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Construção

Chico Buarque de Hollanda
Langue: portugais


Chico Buarque de Hollanda

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Chico Buarque de Hollanda, Construção, Live.


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(Chico Buarque de Hollanda)


[1971]
Letra e música de Chico Buarque de Hollanda
Album: Construção
Parole e musica di Chico Buarque de Hollanda
Album: Construção
Lyrics and music by Chico Buarque de Hollanda
Album: Construção


Charles C. Ebbets, Lunch a-top a skyscraper, 1932. Celeberrima foto presa durante la costruzione del GE Building del Rockefeller Center, New York.
Charles C. Ebbets, Lunch a-top a skyscraper, 1932. Celeberrima foto presa durante la costruzione del GE Building del Rockefeller Center, New York.


construcaoIl video di questa canzone era già stato segnalato (da Susana) nella pagina dedicata a Pablo di Francesco De Gregori (dalla quale è stato rimosso). Celebre per le sue "dimenticanze", questo sito ne stava compiendo una pur avendo la canzone già segnalata; rimediamo oggi inserendone il testo originale e la bella versione italiana di Guido Rita.

Una canzone importantissima, anche per l'anno oramai lontano in cui è stata composta. Importantissima e bellissima nella sua semplice ma estrema drammaticità. Nulla è cambiato: si muore sul lavoro quanto e più di ieri, si lavora non per vivere ma per morire. Una canzone che parla della fine di un operaio edile, come giornalmente avviene a due o tre per volta in Italia, come giornalmente avviene a decine o centinaia in tutto il mondo. Lavorare e morire in barba a tutta la "sicurezza" tanto strombazzata dai padroni; sicurezza inesistente, perché costosa. Perché rallenta la produzione e il profitto. E allora si muore. Nell'indifferenza più totale, nonostante i titoloni, nonostante le lacrime di coccodrillo istituzionali. Si muore, come dice Chico Buarque, "disturbando il traffico", come un pacco ubriaco, agonizzando sul marciapiede. Un funerale, due fiori, il discorso dell'immancabile prete o vescovo (ma bisognerebbe vedere quanti operai sono morti anche nei cantieri ecclesiastici, in tutte le epoche), gli strepiti dei politici, i roboanti "mai più"; e mentre quel "mai più" vuoto viene pronunciato, un altro operaio vola di sotto. Partono i "basta", e un altro operaio ancora inciampa e si schianta al suolo. E così via. Ci vengono a parlare di "cifre da guerra", ma una guerra, e lo diciamo coscientemente in questo sito, va combattuta. E questa va combattuta sovvertendo l'ordine del lavoro-schiavitù. Altro sistema non c'è. Tutto il resto è solo fuffa montezèmola, solo lacrime napolitane. [RV]
Amou daquela vez como se fosse a última
Beijou sua mulher como se fosse a última
E cada filho seu como se fosse o único
E atravessou a rua com seu passo tímido

Subiu a construção como se fosse máquina
Ergueu no patamar quatro paredes sólidas
Tijolo com tijolo num desenho mágico
Seus olhos embotados de cimento e lágrima

Sentou pra descansar como se fosse sábado
Comeu feijão com arroz como se fosse um príncipe
Bebeu e soluçou como se fosse um náufrago
Dançou e gargalhou como se ouvisse música
E tropeçou no céu como se fosse um bêbado

E flutuou no ar como se fosse um pássaro
E se acabou no chão feito um pacote flácido
Agonizou no meio do passeio público
Morreu na contramão atrapalhando o tráfego

Amou daquela vez como se fosse o último
Beijou sua mulher como se fosse a única
E cada filho como se fosse o pródigo
E atravessou a rua com seu passo bêbado

Subiu a construção como se fosse sólido
Ergueu no patamar quatro paredes mágicas
Tijolo com tijolo num desenho lógico
Seus olhos embotados de cimento e tráfego

Sentou pra descansar como se fosse um príncipe
Comeu feijão com arroz como se fosse o máximo
Bebeu e soluçou como se fosse máquina
Dançou e gargalhou como se fosse o próximo
E tropeçou no céu como se ouvisse música

E flutuou no ar como se fosse sábado
E se acabou no chão feito um pacote tímido
Agonizou no meio do passeio náufrago
Morreu na contramão atrapalhando o público

Amou daquela vez como se fosse máquina
Beijou sua mulher como se fosse lógico
Ergueu no patamar quatro paredes flácidas
Sentou pra descansar como se fosse um pássaro
E flutuou no ar como se fosse um príncipe
E se acabou no chão feito um pacote bêbado
Morreu na contra-mão atrapalhando o sábado

envoyé par Riccardo Venturi - 13/5/2008 - 17:23




Langue: espagnol

Versione castigliana di Daniel Viglietti.
Versión castellana de Daniel Viglietti.
CONSTRUCCIÓN

Amó aquella vez como si fuese última,
besó a su mujer como si fuese última,
y a cada hijo suyo cual si fuese el único,
y atravesó la calle con su paso tímido.

Subió a la construcción como si fuese máquina,
alzó en el balcón cuatro paredes sólidas,
ladrillo con ladrillo en un diseño mágico,
sus ojos embotados de cemento y lágrima.

Sentóse a descansar como si fuese sábado,
comió su pobre arroz como si fuese un príncipe,
bebió y sollozó como si fuese un náufrago,
danzó y se rió como si oyese música
y tropezó en el cielo con su paso alcohólico.

Y flotó por el aire cual si fuese un pájaro,
y terminó en el suelo como un bulto fláccido,
y agonizó en el medio del paseo público.
Murió a contramano entorpeciendo el tránsito.

Amó aquella vez como si fuese el último,
besó a su mujer como si fuese única,
y a cada hijo suyo cual si fuese el pródigo,
y atravesó la calle con su paso alcohólico.

Subió a la construcción como si fuese sólida,
alzó en el balcón cuatro paredes mágicas,
ladrillo con ladrillo en un diseño lógico,
sus ojos embotados de cemento y tránsito.

Sentóse a descansar como si fuese un príncipe,
comió su pobre arroz como si fuese el máximo,
bebió y sollozó como si fuese máquina,
danzó y se rió como si fuese el próximo
y tropezó en el cielo cual si oyese música.

Y flotó por el aire cual si fuese sábado,
y terminó en el suelo como un bulto tímido,
agonizó en el medio del paseo náufrago.
Murió a contramano entorpeciendo el público.

Amó aquella vez como si fuese máquina,
besó a su mujer como si fuese lógico,
alzó en el balcón cuatro paredes fláccidas,
Sentóse a descansar como si fuese un pájaro,
Y flotó en el aire cual si fuese un príncipe,
Y terminó en el suelo como un bulto alcohólico.
Murió a contramano entorpeciendo el sábado.

envoyé par Marcia - 25/10/2008 - 02:52




Langue: italien

Versione italiana di Guido Rita
Da un pdf ripreso dalla Homepage di Guido Rita
COSTRUZIONE

Quella volta amò come se fosse l’ultima
Baciò sua moglie come se fosse l’ultima
Ed ogni figlio suo come se fosse l’unico
E attraversò la via col suo passo timido

Salì nella costruzione come fosse una macchina
Eresse nella piattaforma quattro pareti solide
Mattone su mattone in un disegno magico
I suoi occhi abbottati di cemento e lacrime

Si sedette per riposare come se fosse sabato
Mangiò fagioli e riso come se fosse un principe
Bevve e singhiozzò come se fosse un naufrago
Ballò e canticchiò come se ascoltasse musica
Ed inciampò nel cielo se fosse ubriaco

E fluttuò in aria come se fosse un passero
E finì a terra come un sacco flaccido
Agonizzò in mezzo al marciapiede pubblico
Morì in contromano disturbando il traffico

Quella volta amò come se fosse l’ultimo
Baciò sua moglie come se fosse l’unica
E ogni figlio suo come se fosse il prodigo
E attraversò la via col suo passo ubriaco

Salì nella costruzione come se fosse solido
Eresse nella piattaforma quattro pareti magiche
Mattone su mattone in un disegno logico
I suoi occhi abbottati di cemento e traffico

Sedette per riposare come se fosse un principe
Mangiò fagioli e riso come se fosse il massimo
Bevve e singhiozzò come se fosse una macchina
Ballò e canticchiò come se fosse il prossimo

Ed inciampò nel cielo come se ascoltasse musica
E fluttuò in aria come se fosse sabato
E finì a terra come un pacco timido
Agonizzò in mezzo al marciapiede naufrago
Morì in contromano disturbando il pubblico

Quella volta amò come fosse una macchina
Baciò sua moglie come fosse logico
Eresse nella piattaforma quattro pareti flaccide
Si sedette riposando come un passero
E fluttuò in aria come un principe
E finì a terra come un pacco ubriaco
Morì in contromano disturbando il sabato.

envoyé par Riccardo Venturi - 13/5/2008 - 17:28




Langue: italien

Versione italiana di Sergio Bardotti, interpretata da Enzo Jannacci, Ornella Vanoni, Têtes De Bois a Lorenzo Monguzzi

COSTRUZIONE

E quella volta amò come se fosse l'ultima
E poi baciò sua moglie come se fosse l'ultima
Ed ogni figlio suo come se fosse l'unico
E attraversò la strada col suo passo timido

Salì la costruzione come fosse macchina
Lì sull'impalcatura quattro muri solidi
Mattone su mattone in un disegno logico
Ma gli occhi già impastati di cemento e lacrime

Seduto a riposare come fosse sabato
Mangiata pasta scotta come fosse un principe
Bevuto e singhiozzato come fosse un naufrago
Ballato e riso come se si sentisse musica
Ed inciampò nel cielo come ubriaco fradicio

E fluttuò nell'aria come fosse un passero
E cadde giù per terra come un pacco flaccido
Agonizzando in mezzo del passaggio pubblico
È morto contromano disturbando il traffico

E quella volta amò come se fosse l'ultima
E poi baciò sua moglie come se fosse l'unica
Ed ogni figlio suo come se fosse prodigo
E attraversò la strada come ubriaco fradicio

Salì la costruzione come fosse solida
Salì l'impalcatura quattro muri magici
Mattone su mattone in un disegno logico
Con gli occhi già impastati di cemento e traffico

Seduto a riposare come fosse un principe
Mangiata pasta scotta come fosse il massimo
Bevuto e singhiozzato come fosse macchina
Ballato e riso come fosse il prossimo
Ed inciampò nel cielo come se si sentisse musica

E fluttuò nell'aria come fosse sabato
E cadde giù per terra come un pacco timido
Agonizzando in mezzo nel passaggio naufrago
È morto contromano disturbando il pubblico

E quella volta amò come se fosse macchina
E poi baciò sua moglie come fosse logico
Salì l'impalcatura quattro muri flacidi
Seduto a riposare come fosse un passero
E fluttuò nell'aria come fosse un principe
E cadde giù per terra come ubriaco fradicio
È morto contromano disturbando il sabato.

envoyé par DoNQuijote82 - 31/10/2012 - 11:58




Langue: italien

Versione italiana di Manuel Gordiani

Propongo alla vostra attenzione la mia personale traduzione di questo brano, che ho inciso in un disco recentemente pubblicato dal titolo MEU CARO AMIGO nel quale metto a confronto, reinterpreto e traduco l'uno nella lingua dell'altro Chico Buarque e Fabrizio De Andrè. Una piccola avvertenza: nel tradurre, come capita a molti, mi sono trovato a dover trovare un equilibrio tra la musicalità del testo ed il suo significato letterale. Per una mia scelta personale ho spesso privilegiato la musicalità ragion per cui la traduzione dei testi è stata più una traduzione "emotiva" che letterale; inoltre a volte, come in questo caso soprattutto nella seconda parte del brano (DEUS LHE PAGUE) ho preferito attualizzare ed italianizzare il testo cercando di rispettare comunque quello che mi sembrava essere il significato "morale" o "poetico" dell'autore. Non me ne vogliano i puristi.

Il disco MEU CARO AMIGO si può ascoltare e scaricare gratuitamente dal sito manuelgordiani.it
COSTRUZIONE

Amò quella notte come se fosse l’ultima
Baciò sua moglie come fosse proprio l’ultima
E i figli ad uno ad uno come fosse l’unico
E attraversò la strada col suo passa timido

Timbrò la sua presenza come fosse macchina
Eresse contro il cielo una parete solida
Mattone su mattone in un disegno magico
E gli occhi abbottonati di cemento e lacrime

Sentì di riposare come fosse sabato
Mangiò un panino stanco come fosse un principe
Bevette coca cola come fosse un naufrago
Danzò e gargagliò come ci fosse musica

E scivolò nel cielo come fosse libero
E fluttuò nell’aria come fosse un aquila
E si appoggiò per terra come un pacco flaccido
E agonizzò nel mezzo del passeggio pubblico

Si spense contromano ostacolando il traffico

Amò quella notte come se fosse l’ultima
Baciò la moglie come fosse proprio l’unica
E i figli ad uno ad uno come fosse il prodigo
E attraversò la strada col suo passa stupido

Subì la costruzione come fosse solido
Eresse contro il cielo una parete magica
Mattone su mattone in un disegno logico
E gli occhi abbottonati di cemento e traffico

Sentì di riposare come fosse un principe
Mangiò un panino in terra come fosse il massimo
Bevette coca cola come fosse macchina
Danzò e gargagliò come se fosse il prossimo

E scivolò nel cielo come fosse musica
E fluttuò nell’aria come fosse sabato
E si appoggiò per terra come un pacco timido
E agonizzò nel mezzo del passeggio naufrago

Si spense contromano ostacolando il pubblico

Amò quella notte come se fosse macchina
Baciò la moglie come fosse proprio logico
Eresse contro il cielo una parete flaccida
Sentì di riposare come fosse un aquila
E fluttuò nell’aria come fosse un principe
E si appoggiò per terra come un pacco stupido

Si spense contromano ostacolando il sabato.

----

Per i colossi di pane e questa strada di fame
Per le torri di gelato, questo pensiero globale
Transnazionale che passa, passa diversa ed uguale
Dio vi salvi

Per le opinioni ignoranti, saggi ai microfoni
Per le ragioni strillate, scimmie sugli alberi
Domenica di sangue divertimenti liberi

Dio vi salvi

Inevitabile arriva eccola TARATTATA’
Per l’arroganza e le bolle della rumcocacola
Il tonno mica è un pesce il tonno è una scatola

dio si salvi

envoyé par Manuel Gordiani - 11/5/2016 - 09:08




Langue: finnois

Traduzione finlandese / Finnish translation / Traduction finnoise / Tradução finlandesa / Suomennos: Liisa Ryömä

Audio link to a remastered version of the song originally performed by Liisa Tavi on her 1984 album Naamiot (Masks):
RAKENNUS

Sen yön hän rakastaa kuin olisi se viimeinen
ja vaimoansa suutelee kuin kerran viimeisen.
Hän lapset hyvästelee niin kuin aina ennenkin
ja lähtee aamuruuhkaan epävarmoin askelin.

Hän nousee telineille kuin ei pelkäis' ollenkaan
ja tiili tiileltä saa talon seinät kasvamaan.
Tuo meteli ja pöly miehen silmiin kyyneleet,
vaikka on ympäriltä ihmisäänet vaienneet.

Hän nauttii eväsvoileipänsä lailla ruhtinaan
ja tuntee äkkiä kuin saisi päivän joutilaan.
Hän nauraa niin kuin oisi toivostansa luopunut
ja tanssii horjuen kuin musiikista juopunut.

Hän tahtoo sieltä korkealta nousta lentämään
ja syöksyy alas niin kuin lintu ilman siipiään.
Jää väki tuijottamaan tuohon myttyyn sotkuiseen,
ja kuollut ruumis korjataan pois siitä hiljakseen,
ettei se enää estäis' sujumista liikenteen.

Sen verran rakasti kuin pelkäisi ei ollenkaan
ja vaimoansa suuteli hän lailla ruhtinaan
ja lapset jätti niin kuin toivostansa luopunut
ja lähti aamuruuhkaan niin kuin oisi juopunut.

Hän nousi telineille niin kuin lähtis' lentämään,
sai meteli ja pöly talon seinät kasvamaan,
ja tiili tiileltä se kaikki oli ennallaan,
hän tunsi äkkiä kuin oisi mytty sotkuinen.

Hän nauroi niin kuin itkis' vielä kerran viimeisen,
hän nautti eväät niin kuin lintu ilman siipiään
ja syöksyi alas katuun epävarmoin askelin,
ja väkijoukko siitä korjattiin pois hiljakseen.

Hän tanssi horjahdellen niin kuin aina ennenkin,
jo aikaa sitten ehtyi silmistänsä kyyneleet,
jo aikaa sitten ehtyi silmistänsä kyyneleet,
ja äänet oli ruumiin ympäriltä vaienneet,
hän tahtoi äsken yhä ylemmäksi lentää vain,
ja esti kuolemallaan sujumista lauantain.

envoyé par Juha Rämö - 6/3/2019 - 16:05


Chico, è tra i poeti più illuminati e illuminanti dell'ultimo secolo.

Dan - 18/7/2008 - 18:19


e ogni volta che sento e leggo questo testo mi sciolgo in melanconia .... che bello viver di nulla.

giuseppe - 7/7/2009 - 22:36


il miserabile è principe, il principe è miserabile...questo è vangelo e capitale,insieme a braccetto come dovrebbe essere...grazie sublime chico, grazie di esistere

stefano - 14/1/2010 - 12:59


Un'opera d'arte ed ogni volta che gli si attribuisce un significato si finisce per costringerla in un vestitino troppo piccolo.Direi che ci si dovrebbe spingere ad interpetrarla oltre l'evento,comunione impossibile tra mondo umano,dei sentimenti,delle passioni,delle speranze e modernità tecnologica.
C'è però una cosa incomprensibile nel vostro commento,dite:lacrime napulitane ....... come sono le lacrime napulitane?
Vorrei ricordarvi che più di cento anni fa c'era un napoletano,Raffele Viviani,che scriveva poesie sullo stesso tema.A Napoli il problema era già chiaro,ma il malcostume italiano ha cancellato ogni identità e sensibilità della nostra gente per lasciar spazio ai luoghi comuni delle lacrime napulitane.
A voi una versione abbastanza recente:


(Lucio)

Caro Lucio, con "lacrime napulitane" ci si voleva riferire alle lacrime abbondantemente versate dal presidente Napolitano per i morti sul lavoro, lacrime seguite da ben pochi fatti. [CCG/AWS Staff]

30/8/2010 - 22:54


Anna Identici!
Versione risalente al 1970, adattamento italiano di Sergio Bardotti, nel disco collettivo intitolato "Canzone amore mio (Il lavoro)"

Bernart Bartleby - 31/12/2013 - 22:48


A giudicare dalla risposta degli Admins, credo che il commento di Lucio del 30/8/2010 non sia stato ben inteso.
La poesia da lui proposta ha moltissimo a che vedere con la canzone di Chico Buarque. Infatti nel video il grande Nino Taranto interpreta una delle più intense poesie di Raffaele Viviani (1988-1950), attore di teatro, commediografo, compositore, poeta e scrittore nativo di Castellammare di Stabia.

Fravecature


“Fravecature” è del 1930 e come “Construção” è dedicata alle morti bianche, ieri come oggi così frequenti soprattutto in edilizia, specie dove diritti dei lavoratori e sicurezza dei cantieri sono espressioni del tutto insignificanti, sconosciute. Riprendo il testo in Napoletano e la sua traduzione italiana da La Poesia e lo Spirito

FRAVECATURE

All’acqua e a ‘o sole fràveca
cu na cucchiara ‘mmano,
pe’ ll’aria ‘ncopp’a n’anneto,
fore a nu quinto piano.

Nu pede miso fauzo,
nu muvimento stuorto,
e fa nu vuolo ‘e l’angelo:
primma c’arriva, è muorto.

Nu strillo; e po’ n’accorrere:
gente e fravecature.
– Risciata ancora… È Ruoppolo!
Tene ddoie criature!

L’aizano e s’ ‘o portano
cu na carretta a mano.
Se move ancora ll’anneto
fore d’ ‘o quinto piano.

E passa stu sparpetuo,
cchiú d’uno corre appriesso;
e n’ato, ‘ncopp’a n’anneto,
canta e fatica ‘o stesso.

‘Nterra, na pala ‘e cavece
cummoglia ‘a macchia ‘e sango,
e ‘e sghizze se sceréano
cu ‘e scarpe sporche ‘e fango.

Quanno ô spitale arrivano,
la folla è trattenuta,
e chi sape ‘a disgrazia
racconta comm’è gghiuta.

E attuorno, tutt’ ‘o popolo:
– Madonna! – Avite visto?
– D’ ‘o quinto piano! – ‘E Virgine!
– E comme, Giesucristo … ?!

E po’ accumpare pallido
chillo c’ ‘ha accumpagnato:
e, primma ca ce ‘o spiano,
fa segno ca è spirato.

Cu ‘o friddo dint’a ll’anema,
la folla s’alluntana;
‘e lume già s’appicciano;
la via se fa stramana.

E ‘a casa, po’, ‘e manibbele,
muorte, poveri figlie,
mentre magnano, a tavola,
ce ‘o diceno a ‘e famiglie.

‘E mamme ‘e figlie abbracciano,
nu sposo abbraccia ‘a sposa…
E na mugliera trepida,
aspetta, e nn’arreposa.

S’appenne ‘a copp’a ll’asteco;
sente ‘o rilorgio: ‘e nnove!
Se dice nu rusario…
e aspetta e nun se move.

L’acqua p’ ‘o troppo vóllere
s’è strutta ‘int’ ‘a tiana,
‘o ffuoco è fatto cénnere.
Se sente na campana.

E ‘e ppiccerelle chiagneno
pecché vonno magna’:
– Mammà, mettímmo ‘a tavula!
– Si nun vene papà?

‘A porta! Tuzzuléano:
– Foss’ísso? – E va ‘arapi’.
– Chi site? – ‘O capo d’opera.
Ruoppolo abita qui?

– Gnorsì, quacche disgrazia?
Io veco tanta gente…
– Calmateve, vestíteve…
– Madonna! – È cosa ‘e niente.

È sciuliato ‘a l’anneto
d’ ‘o primmo piano. – Uh, Dio!
e sta ô spitale? – E logico.
– Uh, Pascalino mio!

E ddoie criature sbarrano
ll’uocchie senza capi’;
a mamma, disperannose,
nu lampo a se vesti’;

e cchiude ‘a dinto; e scenneno
pe’ grade cu ‘e cerine.
– Donna Rache’! – Maritemo
che ssà, sta ê Pellerine.

È sciuliato ‘a ll’anneto.
Sì, d’ ‘o sicondo piano.
E via facenno st’anneto,
ca saglie chiano chiano.

– Diciteme, spiegateme.
– Curaggio. – È muorto?! – È muorto!
D ‘o quinto piano. ‘All’anneto.
Nu pede miso stuorto.

P’ ‘o schianto, senza chiagnere,
s’abbatte e perde ‘e senze.
È Dio ca vo’ na pausa
a tutte ‘e sufferenze.

E quanno ‘a casa ‘a portano,
trovano ‘e ppiccerelle
‘nterra, addurmute. E luceno
‘nfaccia ddoie lagremelle.



Traduzione italiana di Luigi Metropoli

MURATORI

Sotto la pioggia e al sole lavora il muratore
con in mano la cazzuola
sospeso su un’impalcatura,
fuori, al quinto piano.

Un piede in fallo,
un movimento sghembo,
e vola come un angelo:
prima di giungere, è morto.

Un grido e poi accorrono:
gente e muratori.
– Ancora respira… è Ruoppolo!
Ha due bimbi piccoli!

Lo sollevano e lo allontanano
su una barella a mano.
Si muove ancora l’asse
fuori al quinto pianto.

E passa questo corteo,
più di uno lo rincorre;
mentre un altro, sull’impalcatura
canta e continua a lavorare.

Per terra un mucchio di calce
nasconde la macchia di sangue,
e gli schizzi si diffondono
con le scarpe sporche di fango.

Quando giungono all’ospedale,
la folla resta fuori,
e chi è a conoscenza della disgrazia
racconta com’è accaduta.

E intorno il popolo:
– Madonna! – Avete visto?
– Dal quinto piano! – Vergine…
– E come… Gesù Cristo…

Poi appare, pallido,
chi l’ha accompagnato:
e, prima che gli chiedano,
fa segno che è spirato.

Col freddo nell’anima,
la folla s’allontana;
già si accendono le luci della sera;
la strada diventa tortuosa.

A casa, poi, i compagni
smorti, poveri figli,
lo raccontano alle famiglie
a tavola, mentre mangiano.

Le mamme abbracciano i figli,
lo sposo abbraccia la sposa…
e una moglie, trepidante,
attende e non s’acquieta.

Si affaccia al balcone,
sente l’orologio: le nove!
Recita un rosario…
E aspetta e non si muove.

L’acqua si consuma in pentola
per il troppo bollire,
il fuoco è fatto cenere.
Si sente una campana.

I piccoli piangono
perché vogliono mangiare:
– Mamma, mettiamo a tavola!
– Se non viene papà…

La porta! Bussano:
– È lui? – Va ad aprire.
– Chi siete? – Il capo d’opera.
Ruoppolo abita qui?

– Sì, qualche disgrazia?
Vedo tanta gente…
– Calmatevi, vestitevi…
– Madonna! – Non è successo niente.

– È scivolato dall’impalcatura
dal primo piano. – Uh, Dio!
Ed è all’ospedale? – È logico.
– Uh, Pasqualino mio!

I due piccoli sbarrano gli occhi
senza intendere;
la mamma, disperandosi,
si vestì in un lampo,

e li chiude in casa; e scendendo
i gradini con una candela.
– Donna Rache’ – Mio marito
forse è al Pellegrini.

È scivolato dall’impalcatura.
Sì, dal secondo piano.
E man mano quest’impalcatura
sale piano piano.

– Ditemi, fatemi capire.
– Coraggio. – È morto?! – È morto!
Dal quinto piano. Dall’impalcatura.
Mise un piede in fallo.

Per il dolore, senza piangere,
cade e perde i sensi.
È Dio che dà una pausa
A tutte le sofferenze.

E quando la riaccompagnano a casa,
trovano i piccoli
a terra, addormentati. E brillano
in volto due lacrime.

Bernart Bartleby - 20/5/2016 - 10:25


Vi propongo una mia lettura del brano realizzata oggi, in coincidenza con la Festa dei lavoratori.

Gaetano 'aitan' Vergara - 1/5/2018 - 11:24


Incidenti e morti sul lavoro in Italia nel 2021

Erik Henningsen En såret arbejder, 1895 Statens Museum for Kunst, København
Erik Henningsen En såret arbejder, 1895 Statens Museum for Kunst, København



Al 31 Luglio 2021 in Italia si sono registrati 312.762 incidenti sul lavoro con un incremento dell’8,3 % rispetto al 2020.
I Morti sul lavoro al 28 Settembre 2021 dall’inizio dell’anno sono 680

Di seguito la statistica degli incidenti e morti sul lavoro in Europa nel 2018, elaborata in base ai dati più recenti resi disponibili da Eurostat

Incidenti sul lavoro in Europa

[Riccardo Gullotta]

Riccardo Gullotta - 29/9/2021 - 19:25


Lorenzo - 16/2/2024 - 12:20


Senza parole. E per l'ennesimo Caprottificio, per giunta.

Riccardo Venturi - 16/2/2024 - 15:15


Maurizio Maggiani e Chico Buarque
al 1 maggio 2024 i morti sul lavoro sono già 120

Nel suo ultimo libro: LA MEMORIA E LA LOTTA
(Feltrinelli, aprile 2024) al capitolo 12 Maurizio Maggiani affronta il tema del lavoro, delle ricorrenze del 1 maggio e poi a pagina 105 con queste parole tratta il tema dei morti sul lavoro e di un canto per loro.


Dov’è il giusto nel lavoro che ferisce e uccide? Non ho parole, non quelle del mesto compianto, della circostanza, ma so che una cosa buona con le parole la potrei fare. So che l’unico modo per rendere giustizia a quei morti sarebbe raccontarli uno per uno, ogni vita, ogni vicenda, ogni volto, ogni amore, ogni dolore; perché ogni vita è grande, ogni vita ha diritto alla sua eternità.

Non ho forze per narrare di tutte quelle vite, ma ciò mi libera dal dovere di provare a farlo, di ostinarmi.

Ogni tanto i giornali pubblicano le immagini dei “caduti”, guardo quelle immagini e mi cresce nel cuore e sulle labbra una canzone senza fine che canti di loro. Sì, un canto; i morti non chiedono il pianto, il pianto è per i vivi, serve un canto per loro, perché almeno un soffio, un palpito, li tenga ancora tra noi, una melodia senza fine che involi la loro bellezza , la loro dignità. E allora, finchè non saprò averne una mia, mi viene di cantare una vecchia canzone di Chico Buarque de Hollanda che cinquant’anni fa Enzo Jannacci cantava in Italiano, Così vecchia che viene buona anche stamattina, e domattina, e ancora sempre più buona.

paolo - 30/4/2024 - 23:14




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