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A n'ammore sperduto

Canio Loguercio
Language: Neapolitan


Canio Loguercio

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'Ngazzate nire
(Napoli Centrale)
Lettera di un condannato
(#iosonomoka)


[2024]
Testo e musica / Lyrics and music / Paroles et musique / Sanat ja sävel:
Canio Loguercio



La canzone

La canzone è stata realizzata nel carcere femminile di Pozzuoli. Segue il commento dell’autore.
Le canzoni sono compagne di vita. Raccontano storie, dolori e speranze che sembrano appartenere ad ognuno di noi. Questo brano, dedicato a “un amore disperso”, ci porta in fondo al mare o in volo, in un altrove dove un giorno quell’amore potremmo forse ritrovarlo.
È un canto che scava nei versi di canzoni classiche napoletane e prefigura spazi di libertà intimi che solo una passione profonda ci può restituire.
Ho provato una grande emozione nel condividere questo sguardo sull’amore e sulla lontananza con alcune detenute del Carcere di Pozzuoli. Hanno reso intenso e reale un sentimento che, senza di loro, non avrei mai saputo descrivere con tale forza espressiva.
Ho chiesto inoltre a tre amiche, Eduarda Iscaro, Filomena D’Andrea Makardìa e Unaderosa, cantanti bravissime che masticano la tradizione con energia e forte senso della contemporaneità, di aggregarsi a noi in questo viaggio quasi onirico fra cielo e mare, vissuto dall’interno di un carcere.
Insieme abbiamo provato a immaginare di andare oltre quello spazio di reclusione dove abbiamo registrato il brano e poi girato il videoclip. [Canio Loguercio]

Di Canti, ballate e ipocondrie d’ammore, alla fine, colpisce la capacità di immaginare una canzone in dialetto sintonizzata sull’oggi, capace di parlare una lingua personale e intima tanto nelle parole quanto nei suoni. Non che sia una novità nella canzone italiana, naturalmente: ma la distanza siderale – tanto nei testi, quanto nelle musiche, quanto nella “confezione” complessiva del progetto – da ogni cliché “tradizionale”, mediterraneo o terzomondista è davvero un valore aggiunto, se si guarda a quello che succede intorno. [Jacopo Tomatis]


Né reietti né figuranti

Il 26 Luglio 2024 un detenuto si è impiccato a Rebibbia: è il 59° suicidio nel 2024 a cui occorre aggiungere 6 suicidi tra gli agenti di custodia. Occorre aggiungere anche un’altra cifra spesso sottaciuta: i morti per “altre cause”, cioè overdose, malattia, omicidio e “cause da accertare”, sono 69 dall’inizio dell’anno.
Il bilancio dei detenuti morti in carcere nell’arco di 30 anni, dal 1994 al 2023 è il seguente: suicidi 1617, morti per “altre cause” 2.690, in totale 4.307, un bollettino di guerra. Il tasso medio di sovraffollamento delle carceri italiane è oltre il 130%: in un terzo degli istituti di pena il sovraffollamento va oltre il 150%. Al S.Vittore di Milano il sovraffollamento è del 227 %, cioé cinque detenuti in uno spazio previsto per due.

Carcere di Regina Coeli: 1.100 detenuti per 628 posti. Sulla tristemente nota VII sezione Antigone scrive: “Le celle sono piccolissime ed ospitano 2 o 3 persone su un unico letto a castello; il wc ed il lavandino si trovano in una piccola stanza adiacente senza intimità. Le finestre sono più piccole che in altre sezioni e dotate di gelosie, il che non consente all'aria di circolare e riduce l'ingresso della luce naturale. In questi spazi così ristretti, le persone trascorrono circa 23 ore al giorno.

Da Agrigento: “Siamo tre detenute in cella. Il bidet viene usato sia per lavarci che per pulire le stoviglie. Le docce sono in comune e ne funziona solo una su due per 15 detenute in sezione. Siamo invase da blatte e formiche. Dal bidet fuoriescono i topi. I materassi sono pieni di muffa. Spesso e volentieri siamo senza acqua e luce. I ventilatori li abbiamo comprati a nostre spese”.

Ai tanti problemi si aggiunge la piaga della salute mentale con il ricorso alla chimica; la percezione dell’opinione pubblica in merito è scarsa. Il 18% della popolazione carceraria assume stabilizzatori del tono dell’umore, quali Carbolithium e Carbamazepina, antidepressivi, e antipsicotici quali Paliperidone, Apipipraziolo, Trazodone, Olanzapina . Sono psicofarmaci usati di norma per trattare i disturbi bipolari o i disturbi della personalità a tendenza aggressiva. Il 39% dei detenuti fa uso di farmaci ipnotico- sedativi, quali benzodiazepine e ansiolitici. Con queste proporzioni parlare di trattamenti medici specifici è, a nostro avviso, un modo per attenuare la realtà. Sarebbe invece corretto parlare di sedazione pianificata per sopperire a carenze strutturali e come prassi necessitata da scelte di indirizzo aberranti. Tutto si tiene: è il carcere é strumento di controllo sociale , motore di consenso attraverso l’inasprimento di misure securitarie e interventi divisivi.

Tra il 27 Giugno e il 18 Luglio sono scoppiate 11 rivolte a causa delle ondate di caldo.

Segue il testo della lettera che i Detenuti del carcere Canton Mombello hanno indirizzato il 17 Giugno 2024 al Garante , inoltrata in seguito al presidente Mattarella

Fa caldo, il sudore scivola sulla pelle e si appiccica con i vestiti addosso, sono madido e si sono ormai impregnati lenzuola e materasso, anch’essi di sudore come i miei panni e le nostre membra.
Si boccheggia, in cella, e l’acqua che ci trasciniamo dietro, dopo la tanto sofferta e agognata doccia, evaporando riempie d’umidità l’angusto luogo.
L’aria satura d’umidità, sudore, miasmi, la puoi tagliare con un coltello. In verità farlo è impossibile, i coltelli sono di plastica riciclata, e si rompono anche solo a guardarli.

Devo andare in bagno, ma é occupato, altri 15 sono in fila davanti a me. Un anziano di circa 74 anni ha il mio stesso problema: purtroppo per lui, e per noi, non fa in tempo a dire che gli occorre con urgenza il bagno. Ha una scarica di dissenteria, mentre dimenandosi cerca di alzarsi a fatica dalla branda con il materasso vecchissimo in gomma piuma.
In un attimo, lenzuola e materasso s’impregnano di liquame e urina, lui non sa come comportarsi, indifeso, imbarazzato, umiliato, impietrito, attonito. Piange, un uomo di 74 anni, i capelli radi e canuti, piange e si scusa, geme, si lamenta, impreca, bestemmia, chiede a Dio di morire.

La sua colpa è quella d’aver commesso un grave reato: bancarotta fraudolenta. I suoi carnefici sono fuori, si sono approfittati di lui, di un vecchio che a stento sa leggere e scrivere. L’hanno circuito e lui è qui, in questo piccolo inferno, devastato nel corpo, nella mente e nell’anima. Ma in fondo questo non è un nostro problema. Il nostro problema sono gli odori.
Il problema suo è uno della cella si sta alzando irritato, gridando qualcosa d’incomprensibile nella sua lingua. Probabilmente vuole mettergli le mani addosso: non lo fa per mera cattiveria, è lo stress, il caldo, gli odori insopportabili, il fatto che non parla la nostra stessa lingua e che non riesce a sentire la sua famiglia se non per dieci minuti a settimana. Stanco, arrabbiato, sofferente, come lo siamo tutti.
Qualcuno si alza per ragionarci, per calmarlo, ma subito l’aria s’infiamma, cominciano a volare parole grosse e i primi spintoni, per fortuna altri intervengono e si riesce a placare gli animi. Questa volta è andata bene, ma la situazione é sempre questa, e purtroppo non tutte le volte termina cosi.

In 15 e un solo bagno, un vero e proprio stabilimento balneare per germi e batteri; per loro è la condizione migliore, una festa, per noi forse un po’ meno. Questa combinazione è il cocktail perfetto per far insorgere discussioni, litigi e tutto quanto di brutto può conseguirne.
Oltretutto il cesso è una vecchia turca fatiscente con sopra un tubo dell’acqua per farsi la doccia, che d’estate scotta dannatamente, e d’inverno è maledettamente fredda.
A pochi centimetri, sempre nel bagno, cuciniamo i nostri pasti. Se è vero che quando tiri lo sciacquone le feci nebulizzate schizzano fino a 2 metri, allora cosa stiamo mangiando da anni? In fondo, però, è notevolmente migliore della sbobba che ci servono dal carrello.

In 15 è pressoché impossibile permanere in piedi in cella, figuriamoci seduti tutti al piccolo tavolino per mangiare, quindi facciamo a turno. Nei turni, con noi, si accodano cimici, scarafaggi e altre bestiacce, che non ne vogliono sapere di rispettare la fila.
Ben pensandoci, più che mancanza d’intimità, non stiamo forse parlando di una vera e propria violenza? Violentati, intimamente, mentalmente, moralmente, proprio in linea con l’articolo 27 della Costituzione.
Di persone non auto sufficienti in questo Istituto ce ne sono parecchie, si va dalle malattie psichiatriche più accentuate alla tossicodipendenza, e come visto sopra, alle malattie senili.

Il sovraffollamento in un carcere causa tutto questo, o meglio, in tutte le carceri di questo paese, non puoi aspettarti altro. E cosi, come soffriamo noi, allo stesso modo soffrono gli operatori che ci devono assistere, dagli agenti per la sicurezza al personale sanitario. E che dire di quelle migliaia di persone che in carcere ci sono finite, ma nulla avevano fatto per meritarlo? Tutte persone incrinate, inevitabilmente, irreparabilmente; una tristezza desolante e sconfinata, per i rei e non.

Tanti sono i suicidi in carcere, 44 in soli 5 mesi e mezzo dall’inizio dell’anno. Un gesto troppo estremo? Forse, ma è quello che viviamo qui che porta queste persone a compiere certi gesti, e qui di persone ce ne sono sicuramente troppe.
I gesti estremi accadono sempre vicino a noi, ti svegli una mattina e mestamente ti accorgi che nel bagno un tuo cancellino ha reso l’anima, oppure accade al vicino o al dirimpettaio. Aberrante.
Siamo sovraffollati, in condizioni che rasentano la disumanità, definite tortura dall’Unione Europea. Sopra lo abbiamo ben spiegato.

La domanda giusta da porsi è: come può funzionare il reinserimento? La cosi chiamata rieducazione? Come si possono svolgere i corsi organizzati? Non solo manca personale, sono concretamente assenti gli spazi. Sappiamo che alcuni di voi sono già venuti a vedere le nostre celle, ma viverci è molto diverso. Voi ci dovete credere, queste non sono lamentele, non vogliamo né impietosire né mendicare, né invocare clemenza, ma solo riportare quanto è vero e ahinoi terribile.
Sì, certo, alcuni di noi meritano di stare in carcere, hanno commesso reati. È altresì verosimile che questa mancanza pressoché totale di umanità nei confronti dei carcerati sia forse pari a commettere dei reati.

E’ giusto pagare per chi ha sbagliato, perché occorre rieducazione; è altresì vero che oggi, con questo sovraffollamento, le persone detenute vengono poco alla volta, girano dopo giorno, defraudate della loro umanità. E questa cosa deve fare paura, e fa concretamente spavento.
La violenza fatta a quell’anziano prima citato, non è simile a compiere un reato? E’ uno dei tanti è vero, ma quanti, quanti ce ne sono come lui? Non sono dei veri e propri reati, trattare le persone in questo modo, e non è forse vero che le condizioni in cui ci troviamo in carcere sono un costante incitamento al suicidio?
Non pensiamo sia edificante, ma umanamente avvilente per un agente di turno dover sciogliere un nodo che un detenuto esanime si è messo al collo ponendo fine alla sua esistenza.

Tutti possono sbagliare, ma il carcere deve essere impostato per rieducare, non per toglierci di mezzo. Non penso che lo Stato attuale sia uno Stato non improntato al dialogo, anzi! Proprio per questo possono nascere dal dialogo vere e proprie soluzioni.
Vedere qui oggi le Signorie Vostre per noi è fonte di speranza, voi ci rappresentate, indifferentemente dall’appartenenza politica, voi ci rappresentate come persone, come abitanti di questo Bel Paese, l’Italia.
Il problema carceri in Italia è grande, non è di sicuro il nostro fiore all’occhiello. In Europa ci rimproverano (2006-2013) per il nostro sistema carcerario. Perché quindi non provare ad ascoltare chi in carcere ci vive per immaginare possibili soluzioni?
Questo non vuol dire scendere a patti con nessuno, ma semplicemente sarebbe un atto di democrazia, un modo per riuscire a sistemare questo problema carceri, o perlomeno un punto da cui cominciare.

Da questo punto potrebbero nascere idee, e qui a Canton Mombello, il problema del sovraffollamento è eclatante, quindi perché non cominciare da qui?
Sarebbe bello che compiendo un atto di umanità il nostro Paese venisse visto in maniera diversa, in maniera positiva anche per il sistema carcerario oltre a tutto quello che di bello in Italia già c’è.

Leggendo i giornali abbiamo letto che alcuni considererebbero la concessione dei giorni in più di liberazione anticipata come un fallimento dello Stato. Noi ci chiediamo: “perché concedere dei giorni in più di liberazione anticipata a persone meritevoli sarebbe un fallimento?”
Abbiamo visto che non è facile essere meritevoli; sappiamo che solo chi ha fornito prova di partecipazione ad un percorso rieducativo e riabilitativo può beneficiare di detti giorni; abbiamo osservato come non sia semplice rientrare nelle maglie di questa rete. Quindi, davvero sarebbe un fallimento?
Personalmente crediamo che non si tratti per nulla di un fallimento, al contrario, sarebbe la concreta dimostrazione che lo Stato c’è, e ha vera volontà di cambiare le cose, di migliorare la vita a tutti i suoi cittadini, anche a quelli che hanno sbagliato, ma che comunque non sono esclusi.

Ad oggi, causa il sovraffollamento, il carcere non mette in condizioni nessuno di essere rieducato, e fa vivere pesanti condizioni anche ai suoi operatori. Come può funzionare un sistema che mette in avaria il suo stesso personale (da quello sanitario a quello educativo, fino agli agenti che con un giuramento si prodigano tutti i giorni in questo lavoro)?
Cosi come i detenuti vivono quotidianamente con il sovraffollamento, gli stessi operatori sono costretti a conviverci e a fare i conti con i problemi che causa. Tutti quanti sono messi a dura prova ogni giorno, e alla nostra sofferenza si somma la loro.
Chi vuole, cerca e si prodiga per la rieducazione, conscio dei propri errori, si ritrova a lottare per frequentare corsi che non possono esserci per tutti, poiché siamo davvero tanti.

Qui nessuno chiede alcuna misura di grazia, desideriamo solamente poter avere un percorso corretto, giusto, che ci consenta di migliorarci come persone. A cosa servirebbero i giorni aggiunti di liberazione anticipata se non a migliorare questo sistema?
Con la concessione di questi giorni, non solo si allevierebbe la sofferenza dei detenuti e degli operatori del carcere diminuendo sensibilmente il problema del sovraffollamento, ma s’incentiverebbe un sistema virtuoso che dà una speranza ai meritevoli.


Segue il testo di un’altrra lettera aperta scritta dai Detenuti Liberi di Regina Coeli datata 15 Luglio 2024.

Grazie per l’attenzione e per dare voce a chi, come noi, si ritrova schiacciato da questo sistema insano e inumano. Questi giorni sono molto faticosi per noi. Il caldo amplifica le sofferenze che già erano insopportabili.
Senza troppo girarci intorno, quello che vi chiediamo è di aiutarci, di rendere trasparenti questi muri, mostrando alla gente i crimini commessi da uno stato che, ipocrita, pretende il rispetto delle leggi che esso stesso vìola sistematicamente restando però impunito. Vorremmo che tutti e tutte riuscissero a capire che non c’è nulla di rieducativo nel carcere. Vorremmo che si superasse la solita narrazione della prigione che garantisce la sicurezza dei cittadini. È falso. Il carcere è criminale, criminoso e criminogeno.
Oggi in Italia vivono migliaia di persone (uomini, donne, ragazzini, perfino neonati con le loro mamme) chiuse come le bestie, in celle piccolissime nelle quali si boccheggia, buttate su brande di ferro con un foglio di gommapiuma lercia come materasso. Vivono chiuse senza servizi igienici adeguati, senza una doccia, senza un luogo sano nel quale cucinare.
Quando vedete le immagini in TV della solita rivolta o dell’ennesimo suicidio, dovete sapere che di carcere si soffre fino a diventare pazzi, di carcere ci si ammala, di carcere si muore. Fuori si vive un’immagine che, per quanto negativa, non riuscirà mai a rappresentare l’oscenità del carcere.
Qui a Regina Coeli abbiamo quasi raggiunto 1200 detenuti (a fronte di 680 posti ufficiali). Col sovraffollamento è saltato tutto: le educatrici non si vedono più, molte attività sono sospese, l’area sanitaria è totalmente inadeguata, con mesi di attesa per una visita. Anche la magistratura di sorveglianza è intasata al punto che non vengono nemmeno concessi i benefici di legge. Il vitto è disgustoso e comunque insufficiente. I lavoranti sono costretti a ridividere, i pezzetti di pollo per farli arrivare a tutti. Servono quasi ogni sera, con questo caldo, un brodo immangiabile fatto con gli avanzi dei pasti precedenti. E quando la cucina non ce la fa (sta erogando il doppio dei pasti) arrivano ranci ridicoli, con un uovo sodo o due fettine sottili di formaggio. Le persone più giovani muoiono di fame, quelle più anziane o più fragili si ammalano. L’acqua corrente è sempre più scarsa. Con quell’unico rigagnolo che c’è rimasto dobbiamo lavarci, cucinare, bere, ecc.
Oltre la metà di chi è rinchiuso qui dentro non ha soldi, quindi non si può permettere i pochi e costosi prodotti che siamo autorizzati ad acquistare dal fornitore monopolista. Così, una massa di almeno 600 persone, ogni giorno deve trovare il modo di rimediare il cibo, il sapone per lavarsi, perfino la carta igienica! (te ne danno un rotolo al mese, le guardie). Poi ci sono gli insetti che ti mangiano. Due sezioni sono piene di cimici e scabbia. I topi sono ovunque.
E poi ci sono quelle maledette gelosie. Guardate bene in carcere: le vedete? Quelle lastre di ferro nero montate davanti alle finestre delle celle. Illegali da molti anni ma mai rimosse per i costi dei lavori. Non fanno passare l’aria, non passa manco la luce. D’estate, quando ci batte il sole, si infuocano. Impazzisci. Cerchi di stare lontano da quella finestra bollente, ma la stanza è piccola, e al lato opposto c’è una porta blindata chiusa. Ti senti in trappola, appiccicato agli altri, tutti insofferenti. Ti fai aria con quello che trovi, ma l’aria è troppo calda. Intorno a te tutto è caldo, come un forno. Anche il cibo che compri si deteriora velocemente perché non c’è un frigo. È una tortura, e nient’altro. Lo stato tortura migliaia di persone. Non lo diciamo solo noi, ma le decine di sentenze della Corte Europea per i Diritti Umani.
Tra noi c’è chi reagisce con forza, sbatte sulla porta, cerca di uscire almeno nel corridoio. Chi invece si lascia andare e decide di imbottirsi di psicofarmaci, dormire e non pensare (quasi il 40% dei detenuti), chi urla, chi piange, chi prega. Potremmo raccontarvi ancora tanto, ma non basterebbe un quaderno interno! Non si tratta più di riforme, decreti o disegni di legge. Qui, ora, si stanno commettendo crimini contro l’umanità. Le persone sono sottoposte a torture, trattamenti degradanti. Qui, proprio ora c’è gente che sta morendo. E non parliamo solo dei 54 suicidi dall’inizio dell’anno, di quelle 54 vite spezzate che oggi sono un numero sui giornali, ma ieri erano reali, avevano un nome, una storia, legami affettivi polverizzati dalla galera. Parliamo anche degli oltre 300 tentativi di suicidio dichiarati dal DAP, sventati il più delle volte da altri detenuti. Parliamo anche degli altri 72 morti per malattie o cause considerate naturali, ma anche quelli sono morti in carcere e di carcere.
Qui con noi c’è un anziano nordafricano. Ha 78 anni, cammina a fatica, gira spaesato. Dopo quasi 2 mesi ancora si confonde e non ricorda la sua cella. Dobbiamo aiutarlo per tutto, ha un’autonomia molto ridotta. Abbiamo fatto di tutto per segnalarlo, non può stare qui! Siamo molto preoccupati per lui. Non vogliamo che diventi l’ennesima “morte naturale”, conteggiata cinicamente tra i numeri che non contano!
Ci sentiamo soli, esclusi da una società cieca, ma capace di catalogare, marchiare ed escludere. Non si riesce a non pensare almeno una volta a farla finita. Non vuoi soffrire più. Qualche volta reagiamo, lottiamo, cerchiamo di unirci. Ma ogni protesta è sedata, repressa. In tanti hanno paura. Dopo la prima rivolta in sesta hanno spedito 15 capri espiatori nelle carceri più remote (perfino in Sardegna) facendo perdere loro la possibilità di vedere i familiari. Nonostante ciò, e nonostante il DL sicurezza, in sole 3 settimane ben 4 sezioni sono insorte, per disperazione. Ci sono stati incendi, lanci di oggetti. Almeno una volta a settimana il carcere è invaso dal fumo acre e tossico dei roghi. Dalla settima, dove stanno chiusi 23 ore su 24 (con l’ora d’aria spesso negli orari più caldi) quasi ogni sera si sentono battiture e grida di aiuto. Sentiamo ogni giorno notizie da altri penitenziari. Viterbo, Firenze, Milano, Trani, Trieste. Stesse storie, stesse proteste. A volte siamo costretti ad urlare, fare rumore, accendere fuochi. Vogliamo farci sentire, vogliamo essere considerati vivi perché, per quanto ci vogliano zitti, fermi, passivi, noi non siamo ancora morti!
Siamo esseri umani come voi. Alcuni hanno sbagliato, altri sono innocenti, altri ancora li hanno resi “sbagliati” con leggi liberticide che hanno creato reati dove non ce ne sono.
Siamo qui, davanti a voi, dentro Regina Coeli, dove subiamo torture, maltrattamenti, umiliazioni, trattamenti degradanti. Questo succede davanti a voi, proprio adesso. Il nostro è un grido d’aiuto, aiutateci a resistere e ad esistere!

Abbiamo voluto offrire un minimo contributo all’informazione sul carcere senza censurare voci scomode o di orientamento politico specifico: la democrazia si nutre di diversità e di confronti. Non si tratta di essere più o meno tolleranti o accorti verso i comportamenti devianti: si tratta di recuperare nel 2024 significati e valori dell’essere uomini e donne, da non omologare a figuranti e reietti da dimenticare.
Mentre certi esponenti politici e funzionari di partito assecondano la pancia del Paese distorcendo le proposte per una giustizia umana ed equa con il termine “svuotacarceri”, nelle patrie galere continua la pratica di condizioni subumane sino a morire. Lontano dai microfoni , dagli smartphone e da orecchie non fidate il commento dei giustizieri é: “Se la sono cercata”
[Riccardo Gullotta]
E i cantə, cantə semp’a stessa canzone ‘e ‘na specie d’ammore sperduto…
Stanotte nu pensiero
M’ero perso miezzə ‘o mare
E ‘na voce a sentimento mə cchiamavə
Mi girai e a guardai int’all’uocchi
Uocchi nirə lacrimanti
E pe’ tramentə c’a guardavə io me squagliavə
Dicette ‘nfaccia a me “I tengə sulə a te”
E scumparette ‘nfunnə ‘o mare pe nun farsi vede’
Dicette ‘nfaccia a me “I tengə sulə a te”
E scumparette ‘nfunnə ‘o mare pe nun farsi cchiù vede’

Ehi torna d’o funnə, ca si nun tuorni io nun me scetə ‘a chistu suonno
Torna do funnə ca si nun tuorni cca nun se farà mai juorno
Vienemə a cerca’, ca ‘cu st’addorə e mare te trase int’o core pe’ farti murì
Vienemə a piglià quanno ll’aria è tranquilla e int’o scuro d’a notte putimmə vulà
Puortemə pe’ mare e ascunname sotto a nu scoglio
Sotto sott’a ‘na preta int’a na rete
Tienemə ca io so’ ‘na perla rara sott’a sabbia
Commə a nu sciore spuntato dint’all’onna

Onna pigliemə pe mmanə e puortame luntano primma ‘e se fa’ juorno
Onna pigliamə pe’ mano e puortame luntano
E come dicenə e ccanzonə turnarraggio ‘o mese maggio
quanno addorano i rrosə e l’aria è fresca assaiə
Quanno areta na fenesta sponta a luna a Marechiaro
e tu m’astrigne forte comme nun m’hai stretta mai
Decisti nfaccə a me “I tengə sulə a te”
E me lassaste nfunnə o mare senza sape‘o pəcche’
Decisti nfacci a me “I tengə sulə a te”
E me lassaste nfunnə o mare senza sape‘o pəcche’

Vienemə a piglià quanno ll’aria è tranquilla e int’o scuro d’a notte putimmə vulà
Puortemə pe’ mare e ascunname sotto a nu scoglio
Sotto sott’a na preta int’a na rete
Tienemə ca io so’ ‘na perla rara sottə a sabbia
Commə a nu sciore spuntato dint’all’onna
Puortemə pe’ mare e ascunname sotto a nu scoglio
Sotto sott’a na preta int’a na rete
Tienemə ca io so’ ‘na perla rara sottə a sabbia
Commə a nu sciore spuntato dint’all’onna

E come dicenə e ccanzonə turnarraggio ‘o mese maggio
quanno addorano i rrose e l’aria è fresca assaiə
Quanno aretə ‘na fenesta sponta a luna a Marechiaro
e tu m’astrigne forte comme nun m’hai stretta mai
Decisti nfacci a me “I tengə sulə a te”
E me lassaste nfunnə o mare senza sape‘o pəcche’
Ehi torna d’o funnə, ca si nun tuorni i nun me scetə a chistu suonno
Torna do funnə ca si nun tuorni cca nun se farà mai juorno
Torna do funnə ca si nun tuorni cca nun se farà mai juorno
Torna do funnə ca si nun tuorni cca nun se farà mai juorno ….

Contributed by Riccardo Gullotta - 2024/7/28 - 11:08




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