Trecentotrentacinque uomini, cinque per volta
E questo è vero! È vero! È tutto vero
E la storia l’ha detto e il tribunale ha parlato
Così è stato, ma come si può pensare...!
– Ce ne sono cinque di troppo – dice Kappler
– Questi hanno visto tutto, che ne facciamo? Uccidiamo anche loro?
Uccidiamo anche loro –.
envoyé par giorgio - 25/9/2008 - 00:57
Langue: français
Versione francese di Daniel Bellucci
Version française de Daniel Bellucci
Version française de Daniel Bellucci
LES FOSSES ARDÉATINES
Déclaration écrite par le Commandement Allemand à Rome pendant l’occupation, et affichée sur tous les murs de la ville le 25 mars 1944 : « le 23 mars dans l’après-midi une bombe a été lancée par des criminels comunistes-badogliens contre une colonne allemande qui passait dans la rue Rasella. Trente-deux morts et de nombreux blessés. Pour chaque allemand tué dix criminels comunistes-badogliens seront fusillés. Cet ordre a déjà été exécuté. »
Vers deux heures les SS entrent dans Regina Coeli,
ils ouvrent les portes et passent de cellule en cellule, crient des noms de prisonniers
le premier qu’on appelle est le major Talamo qui sort sans sa veste,
il veut revenir sur ses pas pour la reprendre mais il ne peut, il est embarqué. Ah ! Ah !
Ils passent en toute hâte, ouvrent et crient un nom
et un homme sort qui ne reviendra plus.
Bruno Pellegrino voit passer Alberto Fantacone,
ils le portent dans une civière car il ne pouvait plus marcher,
il comprend qu’on ne l’embarque pas pour aller travailler, et alors il se met à crier :
« C’est un massacre ! C’est un massacre ! Assassins ! Assassins ! »
Et toute la prison commence à crier « Assassins ! ». La prison disait : « Assassins ! »
La frénésie, la confusion…
Le lieutenant Tunath prend les hommes du troisième bras
Puis attend la liste de la Police italienne, mais cette liste n’arrive pas, elle n’existe pas !
Alors il prend onze personnes au hasard, il demande leurs noms
et il les ajoute sur sa liste. Ah !
Solinas voit passer Manlio Bordon, on prend Michele Bolgia dans sa cellule
Enrica filippini voit passer le docteur Pierantoni et les Di Consiglio, six membres de la famille Di Consiglio, elle ne verra plus Luigi Gavioli
Le plus âgé qu’on a pris avait quatre-vingts ans, le plus jeune quatorze. Ah ! Ah !
Un adjudant SS demande à ceux qui sont prêts à faire un dur travail
de se porter volontaires pour creuser des fosses !
Suit un long silence, et puis au fur et à mesure, tout le monde se porte volontaire. Ah !
Le plus jeune Di Consiglio qui n’a pas été appelé
veut rejoindre son père et ses frères,
et son nom est ajouté à la liste. Ah !
Le ciel devient noir, il est presque soir
J’entends du mouvement dans la cour
Je vois les camions prêts à partir
Et ceux qui ont les mains liées qu’on monte dans les camions dans un silence extraordinaire
Et les soldats qui pointent leur mitraillette
et eux tous accroupis dedans
et de notre côté toutes les portes sont barricadées, il y a un grand silence
mais une femme se met à crier, des hurlements de douleur, cela nous fait mal
c’est la femme de Genserico Fontana,
ils ne réussissent pas à la faire taire, elle a compris… :
« C’était au début de l’après-midi : ils partaient, moi je les ai vus
depuis la rue Tasso, trois camions, mon amour,
nous attendions notre deuxième rencontre et ma fenêtre donnait sur la cour,
et les camions étaient de type militaire bâchés sur le dessus et sur les côtés
et nos proches avaient les mains liées, mon amour !
Et nous avons commencé à les appeler
Chacun de nous appelait ses père, fils, frères et neveux, mon amour
et les soldats venaient contre nous en pointant leur mitraillette
« Allez-vous-en ! Allez-vous-en ! Kaputt ! », des fous, c’étaient des fous,
Et nous, que pouvions-nous faire ? Nous vous avons vus partir »
Et les camions traversent Rome, Rome déserte,
Personne ne devait voir, personne ne devait savoir !
Une camionnette tournait depuis deux heures dans le quartier, son mégaphone criait :
« un convoi doit passer, fermez tous vos volets,
si on voit quelqu’un à la fenêtre, on a l’ordre de tirer ! »
Et les camions sont arrivés entourés de side-cars
et les soldats avec leur mitraillette pointée, Place Barberini, le Tritone,
rue Nazionale, le Colisée, tout abîmé
et Marc Aurèle sur son cheval doré
et la petite place ornée de son église en haut de l’escalier
qui monte monte jusqu’à sa porte
et depuis la rue Tasso et depuis Regina Cœli ces camions ont défilé
entre les façades délavées, les vieux murs
et les délicates fontaines,
en emmenant au massacre les pères et leurs enfants menottés
et personne ne les a suivis ! Personne n’est allé appeler –
tu sais que je m’interroge depuis cinquante ans –
personne n’est allé demander :
Mais pourquoi les routes sont-elles bloquées ?
Mais que voulez-vous donc faire ?
Ils arrivent à l’Ardeatina lorsque le soleil se couche
ils mettent deux sentinelles pour bloquer les véhicules et les piétons
en haut et en bas des carrières
et leurs camions reculent jusqu’à l’entrée afin qu’on ne les voie pas
et personne ne les a vus entrer
Seulement des militaires allemands immobiles prêts à tirer
sur trois cent-trente-cinq hommes : cinq à la fois …
« Et comment pouvons-nous oublier que nos pères sont morts de cette manière ? »
« Mais sais-tu combien de fois je les revois entrer dans ces carrières obscures, complètement perdus, qui regardent autour d’eux afin de comprendre »
« Mais que se sont-ils dit à ce moment ? qu’ont-ils bien pu penser ?
Qu’a bien pu leur dire leur cerveau ? Mais leur bouche a pu parler ? »
trois cent-trente-cinq hommes, cinq à la fois
Et ceci a été ! c’est vrai ! tout est vrai
Et l’histoire l’a dit et le tribunal a tranché
Ceci a été, comment peut-on y penser … !
- il y en a cinq en trop – dit Kappler
- ils ont tout vu, que fait-on ? on les tue aussi ?
On les tue aussi.
Déclaration écrite par le Commandement Allemand à Rome pendant l’occupation, et affichée sur tous les murs de la ville le 25 mars 1944 : « le 23 mars dans l’après-midi une bombe a été lancée par des criminels comunistes-badogliens contre une colonne allemande qui passait dans la rue Rasella. Trente-deux morts et de nombreux blessés. Pour chaque allemand tué dix criminels comunistes-badogliens seront fusillés. Cet ordre a déjà été exécuté. »
Vers deux heures les SS entrent dans Regina Coeli,
ils ouvrent les portes et passent de cellule en cellule, crient des noms de prisonniers
le premier qu’on appelle est le major Talamo qui sort sans sa veste,
il veut revenir sur ses pas pour la reprendre mais il ne peut, il est embarqué. Ah ! Ah !
Ils passent en toute hâte, ouvrent et crient un nom
et un homme sort qui ne reviendra plus.
Bruno Pellegrino voit passer Alberto Fantacone,
ils le portent dans une civière car il ne pouvait plus marcher,
il comprend qu’on ne l’embarque pas pour aller travailler, et alors il se met à crier :
« C’est un massacre ! C’est un massacre ! Assassins ! Assassins ! »
Et toute la prison commence à crier « Assassins ! ». La prison disait : « Assassins ! »
La frénésie, la confusion…
Le lieutenant Tunath prend les hommes du troisième bras
Puis attend la liste de la Police italienne, mais cette liste n’arrive pas, elle n’existe pas !
Alors il prend onze personnes au hasard, il demande leurs noms
et il les ajoute sur sa liste. Ah !
Solinas voit passer Manlio Bordon, on prend Michele Bolgia dans sa cellule
Enrica filippini voit passer le docteur Pierantoni et les Di Consiglio, six membres de la famille Di Consiglio, elle ne verra plus Luigi Gavioli
Le plus âgé qu’on a pris avait quatre-vingts ans, le plus jeune quatorze. Ah ! Ah !
Un adjudant SS demande à ceux qui sont prêts à faire un dur travail
de se porter volontaires pour creuser des fosses !
Suit un long silence, et puis au fur et à mesure, tout le monde se porte volontaire. Ah !
Le plus jeune Di Consiglio qui n’a pas été appelé
veut rejoindre son père et ses frères,
et son nom est ajouté à la liste. Ah !
Le ciel devient noir, il est presque soir
J’entends du mouvement dans la cour
Je vois les camions prêts à partir
Et ceux qui ont les mains liées qu’on monte dans les camions dans un silence extraordinaire
Et les soldats qui pointent leur mitraillette
et eux tous accroupis dedans
et de notre côté toutes les portes sont barricadées, il y a un grand silence
mais une femme se met à crier, des hurlements de douleur, cela nous fait mal
c’est la femme de Genserico Fontana,
ils ne réussissent pas à la faire taire, elle a compris… :
« C’était au début de l’après-midi : ils partaient, moi je les ai vus
depuis la rue Tasso, trois camions, mon amour,
nous attendions notre deuxième rencontre et ma fenêtre donnait sur la cour,
et les camions étaient de type militaire bâchés sur le dessus et sur les côtés
et nos proches avaient les mains liées, mon amour !
Et nous avons commencé à les appeler
Chacun de nous appelait ses père, fils, frères et neveux, mon amour
et les soldats venaient contre nous en pointant leur mitraillette
« Allez-vous-en ! Allez-vous-en ! Kaputt ! », des fous, c’étaient des fous,
Et nous, que pouvions-nous faire ? Nous vous avons vus partir »
Et les camions traversent Rome, Rome déserte,
Personne ne devait voir, personne ne devait savoir !
Une camionnette tournait depuis deux heures dans le quartier, son mégaphone criait :
« un convoi doit passer, fermez tous vos volets,
si on voit quelqu’un à la fenêtre, on a l’ordre de tirer ! »
Et les camions sont arrivés entourés de side-cars
et les soldats avec leur mitraillette pointée, Place Barberini, le Tritone,
rue Nazionale, le Colisée, tout abîmé
et Marc Aurèle sur son cheval doré
et la petite place ornée de son église en haut de l’escalier
qui monte monte jusqu’à sa porte
et depuis la rue Tasso et depuis Regina Cœli ces camions ont défilé
entre les façades délavées, les vieux murs
et les délicates fontaines,
en emmenant au massacre les pères et leurs enfants menottés
et personne ne les a suivis ! Personne n’est allé appeler –
tu sais que je m’interroge depuis cinquante ans –
personne n’est allé demander :
Mais pourquoi les routes sont-elles bloquées ?
Mais que voulez-vous donc faire ?
Ils arrivent à l’Ardeatina lorsque le soleil se couche
ils mettent deux sentinelles pour bloquer les véhicules et les piétons
en haut et en bas des carrières
et leurs camions reculent jusqu’à l’entrée afin qu’on ne les voie pas
et personne ne les a vus entrer
Seulement des militaires allemands immobiles prêts à tirer
sur trois cent-trente-cinq hommes : cinq à la fois …
« Et comment pouvons-nous oublier que nos pères sont morts de cette manière ? »
« Mais sais-tu combien de fois je les revois entrer dans ces carrières obscures, complètement perdus, qui regardent autour d’eux afin de comprendre »
« Mais que se sont-ils dit à ce moment ? qu’ont-ils bien pu penser ?
Qu’a bien pu leur dire leur cerveau ? Mais leur bouche a pu parler ? »
trois cent-trente-cinq hommes, cinq à la fois
Et ceci a été ! c’est vrai ! tout est vrai
Et l’histoire l’a dit et le tribunal a tranché
Ceci a été, comment peut-on y penser … !
- il y en a cinq en trop – dit Kappler
- ils ont tout vu, que fait-on ? on les tue aussi ?
On les tue aussi.
envoyé par Daniel Bellucci. Nizza. 25.09.2008. ore 20.15. sono sfinito. - 25/9/2008 - 20:15
Giustizia per le Fosse Ardeatine?
di Alessandro Portelli il manifesto 24.3.2014
Dopo settanta anni, possiamo dire che è stata fatta giustizia per le Fosse Ardeatine?
Non parlo solo della giustizia dei tribunali – anch’essa peraltro abbastanza inadeguata, dalla fuga di Kappler con le complicità statali fino alle vicissitudini del processo Priebke e alla farsa seguita alla sua morte. Questa giustizia può, qualche volta, punire i colpevoli, ma non rendere giustizia alle vittime perché ha comunque un ambito necessariamente e giustamente limitato: tratta il “caso” da un punto di vista strettamente pensale e individuale e lascia a noi la responsabilità di una giustizia più vasta, che riguarda i sentimenti, la società e la storia. Su questo piano, l’ingiustizia continua.
Ci si aspetta a volte che la condanna dei colpevoli ponga in qualche modo fine alla sofferenza delle vittime dirette - le famiglie, le comunità, le persone care degli uccisi. Ora, a parte il fatto che questa condanna è stata riluttante e insufficiente, questo non è comunque vero: dopo la condanna ci si accorge che nessuno ti restituisce quello che hai perduto. In più, se è vero che la strage delle Fosse Ardeaine è un crimine contro l’umanità, allora – in modo certo meno violento e immediato – vittime siamo anche noi, ed è su questo piano che l’ingiustizia soprattutto continua.
Si discute in questi giorni dell’introduzione di una legge contro il negazionismo sulla Shoah. Ora, a parte le perplessità diffuse su questa ipotesi, resta il fatto che il negazionismo è in larga misura un fenomeno di nicchia, e che una sensibilità di gran luna maggioritaria non solo non nega lo sterminio ma lo riconosce come una delle colpe più spaventose che l’umanità ha commesso contro se stessa. Sulle Fosse Ardeatine, invece, permane un negazionismo che si fa senso comune: nessuno andrebbe in televisione a dire che la Shoah non è mai avvenuta, ma personaggi ignoranti, protervi e molto influenti hanno continuato spacciare menzogne su via Rasella e le Fosse Ardeatine senza che su loro si abbattesse lo sdegno della maggioranza (e senza che venissero sbattuti fuori per manifesta incompetenza professionale).
Fino a quando questo sarà possibile – fino a quando le istituzioni, la scuola, il sistema dell’informazione non sentiranno loro la ferita delle Fosse Ardeatine, fino a quando continueremo a non guardare in faccia la materialità del massacro per inventare e alimentare leggende nere sui partigiani, non basteranno corone apposte per dovere d’ufficio e commemorazioni di routine. Fino a quando la verità non diventerà senso comune e il dolore per le Fosse Ardeatine non diventerà dolore di noi tutti, le vittime continueranno ad essere sole, e giustizia non sarà stata fatta.
di Alessandro Portelli il manifesto 24.3.2014
Dopo settanta anni, possiamo dire che è stata fatta giustizia per le Fosse Ardeatine?
Non parlo solo della giustizia dei tribunali – anch’essa peraltro abbastanza inadeguata, dalla fuga di Kappler con le complicità statali fino alle vicissitudini del processo Priebke e alla farsa seguita alla sua morte. Questa giustizia può, qualche volta, punire i colpevoli, ma non rendere giustizia alle vittime perché ha comunque un ambito necessariamente e giustamente limitato: tratta il “caso” da un punto di vista strettamente pensale e individuale e lascia a noi la responsabilità di una giustizia più vasta, che riguarda i sentimenti, la società e la storia. Su questo piano, l’ingiustizia continua.
Ci si aspetta a volte che la condanna dei colpevoli ponga in qualche modo fine alla sofferenza delle vittime dirette - le famiglie, le comunità, le persone care degli uccisi. Ora, a parte il fatto che questa condanna è stata riluttante e insufficiente, questo non è comunque vero: dopo la condanna ci si accorge che nessuno ti restituisce quello che hai perduto. In più, se è vero che la strage delle Fosse Ardeaine è un crimine contro l’umanità, allora – in modo certo meno violento e immediato – vittime siamo anche noi, ed è su questo piano che l’ingiustizia soprattutto continua.
Si discute in questi giorni dell’introduzione di una legge contro il negazionismo sulla Shoah. Ora, a parte le perplessità diffuse su questa ipotesi, resta il fatto che il negazionismo è in larga misura un fenomeno di nicchia, e che una sensibilità di gran luna maggioritaria non solo non nega lo sterminio ma lo riconosce come una delle colpe più spaventose che l’umanità ha commesso contro se stessa. Sulle Fosse Ardeatine, invece, permane un negazionismo che si fa senso comune: nessuno andrebbe in televisione a dire che la Shoah non è mai avvenuta, ma personaggi ignoranti, protervi e molto influenti hanno continuato spacciare menzogne su via Rasella e le Fosse Ardeatine senza che su loro si abbattesse lo sdegno della maggioranza (e senza che venissero sbattuti fuori per manifesta incompetenza professionale).
Fino a quando questo sarà possibile – fino a quando le istituzioni, la scuola, il sistema dell’informazione non sentiranno loro la ferita delle Fosse Ardeatine, fino a quando continueremo a non guardare in faccia la materialità del massacro per inventare e alimentare leggende nere sui partigiani, non basteranno corone apposte per dovere d’ufficio e commemorazioni di routine. Fino a quando la verità non diventerà senso comune e il dolore per le Fosse Ardeatine non diventerà dolore di noi tutti, le vittime continueranno ad essere sole, e giustizia non sarà stata fatta.
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Vedere anche Il massacro dei trecentoventi (Le Fosse Ardeatine)