Non è Hurricane, né Rocky contro Drago
né Million Dollar Baby o Toro scatenato
questa è la storia di un pugile impigliato
tra pezzi di memoria e filo spinato.
Nato “zingaro da sterilizzare”
la danza dei guantoni faceva innamorare
esplose ad Hannover la mia fama di campione
per tutti Rukelie – l’albero – era il mio nome.
Noi sinti siamo come fiori
ci possono strappare
o lasciare a seccare
ma vivi di colori sempre
noi sinti non possiamo
che ritornare
Misi al tappeto anche Adolf Witt l’ariano
la federazione rese quel trionfo vano
m’impose la sconfitta nell’incontro successivo
poi la deportazione mi rese inoffensivo.
La loro derisione col mio orgoglio si scontrò
nel campo quella sera fu per tutti il kappaò
nemmeno il rimorso potè accorgersi di me
fui massacrato al buio nell’inverno del ‘43.
Noi sinti siamo come fiori
ci possono strappare o lasciare a seccare
ma vivi di colori sempre
noi sinti non possiamo
che ritornare.
Potessi riannodare i giorni
li intreccerei alle corde di un’altalena
che fluttua in aria a perdifiato
tra l’alba e il naufragare
dell’infinito.
Potessi leggerti nel cuore
le curve tortuose che fa la distanza
le scioglierei nel grande boulevard
che taglia i confini
della somiglianza.
né Million Dollar Baby o Toro scatenato
questa è la storia di un pugile impigliato
tra pezzi di memoria e filo spinato.
Nato “zingaro da sterilizzare”
la danza dei guantoni faceva innamorare
esplose ad Hannover la mia fama di campione
per tutti Rukelie – l’albero – era il mio nome.
Noi sinti siamo come fiori
ci possono strappare
o lasciare a seccare
ma vivi di colori sempre
noi sinti non possiamo
che ritornare
Misi al tappeto anche Adolf Witt l’ariano
la federazione rese quel trionfo vano
m’impose la sconfitta nell’incontro successivo
poi la deportazione mi rese inoffensivo.
La loro derisione col mio orgoglio si scontrò
nel campo quella sera fu per tutti il kappaò
nemmeno il rimorso potè accorgersi di me
fui massacrato al buio nell’inverno del ‘43.
Noi sinti siamo come fiori
ci possono strappare o lasciare a seccare
ma vivi di colori sempre
noi sinti non possiamo
che ritornare.
Potessi riannodare i giorni
li intreccerei alle corde di un’altalena
che fluttua in aria a perdifiato
tra l’alba e il naufragare
dell’infinito.
Potessi leggerti nel cuore
le curve tortuose che fa la distanza
le scioglierei nel grande boulevard
che taglia i confini
della somiglianza.
Contributed by Dq82 - 2025/1/27 - 21:23
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Canti notturni
Il suo nome di battesimo era Johann Trollmann ma la sua prestanza fisica gli valse il soprannome con cui divenne celebre: Rukelie (dal romanì “ruk”, albero).
Ben prima del più noto Alì, inventò la tecnica della danza sul ring, che contribuì, da un lato, a renderlo un autentico divo tra le donne, dall’altro, ad accrescere la sua fama di campione, al punto che per Rukelie giunse presto il momento di sfidare per il titolo l’”ariano” Adolf Witt.
A Rukelie bastarono poche riprese per sfiancare Witt ma quella sera tra il pubblico c’era il gerarca nazista Georg Radamm, presidente dell’associazione dei pugili tedeschi, che interruppe l’incontro con una scusa, pur di non subire l’affronto di dover incoronare uno “zingaro”.
Il pubblico tedesco incredibilmente protestò ed invase il ring, portando in trionfo Rukelie, che scoppiò in un incontenibile pianto di gioia.
Ma la federazione non poteva tollerare che la corona fosse in mano ad uno “zingaro”, per cui con un comunicato ufficiale tolse il titolo a Rukelie, sostenendo che le lacrime non erano degne di uno sport come la boxe (peraltro tra i preferiti di Hitler in persona).
Prima del successivo incontro per il titolo tra Eder e Rukelie, i dirigenti nazisti convocarono l’”albero” e gli ordinarono di restare fermo al centro del ring, a guardia sempre bassa. Insomma, la sconfitta era annunciata e Rukelie si adeguò a quella farsa, presentandosi sul ring cosparso di farina e con i capelli tinti di biondo. Dopo qualche round cadde al tappeto sotto i colpi incessanti di Eder, in una nuvola bianca che inghiottì per sempre la sua carriera.
Da quel momento, Rukelie fu costretto a combattere nelle fiere di paese, per poter mantenere la sua famiglia, da cui però dopo pochi anni venne separato, per essere prima sterilizzato e poi deportato nel campo di concentramento di Neuengamme.
Qui fu riconosciuto da un ex arbitro di boxe e fu costretto ogni sera, dopo stremanti turni di lavori forzati, ad affrontare in combattimento, uno dopo l’altro, gli uomini delle SS, che avevano gioco facile di un ex campione umiliato nel fisico e nell’anima.
L’ultima sera della sua vita Rukelie gonfiò il petto d’orgoglio, armò i pugni di rabbia disperata e mise ko il kapò del campo.
Mentre rientrava nella sua baracca dormitorio, fu raggiunto da alcune SS mandate per vendetta dal kapò, che lo massacrarono di botte.
…eppure noi non vogliamo convincerci che quell’uomo che durante tutta la sua vita non aveva mai smesso di combattere eroicamente, sopra e sotto al ring, sia morto quella notte.