Questa mattina, davanti ai cancelli
sono arrivati trenta fascisti:
erano armati di bombe e coltelli,
questi di Borghi son gli squadristi. (1)
Han cominciato tirando sassi
ai compagni di un capannello;
alle proteste han risposto sparando:
tre ne han feriti con il coltello.
Noi operai gli siam corsi dietro
ma quei vigliacchi sono fuggiti,
approfittando della confusione
mentre portiamo in salvo i feriti.
Subito dopo la vile aggressione
ecco arrivare due capi fascisti;
van con la borsa dal porco padrone
a prender la paga pei loro squadristi.
Li abbiamo presto riconosciuti:
uno è Del Piccolo, quell'assassino,
e l'altro è Mitolo, capo fascista,
torturatore repubblichino. (2)
Dentro la borsa, coi passaporti,
hanno una scure ben affilata:
questa è la prova che i due compari
la sanno lunga su come è andata.
Gli abbiamo fatto alzare le mani,
gli abbiamo messo al collo un cartello
con sopra scritto: "Siamo fascisti,
facciam politica con il coltello".
E dalla Ignis fino in città,
mentre tremavano per la vergogna,
li abbiam portati in testa al corteo
e tutta Trento li ha messi alla gogna.
E in fin dei conti vi è andata bene,
perché alla fine della passeggiata
quella gran forca che meritate
non ce l'avete ancora trovata.
Cari compagni, quella gran forca
dovremo farla ben resistente,
per impiccarci, assieme ai fascisti,
il padron Borghi porco fetente.
Cari compagni, quella gran forca
dovremo farla ben resistente
per impiccarci, assieme ai fascisti,
ogni padrone, porco e fetente.
sono arrivati trenta fascisti:
erano armati di bombe e coltelli,
questi di Borghi son gli squadristi. (1)
Han cominciato tirando sassi
ai compagni di un capannello;
alle proteste han risposto sparando:
tre ne han feriti con il coltello.
Noi operai gli siam corsi dietro
ma quei vigliacchi sono fuggiti,
approfittando della confusione
mentre portiamo in salvo i feriti.
Subito dopo la vile aggressione
ecco arrivare due capi fascisti;
van con la borsa dal porco padrone
a prender la paga pei loro squadristi.
Li abbiamo presto riconosciuti:
uno è Del Piccolo, quell'assassino,
e l'altro è Mitolo, capo fascista,
torturatore repubblichino. (2)
Dentro la borsa, coi passaporti,
hanno una scure ben affilata:
questa è la prova che i due compari
la sanno lunga su come è andata.
Gli abbiamo fatto alzare le mani,
gli abbiamo messo al collo un cartello
con sopra scritto: "Siamo fascisti,
facciam politica con il coltello".
E dalla Ignis fino in città,
mentre tremavano per la vergogna,
li abbiam portati in testa al corteo
e tutta Trento li ha messi alla gogna.
E in fin dei conti vi è andata bene,
perché alla fine della passeggiata
quella gran forca che meritate
non ce l'avete ancora trovata.
Cari compagni, quella gran forca
dovremo farla ben resistente,
per impiccarci, assieme ai fascisti,
il padron Borghi porco fetente.
Cari compagni, quella gran forca
dovremo farla ben resistente
per impiccarci, assieme ai fascisti,
ogni padrone, porco e fetente.
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Dall'EP "Il popolo si fa giustizia da se'"
Testo trovato su Portale B&F - la pace contro la guerra (dove la canzone si può anche ascoltare)
Cronaca di un'aggressione fascista, a Trento, nel 1970, davanti a una fabbrica.
"Lotta partigiana nel 1945, quando Bocca arrestò Andrea Mitolo", di Alan Conti
da Alto Adige, 29 dicembre 2011
Erano gli anni in cui la storia aveva disegnato un confine politico e sociale sull'Italia, di qua rossa di là nera. Nessun intermedio o mixed zone: ciascuno scelga il proprio campo. Andrea Mitolo e Giorgio Bocca, come la storia insegna, optano per due scelte contrapposte e il destino si diverte, beffardo, a metterli uno contro l'altro in due tempi. Primo atto nel 1945, secondo dopo il 30 luglio 1970 e la celebre marcia di vergogna imposta dagli operai della Ignis di Spini di Gardolo a Gastone Del Piccolo e lo stesso Mitolo. La storia è nota: durante un'assemblea sindacale interna alla Ignis viene imposta dal proprietario dell'azienda la presenza di rappresentanti del sindacato di destra Cisnal. Del Piccolo si presenta con un'accetta preventiva, ma dall'altra trova operai ben poco disposti ad accettare ospiti neofascisti: ne nasce un pestaggio, scoppiano due bombe carta e spuntano pugni di ferro e coltelli. Tre feriti con le lame, di cui uno in un primo tempo definito a rischio di vita, accendono la sete di vendetta rossa con gli operai che circondano Del Piccolo e Mitolo, allora consigliere regionale Msi giunto sul posto, e li costringono a un corteo forzato da Spini di Gardolo fino a Trento. Sono sette chilometri di sputi, insulti e un cartello appeso al collo riportante la dicitura "Siamo fascisti, abbiamo accoltellato tre operai. E' questa la nostra politica pro-operaia". Le forze dell'ordine guardano e non intervengono nel tentativo di ridimensionare la rissa. E' l'alba degli estremismi e dei terrorismi, basta una scintilla per un falò: il 30 luglio diventa data simbolo e scatta il processo contro gli operai, viene sollevato il questore Giuseppe Amato, divampa la polemica. Il 2 agosto sulle colonne del "Giorno" Giorgio Bocca innesca la penna ricordando quando, da partigiano, faceva lo stesso con il mitra. "L'avvocato Andrea Mitolo - scrive - è una mia vecchia conoscenza: lo facemmo prigioniero ufficiale fascista nel '45 in una valle del Cuneese. Aveva combattuto assieme ai nazisti fino all'ultimo giorno. L'ordine sarebbe stato di fucilarlo visto che aveva le armi in pugno al momento dell'arresto, ma lo facemmo tornare a casa sua a Bolzano, dove a tavolino si mise a stendere una denuncia alla Magistratura contro di noi per omicidio e strage (in Trentino Alto Adige c'era ancora l'Alpenverland). C'è da credere che ora stia denunciando gli operai che non hanno risposto alle coltellate con le coltellate dei suoi sgherri perché è un uomo che crede nell'odio". Bordate che non sfuggono all'avvocato Sandro Canestrini, oggi 91enne, impegnato nel processo che seguì presso la corte d'assise trentina. «Convocò Giorgio Bocca tra i testimoni - racconta l'editorialista dell'Alto Adige Giuseppe Raspadori che seguì da vicino le vicende del 30 luglio 1970 - per mettere chiaramente in luce con la giuria popolare, fasciata di tricolore, la condotta di vita di Mitolo. Poi, purtroppo, non se ne fece nulla perché la corte depennò una lunga lista di testimoni: erano gli anni del soccorso rosso e le convocazioni furono centinaia. Tra i bolzanini, comunque, rammento anche la presenza attiva dell'avvocato Gianni Lanzinger». Per ricordare bene i Mitolo, però, a Bocca non serviva certo lo scranno di un tribunale: l'episodio della denuncia di Andrea, infatti, viene riportata pure a pagina 98 della sua autobiografia "Il Provinciale" pubblicata nel 1991, tempi recenti. Non solo, è lo stesso Raspadori a riportare alla mente un curioso aneddoto. «Qualche anno fa ricordo delle elezioni in cui Pietro Mitolo figurava tra i possibili vincitori. Alzai la cornetta, memore dell'episodio Ignis, e chiamai Giorgio per riferirgli questo fatto e lui, con una lucidità impeccabile, mi avvertì di non confondere i due fratelli repubblichini che non esitò a definire "immarcescibili"». Oggi, quarantuno anni dopo, la linea di confine è meno netta e gli estremi sono più estremi: forse lassù Mitolo e Bocca troveranno il modo di chiarirsi, a modo loro.