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Gridu de vittoria

Kenze Neke
Langues: sarde, italien


Kenze Neke

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[1998]
Dall’ album “Liberos, rispettatos, uguales”

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Il testo originale in sardo è introvabile, si inseriscono le parti in italiano della versione con Francesco Di Giacomo, anche lui siniscolese di nascita (ma romano d'adozione)
Di quale grave colpa si saranno macchiate queste genti
quali miseri atti avranno compiuto nel corso della loro storia
per meritare un così misero destino

oppressi, perseguitati, rinchiusi, cacciati, malvoluti, dimenticati

...

...

PKK, PKK, PKK

Ma verrà il giorno in cui dalla bocca di chi lotta
si alzerà un grido di vittoria
sfruttati, gli oppressi, e i dimenticati
torneranno ad essere padroni della propria terra

Cursi, Palestinesi, non più costretti ma liberi

envoyé par Dq82 - 28/6/2022 - 10:41


Euskal Herria e Països Catalans non dimenticano i fratelli curdi


Gianni Sartori

Magari non è proprio questione di “DNA”, ma rimane il fatto che alcuni popoli, da sempre oppressi e in lotta per l’autodeterminazione, percepiscono, sentono - quasi istintivamente direi - l’affinità con altri che versano nella medesima situazione.

E’ questo il caso, direi scontato, dei baschi e dei catalani che mostrano ancora una volta di aver colto in pieno la portata planetaria di quanto i curdi, se pur tra tante difficoltà e forse anche qualche contraddizione, stanno realizzando nella Nazione senza Stato chiamata Kurdistan (in particolare modo in Rojava Bakur e Rojhilat…).

Cominciamo da Euskal Herria.

I senatori Josu Estarrona e Gorka Elejabarrieta, esponenti del partito della sinistra abertzale EH Bildu, hanno inoltrato una “pregunta parlamentaria” (con richiesta di risposta scritta) al Ministro spagnolo degli Affari Esteri. Sia in merito alla grave situazione tra Nazione curda e Stato turco, sia sulle prossime elezioni municipali.


Ricordando come in precedenti tornate elettorali (vedi quelle presidenziali e legislative del 2023) “venivano arrestati 126 persone, tra attivisti, giornalisti e avvocati difensori di militanti curdi".

A seguito delle numerose denunce di irregolarità, l’Unione Europea aveva richiesto ad Ankara di affrontare seriamente la questione delle carenze (eufemismo ?) in campo elettorale. Inoltre il Ministero degli Esteri spagnolo aveva protestato vigorosamente per l’espulsione di una delegazione spagnola nei giorni immediatamente successivi a una denuncia dell’OCSE per la mancanza di imparzialità dei media filogovernativi. Gli esponenti baschi denunciano pure il “deterioramento dei diritti umani, in particolare la libertà di espressione, di riunione e di associazione” (come informa regolarmente Amnesty International). 

Puntando poi il dito contro il diffuso clima di repressione. Ossia un incremento significativo di minacce, persecuzioni e processi con accuse (e relative condanne) spesso infondate, nei confronti dei dissidenti in generale e di quelli curdi in particolare.

Citando anche le denunce di Reporter Senza Frontiere (RSF) per i numerosi giornalisti incarcerati con accuse false e pretestuose ed esprimendo preoccupazione soprattutto per la repressione a cui viene sottoposta la stampa curda

Ricordando come Human Rights Watch abbia denunciato un “uso ingiustificato delle leggi antiterrorismo”. Allo scopo evidente di mettere a tacere dissidenti e manifestanti.


Premesso questo, le due domande al ministro:

1) “E’ consapevole il Governo delle intimidazioni e della strategia repressiva del Governo turco, contro attivisti, giornalisti e organismi politici democratici, in particolare nei confronti del popolo curdo?”


2) “L’Ufficio dei Diritti Umani del Ministero degli Esteri, Unione Europea e Cooperazione intende partecipare direttamente a una Missione di Osservazione Elettorale nelle prossime elezioni locali che si terranno Turchia il 31 marzo 2024?”


3) “E’ a conoscenza il Governo della partecipazione dell’UE, dell’OCSE o dell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA), le principali organizzazioni internazionali in materia di missioni di osservazione elettorale, nelle prossime elezioni locali che si terranno in Turchia il 31 marzo 2024?”


Questo per i baschi.
Da parte dei catalani va registrata una significativa presa di posizione (espressa pubblicamente nel corso di un’intervista a Medya Haber TV) del presidente del CIEMEN (Centre Internacional Escarré per a les Minories Ètniques i les Nacions, fondato dall’indipendentista Aureli Argemì, attualmente presidente emerito) David Minoves.


Il quale ha voluto richiamare l’attenzione sull’insostenibile isolamento a cui viene sottoposto il fondatore del PKK, imprigionato a Imrali dal 1999. Affermando che “la libertà di Abdullah Öcalan è fondamentale per una pace democratica e duratura nella regione”.


In quanto “non è solo un leader del popolo curdo, ma un autentico leader globale” i cui diritti sono stati violati sistematicamente per 25 anni.


L’impossibilità per Ocalan di vedere la propria famiglia e suoi avvocati, così come l’isolamento assoluto, costituiscono “uno sfregio illegale e disumano ai diritti umani universali”. Oltre che una politica antitetica alla pace e alla soluzione politica del conflitto.

Ponendo in evidenza che “le idee del leader del popolo curdo, Abdullah Öcalan, possono unire nella democrazia culture e comunità differenti”  dato che il Confederalismo democratico “è un sistema che consente all’umanità di ritrovare la propria essenza e vivere nell’uguaglianza”.


Così appunto come sta avvenendo nel nord e nell’est della Siria.
Dove si può toccare con mano che ”le idee di Ocalan per una convivenza pacifica, egualitaria e libera sono idee realistiche e fattibili”.


Qui e ora, finché siamo ancora in tempo, vorrei aggiungere.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 10/3/2024 - 22:23




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