È vero, passavamo il nostro tempo
Col cuore appeso alle parole dei giornali
Ogni mattina, con l'onda sporca
Dei marciapiedi e delle foglie
Nelle nostre città nere, circondate da cani di rovine
E da lacci di cattedrali
Camminavamo sperduti dentro ricatti di sogni
Spiati dagli occhi sconfitti delle madri e dei padri
Con una pietra sulle spalle e il vento nelle tasche vuote
È vero, interrogavamo, gli uccelli dei parchi
Le pietre, i libri
Facendo scommesse di destini ed acquavite di stelle
Le taverne sanguinanti si piegavano a mezzanotte
Su discussioni rabbiose di fumo e bicchieri
E chi inseguiva Dio con pantofoline di seta
Chi giocava al biliardo partite decisive
Altri guardavano fuori dai vetri
Ma vedevamo con un fastidio oscuro
Pietose vendersi dentro automobili
E i lattai bianchi bussare alle porte dell'alba
Senza capire, abbagliati dal sonno di metafisiche astruse
Conoscevamo da letture di spilli
La paziente opera delle formiche
E la lotta feroce delle salamandre del fuoco
È vero, alcuni si rifugiavano fra i capelli delle donne rimpiante
E abbandonavano il berretto sulle seggiole vuote
Arrivederci di festa, mormoravano altri
Con una bottiglia sotto il braccio
Lungo le strade della notte
Ma non dormivamo, abbandonati su letti sfrenati
Con notizie da giornali radio
E dischi e sigarette e vino
Grida rabbiose invadevano le nostre stanze di manifesti
Alla porta, con guanti di ferro
Graffiava il suono di una lotta incomprensibile ancora
Ma che ci feriva le orecchie
Molti ci dissero addio, correndo a scaldarsi le mani
Amici di un tempo, impietriti nel gesto del sale
E le scale della vendita
È vero, anche noi faticosamente salimmo verso le stanze
Da cui oscuri dirigevano orchestre di pezza
E ci smarrimmo ai rintocchi delle campane
Che parevano suonare proprio per noi
Con discordanti lamenti di bronzo
Eravamo promessi a futuri di pesca
Ci vedevamo incoronati da battimani di sì
Volendo riscattare gli occhi sulla minestra
Di padri vuoti e di madri artiglianti
Ma sentivamo le onde con un brivido di vele
E sogniamo viaggi, fate, conquiste
E alcuni partirono con francobolli e con fogli
Di loro non abbiamo saputo più nulla
Noi restavamo, col giornale in tasca
Immobili, accanto agli alberi e alle panchine
Dove si erano perduti molti, contemplando i piedi
E cominciammo a sentire, proprio dentro le nostre città
Grida che assomigliavano alle bocche dei morti
Impietriti sui nostri giornali
È vero, cercammo giustificazioni
Succhiando caramelle di Dio
Inseguendo cerchi nell'acqua dei sogni
"Saranno i temporali", dicevano molti
Altri, più furbi, decisero di entrare a mezzo servizio
Vendendosi il giorno per sentenziare di notte
Ma cominciavamo a vedere
Ed incontrammo folle nere
Che stringevano cappotti contro il freddo
E vedemmo un esercito di padri camminare
Con gli occhi rasente i muri
E un gregge di madre sospirare: "Hai ragione"
Con le borse della spesa
Ma quello che ci colpì
Fu sfiorare migliaia, migliaia, milioni di noi stessi
Fermi ai semafori con un pugnale nel petto
È vero, ci spaventammo a quel gioco di specchi
E molti corsero a rifarsi il trucco
Con la cipria dell'unico e con la crema dell'individuo
Facendo barricate di libri e urlando: "Io no, io no, io no"
Salvo quando si ritrovavano la sera sulla banchisa di letti
Che le stufe a pagamento non riuscivano a riscaldare
Ma ormai avevamo visto e cominciammo a chiederci
Il perché di tutto quel rumore
E i giornali tornarono a parlarci in modo diverso
Con le fotografie dei nostri fratelli
Crocefissi nelle giungle e nelle paludi
È vero, la mala erba della carità ad ogni costo
È difficile da estirpare
E si trasformavano alcuni in avvocati del forse e del ma
Scoprendo che è la violenza il verme nella mela del mondo
Da qualsiasi parte provenga
E si spogliarono molti con amore di miele
E con vesti bianche
Decisero di offrire il collo ai macellai ghignanti
Per riscattare, dicevano, l'odio che accomuna pianure e montagne
Ma noi vedevamo palazzi per pochi e baracche per molti
Ma noi vedevamo carne per pochi e rifiuti per molti
Ma noi vedevamo riposo per pochi e fatica per molti
E la parola "sfruttamento" divenne una pietra fra i denti
Che ci faceva sanguinare le labbra
È vero, molti preferirono sciacquarsi col vino dei potenti
Sedendo a tavola imbandite
E facevano il piedino alla gloria, dicevano
Che essendo immortale li dispensava dallo sporcarsi le mani, dicevano
Ma li obbligava a scodinzolare ad ogni fischio del padrone
Ma questo non lo dicevano, allargando di un buco, cinture oscene
Ma ormai avevamo imparato di che fango è costruito Dio
E di che merda la filosofia esangue della rassegnazione
Avevamo capito su che binari corre la storia
E imparavamo dalle strade
Che solo la lotta degli sfruttati può liberare il mondo
Dalle bandiere nere dell'ignoranza e della fame
Per questo oggi corriamo, stringendo canzoni come ossi di vittoria
Per questo trasformiamo in fucili i nostri giornali
Per questo affiliamo coltelli di parole
Per ferire il padrone e i suoi servi
Per questo intagliamo culle nel nostro futuro
Aspettando figli migliori da padri non rassegnati
E con la lotta nasce il nostro mondo
Dal fango di oggi e dalle urla della bestia morente
Incalzata da milioni di denti
Che sorrideranno nel nostro mondo
Nel nostro mondo bello di domani, dove il vento dell'est
Avrà per sempre sconfitto i fantasmi neri che li incatenano
Col cuore appeso alle parole dei giornali
Ogni mattina, con l'onda sporca
Dei marciapiedi e delle foglie
Nelle nostre città nere, circondate da cani di rovine
E da lacci di cattedrali
Camminavamo sperduti dentro ricatti di sogni
Spiati dagli occhi sconfitti delle madri e dei padri
Con una pietra sulle spalle e il vento nelle tasche vuote
È vero, interrogavamo, gli uccelli dei parchi
Le pietre, i libri
Facendo scommesse di destini ed acquavite di stelle
Le taverne sanguinanti si piegavano a mezzanotte
Su discussioni rabbiose di fumo e bicchieri
E chi inseguiva Dio con pantofoline di seta
Chi giocava al biliardo partite decisive
Altri guardavano fuori dai vetri
Ma vedevamo con un fastidio oscuro
Pietose vendersi dentro automobili
E i lattai bianchi bussare alle porte dell'alba
Senza capire, abbagliati dal sonno di metafisiche astruse
Conoscevamo da letture di spilli
La paziente opera delle formiche
E la lotta feroce delle salamandre del fuoco
È vero, alcuni si rifugiavano fra i capelli delle donne rimpiante
E abbandonavano il berretto sulle seggiole vuote
Arrivederci di festa, mormoravano altri
Con una bottiglia sotto il braccio
Lungo le strade della notte
Ma non dormivamo, abbandonati su letti sfrenati
Con notizie da giornali radio
E dischi e sigarette e vino
Grida rabbiose invadevano le nostre stanze di manifesti
Alla porta, con guanti di ferro
Graffiava il suono di una lotta incomprensibile ancora
Ma che ci feriva le orecchie
Molti ci dissero addio, correndo a scaldarsi le mani
Amici di un tempo, impietriti nel gesto del sale
E le scale della vendita
È vero, anche noi faticosamente salimmo verso le stanze
Da cui oscuri dirigevano orchestre di pezza
E ci smarrimmo ai rintocchi delle campane
Che parevano suonare proprio per noi
Con discordanti lamenti di bronzo
Eravamo promessi a futuri di pesca
Ci vedevamo incoronati da battimani di sì
Volendo riscattare gli occhi sulla minestra
Di padri vuoti e di madri artiglianti
Ma sentivamo le onde con un brivido di vele
E sogniamo viaggi, fate, conquiste
E alcuni partirono con francobolli e con fogli
Di loro non abbiamo saputo più nulla
Noi restavamo, col giornale in tasca
Immobili, accanto agli alberi e alle panchine
Dove si erano perduti molti, contemplando i piedi
E cominciammo a sentire, proprio dentro le nostre città
Grida che assomigliavano alle bocche dei morti
Impietriti sui nostri giornali
È vero, cercammo giustificazioni
Succhiando caramelle di Dio
Inseguendo cerchi nell'acqua dei sogni
"Saranno i temporali", dicevano molti
Altri, più furbi, decisero di entrare a mezzo servizio
Vendendosi il giorno per sentenziare di notte
Ma cominciavamo a vedere
Ed incontrammo folle nere
Che stringevano cappotti contro il freddo
E vedemmo un esercito di padri camminare
Con gli occhi rasente i muri
E un gregge di madre sospirare: "Hai ragione"
Con le borse della spesa
Ma quello che ci colpì
Fu sfiorare migliaia, migliaia, milioni di noi stessi
Fermi ai semafori con un pugnale nel petto
È vero, ci spaventammo a quel gioco di specchi
E molti corsero a rifarsi il trucco
Con la cipria dell'unico e con la crema dell'individuo
Facendo barricate di libri e urlando: "Io no, io no, io no"
Salvo quando si ritrovavano la sera sulla banchisa di letti
Che le stufe a pagamento non riuscivano a riscaldare
Ma ormai avevamo visto e cominciammo a chiederci
Il perché di tutto quel rumore
E i giornali tornarono a parlarci in modo diverso
Con le fotografie dei nostri fratelli
Crocefissi nelle giungle e nelle paludi
È vero, la mala erba della carità ad ogni costo
È difficile da estirpare
E si trasformavano alcuni in avvocati del forse e del ma
Scoprendo che è la violenza il verme nella mela del mondo
Da qualsiasi parte provenga
E si spogliarono molti con amore di miele
E con vesti bianche
Decisero di offrire il collo ai macellai ghignanti
Per riscattare, dicevano, l'odio che accomuna pianure e montagne
Ma noi vedevamo palazzi per pochi e baracche per molti
Ma noi vedevamo carne per pochi e rifiuti per molti
Ma noi vedevamo riposo per pochi e fatica per molti
E la parola "sfruttamento" divenne una pietra fra i denti
Che ci faceva sanguinare le labbra
È vero, molti preferirono sciacquarsi col vino dei potenti
Sedendo a tavola imbandite
E facevano il piedino alla gloria, dicevano
Che essendo immortale li dispensava dallo sporcarsi le mani, dicevano
Ma li obbligava a scodinzolare ad ogni fischio del padrone
Ma questo non lo dicevano, allargando di un buco, cinture oscene
Ma ormai avevamo imparato di che fango è costruito Dio
E di che merda la filosofia esangue della rassegnazione
Avevamo capito su che binari corre la storia
E imparavamo dalle strade
Che solo la lotta degli sfruttati può liberare il mondo
Dalle bandiere nere dell'ignoranza e della fame
Per questo oggi corriamo, stringendo canzoni come ossi di vittoria
Per questo trasformiamo in fucili i nostri giornali
Per questo affiliamo coltelli di parole
Per ferire il padrone e i suoi servi
Per questo intagliamo culle nel nostro futuro
Aspettando figli migliori da padri non rassegnati
E con la lotta nasce il nostro mondo
Dal fango di oggi e dalle urla della bestia morente
Incalzata da milioni di denti
Che sorrideranno nel nostro mondo
Nel nostro mondo bello di domani, dove il vento dell'est
Avrà per sempre sconfitto i fantasmi neri che li incatenano
Contributed by Alberto Scotti - 2023/8/16 - 18:27
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[1976]
Il dovere di cantare / The Duty of Singing / Le devoir de chanter / Laulamisen velvollisuus
Testi di Giulio Stocchi recitati dall'autore
Poems by Giulio Stocchi recited by the authour
Poèmes de Giulio Stocchi récités par l'auteur
@ DIVERGO DVAE 006 Produzioni d'Essai
Il canto LIV o l’educazione sentimentale
Siamo venuti a prendervi per mano
A Pablo Neruda vivo
Dove nasce la poesia dove nasce la gioia
Il canto XLVIII o Abu Askar
A Carole che è l'acqua
A Carole che è la terra
A Carole che è il vento
Nella fabbrica occupata
Lettera ad ognuno o a tutti i miei compagni
Orazione funebre in memoria di Francisco Franco Bahamonde