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I bambini nascosti

Domenico La Marca
Language: Italian


Domenico La Marca

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2020

Domenico La Marca


Un emigrato siciliano si presenta all’ufficio degli stranieri della polizia di Zurigo. “E la bambina?” Chiede il funzionario. “L’abbiamo lasciata in Italia”. Dietro c’è la moglie che fa segno di sì con la testa. “E la bambina?” ripete la domanda. “L’abbiamo lasciata in Italia” ripetono entrambi. E’ una scena di un documentario di Alexander J. Seiler (Siamo italiani del 1964). Gli immigrati italiani possono compiere tre scelte difficili e dolorose. O lasciare i bambini in Italia, con nonni, zii… o metterli in uno degli istituti nati in provincia di Como o Varese, come se fossero orfani, o portarli con sé, tenerli nascosti. Al mattino presto quando i genitori vanno a lavorare, chiudono i figli in casa con l’ordine di non far rumore, di non aprire se bussano alla porta, di non affacciarsi al balcone o alla finestra, di nascondersi bene… Non poter usare il bagno, non utilizzare lo scarico dell’acqua perché i vicini si potrebbero insospettire, intravedere il sole, ascoltare le voci di bambini e ragazzi che giocano…

Costretti a nascondersi come nel gioco più antico, ma senza il piacere di essere ritrovati. Poi forse la sera, la mamma torna, bussano alla porta… “Mamma, se è papà, io mi nascondo, e lui mi viene a cercare, mamma io mi nascondo…”. E si compie così un rito rassicurante. Ma sempre piano, sussurrato, silenzioso.
La tribune de Lausanne calcola che siano da 10.000 a 15.000 i bambini italiani clandestini.

Nessuna delle scelte dolorose cui sono costretti gli immigrati è priva di conseguenze, che restano nel tempo. I nonni spesso non ce la fanno, e quando i genitori tornano a Natale a stento sono riconosciuti dai figli. La stessa cosa accade quando vengono lasciati in istituto. Lacerazioni, incomprensioni, sensi di colpa. Si utilizzano le pieghe della legge: il visto turistico. Dura sei mesi, e quando scade non ci sono rinvii, la polizia si presenta in casa, verifica e accompagna immediatamente alla frontiera. Anche se i ragazzi vanno a scuola, frequentano il catechismo per la prima comunione… L’allontanamento è effettuato pure per i neonati.

Nessun ragazzo pare abbia scritto un diario come Anna Franck, ma possiamo vedere il documentario di Seiler, i servizi giornalistici e le interviste trasmessi su Rai Storia, ascoltiamo il racconto del distacco dai figli lasciati ai parenti, vediamo madri che sembrano giocare felici con bambini che dopo qualche ora lasceranno in un istituto… e viene forte il desiderio di sapere il resto della storia. “Mia madre non piangeva ma soffriva dentro. Oggi – dice una donna anziana – i genitori possono sembrare duri… Erano questi i tempi, le circostanze, si fuggiva dalla miseria e si voleva assicurare un futuro a noi figli”
“Cercavamo braccia, sono arrivati uomini” scrive lo scrittore svizzero Max Frish. E la frase diventerà celebre.

Il 10 agosto 1964 il governo svizzero e quello italiano concordano regole e impegni per migliorare le condizioni di soggiorno dei lavoratori italiani in Svizzera. Tra cui la riduzione dei tempi per i ricongiungimenti familiari (da tre anni a 18 mesi). Un accordo utile anche alla Svizzera, così si può stabilizzare la manodopera formata e specializzata. Ma si accendono le proteste della popolazione. Uno degli estensori dell’accordo, sotto accusa, dice: “Ma non possiamo costringere i lavoratori al celibato. Né pretendere di importare solo la popolazione attiva, lasciando in Italia moglie e figli”. Il parlamento approva dopo mesi di trattative.

“Restiamo umani”, scriveva al termine di ogni articolo o negli auguri di Natale e di buon anno, Vittorio Arrigoni, volontario in Africa, Palestina… Ucciso da un gruppo terrorista jihadista. “Restiamo umani. Stay human” è il messaggio di questo brano. Ascoltandolo pensiamo alla Svizzera, quando i migranti eravamo noi, e pensiamo oggi a Lesbo, alla Siria, ai migranti bambini che attraversano il mare, ai tanti campi profughi…e che spesso vivono nascosti non solo durante il viaggio, ma anche quando quel viaggio sembra che sia finito.

“Se bussano alla porta, non aprite”. I Bambini nascosti. Una canzone per restare umani - Stato Quotidiano
Se bussano alla porta
Non aprite, state zitti
Se chiedono di me
E’ soltanto una scusa
Se cercano di me
Nascondetevi bene

Se a bussare sono i ricordi
Quelli che fan male
Non lasciateli entrare
Se è la nostalgia
Lei arriva e non ti avvisa
tu mandala via.

Quante volte han bussato
alla mia porta
in cerca di clandestini
Tenevo gli occhi chiusi
aspettavo
che tutto fosse finito



State fermi bambini
non potete giocare
non fate rumore
qui ci portavano via.

MI TREMANO LE MANI
IL DESTINO FA’ GIRI STRANI
DIMENTICO E CONFONDO
NON SO QUAL’E’ IL MIO TEMPO
HO GIRATO TUTTO IL MONDO
HO ABBRACCIATO TANTA GENTE
SON BRICIOLE DI PANE
NELLA MEMORIA E NELLA MIA MENTE
NELLA MEMORIA E NELLA MIA MENTE


Non sai più da dove vieni
Devi solo lavorare
Siamo uomini e non bestiame
Come siamo stati
Come ci han trattati
Mi vergogno a ricordare

Accetti ogni cosa
Se non sei a casa
non sempre si vede
quando il cuore si chiude

TUTTO SI RALLENTA
IL MIO TEMPO QUI E’ SOSPESO
COME QUANDO ERO BAMBINO
E NON SAPEVO PIU’ CHI ERO
SARA’ PER QUEL CHE HO VISTO
PER GLI INSULTI RICEVUTI
QUANTA RABBIA BUTTATA ADDOSSO
E’ LA STESSA CHE PROVO ADESSO

C’è qualcuno alla porta
Bambini fate piano
Se é papà, io mi nascondo
Che mi venga a cercare
mamma, io mi nascondo
Che mi venga a cercare.

Contributed by Dq82 - 2021/11/26 - 19:39




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