Contributed by Riccardo Gullotta - 2023/7/14 - 12:23
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Il viaggio di un amico di Enzo Gragnaniello
È morto un uomo.
Si chiamava Gérard Lutte.
Questo e molto altro è stato Gerard Lutte, morto a Roma il 10 luglio, a 94 anni. Ieri mattina compagni e amici vecchi e nuovi, ex studenti, attivisti del Mojoca e di Amistrada lo hanno salutato per l’ultima volta in una sala del Comitato di quartiere della Magliana, fra ricordi e canti – da Bella ciao a El pueblo unido, unendo così i suoi due mondi -, prima di accompagnarlo nel piccolo cimitero di Caprarola, nel viterbese, dove verrà sepolto.
Nato a Genappe (Belgio) nel 1929, Lutte entra nella congregazione salesiana, viene ordinato prete nel 1957 e poi chiamato a insegnare psicologia al Pontificio ateneo salesiano di Roma, al Nuovo Salario.
Le baraccopoli, anzi i “borghetti”, fanno parte della geografia urbana della città: migliaia e migliaia di persone, perlopiù famiglie immigrate dal sud Italia e arrivate nella capitale in cerca di lavoro, abitano in casupole di fortuna, addossate ai fornici degli acquedotti – per esempio all’Acquedotto Felice, dove c’è don Roberto Sardelli – o costruite con materiali recuperati qua e là, a ridosso dei nuovi quartieri della speculazione edilizia degli anni Cinquanta e Sessanta. Una di queste baraccopoli, Prato Rotondo – circa mille e cinquecento abitanti – è a due passi dall’università salesiana. Don Lutte la scopre, nel 1966 si trasferisce lì e si unisce alle lotte dei “baraccati” per la casa e per la dignità.
«Ritrovare nel campo degli sfruttatori e degli speculatori, cristiani, sacerdoti, organismi religiosi ed ecclesiastici mi ha permesso di distinguere fra burocrazia ecclesiastica e Chiesa, tra Vangelo e religione alienata, fra oppio del popolo e messaggio di liberazione, fra chiesa dei poveri e sinagoga dei farisei», scrive Lutte.
I salesiani e il Vaticano reagiscono: viene allontanato dall’insegnamento, espulso dalla congregazione, sospeso a divinis nel 1971 (sorte analoga tocca a un altro salesiano, Giulio Girardi). Ma la battaglia è vinta: i baraccati ottengono la casa popolare alla Magliana, dove si trasferisce anche Lutte e dove dà vita al Circolo di cultura proletaria. Inizia una stagione di nuove lotte sociali, la militanza nei Cristiani per il socialismo, la cattedra di Psicologia dell’età evolutiva alla “Sapienza”.
E l’America latina: il Nicaragua e soprattutto il Guatemala, dove fonda il Mojoca (Movimento dei giovani di strada), che sostiene con Amistrada, una rete internazionale di supporto ai progetti.
[Luca Kocci, il manifesto 13 Luglio 2023]
Correva l’anno 1971
Archivio Luce, 1971
Gérard Lutte allontanato dall'ordine dei Salesiani per le sue idee progressiste - «I poveri non possono credere ad una chiesa che si allea con i ricchi e i potenti...» - Un anno fa fu costretto a lasciare Insegnamento - Vogliono cacciarlo dall' ltalia - Si batte a fianco degli operai per la casa, le scuole, il verde - «Bisogna abbattere gli steccati politici...»
Lui li chiama «fratelli baraccati^ di Prato Rotondo. Ha deciso di scendere nel loro ghetto per lottare con gli operai. L'obiettivo e una condizione di vita più umana. II che significa una casa, scuole, verde, la-voro. Una lotta per cancellare l’infame vergogna della bidonville a ridosso di Valmelaina. Una scelta che ha finito per aprire un solco forse incolmabile] tra lui — Gérard Lutte, prete salesiano belga — e la chiesa ufficiale. Ora i suoi superiori gli hanno fatto sapere che non hanno più bisogno di lui. Gli hanno impedito di dire Messa, hanno tentato di strapparlo ai suoi «fratelli baraccati», si sono rivolti alia polizia per rispedirlo in Belgio, Lui resta. Perché e convinto che la chiesa deve essere dei poveri, la sposa bella dei poveri che non si rassegnano a restare tali in eterno. Malgrado i divieti, quindi, la lotta degli operai di Prato Rotondo continua con il loro prete: senza divisioni politiche e religiose.
Gérard Lutte — lo ha detto ieri sera nel corso di una affollata conferenza stampa —ha fatto così la sua scelta di classe. «I poveri non possono credere ad una chiesa che, permettere a loro disposizione grandi opere, si allea — come nel caso della congregazione dei salesiani — con i ricchi e i potenti; con la FIAT a Torino, con il Banco di Napoli nel sud, con il latifondista Gerini a Roma. Questo modo di agire non è evangelico sia perché la parola di Dio non viene annunciata con la potenza dell'uomo, sia perché poveri non possono credere a quelli che stanno, anche senza volerlo e senza saperlo. Dalla parte dei ricchi e dei potenti» : ecco, in queste parole si concretizza il solco che divide Gerardo — così lo chiamano «i fratelli baraccati» — dalla chiesa ufficiale. Ecco perché questo solco è destinato a restare tale anche se don Lutte ha tenuto a precisare, in polemica con certe fandonie pubblicate dal Messaggero. che lui non intende lasciare la chiesa e nemmeno di rinunciare al sacerdozio ( «Spero poterlo esercitare di nuovo a Prato Rotondo» , ha detto).
La sua scelta di classe don Lutte L’ha pagata a caro prezzo. Professore di psicologia presso l’Ateneo salesiano. è stato costretto a lasciare il suo incarico l’anno scorso. Aveva osato percorrere i due chilometri che separano la gagliarda costruzione che ospita il collegio dalla bidonville di Valmelaina., Era sceso fra le trecento fami-glie di lavoratori (in gran parte edili) costrette a vivere in baracche malsane ( «i nostri bimbi sono mangiati dai topi» , hanno gridato ieri sera le donne) mentre attorno migliaia di appartamenti sono vuoti, proibiti per l’affitto esoso che si pretende. Una situazione che si trascina da 20 anni, malgrado il via-vai di uomini politici ed alti prelati. malgrado la visita pastorale di Paolo VI ( «Siamo persino stati accusati — ha detto don Lutte — di preparare un attentato ai Pontefice» ). Una situazione che i lavoratori di Prato Rotondo hanno deciso di sciogliere con la lotta.
Questa sorta di conversione della chiesa verso i poveri non è piaciuta ai superiori di don Lutte. Gli hanno scritto di smettere. lo hanno minacciato, lo hanno fatto convocare in questura per fargli dire da un funzionario che, senza l’insegnamento. se ne doveva tornare in Belgio. Gérard Lutte. per la chiesa ufficiale. avrebbe dovuto seguire la sorte di don Giuseppe Girardi (altro simpatizzante dei poveri), costretto ad emigrare in Francia. Ieri sera «i fratelli baraccati» hanno tenuto a precisare che Gerardo, da Prato Rotondo. non lo cacceranno nemmeno con la forza...
Poi, per questo prete sceso fra i poveri. c'è stata la provocazione forse più pesante. Il suo superiore, don Ricceri, Padre generale dei salesiani. gli ha fatto sapere che non poteva più dire Messa. La sospensione a divinis, decisa senza convocare don Lutte da una chiesa che in questo caso si è dimostrata incapace e impreparata a celebrare anche i processi a porte chiuse, ha ferito profondamente il sacerdote di Prato Rotondo. Ma anche questo ( «La mia scelta di classe è definitiva» , ha detto ancora il prete dei poveri) non è servito a distoglierlo dalla causa che crede giusta.
Cacciato dall'Ateneo. cacciato dall’altare. Per cosa? Prato Rotondo: una delle borgate che certi amministratori parolai avevano giurato di cancellare nell’anno del centenario di Roma capitale. Un mucchio di casupole malsane, affossato nei pressi di una marrana fetida. Tutto intorno i palazzi della speculazione edilizia, tirali su in moltissimi casi dagli stessi edili costretti nel ghetto. La vita di trecento famiglie minacciata dalle infezioni, dalle fogne scavate nella terra, dai topi voracissimi. E la rabbia di questa gente che non crede più alle promesse, che è stufa di stare oltre lo steccato. che ha deciso di giocare il tutto per tutto per rivoltare la faccia di una condizione disumana. vergognosa per una società che si dice civile. Gérard Lutte si è fatto baraccalo. Ed ora lotta da baraccato.
Lotta con gli operai di Prato Rotondo per acquistarsi il diritto a una casa degna di tale nome, lotta con loro contro la disoccupazione, lotta con i loro figli per la scuola e per il verde. Lotta, in ultima analisi, per cancellare la vergogna di Prato Rotondo. «Per fare questo — ha detto ancora il prete— bisogna abbattere gli steccati politici. Sui temi delle riforme sociali non c’è pericolo di essere strumentalizzato dai partiti. Io, in questa borgata, sto in mezzo ai comunisti, perché a Prato Rotondo i comunisti sono tanti... Fra i miei amici ci sono credenti e non credenti. Una cosa ci accomuna però: la volontà di cambiare la nostra condizione...» . Gli operai e don Lutte sanno che questa loro condizione non si cambia restando in attesa di chissà quale intervento di chissà quale autorità. La casa, la scuola, il verde. la salute, il vivere civile si conquistano e loro sono intenzionali a portare avanti la lotta fino aduna conclusione felice di questa disumana vertenza con la società. Ecco, per la chiesa ufficiale, un prete così diventa scomodo. Si tenia di farne un senza patria, si tenta di isolarlo, si trama per colpirlo nei valori in cui crede. Un prete così è scomodo per una chiesa ufficiale che a Roma flirta con il latifondista marchese Gerini. È meglio approfondire il solco. Forse Gérard Lutte, suo malgrado, sarà costretto a farlo. Insieme ai «fratelli baraccati».
[Aladino Ginori, l’Unità, 24 Febbraio 1971]
Una vita per gli Emarginati nel documentario di Paolo Di Nicola
Il paradiso non ha confini
Due parole
La Chiesa oggi scopre Lorenzo Milani e Primo Mazzolari. E’ iniziata la trasformazione in icone. Gérard Lutte, Giulio Girardi, Giovanni Franzoni, Ernesto Balducci, Enzo Mazzi, José Ramos Regidor e tanti altri sono ancora in disparte dopo essere stati emarginati e oppressi in nome di una religione, di un’ideologia ad maiorem Dei gloriam. Saranno raggiunti da un’attenzione postuma quando “là dove Cristo tutto dì si merca” si comporranno diversi equilibri per una sostenibilità opportuna.
Ma ai credenti e agli agnostici non occorrono eroi né santi, né icone né miti, soltanto esseri umani.
La terra non riuscirà a contenere ciò che resta dell’amico, sarà l’aria a portarmi il suo sorriso.
[Riccardo Gullotta]