Siamo tutti lo stronzo di qualcuno,
ma di rado lo stronzo di noi stessi,
la stronzaggine è un morbo inopportuno
annidato nel cervello d’ ambo i sessi.
Facciamo o ruminiamo una stronzata
almeno ogni giorno, a dire il vero,
formiamo tutti insieme un’armata
dove il più stronzo è il nostro condottiero.
Siamo stronzi noi altri, d’ambedue i sessi,
quando in casa, allo stadio o al volante,
imprechiamo come pazzi, come ossessi,
in famiglia, contro un arbitro, un passante.
Siamo stronzi se guardiamo di traverso
lo straniero, il transessuale, chi è diverso.
Siamo stronzi quando agli altri imputiamo
la colpa alle stronzate che facciamo.
Ma i più stronzi va da sé
Sono sempre gli altri, ahimè!
Degli stronzi poi c’è il re
che afferma, su due piè:
“Tutti stronzi, tranne me!” (bis)
Il saggio pensa, dubita l’esperto,
ma lo stronzo è sempre perentorio,
non lascia mai uno spiraglio aperto
a un dubbio anche solo aleatorio.
Lui sputa le sentenze e le minchiate,
teorizza, conclude, almanacca,
le sue ditirambiche stronzate
son più enormi di quando fa la cacca.
La stronzaggine è esponenziale,
e oramai ci assedia perentoria
è terrena, galattica, abissale
è il più grande flagello della storia.
È la “nave dei folli” da crociera
dove imbarca l’umanità intera
La stronzaggine è la peste nera
che ammorba la Terra e l’atmosfera.
Sono gli stronzi da competizione,
quelli che dirigono la nazione,
essi eruttano maiuscole stronzate
che poi fottono il Paese per annate
e stuprano il morale della gente
che alla fine non crederà più a niente;
di dignità, buon senso e di giustizia
costoro ne hanno fatto un’immondizia.
A tutte le ore del giorno e della notte
ne sentiamo di crude e poi di cotte:
stronzate su stronzate colossali
che prendiamo per dogmi universali,
ma il peggio è che poi noi ci perdiamo
in distinguo, analisi e commenti
senza accorgerci che tutti quanti siamo
tanto stronzi da crederci sapienti.
Purtroppo, oramai l’intelligenza,
degli stronzi è già “internettiana”,
“twitteriana”, e priva d’ogni essenza,
è “linkia”, “feisbukkiana”, “googoliana”.
Il potere è ormai solo nelle mani
di quel mostruoso GAFA che avanza,
che manipola e rende noi umani
ignoranti della nostra ignoranza.
La stronzaggine poi è sfaccettata,
le sue varietà son proprio tante:
è primitiva, è sofisticata,
è scassa palle, insinuante, delirante,
è ingenua, è manipolatrice
è psicologica, è iper-spudorata,
è filosofica ed è abusatrice,
quand’è politica poi è osannata.
Ci sono anche gli stronzi supremi
che ammiriamo per l’arte ch’essi hanno
di creare con stronzate dei sistemi
per governare il mondo con l’inganno.
Chi siano costoro lo sappiamo
e non pensiamo mai a farli fuori,
perché da veri stronzi noi pensiamo:
che grazie a loro il mondo si migliori.
E per finire questa mia canzone
sulla stronzaggine che tutti ci accomuna,
io non pretenderò d’aver ragione
anche se son salito alla tribuna.
Concludo ripetendo ciò che ho detto,
e me ne fotto del vostro verdetto!...
Persisto nel pensare che ciascuno
di noi è già lo stronzo di qualcuno.
ma di rado lo stronzo di noi stessi,
la stronzaggine è un morbo inopportuno
annidato nel cervello d’ ambo i sessi.
Facciamo o ruminiamo una stronzata
almeno ogni giorno, a dire il vero,
formiamo tutti insieme un’armata
dove il più stronzo è il nostro condottiero.
Siamo stronzi noi altri, d’ambedue i sessi,
quando in casa, allo stadio o al volante,
imprechiamo come pazzi, come ossessi,
in famiglia, contro un arbitro, un passante.
Siamo stronzi se guardiamo di traverso
lo straniero, il transessuale, chi è diverso.
Siamo stronzi quando agli altri imputiamo
la colpa alle stronzate che facciamo.
Ma i più stronzi va da sé
Sono sempre gli altri, ahimè!
Degli stronzi poi c’è il re
che afferma, su due piè:
“Tutti stronzi, tranne me!” (bis)
Il saggio pensa, dubita l’esperto,
ma lo stronzo è sempre perentorio,
non lascia mai uno spiraglio aperto
a un dubbio anche solo aleatorio.
Lui sputa le sentenze e le minchiate,
teorizza, conclude, almanacca,
le sue ditirambiche stronzate
son più enormi di quando fa la cacca.
La stronzaggine è esponenziale,
e oramai ci assedia perentoria
è terrena, galattica, abissale
è il più grande flagello della storia.
È la “nave dei folli” da crociera
dove imbarca l’umanità intera
La stronzaggine è la peste nera
che ammorba la Terra e l’atmosfera.
Sono gli stronzi da competizione,
quelli che dirigono la nazione,
essi eruttano maiuscole stronzate
che poi fottono il Paese per annate
e stuprano il morale della gente
che alla fine non crederà più a niente;
di dignità, buon senso e di giustizia
costoro ne hanno fatto un’immondizia.
A tutte le ore del giorno e della notte
ne sentiamo di crude e poi di cotte:
stronzate su stronzate colossali
che prendiamo per dogmi universali,
ma il peggio è che poi noi ci perdiamo
in distinguo, analisi e commenti
senza accorgerci che tutti quanti siamo
tanto stronzi da crederci sapienti.
Purtroppo, oramai l’intelligenza,
degli stronzi è già “internettiana”,
“twitteriana”, e priva d’ogni essenza,
è “linkia”, “feisbukkiana”, “googoliana”.
Il potere è ormai solo nelle mani
di quel mostruoso GAFA che avanza,
che manipola e rende noi umani
ignoranti della nostra ignoranza.
La stronzaggine poi è sfaccettata,
le sue varietà son proprio tante:
è primitiva, è sofisticata,
è scassa palle, insinuante, delirante,
è ingenua, è manipolatrice
è psicologica, è iper-spudorata,
è filosofica ed è abusatrice,
quand’è politica poi è osannata.
Ci sono anche gli stronzi supremi
che ammiriamo per l’arte ch’essi hanno
di creare con stronzate dei sistemi
per governare il mondo con l’inganno.
Chi siano costoro lo sappiamo
e non pensiamo mai a farli fuori,
perché da veri stronzi noi pensiamo:
che grazie a loro il mondo si migliori.
E per finire questa mia canzone
sulla stronzaggine che tutti ci accomuna,
io non pretenderò d’aver ragione
anche se son salito alla tribuna.
Concludo ripetendo ciò che ho detto,
e me ne fotto del vostro verdetto!...
Persisto nel pensare che ciascuno
di noi è già lo stronzo di qualcuno.
Contributed by Dq82 - 2022/3/8 - 17:20
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2022
Nuovo Cantacronache n°7
Testi/ lyrics: Beppe Chierici
Musica / Music / Musique / Sävel: Giuseppe Mereu (Doc Pippus)
Beppe Chierici ci ha abituati con le sue canzoni ribelli, colme di intelligenza, di ironia e di occhi sul presente, a riflettere su chi siamo, come siamo cambiati e verso quale direzione l’umanità stia navigando. Non è un viaggio pacifico, quello che raccontano queste canzoni. L’autore ci restituisce la realtà di un mondo devastato da ignoranza e odio verso l’altro. Un mondo svuotato di valori, governato da spietato consumismo, guerre di conquista, sopraffazione in tutte le sue forme: fisica, culturale, ideologica. Un mondo privo di fratellanza e dignità. Diventato tossico, senza solidarietà, né amore. Un mondo in cui il mare è una tomba. Ha affogato sogni, persone, culture, desideri. Quel mare un giorno si è vendicato dell’orrore di cui è stato testimone. Con un’onda ha ingoiato colpevoli e innocenti, città e palazzi. Ma questa è solo una leggenda, pensa il pescatore dell’anno 2100, che cala le sue reti e di nulla si preoccupa. Invece, ci sono le macerie. E sulla loro polvere resta il segno della Storia, dei grandi e dei piccoli eventi. La polvere, unica sopravvissuta alla distruzione di ecosistemi, per le scelte scellerate di chi li abita irrispettosamente. Un’umanità mostrificata. Quella fanatica di Trump, delle cui gesta inqualificabili la canzone si fa testimonianza storica; quella ingannevole di chi ha imbevuto le menti fragili di menzogne, costringendo la povera gente a costruire templi smisurati invece di predicare rispetto e convivenza. Quella insulsa degli opportunisti, di chi finge di non sapere, di chi non vuole vedere e legittima azioni orripilanti e sciagurate. Un’umanità irresponsabile e vile in cui tutti siamo lo stronzo di qualcuno, perché è meglio incolpare il prossimo di ogni nefandezza, invece di prendersi una responsabilità. Un’umanità irretita da messaggi degenerati. Quelli delle pubblicità, che deformano, manipolano, costruiscono falsità con l’unico scopo di trasformare le persone in consumatori. Sordi ai sentimenti, ciechi alle verità, impotenti alle scelte. Fantasmi. Ma è anche un viaggio in cui la musica benevola dell’amico e complice Giuseppe Mereu, solleva e dà sollievo.
Viaggio in cui l’autore, cantastorie contemporaneo, parla dell’oggi accompagnato dalle melodie e dagli strumenti del folk più autentico. Racconta storie incantando, deride, dileggia, induce a pensare. Un viaggio che cerca un porto sicuro in cui attraccare. E portare in salvo ciò che di buono è rimasto. La voce del saggista francese Jacques Lacarriére. Quella di Louise Michel, combattente anarchica già cantata da Paul Verlaine, Victor Hugo. Condannata, deportata in esilio, da sempre in lotta contro ogni tirannide. Prima femminista, a favore dell’emancipazione, del divorzio, del diritto all’istruzione. E poi la voce dello spagnolo Blas Otero, che evoca il parlare antico, i detti contadini, le espressioni sincere e autentiche. Un mondo di valori perduti. Infine la voce dell’autore che in “Il mio tempo” scrive la sua autobiografia. Una riflessione sul tempo di una vita, quello che rimane, un tempo che spinge furiosamente in avanti. Che nel correre veloce e lontano, a ogni passo si alleggerisce di qualcosa: i pesanti vestiti del passato, i ricordi di ieri e di mille anni fa, le storie e la Storia. Si spoglia di tutto per arrivare all’essenza. E così affrontare il futuro.
il cenacolo di Ares