מישהו, מישהו דואג
דואג לי שם למעלה
בא והדליק כמה כוכבים
והם נופלים אחד אחד.
אנו סובבים בשתי דרכים שונות
יום ולילה לאורכן
עייפים ורעבים ומחכים לאות
בנתיבי אבק וזמן
אנו נפגש בסוף דרכים ושאלות
נפגש בתום ימים רבים,
בתום הרבה לילות
אני יודע שגם את קרבה עכשיו
אביב חלף, קיץ נאסף
והגשם שב.
מישהו, מישהו דואג
דואג לי שם למעלה
בא ואסף כמה כוכבים
השיב אותם אחד אחד.
אנו סובבים בשתי דרכים שונות...
דואג לי שם למעלה
בא והדליק כמה כוכבים
והם נופלים אחד אחד.
אנו סובבים בשתי דרכים שונות
יום ולילה לאורכן
עייפים ורעבים ומחכים לאות
בנתיבי אבק וזמן
אנו נפגש בסוף דרכים ושאלות
נפגש בתום ימים רבים,
בתום הרבה לילות
אני יודע שגם את קרבה עכשיו
אביב חלף, קיץ נאסף
והגשם שב.
מישהו, מישהו דואג
דואג לי שם למעלה
בא ואסף כמה כוכבים
השיב אותם אחד אחד.
אנו סובבים בשתי דרכים שונות...
envoyé par Riccardo Gullotta - 30/6/2024 - 20:46
Langue: hébreu
Transcription / Trascrizione
Mishehu, mishehu do'eg,
Do'eg li sham lemalah
Ba vehidlik kamah kochavim,
Vehem noflim echad echad.
Anu sovevim bishtei drachim shonot,
Yom valayla le'orkan.
Ayefim ure'avim umechakim le'ot
bin'tivei avak uzman.
Anu nipagesh besof drachim ushe'elot,
nipagesh betom yamim rabim,
betom harbeh leilot.
Ani yode'a/yoda'at
she'ata/shegam at karev/k'revah achshav,
aviv chalaf, kaitz ne'esaf, vehageshem shav.
Mishehu, mishehu do'eg
Do'eg li sham lemalah
Ba ve'asaf kamah kochavim
heshiv otam echad echad.
Anu sovevim bishtei drachim shonot…
Do'eg li sham lemalah
Ba vehidlik kamah kochavim,
Vehem noflim echad echad.
Anu sovevim bishtei drachim shonot,
Yom valayla le'orkan.
Ayefim ure'avim umechakim le'ot
bin'tivei avak uzman.
Anu nipagesh besof drachim ushe'elot,
nipagesh betom yamim rabim,
betom harbeh leilot.
Ani yode'a/yoda'at
she'ata/shegam at karev/k'revah achshav,
aviv chalaf, kaitz ne'esaf, vehageshem shav.
Mishehu, mishehu do'eg
Do'eg li sham lemalah
Ba ve'asaf kamah kochavim
heshiv otam echad echad.
Anu sovevim bishtei drachim shonot…
envoyé par Riccardo Gullotta - 30/6/2024 - 20:47
Langue: anglais
English translation / איבערזעצונג / Traduzione inglese / الترجمة الإنجليزية / Traduction anglaise / Englanninkielinen käännös:
Robert Wainblat
Robert Wainblat
SOMEONE
Someone, someone worries
Worries for me up there
Came and lit a few stars
And they fall one by one.
We are turning in two different ways
Day and night to their length
Tired and Hungry and waiting for a sign
In the paths of dust and time.
We'll meet at the end of paths and questions
We will meet at the end of many days,
at the end of a lot of nights
I know that
you (too) are getting close right now
The spring passed, the summer went, and the rain returned.
Someone, someone worries
Worries for me up there
Came and grabbed a few stars
Returned them one by one.
We are turning in two different ways…
Someone, someone worries
Worries for me up there
Came and lit a few stars
And they fall one by one.
We are turning in two different ways
Day and night to their length
Tired and Hungry and waiting for a sign
In the paths of dust and time.
We'll meet at the end of paths and questions
We will meet at the end of many days,
at the end of a lot of nights
I know that
you (too) are getting close right now
The spring passed, the summer went, and the rain returned.
Someone, someone worries
Worries for me up there
Came and grabbed a few stars
Returned them one by one.
We are turning in two different ways…
envoyé par Riccardo Gullotta - 30/6/2024 - 20:48
Langue: italien
Traduzione italiana / רגום לאיטלקית / Italian translation / الترجمة الإيطالية / Traduction italienne / Italiankielinen käännös:
Riccardo Gullotta
Riccardo Gullotta
QUALCUNO
Qualcuno, qualcuno è in pensiero,
Pensa a me di lassù
È venuto e ha acceso alcune stelle
ma cadono una dopo l'altra.
Stiamo danzando in due modi diversi
Giorno e notte interi
Stanchi e avidi e sperando in un segno
Nei sentieri della polvere e del tempo.
Ci incontreremo alla fine dei sentieri e domande
Ci incontreremo alla fine di molti giorni,
alla fine di molte notti
So che
anche tu ti stai avvicinando ora
La primavera è passata, passata è l'estate e la pioggia è tornata.
Qualcuno, qualcuno è in pensiero
Pensa a me di lassù
È venuto e ha preso alcune stelle
Le ha restituite una ad una.
Stiamo danzando in due modi diversi ...
Qualcuno, qualcuno è in pensiero,
Pensa a me di lassù
È venuto e ha acceso alcune stelle
ma cadono una dopo l'altra.
Stiamo danzando in due modi diversi
Giorno e notte interi
Stanchi e avidi e sperando in un segno
Nei sentieri della polvere e del tempo.
Ci incontreremo alla fine dei sentieri e domande
Ci incontreremo alla fine di molti giorni,
alla fine di molte notti
So che
anche tu ti stai avvicinando ora
La primavera è passata, passata è l'estate e la pioggia è tornata.
Qualcuno, qualcuno è in pensiero
Pensa a me di lassù
È venuto e ha preso alcune stelle
Le ha restituite una ad una.
Stiamo danzando in due modi diversi ...
envoyé par Riccardo Gullotta - 30/6/2024 - 20:49
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Mishehu
שירה / Poesia / شعر / A Poem by / Poésie / Runo:
Ehud Manor [אהוד מנור]
לאה לחן / Musica / موسيقى / Music / Musique / Sävel:
Matti Caspi [מתי כספי]
מבוצע על ידי / Interpreti / اللاعبين / Performed by / Interprétée par / Laulavat :
Roni Dalumi [רוני דלומי]
Infamie di ieri
La canzone Mishehu / Qualcuno si classificò sesta al festival della canzone israeliana nel 1978. “Stanchi e avidi nella speranza di un segno sul cammino della polvere e del tempo”. Furono sei milioni le stelle spente nella violenza e nell’indifferenza.
E’ una canzone molto nota in Israele, viene eseguita nella ricorrenza dello Yom HaZikaron / Giorno della Memoria il 4 di Iyar, in Aprile.” Oggi l’attrice israelo-iraniana Liraz Charhi la canta dedicandola agli ostaggi e alle vittime della sua famiglia nel kibbutz Be’eri il 7 Ottobre 2023.
Infamie di oggi
Gli inferni in terra si moltiplicano senza tregua. Il sostegno alla loro brutalità e alle torsioni biopolitiche passa attraverso la segretezza militare all’insegna della “sicurezza”, L’articolo Le condizioni brutali dei prigionieri palestinesi del Marzo 2024 ne dà un’idea. L’IPS , Israel Prison Service, comprende una ventina di luoghi di detenzione di Palestinesi. La Croce Rossa non può accedervi. Dell’arcipelago in territorio israeliano e palestinese citeremo soltanto alcuni esempi.
Tra questi la prigione di Al-Moscobiyeh nel Russian Compound /מִגְרַשׁ הָרוּסִים [Migraš ha-Rusim] a Gerusalemme, 10 minuti a piedi dalla Chiesa del S.Sepolcro, 5 minuti dalla cattedrale ortodossa della S. Trinità. E’ un centro per gli interrogatori dei palestinesi, soprannominato “macello”. Lì o si finisce per parlare o si é finiti di torture.
Un altro luogo tristemente noto è il carcere di Megiddo, 32°34'15"N 35°11'23"E, circa 30 km da Haifa. L’articolo della BBC Contusioni e costole rotte – Morti palestinesi nelle carceri israeliane pubblicato due mesi fa rende testimonianza di alcuni accadimenti.
C’è un luogo ancora più terribile nella bruciante attualità dopo il 7 Ottobre: é il carcere di Sde Teiman, 31°17'27"N 34°42'31"E, nel deserto del Negev, a 5 km da Be’er Sheva. Chi non dispone di una versione recente di Google Earth non lo troverà. Le immagini satellitari mostrano un centinaio di costruzioni recenti, tendoni e hangar, realizzate dopo il 7 Ottobre. Un articolo della CNN di due mesi fa Legati, bendati, con i pannolini: gli informatori israeliani descrivono in dettaglio gli abusi sui palestinesi nel centro di detenzione segreto illustra la situazione.
Per ragioni di spazio e per mantenere questo pezzo entro limiti appropriati riteniamo più significativo proporre la traduzione integrale di un altro articolo, di taglio diverso, forse più moderato. E’ stato pubblicato dal New York Times dopo tre mesi di inchieste sul campo da parte di Patrick Kingsley, inglese, e Bilal Shbair, editorialista del NYT
di Patrick Kingsley e Bilal Shbair
New York Times, 6 giugno 2024
Patrick Kingsley, da Israele, e Bilal Shbair, da Gaza, hanno trascorso tre mesi intervistando i soldati israeliani che lavoravano a Sde Teiman e i palestinesi detenuti lì. Patrick Kingsley ha visitato il sito .
Gli uomini sedevano in fila, ammanettati e bendati, incapaci di vedere i soldati israeliani che li sorvegliavano dall'altro lato di una rete di recinzione.
Era loro vietato parlare a voce più alta di un mormorio e non potevano stare in piedi o dormire se non quando autorizzati. Alcuni si inginocchiarono in preghiera. Uno era sotto ispezione di un paramedico. A un altro è stato permesso brevemente di togliersi le manette per lavarsi. Centinaia di altri detenuti di Gaza sedevano in silenzio. Sono stati tutti isolati dal mondo esterno , per settimane è stato loro impedito di contattare avvocati o parenti.Questa è stata la scena di un pomeriggio di fine maggio in un hangar militare all’interno di Sde Teiman, una base militare nel sud di Israele che è diventata sinonimo di detenzione dei palestinesi di Gaza. Secondo una fonte dell’esercito israeliano, la maggior parte degli abitanti di Gaza catturati dall’inizio della guerra il 7 ottobre sono stati portati sul posto per un primo interrogatorio.
Il militare, che in precedenza non aveva concesso l'accesso ai media, ha consentito al New York Times di vedere brevemente una parte del centro di detenzione e di intervistare i comandanti e altri ufficiali, a condizione di mantenere l'anonimato.
Una volta caserma ignota, Sde Teiman è ora un luogo improvvisato per gli interrogatori e l’attenzione principale delle accuse secondo cui l'esercito israeliano ha maltrattato i detenuti, comprese le persone di cui in seguito è stato accertato che non avevano relazioni con Hamas o altri gruppi armati. Nelle interviste, gli ex detenuti hanno descritto le percosse e gli altri abusi avvenuti nella struttura.
Alla fine di maggio, circa 4.000 detenuti di Gaza avevano trascorso fino a tre mesi nel limbo a Sde Teiman, comprese diverse dozzine di persone catturate durante gli attacchi terroristici guidati da Hamas contro Israele in ottobre, secondo i comandanti del sito che hanno parlato con il Times.
Dopo l'interrogatorio, circa il 70% dei detenuti è stato inviato in prigioni appositamente costruite per ulteriori indagini e procedimenti penali, hanno detto i comandanti. Per i rimanenti, almeno 1.200 persone, è stato accertato che erano civili e sono stati riportati a Gaza, senza accuse, scuse o risarcimenti.
"I miei colleghi non sapevano se fossi vivo o morto", ha detto Muhammad al-Kurdi, 38 anni, un autista di ambulanza che i militari hanno confermato di avere trattenuto a Sde Teiman alla fine dell'anno scorso.
"Sono stato imprigionato per 32 giorni", ha detto al-Kurdi. Ha detto di essere stato catturato a novembre dopo che il suo convoglio di ambulanze aveva tentato di passare attraverso un posto di blocco militare israeliano a sud di Gaza City. "Sembravano 32 anni", ha aggiunto.
Nell’indagine durata tre mesi condotta dal New York Times, basata su interviste con ex detenuti e con ufficiali militari, medici e soldati israeliani che hanno prestato servizio sul posto; la visita alla base; e i dati sui detenuti rilasciati forniti dai militari – si é scoperto che quei 1.200 civili palestinesi sono stati trattenuti a Sde Teiman in condizioni umilianti senza la possibilità di far valere le loro cause davanti a un giudice sino a 75 giorni. Ai detenuti viene inoltre negato di avere contatti con gli avvocati sino a 90 giorni e la loro ubicazione viene nascosta alle organizzazioni per i diritti umani e al Comitato internazionale della Croce Rossa, ciò che alcuni esperti legali definiscono una violazione del diritto internazionale.
Otto ex detenuti, che i militari hanno confermato essere stati trattenuti sul posto e che hanno deposto a verbale, hanno variamente affermato di essere stati presi a pugni, calci e picchiati con manganelli, calci di fucile e un metal detector portatile mentre erano in custodia. Uno ha detto che ha subito la rottura delle costole dopo che gli era stato messo un ginocchio sul petto; un secondo detenuto ha detto di avere riportato la rottura delle costole dopo essere stato preso a calci e picchiato con un fucile, un'aggressione a cui un terzo detenuto ha detto di aver assistito. Sette hanno detto di essere stati costretti a indossare solo un pannolino durante gli interrogatori. Tre hanno affermato di aver ricevuto scosse elettriche durante gli interrogatori.
La maggior parte di queste accuse sono state ripetute pari pari nelle interviste condotte da funzionari dell’UNRWA, la principale agenzia delle Nazioni Unite per i Palestinesi, un’istituzione che secondo Israele è stata infiltrata da Hamas, accusa respinta dall’agenzia. L'agenzia ha condotto interviste con centinaia di detenuti al loro ritorno che hanno denunciato abusi diffusi a Sde Teiman e in altre strutture di detenzione israeliane, compresi i pestaggi e l'uso di sonde elettriche.
Un soldato israeliano che ha prestato servizio sul posto ha detto che i commilitoni si erano regolarmente vantati di aver picchiato i detenuti e avevano visto segni che diverse persone erano state sottoposte a tale trattamento. Parlando a condizione di garantirne l’anonimato per evitare procedimenti giudiziari, ha detto che un detenuto è stato portato per cure presso l'ospedale da campo improvvisato del sito con un osso rotto durante la detenzione, mentre un altro è stato allontanato fuori dalla vista ed è tornato con la gabbia toracica sanguinante. Il militare ha detto che una persona è morta a Sde Teiman a causa di un trauma al torace, anche se non è chiaro se la ferita sia occorsa prima o dopo aver raggiunto la base.
Dei 4.000 detenuti ospitati a Sde Teiman da ottobre, 35 sono morti sul posto o dopo essere stati portati nei vicini ospedali civili, secondo gli ufficiali della base che hanno parlato con il Times durante la visita di maggio. Gli ufficiali hanno detto che alcuni di loro erano morti a causa di ferite o malattie contratte prima della loro incarcerazione e hanno negato che qualcuno di loro fosse morto a causa di abusi. La procura militare sta indagando sulle morti. Durante la visita, i medici di grado elevato hanno affermato di non aver mai osservato alcun segno di tortura ; i comandanti hanno affermato di aver cercato di trattare i detenuti nel modo più umano possibile. Hanno confermato che almeno 12 soldati sono stati esonerati, alcuni di loro per uso eccessivo della forza. Nelle ultime settimane, la base ha attirato un’attenzione crescente da parte dei media, compreso un rapporto della CNN poi citato dalla Casa Bianca, così come da parte della Corte Suprema israeliana, che mercoledì ha iniziato ad ascoltare una petizione di organizzazioni per i diritti umani di chiudere il sito. In risposta alla petizione, il governo israeliano ha affermato che stava riducendo il numero di detenuti a Sde Teiman e migliorando le condizioni ; l'esercito israeliano ha già istituito una giuria per indagare sul trattamento dei detenuti nel sito.
In una lunga dichiarazione rilasciata per questo articolo, le forze di difesa israeliane hanno negato che a Sde Teiman fossero avvenuti “abusi sistematici”. Di fronte alle singole accuse di abuso, i militari hanno affermato che le accuse erano “evidentemente imprecise o del tutto infondate” e potrebbero essere state inventate sotto la pressione di Hamas. Non hanno fornito ulteriori dettagli.
"Qualsiasi abuso sui detenuti, sia durante la detenzione che durante gli interrogatori, viola la legge e le direttive dell'IDF e come tale è severamente proibito", si legge nella dichiarazione militare. “L’IDF prende qualsiasi atto di questo tipo, contrario ai suoi valori, con la massima serietà, ed esamina attentamente le accuse concrete riguardanti gli abusi sui detenuti”. Lo Shin Bet, l'agenzia di intelligence interna israeliana, che conduce alcuni degli interrogatori alla base, ha affermato in una breve dichiarazione che tutti i suoi interrogatori sono stati "condotti in conformità con la legge".
Yoel Donchin, un medico militare in servizio alla base, ha detto che non era chiaro il motivo per cui i soldati israeliani avessero catturato molte delle persone che aveva in cura lì, alcune delle quali era altamente improbabile che fossero combattenti coinvolti nella guerra. Uno era paraplegico, un altro pesava circa 136 chili e un terzo respirava fin dall'infanzia attraverso un tubo inserito nel collo, ha detto.
"Perché lo hanno portato - non lo so", ha detto il dottor Donchin. "Prendono tutti", ha aggiunto.
Come vengono catturati i detenuti
Fadi Bakr, uno studente di giurisprudenza di Gaza City, ha detto di essere stato catturato il 5 gennaio dai soldati israeliani vicino alla sua casa familiare. Sfollato a causa dei combattimenti all'inizio della guerra, il signor Bakr, 25 anni, era tornato nel suo quartiere in cerca di farina, si era ritrovato nel mezzo di uno scontro a fuoco e ferito, ha detto. Gli israeliani lo hanno trovato sanguinante dopo la fine dei combattimenti, ha detto. Lo hanno spogliato nudo, gli hanno confiscato il telefono e i risparmi, lo hanno picchiato ripetutamente e lo hanno accusato di essere un militante sopravvissuto alla battaglia, ha detto.
“Confessalo adesso o ti sparerò”, ricorda il signor Bakr che gli era stato detto.
“Sono un civile”, ha ricordato di aver risposto, senza alcun risultato.
Le circostanze dell'arresto del signor Bakr rispecchiano quelle di altri ex detenuti intervistati dal Times.
Molti hanno affermato di essere stati sospettati di attività militante perché i soldati li avevano incontrati in aree che i militari pensavano ospitassero combattenti di Hamas, inclusi ospedali, scuole delle Nazioni Unite o quartieri spopolati come quello di Bakr.
Younis al-Hamlawi, 39 anni, un infermiere senior, ha detto di essere stato arrestato a novembre dopo aver lasciato l'ospedale Al-Shifa nella città di Gaza durante un raid israeliano sul sito, che Israele considerava un centro di comando di Hamas. I soldati israeliani lo hanno accusato di avere relazioni con Hamas.
Il signor al-Kurdi, l'autista dell'ambulanza, ha detto di essere stato catturato mentre tentava di portare i pazienti attraverso un posto di blocco israeliano. Funzionari israeliani affermano che i combattenti di Hamas usano abitualmente le ambulanze.
Tutti gli otto ex detenuti hanno descritto la loro cattura in modi analoghi: erano generalmente bendati, ammanettati con fascette e spogliati nudi tranne che per la biancheria intima, in modo che i soldati israeliani potevano essere sicuri che fossero disarmati.
La maggior parte hanno affermato di essere stati interrogati, presi a pugni e calci mentre si trovavano ancora a Gaza, e alcuni hanno affermato di essere stati picchiati con il calcio dei fucili. Più tardi, hanno detto, sono stati stipati con altri detenuti seminudi in camion militari e portati a Sde Teiman.
Alcuni hanno affermato di aver successivamente trascorso del tempo nel sistema carcerario israeliano ufficiale, mentre altri hanno affermato di essere stati riportati direttamente a Gaza.
Durante il suo mese sul posto, il signor Bakr ha trascorso quattro giorni, di tanto in tanto sotto interrogatorio, ha detto. "Li considero i quattro giorni peggiori di tutta la mia vita", ha detto il signor Bakr.
Come si è sviluppato il sito
Durante le precedenti guerre con Hamas, compreso il conflitto di 50 giorni nel 2014, la base militare di Sde Teiman deteneva a intermittenza un piccolo numero di abitanti di Gaza catturati. Con un centro di comando e magazzino per veicoli militari, la base è stata scelta perché è vicina a Gaza e ospita un avamposto della polizia militare, che supervisiona le strutture di detenzione militare.
A ottobre, secondo i comandanti del sito, Israele ha iniziato a utilizzare il sito per detenere persone catturate in Israele durante l’attacco guidato da Hamas, alloggiandole in un hangar vuoto per carri armati. Dopo l’invasione di Gaza, alla fine del mese, Sde Teiman iniziò a ricevere così tante persone che i militari ristrutturarono altri tre hangar per trattenerle e convertirono un ufficio di polizia militare per creare più spazio per gli interrogatori, hanno detto.
Alla fine di maggio, hanno detto, la base comprendeva tre luoghi di detenzione: gli hangar dove i detenuti sono sorvegliati dalla polizia militare; le tende nelle vicinanze, dove i detenuti vengono curati da medici militari; e una struttura per gli interrogatori in una parte separata della base, gestita da ufficiali dell'intelligence della direzione dell'intelligence militare israeliana e dello Shin Bet.
Classificati come “combattenti illegali” secondo la legislazione israeliana, i detenuti di Sde Teiman possono essere trattenuti fino a 75 giorni senza mandato giudiziario e 90 giorni senza accedere ad un avvocato, di processo neanche a parlarne.
L’esercito israeliano afferma che questi accordi sono consentiti dalle Convenzioni di Ginevra che regolano i conflitti internazionali, che consentono l’internamento di civili per ragioni di sicurezza. I comandanti della base hanno affermato che è essenziale ritardare l'accesso agli avvocati per impedire ai combattenti di Hamas di trasmettere messaggi ai loro leader a Gaza, ostacolando lo sforzo bellico di Israele.
Dopo un primo interrogatorio a Sde Teiman, i detenuti ancora sospettati di avere legami con i militanti vengono di norma trasferiti in un altro sito militare o in una prigione civile. Nel sistema di giustizia civile, dovrebbero essere formalmente accusati; a maggio, il governo ha dichiarato in un esposto alla Corte Suprema israeliana di aver avviato procedimenti penali contro “centinaia” di persone catturate a partire dal 7 ottobre, senza fornire ulteriori dettagli sul numero esatto di casi o sul loro status. Non si conoscono processi a carico degli abitanti di Gaza catturati da ottobre.
Esperti di diritto internazionale affermano che il sistema israeliano di detenzione iniziale è più restrittivo di quello di molti omologhi occidentali in termini di tempo necessario ai giudici per esaminare ciascun caso, nonché di mancanza di accesso al personale della Croce Rossa.
All'inizio della guerra contro i talebani in Afghanistan, gli Stati Uniti hanno ritardato di 75 giorni la revisione indipendente del caso di un detenuto, ha affermato Lawrence Hill-Cawthorne, un professore di diritto che ha scritto una panoramica delle leggi che regolano la detenzione di combattenti non governativi. Nel 2009 gli Stati Uniti hanno ridotto tale ritardo a 60 giorni, mentre in Iraq i casi sono stati esaminati entro una settimana, ha detto il professore.
La decisione di Israele di ritardare l’iter giudiziario per 75 giorni senza fornire l’accesso ad avvocati o alla Croce Rossa "mi sembra una forma di detenzione in segregazione, che di per sé costituisce una violazione del diritto internazionale", ha detto il professor Hill-Cawthorne.
Dopo che il signor Bakr è scomparso improvvisamente a gennaio, ha detto, la sua famiglia non aveva modo di scoprire dove fosse. Pensavano che fosse morto.
Dove vivono i detenuti
All'interno di Sde Teiman, il signor Bakr è stato tenuto in un hangar aperto dove ha detto di essere stato costretto, con centinaia di altre persone, a stare seduto ammanettato in silenzio su un tappetino per un massimo di 18 ore al giorno. L'hangar non aveva pareti esterne, quindi era alla mercé della pioggia e del freddo, e le guardie lo sorvegliavano dall'altro lato di una rete di recinzione.
Tutti i detenuti erano bendati, tranne uno, conosciuto con la parola araba “shawish”, che significa sergente. Lo shawish fungeva da intermediario tra i soldati e i prigionieri, distribuendo il cibo e scortando gli altri prigionieri a un blocco di servizi igienici portatili nell'angolo dell'hangar.
Alcune settimane dopo, ha detto il signor Bakr, è stato nominato shawish, permettendogli di vedere correttamente ciò che lo circondava. Il suo resoconto corrisponde sostanzialmente a quello di altri detenuti ed è coerente con ciò che il Times ha mostrato sul posto a fine maggio.
I comandanti sul posto hanno detto che i detenuti potevano alzarsi ogni due ore per distendere i muscoli, dormire tra le 22:00 e le 6:00 circa e pregare a qualsiasi ora. Per un breve periodo nel mese di ottobre, hanno detto, ai detenuti è stato permesso di togliersi le bende e di muoversi liberamente all'interno degli hangar. Ma tale accordo è terminato dopo che alcuni detenuti sono diventati indisciplinati o hanno cercato di sbloccare le loro manette, hanno detto i comandanti.
Esausto dopo il viaggio verso Sde Teiman, il signor Bakr si è addormentato subito dopo il suo arrivo, spingendo un ufficiale a convocarlo in una vicina sala di comando, ha detto.L'ufficiale ha cominciato a picchiarlo, ha detto il signor Bakr. "Questa è la punizione per chiunque dorme", ha ricordato le parole dell'ufficiale. Altri hanno descritto risposte simili a infrazioni minori.
Rafiq Yassin, 55 anni, un costruttore arrestato a dicembre, ha detto di essere stato picchiato ripetutamente all'addome dopo aver tentato di sbirciare da sotto la benda. Ha detto che ha iniziato a vomitare sangue ed è stato curato in un ospedale civile nella vicina città di Beersheba. Interrogato sulla denuncia, l'ospedale ha indirizzato il Times al ministero della sanità, che ha rifiutato di commentare. Il soldato israeliano che ha assistito agli abusi in un hangar ha detto che un detenuto è stato picchiato così forte che le sue costole hanno sanguinato dopo essere stato accusato di sbirciare da sotto la benda, mentre un altro è stato picchiato dopo aver parlato a voce troppo alta e troppo spesso.
Il Times non ha assistito ad alcun pestaggio durante la visita all'hangar, dove alcuni detenuti sono stati visti pregare mentre altri sono stati valutati dai paramedici o portati dallo shawish a lavarsi in un lavandino sul retro dell'hangar. Si è potuto vedere un uomo sbirciare da sotto la benda senza essere punito immediatamente.
Come gli altri ex detenuti, il signor Bakr ha ricordato di aver ricevuto tre magri spuntini quasi tutti i giorni: tipicamente pane servito con piccole quantità di formaggio, marmellata o tonno e occasionalmente cetrioli e pomodori. I militari hanno affermato che le provviste alimentari erano state “approvate da un nutrizionista autorizzato al fine di preservare la loro salute”. Secondo diversi ex detenuti non erano sufficienti. Tre hanno affermato di aver perso più di 40 chili durante la detenzione.
In loco sono disponibili alcune cure mediche. I comandanti hanno portato il Times in un ufficio dove hanno detto che i medici hanno controllato ogni detenuto all'arrivo, oltre a monitorarli ogni giorno negli hangar. I casi gravi vengono curati in un vicino gruppo di tende che formano un ospedale da campo improvvisato.
All’interno di quelle tende, i pazienti sono bendati e ammanettati ai loro letti, in conformità con un documento del Ministero della Salute che delinea le politiche per il sito, che è stato esaminato dal Times.
Durante la visita, quattro medici dell'ospedale hanno affermato che tali misure erano necessarie per prevenire attacchi al personale medico. Hanno detto che almeno due prigionieri avevano tentato di aggredire i medici durante il trattamento. Ma altri, incluso il dottor Donchin, hanno affermato che in molti casi le manette non erano necessarie e rendevano più difficile trattare adeguatamente le persone.
Due israeliani che erano all'ospedale l'anno scorso hanno detto che i membri del personale erano molto meno esperti e meno equipaggiati durante le prime fasi della guerra. Uno di loro, che ha parlato a condizione di restare anonimo per evitare un processo, ha detto che all'epoca ai pazienti non venivano somministrati abbastanza antidolorifici durante i trattamenti dolorosi. Medici di Human Rights, organizzazione israeliana per i diritti umani, ha affermato in un rapporto di aprile che l’ospedale da campo era “un livello basso di etica e professionalità medica”. L'attuale dirigenza dell'ospedale ha riconosciuto che non è sempre stato così ben attrezzato come è diventato, ma ha affermato che il suo personale è sempre stato di grande esperienza.
Il dottor Donchin ha detto che per certi aspetti il trattamento presso la clinica da campo era ora “un po’ migliore” rispetto agli ospedali civili israeliani, soprattutto perché il personale era composto da alcuni dei migliori medici in Israele. Il dottor Donchin, tenente colonnello della riserva militare, è stato anestesista di lunga data presso un importante ospedale di Gerusalemme e ora insegna in un'importante scuola di medicina. Le strutture e le attrezzature visionate dal Times includevano un dispositivo per l'anestesia, un monitor a ultrasuoni, un apparecchio a raggi X, un dispositivo per analizzare i campioni di sangue, una piccola sala operatoria e un magazzino contenente centinaia di medicinali.
I medici in servizio a Sde Teiman che hanno parlato con il Times hanno riferito che è stato loro detto anche di non scrivere i loro nomi su alcuna documentazione ufficiale e di non rivolgersi l'un l'altro per nome davanti ai pazienti.Il dottor Donchin ha detto che i funzionari temevano di poter essere identificati e accusati di crimini di guerra presso la Corte penale internazionale.
Durante la visita del Times, tre medici hanno affermato di non temere procedimenti giudiziari ma di aver cercato l'anonimato per impedire ad Hamas e ai suoi alleati di attaccare loro o le loro famiglie.
Come funzionano gli interrogatori
Circa quattro giorni dopo il suo arrivo, il signor Bakr ha detto di essere stato chiamato per un interrogatorio.
Come altri che hanno parlato con il Times, ricordava di essere stato portato in un recinto separato che i detenuti chiamavano “sala da discoteca” – perché, dicevano, erano costretti ad ascoltare musica ad alto volume che impediva loro di dormire. Il signor Bakr la considerava una forma di tortura, dicendo che era così dolorosa che il sangue cominciava a gocciolare dall'interno del suo orecchio.
L’esercito israeliano ha affermato che la musica “non era alta e non dannosa”, suonata a portata d’orecchio sia degli israeliani che dei palestinesi, e aveva lo scopo di impedire ai detenuti di conferire facilmente tra loro prima dell’interrogatorio. Al Times non è stata mostrata alcuna parte del complesso degli interrogatori, inclusa l'area dove veniva suonata la musica.
Indossando solo un pannolino, ha detto il signor Bakr, è stato poi portato in una stanza separata per essere interrogato. Gli investigatori lo hanno accusato di appartenere ad Hamas e gli hanno mostrato fotografie di militanti per vedere se poteva identificarli. Gli hanno anche chiesto dove si trovassero gli ostaggi, così come un alto leader di Hamas che viveva vicino alla casa familiare del signor Bakr. Quando il signor Bakr ha negato qualsiasi legame con il gruppo o conoscenza degli uomini raffigurati, è stato picchiato ripetutamente, ha detto.
Il signor al-Hamlawi, infermiere senior, ha detto che un'ufficiale donna aveva ordinato a due soldati di sollevarlo e premere il suo retto contro un bastone di metallo fissato al suolo. Il signor al-Hamlawi ha detto che il bastone è penetrato nel suo retto per circa cinque secondi, facendolo sanguinare e lasciandolo con “un dolore insopportabile”.
Una bozza trapelata del rapporto dell’UNRWA ha descritto in dettaglio un’intervista che forniva un resoconto simile. Ha citato un detenuto di 41 anni che ha detto che gli interrogatori "mi hanno fatto sedere su qualcosa di simile a un bastoncino di metallo caldo e sembrava fuoco", e ha anche detto che un altro detenuto "è morto dopo che avevano messo il bastoncino elettrico" nel suo ano.
Il signor al-Hamlawi ha ricordato di essere stato costretto a sedersi su una sedia collegata a cavi elettrici. Ha detto di essere rimasto scioccato così spesso che, dopo aver inizialmente urinato in modo incontrollabile, ha poi smesso di urinare per diversi giorni. Il signor al-Hamlawi ha detto che anche lui è stato costretto a indossare solo un pannolino, per evitare di sporcare il pavimento.
Ibrahim Shaheen, 38 anni, un camionista detenuto all'inizio di dicembre per quasi tre mesi, ha detto di essere stato sotto choc circa una mezza dozzina di volte mentre era seduto su una sedia. Gli agenti lo hanno accusato di nascondere informazioni sulla ubicazione degli ostaggi morti, ha detto Shaheen.
Il signor Bakr ha anche detto che è stato costretto a sedersi su una sedia collegata a cavi elettrici, facendo attraversare il suo corpo da una corrente a impulsi che lo ha fatto svenire.
Rilasciato senza addebiti
Dopo più di un mese di detenzione, ha detto il signor Bakr, gli agenti sembravano accettare la sua innocenza.
Una mattina presto di febbraio, il signor Bakr è stato messo su un autobus diretto al confine tra Israele e il sud di Gaza: dopo un mese di detenzione, stava per essere rilasciato. Ha detto di aver chiesto il suo telefono e i 7.200 shekel (circa 2.000 dollari) che gli erano stati confiscati durante il suo arresto a Gaza, prima che raggiungesse Sde Teiman.
In risposta, un soldato lo ha colpito e ha urlato contro di lui, ha detto il signor Bakr. "Nessuno dovrebbe chiedere il telefono o i suoi soldi", ha detto il soldato, secondo Bakr. I militari hanno detto che tutti gli effetti personali sono stati documentati e posti in sacchetti sigillati dopo che i detenuti sono arrivati a Sde Teiman, e sono stati restituiti al momento del rilascio. Verso l'alba, l'autobus è arrivato al valico di Kerem Shalom, vicino all'estremità meridionale di Gaza.
Come altri detenuti rimpatriati, il signor Bakr ha camminato per circa un miglio prima di essere accolto dagli operatori umanitari della Croce Rossa. Gli hanno dato da mangiare e hanno controllato brevemente le sue condizioni fisiche. Poi lo hanno portato ad un terminal vicino dove, ha detto, è stato brevemente interrogato da funzionari della sicurezza di Hamas riguardo al suo tempo trascorso in Israele.
Prendendo in prestito un telefono, chiamò la sua famiglia, che era ancora a 20 miglia di distanza, a Gaza City.
Era la prima volta che avevano sue notizie in più di un mese, ha detto il signor Bakr. Mi hanno chiesto: ‘Sei vivo?'”
Since Israel invaded Gaza, the Sde Teiman military base has filled with blindfolded, handcuffed detainees, held without charge or legal representation.
By Patrick Kingsley and Bilal Shbair New York Times, June 6, 2024
Patrick Kingsley, from Israel, and Bilal Shbair, from Gaza, spent three months interviewing Israeli soldiers who worked at Sde Teiman and Palestinians held there. Patrick Kingsley visited the site.
The men sat in rows, handcuffed and blindfolded, unable to see the Israeli soldiers who stood watch over them from the other side of a mesh fence.
They were barred from talking more loudly than a murmur, and forbidden to stand or sleep except when authorized.
A few knelt in prayer. One was being inspected by a paramedic. Another was briefly allowed to remove his handcuffs to wash himself. The hundreds of other Gazan detainees sat in silence. They were all cut off from the outside world, prevented for weeks from contacting lawyers or relatives.
This was the scene one afternoon in late May at a military hangar inside Sde Teiman, an army base in southern Israel that has become synonymous with the detention of Gazan Palestinians. Most Gazans captured since the start of the war on Oct. 7 have been brought to the site for initial interrogation, according to the Israeli military.
The military, which has not previously granted access to the media, allowed The New York Times to briefly see part of the detention facility as well as to interview its commanders and other officials, on condition of preserving their anonymity
Once an obscure barracks, Sde Teiman is now a makeshift interrogation site and a major focus of accusations that the Israeli military has mistreated detainees, including people later determined to have no ties to Hamas or other armed groups. In interviews, former detainees described beatings and other abuse in the facility.
A leaked photograph of the detention facility shows a blindfolded man with his arms above his head.credit: CNN
By late May, roughly 4,000 Gazan detainees had spent up to three months in limbo at Sde Teiman, including several dozen people captured during the Hamas-led terrorist attacks on Israel in October, according to the site commanders who spoke to The Times.
After interrogation, around 70 percent of detainees had been sent to purpose-built prisons for further investigation and prosecution, the commanders said. The rest, at least 1,200 people, had been found to be civilians and returned to Gaza, without charge, apology or compensation.
“My colleagues didn’t know whether I was dead or alive,” said Muhammad al-Kurdi, 38, an ambulance driver whom the military has confirmed was held at Sde Teiman late last year.
“I was imprisoned for 32 days,” said Mr. al-Kurdi. He said he had been captured in November after his convoy of ambulances attempted to pass through an Israeli military checkpoint south of Gaza City.
“It felt like 32 years,” he added.
A three-month investigation by The New York Times — based on interviews with former detainees and with Israeli military officers, doctors and soldiers who served at the site; the visit to the base; and data about released detainees provided by the military — found those 1,200 Palestinian civilians have been held at Sde Teiman in demeaning conditions without the ability to plead their cases to a judge for up to 75 days. Detainees are also denied access to lawyers for up to 90 days and their location is withheld from rights groups as well as from the International Committee of the Red Cross, in what some legal experts say is a contravention of international law.
Eight former detainees, all of whom the military has confirmed were held at the site and who spoke on the record, variously said they had been punched, kicked and beaten with batons, rifle butts and a hand-held metal detector while in custody. One said his ribs were broken after he was kneed in the chest and a second detainee said his ribs broke after he was kicked and beaten with a rifle, an assault that a third detainee said he had witnessed. Seven said they had been forced to wear only a diaper while being interrogated. Three said they had received electric shocks during their interrogations.
Most of these allegations were echoed in interviews conducted by officials from UNRWA, the main U.N. agency for Palestinians, an institution that Israel says has been infiltrated by Hamas, a charge the agency denies. The agency conducted interviews with hundreds of returning detainees who reported widespread abuse at Sde Teiman and other Israeli detention facilities, including beatings and the use of an electric probe.
An Israeli soldier who served at the site said that fellow soldiers had regularly boasted of beating detainees and saw signs that several people had been subjected to such treatment. Speaking on condition of anonymity to avoid prosecution, he said a detainee had been taken for treatment at the site’s makeshift field hospital with a bone that had been broken during his detention, while another was briefly taken out of sight and returned with bleeding around his rib cage. The soldier said that one person had died at Sde Teiman from trauma injuries to his chest, though it was unclear whether his injury was sustained before or after reaching the base.
Of the 4,000 detainees housed at Sde Teiman since October, 35 have died either at the site or after being brought to nearby civilian hospitals, according to officers at the base who spoke to The Times during the May visit. The officers said some of them had died because of wounds or illnesses contracted before their incarceration and denied any of them had died from abuse. Military prosecutors are investigating the deaths.
During the visit, senior military doctors said they had never observed any signs of torture and commanders said they tried to treat detainees as humanely as possible. They confirmed that at least 12 soldiers had been dismissed from their roles at the site, some of them for excessive use of force.
In recent weeks, the base has attracted growing scrutiny from the media, including a CNN report later cited by the White House, as well as from Israel’s Supreme Court, which on Wednesday began to hear a petition from rights groups to close the site. In response to the petition, the Israeli government said that it was reducing the number of detainees at Sde Teiman and improving conditions there; the Israeli military has already set up a panel to investigate the treatment of detainees at the site.
In a lengthy statement for this article, the Israel Defense Forces denied that “systematic abuse” had taken place at Sde Teiman. Presented with individual allegations of abuse, the military said the claims were “evidently inaccurate or completely unfounded,” and might have been invented under pressure from Hamas. It did not give further details.
“Any abuse of detainees, whether during their detention or during interrogation, violates the law and the directives of the I.D.F. and as such is strictly prohibited,” the military statement said. “The I.D.F. takes any acts of this kind, which are contrary to its values, with utmost seriousness, and thoroughly examines concrete allegations concerning the abuse of detainees.” The Shin Bet, Israel’s domestic intelligence agency, which conducts some of the interrogations at the base, said in a brief statement that all of its interrogations were “conducted in accordance with the law.”
Yoel Donchin, a military doctor serving at the site, said it was unclear why Israeli soldiers had captured many of the people he treated there, some of whom were highly unlikely to have been combatants involved in the war. One was paraplegic, another weighed roughly 300 pounds and a third had breathed since childhood through a tube inserted into his neck, he said.
“Why they brought him — I don’t know,” Dr. Donchin said.
“They take everyone,” he added.
How Detainees are captured
Fadi Bakr, a law student from Gaza City, said he was captured on Jan. 5 by Israeli soldiers near his family home. Displaced by fighting earlier in the war, Mr. Bakr, 25, had returned to his neighborhood to search for flour, only to get caught in the middle of a firefight and wounded, he said.
The Israelis found him bleeding after the fighting stopped, he said. They stripped him naked, confiscated his phone and savings, beat him repeatedly and accused him of being a militant who had survived the battle, he said.
“Confess now or I will shoot you,” Mr. Bakr remembered being told.
“I am a civilian,” Mr. Bakr recalled replying, to no avail.
The circumstances of Mr. Bakr’s arrest mirror those of other former detainees interviewed by The Times.
Several said they had been suspected of militant activity because soldiers had encountered them in areas the military thought were harboring Hamas fighters, including hospitals, U.N. schools or depopulated neighborhoods like Mr. Bakr’s.
Younis al-Hamlawi, 39, a senior nurse, said he was arrested in November after leaving Al-Shifa Hospital in Gaza City during an Israeli raid on the site, which Israel considered a Hamas command center. Israeli soldiers accused him of having ties to Hamas.
All of the eight former detainees described their capture in similar ways: They were generally blindfolded, handcuffed with zip ties and stripped naked except for their underwear, so that Israeli soldiers could be sure they were unarmed.
Most said they were interrogated, punched and kicked while still in Gaza, and some said they were beaten with rifle butts. Later, they said, they were crammed with other half-naked detainees into military trucks and driven to Sde Teiman.
Some said they had later spent time in the official Israeli prison system, while others said they were brought straight back to Gaza.
During his month at the site, Mr. Bakr spent four days, on and off, under interrogation, he said.
“I consider them the worst four days of my entire life,” said Mr. Bakr.
How the Site Developed
During previous wars with Hamas, including the 50-day conflict in 2014, the Sde Teiman military base intermittently held small numbers of captured Gazans. A command center and warehouse for military vehicles, the base was selected because it is close to Gaza and houses an outpost of the military police, who oversee military detention facilities.
In October, Israel started using the site to detain people captured in Israel during the Hamas-led attack, housing them in an empty tank hangar, according to the site commanders. Once Israel invaded Gaza at the end of that month, Sde Teiman began receiving so many people that the military refitted three other hangars to detain them and converted a military police office to create more space for interrogations, they said.
By late May, they said, the base included three detention sites: the hangars where detainees are guarded by military police; nearby tents, where detainees are treated by military doctors; and an interrogation facility in a separate part of the base that is staffed by intelligence officers from Israel’s military intelligence directorate and the Shin Bet.
Classified as “unlawful combatants” under Israeli legislation, detainees at Sde Teiman can be held for up to 75 days without judicial permission and 90 days without access to a lawyer, let alone a trial.
The Israeli military says these arrangements are permitted by the Geneva Conventions that govern international conflict, which allow the internment of civilians for security reasons. The commanders at the site said that it was essential to delay access to lawyers in order to prevent Hamas fighters from conveying messages to their leaders in Gaza, hindering Israel’s war effort.
After an initial interrogation at Sde Teiman, detainees still suspected of having militant ties are usually transferred to another military site or a civilian prison. In the civilian system, they are supposed to be formally charged; in May, the government said in a submission to Israel’s Supreme Court that it had started criminal proceedings against “hundreds” of people captured since Oct. 7, without giving further details about the exact number of cases or their status. There have been no known trials of Gazans captured since October.
Experts on international law say Israel’s system around initial detention is more restrictive than many Western counterparts in terms of the time it takes for judges to review each case, as well as in the lack of access for Red Cross staff.
Early in its war against the Taliban in Afghanistan, the United States also delayed independent review of a detainee’s case for 75 days, said Lawrence Hill-Cawthorne, a law professor who wrote an overview of the laws governing detention of nonstate combatants. The U.S. shortened that delay in 2009 to 60 days, while in Iraq cases were reviewed within a week, the professor said.
Israel’s decision to delay judicial review of a case for 75 days without providing access to lawyers or the Red Cross “looks to me like a form of incommunicado detention, which itself is a violation of international law,” Professor Hill-Cawthorne said
After Mr. Bakr disappeared suddenly in January, he said, his family had no way of finding out where he was. They assumed he was dead.
Where the Detainees live
Inside Sde Teiman, Mr. Bakr was held in an open-sided hangar where he said he was forced, with hundreds of others, to sit handcuffed in silence on a mat for up to 18 hours a day. The hangar had no external wall, leaving it open to the rain and the cold, and guards watched him from the other side of a mesh fence.
All the detainees wore blindfolds — except for one, known by the Arabic word “shawish,” which means sergeant. The shawish acted as a go-between the soldiers and the prisoners, doling out food and escorting fellow prisoners to a block of portable toilets in the corner of the hangar.
Weeks later, Mr. Bakr said, he was appointed as a shawish, allowing him to see his surroundings properly.
His account broadly matches that of other detainees and is consistent with what The Times was shown at the site in late May.
The commanders at the site said detainees were allowed to stand up every two hours to stretch, sleep between roughly 10 p.m. and 6 a.m. and pray at any time. For a brief period in October, they said, detainees were allowed to take off their blindfolds and move around freely within the hangars. But that arrangement ended after some detainees became unruly or tried to unlock their handcuffs, the commanders said.
Exhausted after the journey to Sde Teiman, Mr. Bakr fell asleep soon after his arrival — prompting an officer to summon him to a nearby command room, he said.
The officer began beating him, Mr. Bakr said. “This is the punishment for anyone who sleeps,” he recalled the officer saying.
Others described similar responses to minor infractions. Rafiq Yassin, 55, a builder detained in December, said he was beaten repeatedly in his abdomen after trying to peek from underneath his blindfold. He said he began vomiting blood and was treated at a civilian hospital in the nearby city of Beersheba. Asked about the claim, the hospital referred The Times to the health ministry, which declined to comment.
The Israeli soldier who witnessed abuses at a hangar said one detainee was beaten so hard that his ribs bled after he was accused of peeking beneath his blindfold, while another was beaten after talking too loudly too often.
The Times did not witness any beatings during the visit to the hangar, where some detainees were seen praying while others were assessed by paramedics or brought by the shawish to wash in a sink at the back of the hangar. One man could be seen peeking beneath his blindfold without immediate punishment.
Like the other former detainees, Mr. Bakr recalled receiving three meager snacks on most days — typically bread served with small quantities of either cheese, jam or tuna, and occasionally cucumbers and tomatoes. The military said that the food provisions had been “approved by an authorized nutritionist in order to maintain their health.”
According to several former detainees, it was not enough. Three said they lost more than 40 pounds during their detention.
Some medical treatment is available on site. The commanders brought The Times to an office where they said medics screened every detainee on arrival, in addition to monitoring them every day in the hangars. Serious cases are treated in a nearby cluster of tents that form a makeshift field hospital.
Inside those tents, patients are blindfolded and handcuffed to their beds, in accordance with a health ministry document outlining policies for the site, which was reviewed by The Times.
During the visit, four medics at the hospital said those measures were necessary to prevent attacks on the medical staff. They said that at least two prisoners had tried to assault medics during their treatment.
But others, including Dr. Donchin, said that in many cases the handcuffs were unnecessary and made it harder to treat people properly.
Two Israelis who were at the hospital last year said that its staff members were much less experienced and more poorly equipped during earlier phases of the war. One of them, who spoke on condition of anonymity to avoid prosecution, said that at the time patients were not given enough painkillers during painful procedures.
Physicians for Human Rights, a rights group in Israel, said in a report in April that the field hospital was “a low point for medical ethics and professionalism.”
The hospital’s current leadership acknowledged that it had not always been as well-equipped as it has become, but said its staff was always highly experienced.
Dr. Donchin said in some respects the treatment at the field clinic was now “a little better” than in Israeli civilian hospitals, mainly because it was staffed by some of the best doctors in Israel. Dr. Donchin, a lieutenant colonel in the military reserve, was a long-serving anesthesiologist at a major hospital in Jerusalem and now teaches at a leading medical school.
The facilities and equipment seen by The Times included an anesthesia machine, an ultrasound monitor, X-ray equipment, a device for analyzing blood samples, a small operating theater and a storeroom containing hundreds of medicines.
Doctors serving at Sde Teiman who spoke to The Times said they were also told not to write their names on any official documentation and not to address each other by name in front of the patients.
Dr. Donchin said that officials feared they could be identified and charged with war crimes at the International Criminal Court.
During The Times’s visit, three doctors said they did not fear prosecution but sought anonymity to prevent Hamas and their allies from attacking them or their families.
How the Interrogations work
Roughly four days after his arrival, Mr. Bakr said he was called in for interrogation.
Like others who spoke to The Times, he remembered being brought to a separate enclosure that the detainees called the “disco room” — because, they said, they were forced to listen to extremely loud music that prevented them from sleeping. Mr. Bakr considered it a form of torture, saying it was so painful that blood began to trickle from inside his ear.
The Israeli military said that the music was “not high and not harmful,” played within earshot of Israelis and Palestinians alike, and was meant to prevent the detainees from easily conferring with each other before interrogation. The Times was not shown any part of the interrogation complex, including the area where music was played.
Wearing nothing but a diaper, Mr. Bakr said, he was then brought to a separate room to be questioned.
The interrogators accused him of Hamas membership and showed him photographs of militants to see if he could identify them. They also asked him about the whereabouts of hostages, as well as a senior Hamas leader who lived near Mr. Bakr’s family home. When Mr. Bakr denied any connection to the group or knowledge of the pictured men, he was beaten repeatedly, he said.
Mr. al-Hamlawi, the senior nurse, said a female officer had ordered two soldiers to lift him up and press his rectum against a metal stick that was fixed to the ground. Mr. al-Hamlawi said the stick penetrated his rectum for roughly five seconds, causing it to bleed and leaving him with “unbearable pain.”
A leaked draft of the UNRWA report detailed an interview that gave a similar account. It cited a 41-year-old detainee who said that interrogators “made me sit on something like a hot metal stick and it felt like fire,” and also said that another detainee “died after they put the electric stick up” his anus.
Mr. al-Hamlawi recalled being forced to sit in a chair wired with electricity. He said he was shocked so often that, after initially urinating uncontrollably, he then stopped urinating for several days. Mr. al-Hamlawi said he, too, had been forced to wear nothing but a diaper, to stop him from soiling the floor.
Ibrahim Shaheen, 38, a truck driver detained in early December for nearly three months, said he was shocked roughly half a dozen times while sitting in a chair. Officers accused him of concealing information about the location of dead hostages, Mr. Shaheen said.
Mr. Bakr also said he was forced to sit in chair wired with electricity, sending a current pulsing through his body that made him pass out.
Released without charge
After more than a month in detention, Mr. Bakr said, the officers seemed to accept his innocence.
Early one morning in February, Mr. Bakr was put on a bus heading to Israel’s border with southern Gaza: After a month of detention, he was about to be released.
He said he asked for his phone and the 7,200 shekels (roughly $2,000) that had been confiscated from him during his arrest in Gaza, before he reached Sde Teiman.
In response, a soldier hit and shouted at him, Mr. Bakr said. “No one should ask about his phone or his money,” the soldier said, according to Mr. Bakr.
The military said all personal belongings were documented and placed in sealed bags after detainees arrived at Sde Teiman, and returned on their release.
Around dawn, the bus arrived at the Kerem Shalom crossing point, near the southern tip of Gaza.
Like other returned detainees, Mr. Bakr walked for roughly a mile before being greeted by aid workers from the Red Cross. They fed him and briefly checked his medical condition. Then they brought him to a nearby terminal where, he said, he was briefly interrogated by Hamas security officials about his time in Israel.
Borrowing a phone, he called his family, who were still 20 miles away in Gaza City.
It was the first time that they had heard from him in more than a month, Mr. Bakr said.
“They asked me, ‘Are you alive?'
[Riccardo Gullotta]