Ma perché mai
parlar di pace
voi lo sapete
del freddo e dei figli
e il costo di
scarpe e vestiti
e il ritmo del
vostro martello.
Per cercar voi
canto bandiere
le nostre idee
e il mondo nostro
e ho perso il
sapore dei campi
e delle piccole
cose di tutti.
Perché mai parlarvi di pace
noi sappiamo del freddo e dei figli
e del costo di scarpe e vestiti
e del ritmo del nostro martello.
Perché mai parlarvi del Vietnam
noi l'abbiamo scolpito sui volti
e sul giallo dei nostri salari
affamati dal tempo ridotto.
Perché mai parlarvi di Nixon
noi l'abbiamo in ogni padrone
denti bianchi paterno sorriso
e l'insulto della sua pietà.
E una sera ai cancelli per capire
colle cento e le mille e più voci
e le grida «Marelli» e «Vietnam»
e la pace cantata da noi.
Questa pace cantata da noi
oggi è grido di vera violenza
no ai burocrati in buona coscienza
no agli Agnelli ai Nixon ai padroni.
Perché mai parlarci di pace
se ogni giorno si vive alla guerra
se per un poliziotto per terra
sono mille i morti per noi.
Perché mai parlarci di pace
Perché mai parlarci di pace
Perché mai parlarci di pace.
parlar di pace
voi lo sapete
del freddo e dei figli
e il costo di
scarpe e vestiti
e il ritmo del
vostro martello.
Per cercar voi
canto bandiere
le nostre idee
e il mondo nostro
e ho perso il
sapore dei campi
e delle piccole
cose di tutti.
Perché mai parlarvi di pace
noi sappiamo del freddo e dei figli
e del costo di scarpe e vestiti
e del ritmo del nostro martello.
Perché mai parlarvi del Vietnam
noi l'abbiamo scolpito sui volti
e sul giallo dei nostri salari
affamati dal tempo ridotto.
Perché mai parlarvi di Nixon
noi l'abbiamo in ogni padrone
denti bianchi paterno sorriso
e l'insulto della sua pietà.
E una sera ai cancelli per capire
colle cento e le mille e più voci
e le grida «Marelli» e «Vietnam»
e la pace cantata da noi.
Questa pace cantata da noi
oggi è grido di vera violenza
no ai burocrati in buona coscienza
no agli Agnelli ai Nixon ai padroni.
Perché mai parlarci di pace
se ogni giorno si vive alla guerra
se per un poliziotto per terra
sono mille i morti per noi.
Perché mai parlarci di pace
Perché mai parlarci di pace
Perché mai parlarci di pace.
Contributed by Riccardo Venturi
Language: Italian
Versione alternativa:
PERCHÉ MAI PARLARCI DI PACE?
Ma perché mai
parlar di pace
voi lo sapete
del freddo e dei figli
e il costo di
scarpe e vestiti
e il ritmo del
vostro martello.
Perché mai parlarvi di pace
voi sapete del freddo e dei figli
ed il costo di scarpe e vestiti
ed il ritmo del nostro martello.
Perché mai parlarvi del Vietnam
voi l'avete scolpito sui volti
nelle truffe dei vostri salari
concordati sul vostro lavoro.
Perché mai parlarvi di Nixon
voi l'avete in ogni padrone
denti bianchi fraterno sorriso
e l'insulto della sua pietà.
E la scelta è il cancello per capire
con le cento e le mille e più voci
e le grida «Agnelli» e «Vietnam»
e la pace cantata da voi.
Questa pace cantata da voi
oggi è grido di vera violenza
agli Ingrao di buona coscienza
ai Novella ai Pirelli ai padroni.
Perché mai parlarci di pace
se ogni giorno si vive alla guerra
se per uno di loro per terra
sono mille i morti per noi.
Perché mai parlarci di pace
Perché mai parlarci di pace
Perché mai parlarci di pace.
Ma perché mai
parlar di pace
voi lo sapete
del freddo e dei figli
e il costo di
scarpe e vestiti
e il ritmo del
vostro martello.
Perché mai parlarvi di pace
voi sapete del freddo e dei figli
ed il costo di scarpe e vestiti
ed il ritmo del nostro martello.
Perché mai parlarvi del Vietnam
voi l'avete scolpito sui volti
nelle truffe dei vostri salari
concordati sul vostro lavoro.
Perché mai parlarvi di Nixon
voi l'avete in ogni padrone
denti bianchi fraterno sorriso
e l'insulto della sua pietà.
E la scelta è il cancello per capire
con le cento e le mille e più voci
e le grida «Agnelli» e «Vietnam»
e la pace cantata da voi.
Questa pace cantata da voi
oggi è grido di vera violenza
agli Ingrao di buona coscienza
ai Novella ai Pirelli ai padroni.
Perché mai parlarci di pace
se ogni giorno si vive alla guerra
se per uno di loro per terra
sono mille i morti per noi.
Perché mai parlarci di pace
Perché mai parlarci di pace
Perché mai parlarci di pace.
Contributed by CCG/AWS Staff - 2009/4/22 - 23:18
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[1969]
Testo e musica di Ivan della Mea
Lyrics and music by Ivan della Mea
Il 15 febbraio 2003, quando in tutte le principali città del mondo si svolsero enormi manifestazioni "per la pace", io abitavo in una piccola città del nord della Francia. Si chiama Valenciennes, e si trova al centro di una zona molto difficile socialmente (ex bacino minerario con tassi di disoccupazione altissimi), e molto violenta.
Quel giorno, mi ricordo, avevo una gran voglia di essere altrove. A Roma, a Parigi, a Sydney, a Atene; dovunque ci fosse una di quelle grandissime manifestazioni popolari. Vivere in un posto come quello non era facile, era da una parte una guerra quotidiana con delle miserie inimmaginabili nel centro dell' "Europa" e, dall'altra, come sentirsi fuori dal mondo. Vi ricordate la canzoncina "L'ombelico del mondo"? Quello era il buco del culo del mondo.
Così, saputo per caso che anche a Valenciennes era stata organizzata una manifestazione (da una radio locale), in mancanza d'altro presi l'autobus e andai. Mi ritrovai in una piazza neanche centrale, in mezzo ad altre sessantasette persone. Avete capito, specialmente voi che eravate alle oceaniche manifestazioni di quel giorno: sessantasette.
Tutte intabarrate alla bell'e meglio, perché nevicava come dio la mandava. Non una parola, e degli sguardi torvi, incazzati, neri. Solo un signore abbastanza anziano berciava: "Moi, moi je l'ai faite, la guerre de merde, moi je la connais, bande de connards, enfoirés, fils de pute." Una signora, anche lei anziana, srotola uno striscione; dietro, dei poliziotti infreddoliti anche loro.
Neanche una bandiera, né di partiti, né di gruppi, né "della pace". Solo quello striscione fatto a mano, con scritto "NON A LA GUERRE".
Solo quello.
Perché quella piccola, insignificante manifestazione in una cittadina dimenticata, nel giorno delle strabordanti manifestazioni "per la pace", quella era una manifestazione contro la guerra. Sessantasette persone incazzate nere, tutte con la loro storia.
E l'incazzatura venne fuori.
Faccio presente che non c'erano "black blockers", ma pensionati. Non c'erano "tute bianche", ma impiegate. Non c'erano "no global", ma lavoratori.
E si sfilò per le strade di Valenciennes, quel sabato gelido, gridando rabbia e guardati da alcuno come se si venisse dalla luna.
Qualcun altro, invece, si aggregò alla manifestazione.
Partiti in sessantasette, e arrivati in duecentoventotto.
Nessun problema di interpretazione delle cifre. Bastava contarsi.
Il pacifismo è una bella cosa. La pace, ancora migliore.
Ma è stato quel giorno che ho capito definitivamente di non essere un "pacifista", e di non volere la pace terrificante che ci stanno propinando lorsignori, screditandone il valore. Avete presente cosa ci dicono? "Missioni di pace". "Soldati di pace". Ovunque, c'infilano la loro pace. Io quella loro pace non la voglio. Io sono contro la loro guerra e le loro guerre. Ad esse mi rapporto, non ad un "pacifismo" fatto di bandierine alle finestre, che son tanto belline, ma che servono in troppi casi a tacitare le coscienze.
Penso soltanto a manifestazioni di diecimila persone incazzate.
Diecimila, cinquantamila, centomila, un milione. Non importa averci "un altro Vietnam" per incazzarsi, compagni. Non ce ne sono abbastanza cose, per incazzarsi come delle bestie?
Perchè è questo il punto. Tornare, finalmente, a incazzarsi sul serio.
Basta con le belle parole, basta con la correttezza, basta con il moderatismo. Lo vedete o no che gente abbiamo davanti? Lo vedete?
Per il resto, va bene ogni cosa. Compreso starsene al computer a creare reti di informazione alternativa o controinformazione, cosa di cui c'è senz'altro bisogno come il pane. Compreso starsene al pc, in mancanza d'altro, a cercare comunque di creare e mandare avanti un'opposizione, un contrasto dal basso spesso ben più "reale" di quello mediato da partiti ipocriti e da politici che non rappresentano oramai più niente e nessuno.
Abbiamo perso la coscienza e la capacità di essere pericolosi.
Essere pericolosi significa in primis assumersi sempre, in ogni circostanza, le proprie responsabilità. Per le azioni e per le parole, parole che dovrebbero sempre corrispondere ad azioni.
Abbiamo perso la coscienza e la capacità di incidere sugli avvenimenti. Preferiamo sempre farci delegare, anche nei momenti in cui potremmo e dovremmo esprimerci liberamente. E giù sotto "bandiere", che sono solo dei pezzacci di stoffa. L'unica vera bandiera siamo noi stessi. Con la nostra vita e la nostra forza.
E allora, "perché mai parlare di pace"?
È il momento di ricominciare a scendere in piazza in centomila alla volta, e di tornare a mettere paura a tutta la merda che ci circonda. È il momento di tornare a considerare che, se volessimo, avremmo la possibilità di spazzarla via, quella merda. O, perlomeno, di provarci.
Non esiste nessuna vera pace che provenga dall'alto.
Quella pace è solo una forma più subdola, e forse anche più ripugnante, della guerra.
La loro guerra e la loro pace sono fatte della stessa materia.
Una vera pace significa agire in modo non fraintendibile perché tutto ciò possa cambiare.
Riprendiamoci la nostra vita, la nostra storia e la voglia di lottare.
Riccardo Venturi, 23 settembre 2004