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Zeven dagen lang [incl. Son ar chistr]

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Langue: néerlandais


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[1976]
Nederlandstalige tekst / Testo neerlandese / Dutch lyrics / Paroles néerlandaises / Hollanninkieliset sanat:
Peter Koelewijn, Hans Sanders
Album / Albumi: Voor God En Vaderland

Son ar chistr:
Bretonse tekst / Testo bretone / Breton lyrics / Paroles bretonnes / Bretoninkieliset sanat:
Jean-Bernard Prima, Jean-Marie Prima, 1929

Voor God En Vaderland


"Nel 1976, il gruppo olandese Bots fa una versione della canzone Bretone Son Ar Chistr, che spopola in Olanda e Germania, con il titolo "Zeven dagen lang" (For Seven Days – in italiano "Per sette giorni"). La melodia è la stessa melodia del brano bretone, ma con un testo rimaneggiato che lo fa diventare un canto sociale e politico." [Dq82]

chister


1. Alle origini: Son ar chistr

Nella (complessa) tradizione del canto bretone, esiste una differenza fondamentale tra la son (fr. sône) e la gwerz. La prima è un canto aneddotico, che riflette -in modo generalmente gioioso e divertente- i fatti della vita quotidiana, i “fatterelli” locali e privati; la seconda è, invece, un canto di stile giornalistico che riflette avvenimenti di interesse collettivo, locale, nazionale e, spesso, internazionale (ma si veda qui l'opportuna osservazione di Flavio Poltronieri). In questo piccolo saggio introduttivo, andremo a vedere come, nella sua storia, una delle più celebri sonioù bretoni sia diventata, in pratica, una gwerz in lingua neerlandese (o olandese). Non ha cambiato soltanto lingua, ma anche genere, diventando un canto sociale e politico in piena regola, come già rimarcato da Dq82 che ha proposto e inserito questa canzone. E’, naturalmente, anche il motivo per cui la canzone neerlandese è stata scelta come “punto di partenza”, sebbene non possa essere separata dalla Son ar chistr bretone originale.

Secondo la tradizione, la Son ar chistr ha avuto origine nel 1929 (altre fonti riportano però il 1928). Sarebbe stata composta, la sera dell’ultimo giorno di trebbiatura, da due contadini adolescenti di Guiscriff [in bretone: Gwiskri], nel Morbihan, a nome Jean-Bernard Prima e Jean-Marie Prima (con tutta probabilità fratelli, o quantomeno appartenenti alla medesima famiglia). Il racconto ha sempre previsto che i due ragazzi avessero cominciato a improvvisare canzoni per rendere meno monotono il lavoro nei campi (cosa assolutamente verosimile), e che fossero soliti cantare queste canzoni anche in occasione di matrimoni, feste e simili. Cantavano, naturalmente, nel dialetto bretone locale, il terribile Vannetais (Gwenedeg) generalmente incompresibile anche agli altri parlanti bretoni, usando l’antica tradizione del Kan ha diskan (“Canto e Discanto”): uno dei due cantava il testo, e l’altro lo ripeteva (in questo sito ne abbiamo numerosi esempi; si veda, ad esempio, Ne bado ket atao). La canzone è, tra le altre cose, anche una tipica ridée, una danza bretone con sei battute per misura.

Tornando ai nostri due adolescenti di Guiscriff, il fatidico ultimo giorno della stagione di trebbiatura (quindi, grosso modo nella seconda metà del mese di luglio), Jean-Bernard si avvicinò a Jean-Marie (soprannominato Laou) con un boccale in mano pieno di sidro, dicendo, in Vannetais: Yao jistr ‘ta, Laou! (“eccoti il sidro, Laou!”) - jistr in Vannetais, sistr negli altri dialetti bretoni. Insomma, una bella bevuta da ragazzi dopo aver terminato un duro lavoro. Questa esclamazione avrebbe ispirato un’intera canzone, un’intera son per la quale fu trovata una melodia, probabilmente servendosi di una qualche musica popolare già esistente (non bisogna naturalmente pensare che i due ragazzi si fossero messi ad un tavolino componendo note su un pentagramma). Poiché quasi niente esiste in Bretagna senza che, in un qualche modo, ci siano di mezzo preti, parroci, diaconi e sacrestani, si dice anche che, dopo l’improvvisazione “sul campo” (in tutti i sensi), la canzone sia stata scritta su consiglio del sacrestano di Scaër, un paese a circa 8 km da Guiscriff. Scrive a tale riguardo Flavio Poltronieri:

"[...] Scritta in bretone Vannetais, fu raccolta in una versione parzialmente modificata da Jul Gwernig, padre di Youenn, allora sacrestano presso la parrocchia di Scaër. Divenne molto popolare tra il Pays Vannetais e la Cornouaille, poi col tempo le parole verranno un po’ modificate, aggiungendo distici, fu talvolta anche cambiato l’ordine, qualcuna di esse scomparità. [...]"

Questa la vulgata sull’origine della Son ar chistr. In realtà, qualcuno ha affermato che si tratta di una leggenda, e che la canzone sarebbe stata scritta da un imprecisato sonatore di binioù attorno al 1920. Quale che ne sia la vera origine, la Son ar chistr ottenne quasi subito una grande popolarità, anche se, per il momento, soltanto in Bretagna. Nessuno poteva naturalmente immaginarsi che una canzonetta in stile tradizionale, scritta e cantata in un dialetto che gli stessi bretoni faticano a capire (si veda a mo’ d’esempio Er soudarded zo gùisket é ru), sarebbe un giorno diventata una canzone nota a livello internazionale. Una drinking song scritta probabilmente da due ragazzini che si eran fatti una bevutona di sidro dopo aver faticato nei campi. Scrive ancora, sinteticamente, Flavio Poltronieri:

"Divenne molto popolare tra il Pays Vannetais e la Cornouaille, poi col tempo le parole verranno un po’ modificate, aggiungendo distici; fu talvolta anche cambiato l’ordine, qualcuna di esse scomparità. Dopo la pubblicazione di Polig Monjarret nel 1951 come “Yao jistr ‘ta laou”, il titolo divenne “Ev jistr ‘ta laou” e in seguito perse l’apostrofo (“Yod jist ta Laou”), quindi “Ev chistr ‘ta Laou”, “Son ar jistr” fino al 1970 quando Alan Stivell la pubblicò finalmente come “Son ar Chistr” dapprima sul lato 2 del 45 giri FONTANA “Brocéliande”, quindi nell’LP “Reflets”.

Per ampliare e integrare un po’ la cosa, si può dire che, nei decenni successivi, i folcloristi furono in grado di registrarne quattro versioni diverse, tra il 1940 e il 1941. Fu però nel 1951, come accennato da Flavio Poltronieri, che Polig Monjarret (1920-2003), poeta, musicista e esponente di spicco del Mouvement Breton (nonché creatore del Bodadeg ar Sonerion, una delle principali associazioni di musica tradizionale bretone), pubblicò per la prima volta la canzone con il titolo originale di Yao jistr ‘ta laou. Laou significa, come nome collettivo, “pulci” in bretone; il soprannome “Laou” di uno dei due ragazzi, Jean-Marie Prima, gli era stato forse dato perché di corporatura minuta? Tale soprannome, che rimanda comunque a qualcuno di corporatura non propriamente “vichinga”, è stato fra l’altro ipotizzato anche per il sonatore di binioù che, in alternativa, avrebbe scritto la canzone attorno al 1920 e che, secondo alcuni, sarebbe finito a fare vita da clochard a Parigi.Fatto sta che il titolo della canzone pareva significare “ecco il sidro per le pulci”, anche nella forma modificata Ev jistr ‘ta laou.

Non è improbabile che, anche per questo motivo, la canzone divenne ben presto nota, più semplicemente, come Son ar chistr, “Canzone del sidro”. Nell’estrema variegatezza dei dialetti bretoni, il termine può essere indifferentemente espresso come sistr (la forma peurunvanet standardizzata), chistr (con coloritura più dialettale) o jistr (Vannetais). Dopo la pubblicazione da parte di Polig Monjarret, la canzone divenne comunque uno standard della musica tradizionale bretone, e veramente non esiste alcun artista bretone che non la abbia suonata e interpretata. Si ricordi ad esempio Youenn Gwernig (1925-2006):



Con gli anni ‘60, in Bretagna e altrove, salì a dismisura l’interesse per la musica popolare; è un fatto tipico del periodo, e talmente noto da non necessitare di soffermarvisi troppo. In particolare nelle aree linguistiche minoritarie, come la Bretagna, sottoposte da tempo ad una vera e propria eradicazione linguistica e culturale da parte di uno stato fortemente centralizzato come la Francia, il semplice fatto di cantare canzoni tradizionali nella lingua locale era visto come un atto di autentica resistenza, unito a tutto il complesso delle lotte sociopolitiche e ambientali. (Ri)apprendere la lingua, cantare, e scrivere. Da questo punto di vista, anche una canzone allegra e gioiosa come la Son ar chistr poteva avere, e aveva, una sua ben precisa funzione. Non è forse esagerato affermare che ogni canzone in lingua bretone (basca, occitana, corsa, arpitana…) aveva connotati sociali e politici anche se parlava di due ragazzi che si bevevano il loro sidro.

Nel 1970, il giovane e adesso ottantenne Alan Cochevelou (nato a Riom, in Alvernia, nel 1944 ma di origine bretone) diede alla canzone bretone la sua prima commistione folk-rock in un album veramente storico, Reflets, che include anche la sua versione della Son ar chistr:



Per chi, come me, è un disperato amante di vere e proprie lagne d’ogni paese, cantate a cappella dalle sorelle Goadec, il giudizio sul folk-rock è per forza di cose ambiguo. Avessi la macchina del tempo, mi piacerebbe ritornare su quel campo di Guiscriff e ascoltare i due ragazzini come cantavano veramente la loro canzoncina mentre si scolavano i bicchieroni di sidro. Questo da un lato; dall’altro, capisco oltremodo bene l’ “operazione” fatta a suo tempo da Alan Stivell e da altri, spesso assai bella e gradevole ma assolutamente aberrante dal punto di vista filologico e musicale. La versione stivelliana della Son ar chistr, intendiamoci, è molto bella e storica, ma è un concentrato di cose che non c’entrano veramente un pìffero, a partire dall’ ”arpa celtica” (reinventata proprio da Alan Stivell e suo padre, e di cui Stivell è stato un virtuoso fin da bambino) che apre l’esecuzione della Son ar chistr in Reflets. Un caso assolutamente tipico di “invenzione della tradizione”, per dirla in modo esplicitamente brutale. Ma tant’è, se servì (e servì eccóme!) a diffondere entusiasmo, ascolto e ripresa delle canzoni tradizionali, rese “ascoltabili” e fruibili culturalmente. Però, va ribadito, su quel campo di Guiscriff c’erano ceste, falci, zappe e sudore, non arpe celtiche. C’era una società rurale che è, dappertutto, morta e sepolta. Amen; senza contare che nel Morbihan, che ha un clima particolare, a metà luglio ci può fare anche un gran caldo.

E’ comunque proprio dai Reflets stivelliani che la Son ar chistr inizia il suo inarrestabile percorso internazionale, un vero e proprio giro del mondo; ed è qui che si comincia a parlare della Zeven dagen lang neerlandese dei Bots, e di altre versioni o cover (quando sarò finalmente Imperatore, giuro che proibirò severamente l’uso di questo termine).

2. Il sidro nel mondo: Zeven dagen lang & alia

Accadde però che, nel 1976, la canzone del sidro cominciò a “emigrare”; e, in quest’emigrazione, cambiò pelle. Accadde per la prima volta in un paese in sé non lontanissimo dalla Bretagna, ma che, forse, poco ci si sarebbe aspettato: i Paesi Bassi, detti comunemente “Olanda”. Questo, naturalmente, è anche un segnale ben preciso di quanto la nuova tendenza musicale folk-rock engagée bretone sia stata importante, e recepita anche in paesi ai quali, fino ad allora, la scena musicale di quella piccola e appartata “regione” francese, dove si parlava ancora una “lingua strana”, era sempre stata pressoché sconosciuta. Potenza di tutto un periodo irripetibile, anche musicalmente.

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Venerdì 11 giugno 1976 (insomma, mentre sto scrivendo, quasi quarantotto anni fa) la stazione radio olandese Hilversum 3 mandò in onda un neonato disco con una canzone intitolata Zeven dage lang (“Per sette giorni” in neerlandese). La canzone era stata scritta e interpretata dai Bots, una band formatasi a Eindhoven nel 1974 e composta originariamente da Hans Sanders (allora studente di sociologia a Eindhoven), Bonkie Bongaerts, Sjors van de Molengraft, Peter de Vries e Floris Teunissen van Manen, di nobili origini. Il disco era stato prodotto da Peter Cornelis Koelewijn, anch’egli nativo di Eindhoven.

Fin dalla loro nascita, i Bots erano stati un complesso fortemente militante; tant’è che si situarono in quel genere che, nei Paesi Bassi, andava sotto il nome di strijdcultuur “cultura di lotta” (o di battaglia, o di contrapposizione; oggi, quindi, si direbbe meglio “antagonista”). Già prima di Zeven dagen lang, i testi del complesso si facevano notare per i loro contenuti decisamente radicali. Con Zeven dagen lang, ottennero un successo folgorante: la vecchia e rispolverata drinking song (nata, comunque, in una situazione di lavoro rurale) diventava un testo politico vero e proprio, e di grande presa. Il testo neerlandese è, inutile dirlo, totalmente autonomo; pur mantenendo la connotazione della “bevuta” (”Wat zullen we drimken…?”), aveva ed ha valore politico, di lotta ed unione dei lavoratori.
Wat zullen we drinken
Zeven dagen lang
Wat zullen we drinken, wat een dorst
Wat zullen we drinken
Zeven dagen lang
Wat zullen we drinken, wat een dorst

Er is genoeg voor iedereen
Dus drinken we samen
Zeven dagen lang
Ja werken we samen, niet alleen
Dan is er werk voor iedereen
Dus werken we samen
Zeven dagen lang
Ja werken we samen, niet alleen

Eerst moeten we vechten
Niemand weet hoe lang
Eerst moeten we vechten, voor ons belang
Eerst moeten we vechten
Niemand weet hoe lang
Eerst moeten we vechten, voor ons belang

Voor het geluk van iedereen
Dus vechten we samen
Samen staan we sterk
Ja vechten we samen, niet alleen
Voor het geluk van iedereen
Dus vechten we samen
Samen staan we sterk
Ja vechten we samen, niet alleen

envoyé par Dq82 - 2/6/2024 - 20:52




Langue: italien

Traduzione italiana / Italian translation / Traduction italienne / Italiaanse vertaling / Italiankielinen käännös:
Cattia Salto e Riccardo Venturi, 7-6-2024 11:27
Per sette giorni

Cosa vogliamo bere
Per sette giorni,
Cosa vogliamo bere? Che sete!
Cosa vogliamo bere
Per sette giorni.
Cosa vogliamo bere? Che sete!

Ce n’è abbastanza per tutti,
Quindi beviamo insieme
Per sette giorni,
Sì, lavoriamo insieme, non da soli
E poi ci sarà lavoro per tutti
Quindi lavoriamo insieme
Per sette giorni,
Sì, lavoriamo insieme, non da soli!

Prima ci sarà da lottare,
Nessuno sa per quanto
Prima ci sarà da lottare, per il nostro bene
Prima ci sarà da lottare,
Nessuno sa per quanto
Prima ci sarà da lottare, per il nostro bene!

Per la felicità di tutti [1],
Quindi lottiamo insieme,
Insieme saremo forti,
Sì, lottiamo insieme, non da soli
Per la felicità di tutti
Quindi, lottiamo insieme,
Insieme saremo forti,
Sì, lottiamo insieme e non da soli!
[1] Anche: "fortuna".

envoyé par Dq82 - 2/6/2024 - 20:57




Langue: allemand

Versione tedesca dei Bots
Aufstehn (1980)
Aufstehn

SIEBEN TAGE LANG

Was wollen wir trinken sieben Tage lang?
Was wollen wir trinken? So ein Durst
(Was wollen wir trinken sieben Tage lang?)
(Was wollen wir trinken? So ein Durst)
Es wird genug für alle sein
Wir trinken zusammen, roll das Fass mal rein
Wir trinken zusammen, nicht allein
(Es wird genug für alle sein)
(Wir trinken zusammen, roll das Fass mal rein)
(Wir trinken zusammen, nicht allein)

Dann wollen wir schaffen, sieben Tage lang
Dann wollen wir schaffen, komm fass an
(Dann wollen wir schaffen, sieben Tage lang)
(Dann wollen wir schaffen, komm fass an)
Und dass wird keine Plagerei
Wir schaffen zusammen sieben Tage lang
Wir schaffen zusammen, nicht allein
(Und dass wird keine Plagerei)
(Wir schaffen zusammen sieben Tage lang)
(Wir schaffen zusammen, nicht allein)

Jetzt müssen wir streiten, keiner weiß wie lang
Ja, für ein Leben ohne Zwang
(Jetzt müssen wir streiten, keiner weiß wie lang)
(Ja, für ein Leben ohne Zwang)
Dann kriegt der Frust uns nicht mehr klein
Wir halten zusammen, keiner kämpft allein
Wir gehen zusammen, nicht allein
(Dann kriegt der Frust uns nicht mehr klein)
(Wir halten zusammen, keiner kämpft allein)
(Wir gehen zusammen, nicht allein)

[Chor]
La la la la la lala
La la la la
Lalala la la la la la
La la la la la lala
La la la la
Lalala la la la la la
La la la la la la la la
La lalala la la lala
La la la la
Lalala la la la la la
La la la la la la la la
La lalala la la lala
La la la la
Lalala la la la la la
La la la la la lala
La la la la
Lalala la la la la la
La la la la la lala
La la la la
Lalala la la la la la
La la la la la la la la
La lalala la la lala
La la la la
Lalala la la la la la
La la la la la la la la
La lalala la la lala
La la la la
Lalala la la la la la
La la la la la la la la
La lalala la la lala

envoyé par Dq82 - 10/6/2024 - 09:23




Langue: breton

“La canzone del Sidro” viene dalla Bretagna, ma non è un’antica aria bretone bensì una composizione popolare di Jean-Bernard e Jean-Marie Prima due giovanissimi agricoltori di Guiscriff (Morbihan), che nel 1929 una sera dell’estate, mentre si ultimava il lavoro di trebbiatura, con una tazza di sidro in mano, davano il via alla prima strofa «Yao jistr ‘ta Laou».
Il brano è successivamente pubblicato da Polig Monjarret nel 1951 con il titolo “Ev jistr’ta laou” finche negli anni 70 Alan Stivell lo registra con il titolo “Son ar chistr” e lo consegna alla popolarità sovranazionale.
A quanto mi sembra di capire leggendo l’articolo pubblicato in Musique bretonne (la rivista dell’associazione Dastum) -n 136 del 1995 pag 22 – i due sono compositori per le parole e la musica del brano in questione. A mio parere la melodia richiama il Branle d’Ecosse!
terreceltiche




The Chieftains con il titolo “Ev Chistr ‘ta, laou!”, in Celtic Wedding: Music of Brittany, 1987 (guarda caso Polig Monjarret ha collaborato con Paddy Moloney nella cernita delle melodie)

Son Ar Chistr

Ev'(1) chistr ‘ta Laou (2) rak chistr ‘zo mat, lonla,
Ev’ chistr ‘ta Laou rak chistr ‘zo mat.
Ev’ chistr ‘ta Laou rak chistr ‘zo mat,
Ur blank ur blank ar chopinad, lonla,
Ur blank ur blank ar chopinad.
Ar chistr ‘zo graet e’it bout (3) evet, lonla,
Hag ar merc’hed e’it bout karet.
Karomp pep hini e hini, loñla
‘Vo kuit da zen kaout jalousi
N’oan ket c’hoazh tri miz eureujet, lonla,
Benn’ vezen bamdeiz chikanet.
Taolioù botoù, fasadigoù, loñla
Ha toull an nor ‘wechadigoù
Met n’eo ket se ‘ra poan-spered din, loñla
Ar pezh ‘oa bet lavaret din
Lâret ‘oa din’oan butuner, loñla
Ha lonker sistr ha merc’hetaer
Ev chistr ‘ta Laou, rak chistr zo mat, loñla
Ur blank, ur blank ar chopinad
(1) yao pronunciato yo vuol dire “c’est parti”
(2) in francese è Guillaume ossia Willy
(3) si pronuncia “bet”

envoyé par Dq82 - 2/6/2024 - 20:58




Langue: italien

Traduzione italiana Cattia Salto
Bevi il sidro, Elmo, perchè il sidro è buono
Bevi il sidro, Elmo, perchè il sidro è buono
Bevi il sidro, Elmo, perchè il sidro è buono
un centesimo, un centesimo a bicchiere
un centesimo, un centesimo a bicchiere
Il Sidro è fatto per essere bevuto
e le ragazze sono fatte per essere amate
che ognuno allora ami la sua
e non ci saranno più gelosie
Ero sposato appena da tre mesi
che ero sgridato ogni giorno.
Mi prendeva a calci e a schiaffi
e talvolta, ero buttato fuori dalla porta
Non è questo che più mi addolora
ma quello che è stato detto su di me:
che ero un fumatore
bevitore di sidro, a caccia di gonnelle
Bevi il sidro, Elmo, perchè il sidro è buono
un centesimo a bicchiere

envoyé par Dq82 - 2/6/2024 - 21:04




Langue: italien

Nel 1980 Angelo Branduardi canta Gulliver (testo di Luisa Zappa su musica accreditata alla canzone tradizionale bretone)

Venite tutti, che strana meraviglia il mare ci portò,
venite tutti, è Gulliver il grande che il mare ci portò.
Addormentato davanti a noi Gulliver il grande
è una nera montagna che ci toglie il sole.
E’ Gulliver il grande che il mare ci portò.
Così curioso davanti a noi l’uomo montagna ci guarda già,
venite tutti ad ammirare la meraviglia vista mai.
Gli uomini piccoli pensano già che la sua forza li aiuterà,
Gulliver il grande si chiede già in quale altro mare naufragherà.
Venite tutti, che strana meraviglia il mare ci portò,
venite tutti, è Gulliver il nano che il mare ci portò.
Di freddo trema davanti a noi Gulliver il nano
Ma i suoi occhi cercano già i nostri volti
È Gulliver il nano che il mare ci portò.
Venite tutti ad ammirare la meraviglia con cui giocare,
così indifeso davanti a noi come un bambino a cui insegnare.
E mentre invece dentro di sé del nostro aspetto lui ride già
Gulliver il nano sognando sta un altro mare per naufragare.

envoyé par Dq82 - 2/6/2024 - 21:07


Questo inserimento non sarebbe stato possibile senza l'ausilio dell'articolo di Cattia Salto in terreceltiche.

Ho inserito la versione neerlandese come primo testo, in quanto è una CCG a tutti gli effetti.

Dq82 - 2/6/2024 - 21:09


Secondo me un riferimento nel titolo iniziale a "Son ar Chistr" (anche solo tra parentesi) è indispensabile.

I due giovani autori all’epoca erano soliti creare canzoni per rendere meno monotono il lavoro nei campi. Scritta in bretone Vannetais, fu raccolta in una versione parzialmente modificata da Jul Gwernig, padre di Youenn, allora sacrestano presso la parrocchia di Scaër. Divenne molto popolare tra il Pays Vannetais e la Cornouaille, poi col tempo le parole verranno un po’ modificate, aggiungendo distici, fu talvolta anche cambiato l’ordine, qualcuna di esse scomparità. Dopo la pubblicazione di Polig Monjarret nel 1951 come “Yao jistr ‘ta laou”, il titolo divenne “Ev jistr ‘ta laou” e in seguito perse l’apostrofo (“Yod jist ta Laou”), quindi “Ev chistr ‘ta Laou”, “Son ar jistr” fino al 1970 quando Alan Stivell la pubblicò finalmente come “Son ar Chistr” dapprima sul lato 2 del 45 giri FONTANA “Brocéliande”, quindi nell’LP “Reflets”.

Flavio Poltronieri

Flavio Poltronieri - 3/6/2024 - 19:48


Vorrei fare una precisazione a rigurado l'affermazione che il gwerz sia esclusivamente "un canto di stile giornalistico che riflette avvenimenti di interesse collettivo, locale, nazionale e, spesso, internazionale".

I gwerzioù sono cultura evolutiva che esprime saggezza popolare, talvolta anche a riguardo gli interrogativi o i movimenti che ritmano le stagioni e le epoche. Ciò poiché in quelle antiche società rurali dove naquero, gli individui non sempre erano in grado di svolgere da soli i compiti richiesti dalla vita agricola e vivere in società significava aiutarsi a vicenda per necessità vitali quotidiane. Ma ci sono gwerzioù che erano atti a compiere una specifica funzione in un dato momento, che avevano un senso preciso, anche riprovevole, come quello di far piangere una sposa. Alcuni gwerzioù danno voce a una espressione umana più intima, al terzo mondo dei Celti ("Ar bed arall"), sono canto in collegamento con le sfere celesti, sinteticamente: l'emozione di un istante sorto dal passato che traccia che si iscrive in una storia infinita.

Insomma, il gwerz è il blues della Bretagna. Una curiosità: in lingua bretone questo termine è al femminile al contrario che nel resto della Francia (passaggio tratto da un mio intervento qui:
Divagazioni sui meticciati soliti e insoliti della bombarda bretone - Terre Celtiche Blog

Flavio Poltronieri - 6/6/2024 - 16:12


@ Flavio Poltronieri

Caro Flavio, naturalmente ho in qualche modo integrato la tua osservazione sulla natura e funzione del gwerz nell'introduzione che sto scrivendo. Dico "sto scrivendo", perché la inserisco via via che è pronta; purtroppo, sono molto lento perché sto facendo veramente una fatica del diavolo a scrivere (e a fare qualsiasi cosa compreso cuocermi il classico uovo al tegamino, sperando con questo di non dare fuoco alla casa, ai libri e a me stesso, nel qual caso ti saluto in anticipo). Visto questo inserimento a pezzi e bocconi, ti raccomando di dare costantemente un occhio (espressione che, in questo momento, è decisamente ironica) al saggio introduttivo, in modo che tu possa fare tutte le osservazioni che ritieni opportune. Grazie da Richard Le Luneux.

Riccardo Venturi - 6/6/2024 - 17:35


Caro Le Luneux
non bruciare niente poiché sono sicuro che tutto quello che ti circonda a casa è senz'altro preziosissimo e non credo di essere l'unico a pensarla così, piuttosto cibati solo di cose crude o fredde o inforca intanto fin che aspetti l'operazione, anche due fondi di bottiglia, che tanto quelle non ti mancheranno di sicuro...

Per venire ai gwerzioù utilizza pure se vuoi anche questo estratto da un mio articolo precedente su Terre Celtiche:

Denez Prigent: Il Faro Bretone

Il gwerz in antichità veniva chiamato dai cantastorie “lais” che vuol dire “poemetto”, a differenza dei canti religiosi o di leggenda, oppure dei canti di festa e d’amore che sono i “kentel” (anche “son” o “zon”). Il gwerz non è un racconto lineare, piuttosto un succedersi di quadri, divisi in atti proprio come le opere teatrali. Ascoltare un gwerz significa accettare di viverlo in prima persona, ovvero entrare profondamente in un mondo differente, sempre drammatico. Significa soprattutto entrarci nel momento preciso in cui l’avvenimento accade, svolgendosi così sotto i nostri occhi in tutta la sua intensità, quadro dopo quadro. Comunque sia, che si tratti di un avvenimento storico oppure leggendario, un gwerz non si può mai ascoltare così come viene, distrattamente. E’ esigente e domanda la nostra totale adesione. Non si usano semplicemente le orecchie, senza attenzione, approvazione, completa immersione non si ascolta un gwerz bretone. Si ascolta qualcosa d’altro.

Ti ricordo infine (ma tu certo già lo sai) che a metà dell' 800 nel Pays Vannetais si utilizzava la parola "gwerzenn" per indicare un cantico religioso (prima si diceva "hantig" e poi si dirà "kanenn").

F

Flavio Poltronieri - 6/6/2024 - 18:12


Richard Gwenndour ar Hanter Dall,
l'articolo a cui fa riferimento Dq82 in precedenza, contiene anche le note a riguardo la genesi della canzone, frutto di mie ricerche che, se ti servissero, nel dettaglio erano queste:

I due giovani autori all’epoca erano soliti creare canzoni per rendere meno monotono il lavoro nei campi. Scritta in bretone Vannetais, fu raccolta in una versione parzialmente modificata da Jul Gwernig, padre di Youenn, allora sacrestano presso la parrocchia di Scaër. Divenne molto popolare tra il Pays Vannetais e la Cornouaille, poi col tempo le parole verranno un po’ modificate, aggiungendo distici, fu talvolta anche cambiato l’ordine, qualcuna di esse scomparità. Dopo la pubblicazione di Polig Monjarret nel 1951 come “Yao jistr ‘ta laou”, il titolo divenne “Ev jistr ‘ta laou” e in seguito perse l’apostrofo (“Yod jist ta Laou”), quindi “Ev chistr ‘ta Laou”, “Son ar jistr” fino al 1970 quando Alan Stivell la pubblicò finalmente come “Son ar Chistr” dapprima sul lato 2 del 45 giri FONTANA “Brocéliande”, quindi nell’LP “Reflets”.
F

Flavio Poltronieri - 6/6/2024 - 18:36


@ Flavio Poltronieri / Flav Kadorvrec'her

Ecco, sicuramente utilizzerò tutto nel "saggio introduttivo". Oggi mi sono dilettato con tonno, fagioli e cipolle, tutto rigorosamente freddo, e con un pizzico della mia "famosa" salsina piccante che, per fortuna, avevo già preparato quando ancora non ero mezzo cecàto. Tra parentesi, un po' di sidro bretone non mi farebbe dispiacere; ma non saprei dove trovarlo nei dintorni, visto che se intendessi recarmi ora in Bretagna sbaglierei direzione e mi ritroverei in un luogo imprecisato tra Decimomannu e Perdas de Fogu. Proseguo, integro ha mersi !

Riccardo Venturi - 6/6/2024 - 18:48





Versione gallica degli Eluveitie
Evocation II: Pantheon (2017)
Evocation II: Pantheon

LVGVS

Ambinata in siraxta*
Cailon areuedons in nemesi
Satiion branon tosagiiet uo moudas

Samali gaison exetontin
Rete pos uoretun mapon celti
Con lami nertaci cerdacipe

Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton

Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton

Loux in aredubu, uregetiio tunceton
Cauaros uer agromagos etic bardos
Uer tenetin
Aidus laxscit in menuanbi
Suuidon
Druuis suuidbo etic lama cerdon papon
Tigerne trienepace

Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton

Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton

Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton

Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton

Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton

Exete 'os brane exte 'os
Etic laxsci 'os aidu laxsci 'os
Etic toage gariion toage
Etic uregepe tunceton
* Lvgvs
Beckon in forlornness
Leading sign in the sky
Flock of ravens looming under the clouds

Like a flying spear
Go to Celtos' children rescue
With your strong and skillful hand

Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny

Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!

Light in the dark, forging destiny
Warrior on the battlefield and harper
At our hearth
Fire burning bright in the thought of
The Wise!
Druid to our wise and artisan of all skills!

Three-faced lord,
Lugoves, astonish the children of the
Otherworld

Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!

Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!

Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!

Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!

Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!
Fly, raven, fly
Burn, fire, burn
Arise, word, arise
And work destiny!

envoyé par Dq82 - 10/6/2024 - 09:38




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