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The Negro's Complaint [Old Hundredth]

Thomas Cooper
Langue: anglais


Thomas Cooper

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Album: Songs of Slavery & Emancipation



John Lovell ( 1907-1974), professore di Letteratura inglese, scrisse un libro sulla musica afro-americana , una pietra miliare nel genere. Una tesi centrale nella sua opera è che negli spirituals è presente una forte carica simbolica di rivolta che Lowell analizza sistematicamente. Chi fosse interessato a consultare il suo saggio Black Song: The Forge and the Flame può farlo attraverso Internet Archive per una buona parte della pubblicazione.
A pag. 106 troviamo il seguente commento che riguarda la canzone proposta:

The Reverend Thomas Cooper ca. 1775—ca. 1823), who had dozens of trying experiences with slave stealers after he broke free, was more militant in his hymn writing. He preached in the Northern United States, in England, and in Africa. His book, The African Pilgrim's Hymns (1820), partly composed and partly collected, contained 372 hymns; many of them are reminiscent of the most radical of the spirituals. He made the collection for the use of congregations in London and Africa.
In one hymn, called "The Negro's Complaint," set to the air of "Old Hundred."[…] [segue il testo dell’inno qui proposto] […]Others of Cooper's hymns, like the black spirituals, use the battle of Jericho, and the characters of such as Gideon and David with pointed and telling effect in singing the need to "fight on."


Schiavitù di oggi.

Siamo abituati a pensare che la schiavitù sia stata debellata, bandita dal diritto internazionale. La realtà è lontana dal l’immaginario collettivo. La schiavitù, le schiavitù non sono state cancellate, hanno cambiato pelle. Riteniamo illuminante ciò che si legge in un articolo di Mauro Armanino, osservatore acuto e testimone della realtà subsahariana e in particolare dei fenomeni sociali nel Niger. Segue il testo integrale scaricabile da Schiavitù volontarie e fragili liberazioni

La schiavitù, processo nel quale la persona è espropriata della sua umana dignità, non è affatto terminata. Difficile dimenticare la tratta atlantica di milioni di schiavi preceduta e accompagnata dal quella dei mari orientali attraverso le piste carovaniere del deserto.
In questo ambito Paesi ‘cristiani’ e ‘musulmani’ hanno utilizzato entrambi la schiavitù come sistema economico e sociale, mare Mediterraneao compreso. La tratta degli schiavi ha saputo adattarsi e prosperare nelle mutevoli contingenze storiche senza nulla perdere della sua cinica strategia di annientamento.
In Africa Occidentale la pratica della schiavitù si riproduce in vari Paesi a seconda dei gruppi etnici, dei rapporti di potere culturale, economico e politico. Per ogni epoca le sue ‘compatibili’ schiavitù.

Nella notte del 22 al 23 agosto del 1791 iniziò l’insurrezione nell’isola di Santo Domingo, oggi Repubblica di Haiti, che avrebbe giocato un ruolo determinante nell’abolizione della tratta atlantica degli schiavi. Ed è in questo contesto che la giornata internazionale della memoria della tratta degli schiavi e della sua abolizione è commemorata ogni anno il 23 agosto.

Detta celebrazione vuole inscrivere questa tragedia nella memoria collettiva dei popoli col progetto interculturale ‘Le Strade delle persone ridotte in schiavitù’. Alcuni luoghi della costa atlantica, come la ‘ Porta del non- ritorno’ di Ouidah nel Bénin e quella dell’isola di Gorea in Senegal, sono emblematici. Le porte di ‘non-ritorno’ si sono oggi moltiplicate perché la mercificazione delle persone si è, col tempo, perfezionata.

Tutto, proprio tutto, è stato gradualmente trasformato in mercanzia. Il tempo, le frontiere, il corpo umano, la sessualità, il lavoro e la vita stessa fin dal suo scaturire nel grembo materno. Dalle nostre parti si assiste all’arruolamento di bambini nei gruppi armati, lo sfruttamento degli stessi nelle miniere e nelle piantagioni per sfociare infine nella mendicità, la prostituzione e il lavoro domiciliare.
D’altra parte è bene non dimenticare che, nel Sahel, la prima e grande schiavitù è la miseria. La sua figlia naturale sono le carestie che si riproducono con paziente regolarità e coinvolgono, secondo le ultime statistiche della ‘Alliance Sahel’, almeno 38 milioni di persone. Quanto accade in Libia coi migranti che sono da tempo detenuti, imprigionati, sfruttati e,spesso, violentati, è storia ben nota.

Quanto alla schiavitù mentale, fonte e culmine di tutte le servitù elencate, essa inizia il giorno nel quale si accetta, spesso con inconscia gratitudine, la propria schiavitù. Senza sudditi sinceri, fedeli e consenzienti nessuna schiavitù e nessun tiranno potrebbe esercitare il suo potere di dominazione.
Ricordava infatti Etienne de la Boétie… ’Sono dunque i popoli stessi a lasciarsi o per dire meglio a farsi maltrattare, sarebbero salvi solo se smettessero di servire. È il popolo che si fa servo e si taglia la gola; che, potendo scegliere fra essere soggetto o essere libero, rifiuta la libertà e sceglie il giogo, che accetta il suo male, anzi lo cerca’.

Nel Sahel i colpi di stato a ripetizione e l’avvilimento delle esperienze democratiche post indipendenza sono lo specchio dei nostri popoli.
Scrive ancora de la Boétie… non è forse evidente che i tiranni per imporsi hanno sempre cercato di abituare i popoli non solo ad ubbidire e servire ma anche a venerarli? .

Nessun cambiamento, trasformazione o autentica rivoluzione potrà cadere dall’alto di un’illuminata minoranza civile o militare. Le uniche ‘liberazioni’ possibili non possono che scaturire, nutrirsi e crescere a partire dalla debolezza e la fragilità dei poveri che, soli, hanno il segreto della quotidiana lotta per la resistenza.
Il primo passo sarà quello consigliato dall’autore citato Decidete una volta per tutte di non servire più, e sarete liberi! Vi chiedo …soltanto di smettere di sostenerlo e lo vedrete, come un colosso di cui si sia spezzata la base, crollare sotto il proprio peso e spezzarsi.

E’ questa la vera porta di non-ritorno.

Niamey, 23 agosto 2024


La musica é l’Old Hunfredth , inno del XVI secolo entrato a far parte della cultura calvinista , poi largamente diffuso tra le confessioni occidentali: Salterio ginevrino
[Riccardo Gullotta]
Great God dost thou from heav’n above
View all mankind with equal love?
Why dost thou hide thy face from slaves,
Confin’d by fate to serve the knaves?

When stole and bought from Africa,
Transported to America,
Like the brute beasts in market sold,
To stand the heat and feel the cold.

To stand the lash and feel the pain,
Expos’d to stormy snow and rain.
To work all day and half the night,
And rise before the morning light!…

Although our skin be black as jet,
Our hair be friz’d and noses flat,
Shall we for that no freedom have,
Until we find it in the grave.

Hath heav’n decreed that Negroes must,
By wicked men be ever curs’d
Nor e’er enjoy our lives like men,
But ever drag the gauling chain.

When will Jehovah hear our cries,
When will the sons of freedom rise,
When will for us a Moses stand,
And free us from a Pharaoh’s land.

envoyé par Riccardo Gullotta - 30/8/2024 - 00:37



Langue: italien

Traduzione italiana / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös
Riccardo Gullotta
LA LAMENTAZIONE DEL NEGRO

Gran Dio, dall’alto dei cieli
Guardi tutto l genere umano con uguale amore?
Perché nascondi il tuo volto agli schiavi,
Costretti dal destino a servire le canaglie?

Rapiti e comprati dall'Africa,
Trasportati in America,
Venduti al mercato come bestie brute,
A sopportare il caldo e patire il freddo.

A sopportare la frusta e provare il dolore,
Esposti alle tempeste di neve e alla pioggia.
A lavorare tutto il giorno e per metà della notte,
E alzarsi prima della luce del giorno!…

Sebbene la nostra pelle sia nera come l’onice,
I nostri capelli siano crespi e i nasi piatti,
Non avremo per questo libertà,
Finché non la troveremo nella tomba.

Il cielo ha stabilito che i negri debbano
essere sempre maledetti da gente malvagia
Né godere mai delle nostre vite come essere umani,
Ma trascinare sempre la catena che lega gli schiavi.

Quando Geova ascolterà le nostre grida,
Quando si solleveranno i figli della libertà,
Quando un Mosè si schiererà per noi ,
E ci farà liberi fuori dalla terra di un Faraone.

envoyé par Riccardo Gullotta - 30/8/2024 - 00:41




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