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Gaza's Protest Song

Richard Marot
Language: English


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Testo e musica di Richard Marot (Carles Viadel Mestre)
Lyrics and music by Richard Marot (Carles Viadel Mestre)

gazawoman
What right do you have for forbidding people
Of their only way for getting a better life
They must spend their few money just to live
But nowadays they can't because of your blame.

And I believe that you're selfish men with no name
Because people don't deserve this sad poverty
This tragedy is a proof of the money's power
Because money is always in the coward men's pocket.

People leave their sweet home for getting food
And they must travel to another wealthy country
Because of the stupid politics which defend a long war
But many other people live in their saddest mood
Because they have not enough money to leave their poverty
And they will die in their abandoned hell, oh, Lord!

But I hope that one day, this protest song
It will be heard so well and so long
That the old wish of a good life
Will destroy the politicians' war
And I hope that this stuff remains in the whole world
And Jews and Palestinians will be friends at last.

Because they will have already forgotten their long war
I can promise you that this day is not very far
Because people start to be so tired
Of living in this ugly world!
But for the moment, in the grease
Sky of the Gaza's precipice...

People leave their sweet home for getting food
And they must travel to another wealthy country
Because of the stupid politics which defend a long war
But many other people live in their saddest mood
Because they have not enough money to leave their poverty
And they will die in their abandoned hell, oh, Lord!

Contributed by C. Viadel - 2008/1/28 - 17:59



Language: Italian

Versione italiana di Riccardo Venturi
28 dicembre 2008
CANZONE DI PROTESTA PER GAZA

Che diritto avete di proibire alla gente
Il loro unico modo per avere una vita migliore
I loro pochi soldi li devono spendere appena per vivere
Ma adesso non possono a causa della vostra riprovazione.

Credo che siate degli egoisti senza nome
Perché la gente non merita questa triste povertà,
Questa tragedia è una prova del potere del denaro
Perché il denaro sta sempre in tasca ai vigliacchi.

La gente lascia le proprie case per procurarsi da mangiare
E deve andarsene in un altro paese ricco
A causa della stupida politica che difende una lunga guerra
Ma molti altri vivono in una condizione ancora più triste
Perché non hanno abbastanza soldi per lasciare la povertà
E allora moriranno nel loro inferno abbandonato, oh, Signore!

Ma spero che, un giorno, questa canzone di protesta
Sia ascoltata bene e a lungo,
Che l'antico desiderio di una vita perbene
Distrugga la guerra dei politici
E spero che tutto questo resti nel mondo intero
E che gli Ebrei e i Palestinesi siano alfine amici.

Perché avranno infine già dimenticato la loro lunga guerra,
E ti prometto che questo giorno non è così lontano.
Perché la gente comincia a essere stanca
Di vivere in questo brutto mondo!
Ma, per il momento, nel grigio
Cielo del baratro di Gaza...

La gente lascia le proprie case per procurarsi da mangiare
E deve andarsene in un altro paese ricco
A causa della stupida politica che difende una lunga guerra
Ma molti altri vivono in una condizione ancora più triste
Perché non hanno abbastanza soldi per lasciare la povertà
E allora moriranno nel loro inferno abbandonato, oh, Signore!

2008/12/28 - 16:27


Dal blog Guerrilla Radio

Il mio appartamento di Gaza dà sul mare, una vista panoramica che mi ha sempre riconciliato il morale, spesso affranto da tanta miseria a cui costretta una vita sotto l'assedio.
Prima di stamane. Quando dalla mia finestra si è affacciato l'inferno.
Ci siamo svegliati sotto le bombe stamane a Gaza, e molte sono cadute a poche centinaia di metri da casa mia.
E amici miei ci sono rimasti sotto.
Siamo a 210 morti accertati finora, ma il bilancio è destinato drammaticamente a crescere. Una strage senza precedenti. Hanno spianato il porto, dinnanzi a casa mia, e raso al suolo le centrali di polizia.
Mi riferiscono che i media occidentali hanno digerito e ripetono a memoria i comunicati diramati dai militari israeliani secondo i quali gli attacchi avrebbero colpito chirurgicamente solo le basi terroristiche di Hamas.
In realtà visitando l'ospedale di Al Shifa, il principale della città, abbiamo visto nel caos d'inferno di corpi stesi sul cortile, alcuni in attesa di cure, la maggior parte di degna sepoltura, decine di civili.
Avete presente Gaza?
Ogni casa è arroccata sull’altra, ogni edificio è posato sull'altro, Gaza è il posto al mondo a più alta densità abitativa, per cui se bombardi a diecimila metri di altezza è inevitabile che compi una strage di civili. Ne sei coscente, e colpevole, non si tratta di errore, di danni collaterali.
Bombardato la centrale di polizia di Al Abbas, nel centro,
è rimasta seriamente coinvolta nelle esplosioni la scuola elementare lì a fianco.
Era la fine delle lezioni, i bambini erano già in strada, decine di grembiulini azzurri svolazzanti si sono macchiati di sangue.
Bombardando la scuola di polizia Dair Al Balah, si sono registrati morti e feriti nel mercato li vicino, il mercato centrale di Gaza. Abbiamo visto corpi di animali e di uomini mescolare il loro sangue in rivoli che scorrevano lungo l'asfalto. Una Guernica trasfigurata nella realtà.
Ho visto molti cadaveri in divisa nei vari ospedali che ho visitato, molti di quei ragazzi li conoscevo. Li salutavo tutti i giorni quando li incontravo sulla strada recandomi al porto, o la sera per camminando verso i caffè del centro.
Diversi li conoscevo per nome. Un nome, una storia, una famiglia mutilata.
La maggior parte erano giovani, sui diciotto vent'anni, per lo più non politicamente schierati né con Fatah né con Hamas, ma che semplicemente si erano arruolati nella polizia finita l'università per aver assicurato un posto lavoro in una Gaza che sotto il criminale assedio israeliano vede più del 60% popolazione disoccupata.
Mi disinteresso della propaganda, lascio parlare i miei occhi, le mie orecchie tese dallo stridulo delle sirene e dai boati del tritolo.
Non ho visto terroristi fra le vittime di quest'oggi, ma solo civili, e poliziotti.
Esattamente come i nostri poliziotti di quartiere, i poliziotti palestinesi massacrati dai bombardamenti israeliani se ne stavano tutti i giorni dell'anno a presidiare la stessa piazza, lo stesso incrocio, la stessa strada.
Solo ieri notte li prendevo in giro per come erano imbacuccati per ripararsi dal freddo, dinnanzi a casa mia.
Vorrei che almeno la verità donasse giustizia a queste morti.
Non hanno mai sparato un colpo verso Israele, né mai lo avrebbero fatto, non è nella loro mansione. Si occupavano di dirigere il traffico, e della sicurezza interna, tanto più che al porto siamo ben distanti dai confini israeliani.
Ho una videocamera con me ma ho scoperto oggi di essere un pessimo cameraman, non riesco a riprendere i corpi maciullati e i volti in lacrime.
Non ce la faccio. Non riesco perché piango anche io.
All'ospedale AL Shifa con gli altri internazionali dell'ISM ci siamo recati a donare il sangue. E lì abbiamo ricevuto la telefonata che Sara, una nostra cara amica, è rimasta uccisa da un frammento di esplosivo mentre si trovava vicino alla sua abitazione nel campo profughi di Jabalia. Una persona dolce, un'anima solare, era uscita per comprare il pane per la sua famiglia. Lascia 13 figli.
Poco fa mi invece mi ha chiamato da Cipro Tofiq.
Tofiq è uno dei fortunati studenti palestinesi che grazie alle nostre barche del Free Gaza Movement è riuscito a lasciare l'immensa prigionia di Gaza e ricominciare altrove una vita nuova. Mi ha chiesto se ero andato a trovare suo zio e se l’avevo salutato da parte sua, come gli avevo promesso. Titubante mi sono scusato perchè non avevo ancora trovato il tempo.
Troppo tardi, è rimasto sotto alle macerie del porto insieme a tanti altri.
Da Israele giunge la terribile minaccia che questo è solo il primo giorno di una campagna di bombardamenti che potrebbe protrarsi per due settimane.

Faranno il deserto,
e lo chiameranno pace.

Il silenzio del "mondo civile" è molto più assordante delle esplosioni che ricoprono la città come un sudario di terrore e morte.

Vittorio Arrigoni
Vik in Gaza

daniela -k.d.- - 2008/12/29 - 11:33


La differenza tra terrorismo e resistenza: per tutti i nostri benpensanti pantofolai della sinistra che anche oggi, anche di fronte al "tiro al piccione in gabbia" che Israele la Vigliacca sta facendo a Gaza, continuano a dirsi inorriditi per il lancio dei razzi palestinesi...

"La scusa Hamas", di Neve Gordon, 31 gennaio 2008

"L'esperienza a Gaza, in altre parole, non è una questione legata al bombardamento di cittadini israeliani o ai continui sforzi fatti da Israele per destabilizzare Hamas. E' semplicemente una misura draconiana mirata a negare ai palestinesi i loro più fondamentali diritti all'autodeterminazione. Un tentativo di mostrare chi ha il controllo, tentando di abbattere il morale in modo da abbassare le aspettative dei palestinesi facendo accettare loro le pretese israeliane."

***

Gideon Levy, in questo suo articolo di una anno fa, peccava di ottimismo: nessuna buona notizia da Gaza e il sangue palestinese continua ad essere versato, come sempre. Ma Israele la Vigliacca fa il boia dai cieli e l'offensiva di terra, annunciata sempre come imminente, non arriva... chissà come mai?!?

"Buone notizie da Gaza", di Gideon Levy, 11 novembre 2007

"Queste parole dovrebbero motivarci, per la prima volta, ad andare oltre le nostre abitudini per giungere alla conclusione, questa volta senza troppi spargimenti di sangue, che l'occupazione non può durare per sempre."

Potete anche non pubblicare questo intervento, se vi pare che sia "bellicista"... è che penso che, Hamas o non Hamas, fatti tutti i cazzo di distinguo, ammesso che sì, la dirigenza palestinese è corrotta e incapace, detto che sì, i paesi arabi sono arretrati, feudali e venduti agli interessi occidentali, e bla bla bla... il popolo palestinese ha il diritto di difendersi e di resistere e Israele è uno stato canaglia e vigliacco. Così è come la penso.

Alessandro - 2008/12/30 - 08:38


Capodanno a Gaza

da Carmilla On Line

Ci risiamo. Il governo israeliano non rinuncia a celebrare la fine del 2008 e il capodanno con il solito, sanguinosissimo massacro. I governi occidentali, e molti di quelli arabi, avvallano il “festeggiamento” con tonnellate di menzogne, pari, per efficacia distruttiva, ai carichi di bombe.
Hamas ha violato la tregua, Hamas lancia razzi sui villaggi israeliani oltre confine, Hamas è un gruppo terroristico. Tutto vero, a parte la prima proposizione e l’ultima. Hamas ha rotto la tregua dopo che gli israeliani l’avevano violata, uccidendo in solo un mese e mezzo circa venticinque palestinesi. Per non parlare del feroce embargo (viveri, medicine, combustibili, energia elettrica ecc.), di cui l’Unione Europea si è resa complice, che ha fatto di quasi due milioni di persone – persone, non islamici o altro – un ostaggio di carne, su cui sperimentare ogni sorta di sopruso.

Hamas sarà un gruppo terroristico (per il cosiddetto Occidente la nozione di “terrorismo” varia a seconda delle convenienze), ma è anche il partito per il quale i palestinesi hanno avuto il torto di votare in libere elezioni. Probabilmente stanchi del malgoverno e della corruzione di una cosa dal passato glorioso e dal presente vergognoso chiamata Al Fatah. Creatura, nella versione attuale, di Israele e dei suoi alleati, come lo era stato lo stesso Hamas quando tornava utile.
Sono i governi israeliani che modellano i propri nemici. Pronti a fomentare l’integralismo islamico allorché una OLP laica e di sinistra si fa troppo potente; e viceversa a trattare da fanatici e terroristi gli “integralisti” che loro stessi hanno alimentato e condotto per mano alla supremazia a Gaza. Il tutto accompagnato da un insopportabile piagnisteo, per cui l’unica potenza atomica regionale, responsabile di mille aggressioni e persino di assassinii individuali apertamente rivendicati, forte di un pieno sostegno degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, svincolata per tacito consenso dall’obbedienza alle direttive ONU, si lamenta, ogni volta che commette un crimine, di essere minacciata e sottoposta a violenze.
Certo, vi sono i razzi Qassam, che hanno fatto varie vittime (paradossalmente, più che altro palestinesi). Ma che cosa potrebbe fare, chi è sottoposto a strage, chiuso tra muraglie, privato di acqua, luce, alimenti e medicine, soggetto a rastrellamenti periodici, se non reagire come può? L’alternativa è arrendersi ai suoi massacratori. Chi propugna questa soluzione smetta di parlarci di Matteotti, dei Rosselli o dei fratelli Cervi. Se la vigliaccheria è virtù, i palestinesi sono responsabili della colpa opposta: il coraggio. Ormai da sessant’anni. Il tempo sufficiente a logorare le organizzazioni della resistenza (lo si è visto), ma non chi resiste (anche questo si è visto).
Qui non è questione di “ebrei”, e nemmeno di israeliani in senso lato. Molti cittadini di Israele, per quanto minoranza, sottoscriverebbero quanto stiamo dicendo. Mancano piuttosto all’appello gli Oz, i Grossman, gli Yehoshua. Menti brillanti e scrittori di grande talento vedono che il loro governo compie un massacro, capace di scatenare forze oscure con cui dovremo confrontarci per decenni. Tacciono oppure approvano (Oz). Anche per loro la vigliaccheria è virtù.
Ma il massimo della codardia è quella di chi scelse di fare della Fiera del Libro di Torino una celebrazione della nascita dello Stato di Israele, malgrado le proteste, i dubbi e le riserve di tanti intellettuali israeliani. Oggi quei signori si ritrovano i loro banchetti di bestsellers imbrattati di sangue. Non è la prima volta, il macello di Beirut è del 2006. Non ci dicano che non sapevano.

Qui un'allegra canzoncina augurale:

daniela -k.d.- - 2009/1/2 - 22:52


Cito dalla e-mail che ho mandato:
< israelo-palestinese".>>

Ben 5 percorsi riguardanti la guerra del Vietnam e nemmeno 1 sui conflitti arabo-israeliani.
(ΔΙΩRAMA Poco Ligio All'Ufficialità!)

Carissimo, la tua mail la abbiamo letta attentamente e devo dire che ci trova (ovviamente) d'accordo. Ma preparare un percorso del genere richiede un goccio di tempo...porta pazienza! [CCG/AWS Staff]

2009/1/7 - 23:31


Ehi, non vergognatevi a chiedere una mano ;D

ΔΙΩRAMA Poco Ligio All'Ufficialità! - 2009/1/8 - 17:36


Benissimo! Allora dacci una mano molto importante: "scannati" le quasi ottomila canzoni del sito, individua tutte quelle che potrebbero far parte del nuovo percorso e prepara una lista da sottoporre allo "stàffe"; permettimi di augurarti buona fortuna :-)

Scherzi a parte, il nuovo percorso verrà senz'altro istituito dopo la "8000", che peraltro (anticipaziò! anticipaziò!) sarà dedicato alla tragedia palestinese; se ancora non lo abbiamo fatto, è anche perché siamo in pieno marasma per la "pagina speciale" e non abbiamo davvero molto tempo per altre cose, stante la gestione quotidiana del sito.

Una "pagina speciale" che, come sempre, non vuole certo essere autocelebrativa e fine a se stessa, ma seguire gli eventi "in diretta".

Quindi, carissimo, ti auguriamo buon lavoro con tanti ringraziamenti per alleggerirci di un po' di sgobbo; la ricompensa potrebbe anche essere una sorpresa per te, anche se una sorpresa che ti farebbe ulteriormente sgobbare di brutto :-)

Riccardo Venturi - 2009/1/9 - 02:34


La ricompensa per la pace? Dall'11 gennaio saran 18 anni che sto su questa terra, considererò l'esistenza di questo archivio un grande regalo. Considero un onore collaborare con voi.
No, non credo nelle ricompense. Sanno (=hanno il gusto) di feticcio. =D

Mi spiace se molte canzoni in lingua ebraica non le ho potute inserire, ma erano prive di traduzione in una lingua occidentale su cui appoggiarmi. :/

ΔΙΩRAMA Poco Ligio All'Ufficialità! - 2009/1/9 - 20:26


Un grande regalo per noi sono persone come te, e te lo voglio dire a chiare, chiarissime lettere. Intanto non ti stupire se non vedi nel tuo messaggio la lista delle canzoni per il nuovo percorso (a quelle in lingua ebraica ci penserò io): l'ho presa io e salvata in un file per poterla ovviamente utilizzare. Che dirti? Grazie di cuore per ora; poi stai pronto alla sorpresa. :-)

Riccardo Venturi - 2009/1/10 - 00:22


La "giusta furia" di Israele e le sue vittime a Gaza
da Carmilla on line

[da "The Electronic Intifada", 2.1.09 - Traduzione di Alberto Pesavento]

La mia visita a casa in Galilea è coincisa con l’attacco genocida israeliano su Gaza. Lo Stato, attraverso i suoi mezzi di informazione e con l’aiuto del mondo accademico, ha diffuso un coro unanime – persino più forte di quello ascoltato durante il criminale attacco in Libano nell’estate del 2006. Israele è sommerso ancora una volta da una giusta furia che si traduce in delle operazioni di distruzione nella striscia di Gaza.
Questa sconvolgente autogiustificazione dell’inumanità e impunità non è solo fastidiosa, ma è materia su cui vale la pena soffermarsi, se si vuol capire l’immunità internazionale per il massacro che imperversa su Gaza.

È basata in primo luogo su semplici bugie trasmesse in un linguaggio giornalistico che ricorda i momenti più bui degli anni Trenta in Europa.
Ogni mezz’ora un notiziario alla radio e alla televisione descrive le vittime di Gaza come terroristi e il loro omicidio di massa ad opera di Israele come un atto di autodifesa.
Israele presenta se stesso alla propria gente come la giusta vittima che si difende da un grande male. Il mondo accademico è arruolato per spiegare quanto demoniaca e mostruosa sia la lotta palestinese, se guidata da Hamas. Questi sono gli stessi studiosi che in passato demonizzarono l’ultimo leader palestinese Yasser Arafat e delegittimarono il suo movimento, Fatah, durante la Seconda Intifada palestinese.

Ma le bugie e le rappresentazioni distorte non sono la parte peggiore di tutto questo. È l’attacco diretto alle ultime vestigia di umanità e dignità del popolo palestinese ciò che fa più rabbia. I palestinesi in Israele hanno mostrato la loro solidarietà agli abitanti di Gaza e vengono ora bollati come quinta colonna all’interno dello Stato ebraico; il loro diritto a rimanere nella loro patria è messo in dubbio data la mancanza di supporto all’aggressione israeliana. Tra coloro i quali acconsentono – a torto, a mio parere – ad apparire nei media locali vengono interrogati, e non intervistati, come se si trovassero nella prigione dello Shin Bet. La loro entrata in scena è preceduta e seguita da umilianti sottolineature razziste e sono accusati di essere una quinta colonna, gente irrazionale e fanatica. Ma questa non è nemmeno l’abitudine più indecente. Ci sono alcuni bambini palestinesi dei Territori Occupati curati dal cancro in ospedali israeliani. Dio sa quale prezzo abbiano pagato le loro famiglie perchè venissero ricoverati là. Israel Radio si reca ogni giorno all’ospedale per domandare ai poveri genitori di dire agli ascoltatori israeliani quanto giusto sia Israele nei suoi attacchi e quanto malvagio sia Hamas nella sua difesa.
Non c’è limite all’ipocrisia che una giusta furia produce. Il discorso di politici e generali oscilla senza posa tra l’autocompiacimento per l’umanità che l’esercito dimostra nelle sue operazioni “chirurgiche” da un lato, e il bisogno di distruggere Gaza una volta per tutte, in modo umano ovviamente, dall’altro.

La giusta furia è un fenomeno costante nell’espropriazione, oggi israeliana e a suo tempo sionista, della Palestina. Ogni atto, che si trattasse di pulizia etnica, occupazione, massacro o distruzione è sempre stato ritratto come moralmente fondato e come un puro atto di autodifesa perpetrato in modo riluttante da Israele nella sua guerra contro la peggiore specie di esseri umani. Nel suo eccellente volume frecciabr.gif The Return of Zionism: Myths, Politics and Scholarship in Israel, Gabi Piterberg esplora le origini ideologiche e il progredire storico di questa giusta furia.
Oggi in Israele, da sinistra a destra, dal Likud alla Kadima, dal mondo accademico ai mezzi di informazione, si può ascoltare questa giusta furia di uno Stato che è più occupato di qualsiasi altro nel mondo a distruggere ed espropriare una popolazione autoctona.

È cruciale analizzare le origini ideologiche di questa attitudine e trarne le necessarie conclusioni politiche a partire dalla sua diffusione. Questa giusta furia ripara la società e i politici in Israele da ogni rimprovero o critica all’estero.
Ma ancor peggio, si traduce sempre in politiche di distruzione nei riguardi dei palestinesi. Senza alcun meccanismo di critica interna e pressioni dall’esterno, ogni palestinese diventa un potenziale bersaglio di questa furia. Data la potenza di fuoco dello Stato ebraico può solo finire inevitabilmente in più omicidi di massa, stragi e pulizia etnica.

La convinzione a priori di essere nel giusto è un potente atto di abnegazione e giustificazione. Essa spiega perchè la società ebraica israeliana non si lascerebbe influenzare da discorsi sensati, punti di vista logici o dal dialogo diplomatico. E se non si vuole appoggiare la violenza come strumento per contrastarla, c’è solamente un’altra via davanti a noi: sfidare frontalmente questa cieca convinzione morale come una cattiva ideologia che si propone di occultare delle atrocità. Un altro nome di quest’ideologia è quello di Sionismo, e una condanna internazionale nei confronti del Sionismo, non solo nei casi di specifiche politiche di Israele, è il solo modo per respingerla. Dobbiamo provare a spiegare non solo al mondo, ma anche agli israeliani stessi, che il Sionismo è un’ideologia che appoggia la pulizia etnica, l’occupazione, e ora l’omicidio di massa. Ciò di cui ora si sente il bisogno non è solo di una condanna della strage in corso, ma anche della delegittimazione di un’ideologia che produce quella politica e la giustifica moralmente e politicamente. Lasciateci sperare che voci significative nel mondo dicano allo Stato ebraico che questa ideologia e l’intera condotta dello Stato sono intollerabili e inaccettabili e fintanto che persistano, Israele verrà boicottata e sarà soggetta a sanzioni.

Ma non sono un ingenuo. So che persino l’uccisione di centinaia di palestinesi innocenti non sarebbe sufficiente a produrre un tale cambiamento nell’opinione pubblica occidentale; ed è persino più improbabile che i crimini commessi a Gaza spingano i governi europei a cambiare la loro linea politica nei riguardi della Palestina.

Eppure, non possiamo permettere che il 2009 sia solo un altro anno, meno carico di significato del 2008, l’anno commemorativo della Naqba, e che non ha mantenuto le grandi speranze che noi tutti nutrivamo per il suo potenziale di trasformare radicalmente l’attitudine del mondo occidentale verso la Palestina e i palestinesi.

Sembra che persino i più orrendi crimini, come il genocidio di Gaza, siano trattati come eventi avulsi dal contesto, svincolati da ogni evento del passato e da ogni ideologia o sistema. In questo nuovo anno, dobbiamo provare a fare in modo che l’opinione pubblica riconsideri la storia della Palestina e le malefatte dell’ideologia Sionista come i migliori mezzi sia per spiegare le operazioni di genocidio come quello in corso a Gaza che come un modo per prevenire eventi peggiori a venire.

Nelle realtà accademiche, questo è già stato fatto. La nostra principale sfida è quella di trovare una modalità efficace per spiegare il collegamento tra l’ideologia Sionista e le passate politiche di distruzione, fino alla crisi attuale. Potrebbe essere più agevole farlo mentre, sotto le circostanze più terribili, l’attenzione mondiale è rivolta ancora una volta alla Palestina. Sarebbe persino più difficile in tempi in cui la situazione possa sembrare “più tranquilla” e meno drammatica. In tali momenti di “rilassamento”, la soglia d’attenzione limitata dei mezzi di informazione occidentali marginalizzerebbe ancora una volta la tragedia palestinese, trascurandola per via degli orribili genocidi in Africa o per via della crisi economica e degli scenari ecologici da giudizio universale nel resto del mondo. Sebbene sia improbabile che l’informazione occidentale sia interessata a fare scorte di storia, è solo attraverso una valutazione storica che la mole dei crimini commessi contro il popolo palestinese nel corso degli ultimi sessanta anni può essere esposta. Quindi, è compito di un mondo accademico militante e dei media alternativi quello di insistere su tale contesto storico. Queste figure non dovrebbero sottrarsi, storcendo il naso, dall’informare l’opinione pubblica, e se tutto va bene persino dallo spingere i politici più attenti a guardare agli eventi con una prospettiva storica più ampia.

In modo analogo, potremmo essere in grado di trovare un modo più comprensibile, paragonato a quello accademico e intellettuale, di spiegare chiaramente che la politica di Israele degli ultimi sessanta anni deriva da una ideologia razzista egemonica chiamata Sionismo, protetta da infiniti strati di giusta furia. A dispetto della prevedibile accusa di antisemitismo e quant’altro, è il momento di associare nella mente pubblica l’ideologia sionista con gli oramai noti capisaldi storici del Paese: la pulizia etnica del 1948, l’oppressione dei palestinesi in Israele durante i giorni del governo militare, la brutale occupazione della Cisgiordania e ora la strage di Gaza. Tanto quanto l’ideologia dell’Apartheid ha spiegato le politiche oppressive del governo sudafricano, questa ideologia -nella sua versione più condivisa e semplicistica- ha permesso a tutti i governi israeliani del passato e del presente di de-umanizzare i palestinesi ovunque essi si trovino e di aspirare a distruggerli. I mezzi sono cambiati da un periodo all’altro e da un posto all’altro, così come i racconti che nascondevano queste atrocità. Però c’è un modello chiaro che non può essere discusso esclusivamente nelle torri d’avorio accademiche, ma che deve fare parte del discorso politico sulla realtà contemporanea della Palestina oggi.

Alcuni di noi, vale a dire coloro i quali sono impegnati per la pace e la giustizia in Palestina, eludono inconsapevolmente questo dibattito concentrandosi, e questo è comprensibile, sui Territori Occupati Palestinesi (OPT) -la Cisgiordania e la Striscia di Gaza. Combattere là contro le politiche criminali è una missione urgente. Ma questo non dovrebbe far passare il messaggio che i poteri presenti in Occidente hanno adottato con gioia su suggerimento d’Israele: che la Palestina è solo la Cisgiordania e la Striscia di Gaza, e che i palestinesi sono unicamente le persone che vivono in quei territori. Noi dovremmo ampliare la rappresentazione della Palestina in senso geografico e demografico compiendo una narrazione storica degli avvenimenti del 1948, e richiedere pari diritti umani e civili per tutte le persone che vivono, o un tempo vivevano, in quelli che oggi sono Israele e gli OPT.

Collegando l’ideologia Sionista e le politiche del passato alle presenti atrocità, saremo in grado di fornire una spiegazione logica e trasparente alla campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni.
Sfidare con mezzi nonviolenti uno Stato ideologico che non ammette dubbi circa la propria rettitudine e che si permette, aiutato da un mondo taciturno, di espropriare e distruggere la popolazione autoctona della Palestina, è una causa giusta e morale. Sarebbe inoltre un modo efficace per stimolare l’opinione pubblica, non solo contro l’attuale politica di genocidio a Gaza, ma se tutto va bene anche per prevenire future atrocità.
Ma in misura più importante di ogni altra cosa, sgonfierebbe la bolla della giusta furia che soffoca i palestinesi ogni volta che fa la sua comparsa.
Aiuterebbe a far cessare l’immunità occidentale all’impunità d’Israele. Senza quell’immunità, si spera che sempre più persone in Israele comincino a vedere la reale natura dei crimini commessi in loro nome e che la loro furia si rivolga contro chi ha intrappolato loro e i palestinesi in questo inutile ciclo di spargimento di sangue e violenza.

electronicintifada.net
Ilan Pappé
forumpalestina.org

Nota
Propongo un recente intervento dello storico israeliano Ilan Pappé, docente all'Università di Exeter. Ringrazio l'autore per il permesso a pubblicare e la testata The Electronic Intifada, vivamente consigliata, sulla quale l'intervento è apparso il 2 gennaio. [Alberto Pesavento]

daniela -k.d.- - 2009/1/11 - 16:59


A Gaza, un plotone di esecuzione ha messo al muro Ippocrate, ha puntato e fatto fuoco.

Dal blog Guerrilla Radio, da seguire attentamente come una delle poche testimonianze del massacro, direttamente da Gaza.

Le allucinanti dichiarazioni di un portavoce dei servizi segreti israeliani secondo cui l'esercito ha ottenuto via libera a sparare sulle ambulanze perché a bordo presenti presunti membri della resistenza palestinese, danno il quadro di che valore dà alla vita Israele in questi giorni, le vite dei nemici, s'intende. Vale la pena ripassare cosa dichiara il giuramento di Ippocrate, a cui è tenuto ogni medico prima di iniziare a esercitare la professione, in particolare questi passi: "Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro: di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento; di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica". Sono sette fra i dottori e infermieri volontari i camici bianchi uccisi dall'inizio della campagna di bombardamenti, una decina le ambulanze colpite dall'artiglieria israeliana. I sopravvissuti tremano di paura, ma non si tirano indietro. I lampeggianti cremisi delle ambulanze sono gli unici squarci di luce lungo le strade nelle notti oscure di Gaza, esclusi i lampi che precedono le esplosioni. Riguardo a questi crimini, l'ultima denuncia è partita da Pierre Wettach, capo della Croce Rossa a Gaza; le sue ambulanze sono potute accorrere sul luogo di un massacro, a Zaiton, est di Gaza city, solo dopo 24 ore dall'attacco israeliano. I soccorritori dichiarano di essersi trovati dinnanzi uno scenario raccapricciante: "quattro bambini piccoli vicini ai corpi senza vita delle loro madri in una delle case. Erano troppo deboli per tenersi in piedi. E' stato trovato vivo anche un uomo, anche lui troppo debole per tenersi in piedi. In tutto sui materassi giacevano 12 corpi". I testimoni di questa ennesima carneficina raccontano come i soldati israeliani, penetrati nel quartiere, hanno radunato le decine di membri della famiglia Al Samouni in un solo edificio e poi lo hanno ripetutamente bombardato. Con i miei compagni dell'ISM sono giorni che giriamo sulle ambulanze della mezzaluna rossa, abbiamo subito molteplici attacchi e perso un caro amico, Arafa, colpito in pieno da un colpo di obice sparato da un carro armato. Altri tre paramedici nostri amici rimangono ricoverati negli ospedali dove fino a ieri lavoravano. Sulle ambulanze il nostro dovere è raccogliere feriti, non accogliere a bordo guerriglieri. E quando troviamo riverso per strada un uomo ridotto una poltiglia di sangue, non si ha il tempo di controllare i suoi documenti, chiedergli se parteggia per hamas o fatah. Anche perchè quasi sempre i feriti non rispondono, come i morti. Alcuni giorni fa caricando un ferito grave ha cercato contemporaneamente di salire sull'ambulanza anche un altro uomo, ferito in maniera lieve. Lo abbiamo spintonato fuori, proprio perché sia chiaro a chi ci spia dal cielo che non fungiamo da taxi per il trasporto di membri della resistenza, bensì accogliamo sopra le nostre ambulanze solo feriti gravi, il cui rifornimento da parte di Israele non cessa un istante. La notte scorsa è arrivata all'ospedale Al Quds di Gaza City Miriam, 17 anni, in preda alle doglie. Al mattino erano passati nello stesso ospedale suo padre e sua cognata, entrambi cadaveri, vittime di uno dei tanti bombardamenti indiscriminati. Durante la notte Miriam a partorito un bel bimbo, inconsapevole del fatto che mentre lei si trovava in salo parto, un piano più in basso, all'obitorio era giunto anche il giovane marito. Alla fine persino le Nazioni Unite si sono accorte che qui a Gaza siamo come tutti immersi nello stesso catino, bersagli mobili per ogni cecchino. Siamo arrivati a quota 789 vittime, 3300 i feriti, 410 vertono in situazione critica, 230 i bambini uccisi, decine e decine i dispersi. Il computo delle vittime civile israeliane, fortunatamente, è fermo a quota 4. Per bocca di John Ging capo dell'Unrwa (Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi), le Nazioni Unite hanno annunciato di sospendere le loro attività umanitarie lungo la Striscia. Ho incrociato Ging negli uffici dell'agenzia di stampa Ramattan, e l'ho visto sdegnato agitare il suo indice accusatorio contro Israele dinnanzi alle telecamere. L'ONU cessa le sua attività a Gaza dopo che due dei suoi operatori sono stati uccisi ieri, beffa vuole durante le tre ore di una tregua che Israele ha annunciato e al suo solito non rispetta. "I civili di Gaza hanno a disposizione 3 ore al giorno per cercare di sopravvivere, i soldati israeliani le restanti 21 per cercare di sterminarli" ho sentito Ging dichiarare a due passi da me. Da Gerusalemme mi scrive Yasmine, moglie di uno dei numerosi giornalisti in fila al valico di Erez, giornalisti ai quali per chissà perchè Israele non concede il lasciapassare per venire qui a filmare e a raccontare l'immane catastrofe innaturale che da tredici giorni ha colpito. Queste le sue parole: "L’altro ieri sono andata a vedere Gaza dal di fuori. I giornalisti del mondo sono tutti ammucchiati su una collinetta di sabbia a un paio di km dal confine. Decine di telecamere che puntano verso di voi. Aeri che ci sorvolano, si sentono ma non si vedono, sembrano solo illusioni mentali finché non si vede il fumo nero salire all’ orizzonte, Gaza. La collina e’ diventata anche meta turistica per gli Israeliani di zona. Con grandi binocoli e macchine fotografiche vengono a vedere i bombardamenti dal vivo."

Vittorio Arrigoni blog
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Mentre sto trascrivendo in fretta e furia questa mia corrispondenza una bomba cade nel palazzo a fianco a quello in cui mi trovo. I vetri tremano, le orecchie dolgono, mi affaccio dalla finestre e vedo che hanno colpito l'edificio dove sono raccolti i principali media arabi. E' uno dei palazzi più alti di tutta Gaza city, l'Al Jaawhara building. Sul tetto tengono fissi una troupe con una telecamera, li vedo ora contorcersi tutti a terra, agitare le braccia invocando aiuto, avvolti da una cappa nera di fumo. Paramedici e giornalisti, le professioni più eroiche in questo spicchio di mondo. All'ospedale Al Shifa ieri sono andato a trovare Tamim, reporter sopravvissuto ad un bombardamento aereo. Mi ha spiegato come secondo lui Israele sta adottando le stesse identiche tecniche terroristiche di Al Al-Qaeda, bombarda un edificio, attende l'arrivo dei giornalisti e dei soccorsi, quindi fa cadere un'altra bomba che fa strage di quest'ultimi. Per questo motivo a suo avviso si sono registrate molte vittime fra i paramedici e i reporters, gli infermieri attorno al suo letto facevano cenni di consenso. Tamim mi ha mostrando sorridendo, i suoi moncherini. Ha perso le gambe, ma è felice d' essersela cavata, il suo collega Mohammed è morto con in mano la macchina fotografica, la secondo esplosione lo ha ucciso. Nel frattempo mi sono informato sulla bomba appena caduta nel palazzo qui vicino, sono rimasti feriti due giornalisti, entrambi palestinesi, uno di Libyan tv l'altro di Dubai tv. Giusto un altro sonoro avvertimento da chi esige che questo massacro di vittime civili non venga in alcun modo raccontato. Non mi resta che augurarmi che nel quartier generale dei vertici militari israeliani non si legga Il Manifesto, ne vi siano affezionati visitatori del mio blog.
Restiamo umani.
Vik

daniela -k.d.- - 2009/1/11 - 19:10




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