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Il canto XLVIII o Abu Askar

Giulio Stocchi
Language: Italian


Giulio Stocchi

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(Giulio Stocchi)
Il posto di lavoro non si tocca
(Giulio Stocchi)
Il canto LIV o l'educazione sentimentale
(Giulio Stocchi)



[1976]
Il dovere di cantare / The Duty of Singing / Le devoir de chanter / Laulamisen velvollisuus
Testi di Giulio Stocchi recitati dall'autore
Poems by Giulio Stocchi recited by the authour
Poèmes de Giulio Stocchi récités par l'auteur
@ DIVERGO DVAE 006 Produzioni d'Essai

dovcantare


Il posto di lavoro non si tocca
Il canto LIV o l’educazione sentimentale
Siamo venuti a prendervi per mano
A Pablo Neruda vivo
Dove nasce la poesia dove nasce la gioia
Il canto XLVIII o Abu Askar
A Carole che è l'acqua
A Carole che è la terra
A Carole che è il vento
Nella fabbrica occupata
Lettera ad ognuno o a tutti i miei compagni
Orazione funebre in memoria di Francisco Franco Bahamonde

Ed anche nei gomitoli intricati del mezzogiorno
Una colomba nera trafitta
Dai raggi vermicolari
Oscilla con ali di giornale
E grida piegate
Nella melma in cui giocano bambini
E piscio di cane
Povere parole sparse con piedi di argilla
Nel cerchio nerolucente di campi e lamiere
Di tende inchinate ai soffi dell'alba
In un'ossessione di ritorno
In un'onda dalle cosce socchiuse
E ride nel cuore della mezzanotte
Ride con scongiuri e preghiere
Nella stretta di madri e di padri
Un osso lasciato da chissà quali lussi
Nell'ambizione del sempre
In un'imprecazione di barche
E non si sanno i segni ed i passi
Non si conoscono gli occhi dei bimbi
La bestemmia della terra proprietà
Dei campi incatenati dai gesti del mai
Chi soffre e chi muore
Guardando gli occhi dei cani
E baracche di muratura
L'orma dei passi che si allontanano
Con clamori di volantini
E occhi di manifesti
E si avvia nella piaga del tramonto
Ridente e silenzioso verso i confini
Come un cavallo di festa
Con passi di fuoco sulla terra nera
E sorrisi di stella
Dopo aver baciato tre volte i compagni
Nella sua furia di quattordici anni
Galoppa lo zoccolo della notte
Impregnata di profumi
E di ricordi violenti
Di risa e di spari
Di altri giunti dal mare
Per strappare i raccolti e le terre
Per strappare i raccolti e le terre
Chi potrà dire l'avventura degli occhi
O il graffio dei sogni?
Chi potrà dire le guance del vento
Il volto nascosto con panni di canzoni?
Allacciatosi le scarpe
Vola attraverso le campagne
Facendo il nido dietro gli angoli
Inchinandosi agli alberi
Odorando la terra
Ed ubriaco di speranza
Nella fatica dei giorni
Col suo passo giovanetto
Con i suoi quattordici sogni
Legati alla cintura
Si ferma ad un albero silenzioso e ridente
Verso la compagna luna
Con canzoni di denti e strisciare di ombre
Fissando i fuochi
Intrecciando nelle dita di grillo
Orme di carezze
E una messe di ricordi
Forse mordendo un'ostia di pane
E lavando nell'erba il suo sospiro
Di torrente giovanetto
Chi dice nei giornali
Chi parla da microfoni
Chi si inebria di folle ingannate?
Solo con sorgente di argento
Nell'erba e sulla terra
Cresce un albero con forma di fiamma
Mentre vanno le barchette di carta
Dei ricordi
Degli stracci
Delle medicine razionate
Del pane strappato con voci di lamento
Con i suoi quattrordi anni di cucciolo d'uomo
Si nasconde nell'erba, strisciando
Incatenati da ombre di predicazioni antiche
Di cristi e di santi profeti
Hanno fatto una cospirazione di catene
Hanno intrecciato tappeti di spine
Hanno battuto con spilli di pianto
Per dire la rinuncia
Di cinture e di fianchi
Tutto questo
Dai suoi campi di affamati
Lo ricorda con una leggenda di cuori e di sangue
Fumando sigarette intrecciate alle dita
Verso la strada del ritorno
Verso il giro delle fontane
Verso la sua terra benedetta
Dagli occhi e dai fiumi
Sapendo nell'ombra dei fucili
Il destino scelto
Dei suoi quattordici anni di cucciolo d'uomo
Per non farsi strappare l'osso della dignità
E cantando dai denti
Una determinazione d'acqua ed un'onda di luce
Non esistono parole con suono di rame
Non esistono parole dalla pazienza dei passi
Non esistono parole dal suono argentino
Dell'erba che cresce
Per ridire il sospiro giovanetto
Di quell'ultima notte
Il sudario delle mani strette in feticci di gloria
L'arma paziente del ritorno
Impugnata con orgoglio di gioco
E Abu Askar
Giovanetto combattente
Avanza con quattordici passi
Con quattordici occhi
Nel destino dei suoi anni
Nati dentro campi recinti
Con ululati di cani
E ricordi di ombre
Con camioncini di miseria
Giunti una volta al mese
A distribuire razioni di grano
E vitamine di infermiere dagli occhi pietosi
Ma nel respiro notturno dei chiodi
Lo attendono con occhi di lupo affamato
Dietro i confini di bianchi annegati
Nell'onda della terra strappata
Per trafiggerlo con mani di ferro
Lasciati dietro di sé
Con la spensieratezza dei giochi
Un giro morto di acque
Una fame di rigagnoli
Un dolore di tela
Abu Askar
Combattente giovanetto
Avanza lungo i campi di una terra buona
E coltivata dall'ombra dei padri
Incoronato figlio del ritorno
Con strepiti di fiamma e fuochi di risa
Abu Askar innalza scale di speranza
Scavando coi passi
L'intricato germoglio dei fiori
Ma lungo il confine
Cani, occhi di notte
Si sono raccolti in cerchio
Lungo il confine
Nell'oscillare di manichini cattivi
E nel rombo di giganti di ferro
Ed avanza con passi
Verso il nero di grignanti incubi
Verso gli alveari puntuti
Sorpreso al crocevia di terre crudeli
Con neri pugnali di mezzanotte
La falce pendolare della luna impazzita
L'oscuro attorcigliarsi del vento
In uno sfuggire di parole
Ed in un lamento di fiumi
Sono testimoni muti
Della sua grandezza crocefissa
Nel giro dei suoi quattordici anni di cucciolo d'uomo
Stringendosi al petto
Un'onda fuggente di sangue
Ed una bava di stelle
Caduto crocefisso
Inchiodato ai confini
Abu Askar
Combattente giovanetto
Riposa nella terra
Con la forza oscura
Che fa germogliare il seme

Contributed by Alberto Scotti - 2023/8/17 - 03:16




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