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Abri

Rita Tekeyan
Langue: anglais



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2021
Green Line
Green Line

Ora questa cantante e compositrice nata in Libano pubblica (dopo il precedente Manifesto Anti-War del 2015 per Rosa Selvaggia (Obscure Label) il suo secondo disco intitolato Green Line. La Tekeyan in realtà è di origini armene e ha sempre avuto particolare attenzione al tema del genocidio armeno. Non a caso l’album è uscito il 24 aprile in occasione dell’anniversario dei 106 anni di questo tragico massacro. Il titolo “Green Line” si riferisce invece alla “linea verde” che divideva cristiani e musulmani nel corso della guerra civile in Libano. C’è un aspetto biografico nel suo insistere sull’argomento della guerra in quanto ha coinvolto lei e la sua famiglia. Si può dire che quello di Rita Tekeyan sia un tributo alle vittime di qualsiasi genocidio ed orrore perpetrato dalla guerra. Così la musica contenuta in Green Line cerca di dar voce alla memoria di eventi drammatici dimenticati che vengono esorcizzati in qualche modo attraverso la musica. Siamo di fronte ad un disco di canzoni che raggiungono quasi, nella loro intensità, una dimensione sacrale. Le sonorità sono caratterizzate dal piano, dall’elettronica e dalla bella ed espressiva voce di Rita Tekeyan. Per le tematiche trattate e anche (almeno come suggestione) per la voce può venire in mente il paragone con Diamanda Galas. Ma questo solo a livello di sensazione: in realtà Rita Tekeyan ha un suo linguaggio e una sua voce originale. Le atmosfere tendono all’oscurità e sono ammantate da una malinconia di fondo. Se ci lascia coinvolgere si rimane come rapiti dal pathos di queste canzoni che sembrano vivere in una dimensione atemporale. Credo che potenzialmente questo sia un disco che potrebbe piacere a molti, sia agli amanti del dark sia a chi segue la musica sperimentale e ama le atmosfere neoclassiche.

Abri descrive uno spazio in uno specifico tempo/evento; questo è un rifugio, un nascondiglio dalle bombe, un altro esempio di adattamento di uno spazio, un laboratorio di mobili in legno trasformato in un rifugio dalle bombe, un luogo sotterraneo dove si riuniscono persone/famiglie per sopravvivere alla guerra, uno spazio rumoroso dove il suono della radio è persistente, polvere di legno, oscurità e paura. Questa canzone è anche molto crudele e ironica, si nascondono dalle bombe mentre in realtà vengono esposti a sostanze velenose che a lungo termine hanno effetti devastanti.
Same scenes, same fears
Deep in the night they started bombing
Panic chaos in the dark
Run downstairs, no light on the stairs
500 meters away, the nearest abri
Watch the bombs lighting
Watch your back from burning
The child lost her left pabouj
She is crying
But no one can go back the way
Run fast till Galerie Michel
An underground structure
Carpentry manufacture

Luxury furniture
Shiny glossy furniture
For your houses that tomorrow
Might be burned to the ground
Breath wooden dust
And hear the sound
Wooden powders vanish
In your nose in your eyes
Inhale the wood and hear the sound
The glue and the varnish
Preserve yourself from bombs
While you die from poison in your lungs

Same years, same story
Same people, same prisoners
She’s just a child
With the head of an adult
No time to play, no time for childhood
No time to cry, no time for toys in wood
Twenty families sleep on the floor
On overlapped layers of blankets
But they are all awake Playing cards to pass the time
Drinking industrial quantities
Of thermos heat yet cold coffee
The high volume radio is on
The father sitting legs crossed
On the floor His ear stuck to the radio,
Hearing the news for 24 hours
Waiting for only one phrase: “wakf itlak al-nar…”

Luxury furniture
Shiny glossy furniture
For your houses that tomorrow
Might be burned to the ground
Breath wooden dust
And hear the sound
Wooden powders vanish
In your nose in your eyes
Inhale the wood and hear the sound
The glue and the varnish
Preserve yourself from bombs
While you die from poison in your lungs

envoyé par Dq82 - 27/2/2023 - 17:30




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