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Ainavò

Matilde Politi
Langue: sicilien


Matilde Politi

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Testo e musica / Lyrics and music / Paroles et musique / Sanat ja sävel :
Anonimo

Interpreti / Performed by / Interprétée par / Laulavat:
Matilde Politi

Album: Vacanti Sugnu China



La canzone fa parte della raccolta dell’etnografo Alberto Favara “Corpus di Musiche popolari siciliane” con il titolo Assummata di lu corpu di la tunnara. Sono note due versioni, quella qui proposta ed un’altra al n.607 del Corpus pubblicato nel 1957.
È un canto il cui ritmo scandisce i ritmi di lavoro che precedono la mattanza, in particolare durante la fase più impegnativa, l’”assummata”, quando i tonni vengono tirati a galla. Il coppu o corpu è l’ultima camera, la cosiddetta “camera della morte”. Il percorso obbligato dei tonni andava da est verso ovest attraverso le seguenti camere: camera di levante, bordonaretto, camera grande, bordonaro, bastardo, camera di ponente.



Questo tipo di canti vanno sotto il nome di cialome, l’equivalente dgli shanties che i marinai inglesi intonavano azionando l’argano per tirare a secco le ancore o tirando una cima per issare le vele. Il solista della tonnara iniziava il canto opportuno al momento opportuno come introduzione alla fase del lavoro imminente per ottenere la risposta in coro, sincrona con i gesti. Si trattava non soltanto di una prassi per agevolare il processo lavorativo ma anche di un rituale che assolveva a una funzione sociale come trasmissione di valori a supporto dell’identità e della coesione comunitaria.
Non è nota la datazione. Dalla trascrizione dei vocaboli riteniamo che questa cialoma sia posteriore al XVII secolo. D’altra parte è improbabile che sia databile al XIX altrimenti gli etnografi siciliani del XIX, Pitré e Favara in primis, avrebbero dato notizie più dettagliate. Quindi, a nostro avviso, questa cialoma è databile tra il XVII e il XVIII secolo.


Cialoma: un cenno sull’etimologia

L’etimo della parola, con le varianti ciloma, scialoma, sciloma è oggetto di discussioni. Per alcuni deriverebbe dall’ebraico שָׁלוֹם [šalom] / pace. Riteniamo l’attribuzione assai improbabile dato che la lingua parlata dagli Ebrei in Sicilia era l’arabo o meglio il “giudeo-arabo”. Anche la derivazione dall’arabo سلام [salām] / pace sarebbe poco plausibile, stride l’accostamento della pace con la mattanza. Altri ancora vorrebbero che cialoma derivi dall’arabo “kelum” e riportano la grafia إِبْحَار [ iibhar] che significa veleggiare; peccato che la grafia e la fonetica non sono affatto prossime a “kelum” di cui peraltro non abbiamo riscontrato alcuna traccia altrove (chi l’ha proposto ci richiama… l’arabo dell’abate Vella di sciasciana memoria). Ci sembra invece molto più convincente l’interpretazione dell’ eminente filologo che fu Gerhard Rohlfs. Nella sua monografia “Supplemento ai vocaboli siciliani" alla voce “Ciloma” così recita: rumore confuso di molte persone, grande vocio; lat. tard. (glosse) celeuma ‘canticum nautarum ’. Da gr. κέλευμα ‘canto ritmico dei rematori di una barca’ Alessio 46, DEI 937, LGr 231. Le citazioni del Rohlfs si riferiscono a sua volta alle seguenti monografie: G.Alessio, Sulla latinità della Sicilia; Battisti e Alessio, Dizionario etimologico italiano; G. Rohlfs, Lexicon Graecanicum Italiae Inferioris, Etymologisches Wörterbuch der unteritalienischen Gräzität. Tübingen 1964.
A margine ci permettiamo una nota. Ancora prima che con internet 2.0 sopraggiungessero i fakes , i falsi, la tendenza a spacciare per certe delle supposizioni, tutt’al più ipotesi, astraendo da una disamina scientifica con prove e soprattutto prove contrarie, era già in auge. Stupisce che tra i notisti e i saggisti, che hanno scritto sulle cialome di Trapani, Palermo, Agrigento riportando una tesi “fantasiosa”, quasi nessuno abbia intrapreso una verifica.

Etnomusicologia e tonnare

I canti eseguiti nelle tonnare sono stati oggetto di indagini da parte degli etnomusicologi a più riprese nel secolo scorso, quando le tonnare erano ancora in attività, nel quadro degli studi sulla musica popolare siciliana. Citiamo: Ottavio Tiby , Diego Carpitella e Alan Lomax. Quest’ultimo svolse le ricerche come etnomusicologo ed antropologo negli Usa e in vari altri paesi. Le due canzoni Parchman Farm Blues e Rosie furono rese note grazie a lui. È interessante rilevare quanto scrive Lomax a proposito dei canti dei reclusi negli Usa:
Il ritmo scelto dal solista della canzone doveva tenere conto del tipo di lavoro da accompagnare, del clima, delle capacità e dello stato d’animo della squadra. Una scelta azzeccata aveva la proprietà di accrescere l’energia, diminuire la fatica e innalzare il morale e la coesione del gruppo e perciò in definitiva di incrementarne la produttività. Queste idee sono emerse durante una conversazione presso la legnaia della prigione di Parchman, dove erano stati riuniti i migliori cantanti del campo per una registrazione.

Sorge spontanea la domanda sulla relazione tra canto e lavoro, tra canto e segregazione e quindi tra lavoro e segregazione sociale. Non abbiamo cognizioni di antropologia culturale, cioè degli studi sulle origini comuni di elementi di culture lontane, tuttavia siamo propensi a ritenere che anche tale declinazione del paradigma forza-lavoro sia oggetto di attenzione degli antropologi.
Infine citiamo un articolo del ricercatore Marcello Messina, Identity, Dialogism and Liminality: Bakhtinian Perspectives on the Cialomi. A nostro avviso offre considerazioni interessanti e tesi innovative nella prospettiva della teoria del dialogo dell’epistemologo Bachtin. È una lettura feconda che contribuisce a cogliere la complessità della cultura che gravita intorno alle canzoni popolari sulla mattanza.
Segue un elenco di alcuni termini che erano in uso nelle tonnare.

Bastarda= barca di 9 metri, a 6 remi
Bordonaru= Una delle camere della tonnara
Caparrassu= Rais, capo assoluto
Corpu = Camera della morte
Costa= Rete di sbarramento
Faraticu= Marinaio semplice
Leva = Camera della morte
Muciara= barca del rais
Muciareḍḍa= barca del sottorais
Muciarotu= Marinaio della barca del rais
Piscispadaru= addetto con la fiocina
Rais= Capo assoluto della ciurma a mare
Rimiggiu= Squadra di 8 tonnaroti
Tonnarotu= Pescatore
Trafinera= Fiocina
[Riccardo Gullotta]
A livanti affaccia lu suli.
Ainavò, ainavò!
E lu raisi cu li ciuri.
Ainavò, ainavò!
Li farati chi massaruna.
Ainavò, ainavò!
Li marinara guardaturi.
Ainavò, ainavò!
Li capuvardia cumannaturi.
Ainavò, ainavò!
Dispinseri bon latruni,
Ainavò, ainavò!
Metti nu pisci sutta u bagnuni.
Ainavò, ainavò!
Li muciara bon latruni,
Ainavò, ainavò!
metti l’acqua r’ammucciuni.
Ainavò, ainavò!
U furnaru bon latruni,
Ainavò, ainavò!
ca ci leva lu pizzuluni.
Ainavò, ainavò!
U purtaru bon nfamuni,
Ainavò, ainavò!
c’arriporta a lu patruni.
Ainavò, ainavò!

Iemuninni, bellu bellu,
Jan zozza nui !
iemuninni cu Maria!
Jan zozza nui !
San Giuseppi u vicchiareddu,
Jan zozza nui !
Purta l’ascia e lu scarpeddu,
Jan zozza nui !
e ‘n manu porta u Bammineddu.
Jan zozza nui !

envoyé par Riccardo Gullotta - 25/10/2022 - 10:05



Langue: italien

Traduzione italiana / Traduzzioni taliana / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös:
Riccardo Gullotta
AINAVÒ

A levante sorge il sole.
Ainavò, ainavò! [1]
E il rais con i fiori.
Ainavò, ainavò!
I tonnaroti che gran lavoratori.
Ainavò, ainavò!
I marinai che sorvegliano.
Ainavò, ainavò!
I capiguardia che comandano.
Ainavò, ainavò!
L’addetto alla dispensa un ladro capace,
Ainavò, ainavò!
Mette un pesce nel fondo della barca.
Ainavò, ainavò!
I marinai della barca del capo bricconi
Ainavò, ainavò!
Aggiungono l’acqua di nascosto.
Ainavò, ainavò!
Il fornaio un ladro patentato,
Ainavò, ainavò!
sottrae un pizzico [di farina].
Ainavò, ainavò!
Il sorvegliante un infamone,
Ainavò, ainavò!
che riferisce tutto al padrone.
Ainavò, ainavò!

E andiamocene volentieri
andiamo con Maria!
Jan zozza nui ! [2]
San Giuseppe il vecchietto,
Jan zozza nui !
porta con sé ascia e scalpello,
Jan zozza nui !
E porta il Bambinello in mano.
Jan zozza nui !
[1] ripetizione senza significato, conferisce ritmo ai gesti dei tonnaroti

[2] Altrove è riportato “Gnanzù, nzu zza” o “Nianzò, ûzza”. Il significato è controverso. Secondo Ninni Ravazza “Gnanzù” sarebbe una forma contratta che significha “tira su”. Analogamente “zza” per l’etnomusicologo Marcello Messina. Nell’opinione di altri, tra cui Beatrice Torrente, “Gnanzù” sarebbe il derivato di un’invettiva contro i turchi.

envoyé par Riccardo Gullotta - 25/10/2022 - 10:08




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