Ho lasciato Lima alle nove di un mattino,
tra l'immensità dell'acqua e del cielo,
Era ancora il trentaquattro, la vertigine industriale,
Per chi cerca il proprio posto al banchetto sociale,
Dove il clero è per la rivoluzione ma conserva il potere,
Tiene in vita i pregiudizi dei popoli dell'America.
Se un Gesù spezza il pane ogni anno, ti accorgi dell'inganno,
Sotto il tavolo c'è sempre un bambino, dentro l'anfora ci versa il vino,
Arriverà quel giorno, l'alluvione degli anni,
Per i popoli uniti nel vessillo del lavoro,
Che considereranno marchio d'infamia la croce,
Ogni decorazione di cui li fregia il padrone.
Io voglio essere utile, se non posso essere felice,
Per gli operai e i reietti, per chi non conosce pace,
Per ogni donna come me, proletariato dei proletari,
Che non vuol più sopportare.
Ora c'è già chi ha bruciato, nella pubblica piazza,
Il mio libro e il mio cuore,
Ma ho attraversato gli oceani ed ho varcato le Ande,
Tra i socialisti utopisti e chi non ha più speranze,
Poi un marito violento mi ha affidato il ricordo,
E una pallottola in petto di un tempo balordo.
Quando abbracciavo gli oceani, accarezzavo le Ande,
C'era una scheggia fiorita in giorni aspri di sangue,
Ed un capestro lo Stato la bieca espressione,
Già una colonna spezzata portava il mio nome,
La diseredazione è la mia nuova realtà,
Il punto di partenza, la presa di coscienza che,
Mai più ci lascerà.
Ma ho perduto Lima nel commiato di un mattino,
Per la libertà, per un libero pensiero,
Se sangue del mio sangue qui crescerà,
Certo ora non immagino che,
Sarà senza patria come me,
Sarà un uomo, sarà Paul Gauguin.
Io voglio essere utile, se non posso essere felice,
Per gli operai e i reietti, per chi non conosce pace,
Per ogni donna come me, proletariato dei proletari,
Che non vuol più sopportare.
Arriverà quel mondo di coscienze tranquille
e intelligenze inquiete e diritti universali
che considereranno marchio d'infamia la croce
dell'eterna oppressione di cui si vanta il padrone.
tra l'immensità dell'acqua e del cielo,
Era ancora il trentaquattro, la vertigine industriale,
Per chi cerca il proprio posto al banchetto sociale,
Dove il clero è per la rivoluzione ma conserva il potere,
Tiene in vita i pregiudizi dei popoli dell'America.
Se un Gesù spezza il pane ogni anno, ti accorgi dell'inganno,
Sotto il tavolo c'è sempre un bambino, dentro l'anfora ci versa il vino,
Arriverà quel giorno, l'alluvione degli anni,
Per i popoli uniti nel vessillo del lavoro,
Che considereranno marchio d'infamia la croce,
Ogni decorazione di cui li fregia il padrone.
Io voglio essere utile, se non posso essere felice,
Per gli operai e i reietti, per chi non conosce pace,
Per ogni donna come me, proletariato dei proletari,
Che non vuol più sopportare.
Ora c'è già chi ha bruciato, nella pubblica piazza,
Il mio libro e il mio cuore,
Ma ho attraversato gli oceani ed ho varcato le Ande,
Tra i socialisti utopisti e chi non ha più speranze,
Poi un marito violento mi ha affidato il ricordo,
E una pallottola in petto di un tempo balordo.
Quando abbracciavo gli oceani, accarezzavo le Ande,
C'era una scheggia fiorita in giorni aspri di sangue,
Ed un capestro lo Stato la bieca espressione,
Già una colonna spezzata portava il mio nome,
La diseredazione è la mia nuova realtà,
Il punto di partenza, la presa di coscienza che,
Mai più ci lascerà.
Ma ho perduto Lima nel commiato di un mattino,
Per la libertà, per un libero pensiero,
Se sangue del mio sangue qui crescerà,
Certo ora non immagino che,
Sarà senza patria come me,
Sarà un uomo, sarà Paul Gauguin.
Io voglio essere utile, se non posso essere felice,
Per gli operai e i reietti, per chi non conosce pace,
Per ogni donna come me, proletariato dei proletari,
Che non vuol più sopportare.
Arriverà quel mondo di coscienze tranquille
e intelligenze inquiete e diritti universali
che considereranno marchio d'infamia la croce
dell'eterna oppressione di cui si vanta il padrone.
envoyé par Dq82 - 10/6/2025 - 19:17
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Zero moltiplica tutto
L’odissea personale della scrittrice Flora Tristan (nonna di Paul Gauguin), autrice di “Memorie e peregrinazioni di una paria”, uscito nel 1838. La sua breve vita fu dedita al tentativo di riorganizzazione pacifica della società, su linee di cooperazione che prevedessero l’emancipazione della donna e la parità tra i sessi, considerandoli prerequisiti essenziali per la liberazione della classe lavoratrice e per il raggiungimento di una società armoniosa.
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“Flora Tristan” sgocciola dall’arpeggiare del pianoforte, ingrossato dalle linee della chitarra acustica e dai cortocircuiti elettrici intessuti dall’altra.
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