Długie zmęczone szeregi pasiaków,
Długie godziny wystane na placu
Tam ból i lęk i trwoga,
Tam płacz i szept do Boga
Tam w ciszy serca wołanie:
Od złego wybaw nas Panie
Zbrodniczy palec na śmierć skazuje
Numer wskazany na listę wpisuje
Tam ból i lęk i trwoga …
Do stóp nieludzkich żebrząc upada
Numer, któremu pisana zagłada
I chociaż prosi jak umie najbardziej
Poddać się musi okrutnej pogardzie.
Tam ból i lęk i trwoga …
W nieludzkim świecie człowiek podchodzi
O coś poprosił, na coś się zgodził
Za numer, numer musi być
Matematyka ilości
On ocalił brata równaniem miłości
Gdzie ból i lęk i trwoga …
Długie godziny wystane na placu
Tam ból i lęk i trwoga,
Tam płacz i szept do Boga
Tam w ciszy serca wołanie:
Od złego wybaw nas Panie
Zbrodniczy palec na śmierć skazuje
Numer wskazany na listę wpisuje
Tam ból i lęk i trwoga …
Do stóp nieludzkich żebrząc upada
Numer, któremu pisana zagłada
I chociaż prosi jak umie najbardziej
Poddać się musi okrutnej pogardzie.
Tam ból i lęk i trwoga …
W nieludzkim świecie człowiek podchodzi
O coś poprosił, na coś się zgodził
Za numer, numer musi być
Matematyka ilości
On ocalił brata równaniem miłości
Gdzie ból i lęk i trwoga …
Contributed by Dq82 - 2025/12/6 - 19:21
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Pokój
Massimiliano Maria Kolbe, al secolo Rajmund Kolbe (Zduńska Wola, 8 gennaio 1894 – Auschwitz, 14 agosto 1941), è stato un presbitero e francescano polacco, venerato come santo dalla Chiesa cattolica.
Nel 1927 iniziò a costruire dal nulla un’intera città a circa 40 km da Varsavia. Ne parlava come di una futura seconda Varsavia. Chiamò la città “Niepokalanow”: città dell’Immacolata. Dopo una decina di anni o poco più a Niepokalanow vivevano 762 religiosi.
Dopoun periodo in Giappone tornò in Polonia. Durante la seconda guerra mondiale, il monastero ha fornito rifugio per molti soldati, feriti nella campagna di Polonia del 1939, e anche per i rifugiati (ad esempio, a circa 1.500 profughi ebrei provenienti dalla Polonia occidentale). Massimiliano Kolbe, nonostante il padre fosse tedesco, rifiutò l'opzione per la cittadinanza germanica.
Fu arrestato una prima volta assieme ad alcuni suoi frati. In un primo tempo là Città dell’Immacolata fu adibita a ospedale con un ufficio della Croce Rossa. Pian piano si riempiva di rifugiati e di scampati, accolse 2000 espulsi dalla Polonia e alcune centinaia di ebrei. dopo essere stato liberato fu arrestato una seconda volta
Il 28 maggio 1941 Kolbe giunse nel campo di concentramento di Auschwitz, dove venne immatricolato con il numero 16670 e addetto a lavori umilianti come il trasporto dei cadaveri. Venne più volte bastonato, ma non rinunciò a dimostrarsi solidale nei confronti dei compagni di prigionia. Nonostante fosse vietato, Kolbe in segreto celebrò due volte una messa e continuò il suo impegno come presbitero.
Alla fine del mese di luglio dello stesso anno venne trasferito al Blocco 14 e impiegato nei lavori di mietitura. La fuga di uno dei prigionieri causò una rappresaglia da parte dei nazisti, che selezionarono dieci persone della stessa baracca per farle morire nel cosiddetto bunker della fame. Uno di loro, il polacco Franciszek Gajowniczek, scoppiò in lacrime dicendo di avere una famiglia a casa che lo aspettava: Kolbe allora uscì dalle file dei prigionieri e si offrì di morire al suo posto. In modo del tutto inaspettato, lo scambio venne concesso: i campi di concentramento erano infatti concepiti per spezzare ogni legame affettivo e i gesti di solidarietà non erano accolti con favore.
Kolbe venne quindi rinchiuso nel bunker del Blocco 11. Dopo due settimane di agonia senza acqua né cibo la maggioranza dei condannati era morta di stenti, ma quattro di loro, tra cui Kolbe, erano ancora vivi e continuavano a pregare e cantare inni a Maria. La calma professata dal sacerdote impressionò le SS addette alla guardia, per le quali assistere a questa agonia si rivelò scioccante[15]. Kolbe e i suoi compagni vennero quindi uccisi il 14 agosto 1941, vigilia della Festa dell'Assunzione di Maria, con una iniezione di acido fenico. I loro corpi vennero cremati il giorno seguente e le ceneri disperse.
Secondo la testimonianza di Gajowniczek, Padre Kolbe disse a Hans Bock, il delinquente comune nominato capoblocco dell'infermeria dei detenuti, incaricato di effettuare l'iniezione mortale nel braccio: «Lei non ha capito nulla della vita...» e mentre questi lo guardava con fare interrogativo, soggiunse: «...l'odio non serve a niente... Solo l'amore crea!». Le sue ultime parole, porgendo il braccio, furono: «Ave Maria». Fu lo stesso tenente medico nazista a raccontare dopo alcuni anni questo fatto, che fu messo agli atti del processo di canonizzazione. L'espressione "Solo l'amore crea" fu ricordata più volte da Paolo VI nel 1971 in occasione della beatificazione di Kolbe.
Franciszek Gajowniczek riuscì a sopravvivere ad Auschwitz. Tornato a casa, trovò sua moglie viva, ma i suoi due figli erano rimasti uccisi durante un bombardamento russo. Morì nel 1995.