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Nino Rota: 8½ [La passerella d'addio]

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Langue: instrumental



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[1963]
Film / Movie / Elokuva:
Federico Fellini


Musica / Music / Musique / Sävel:
Nino Rota

Album: Federico Fellini 8½

[[https://www.letteraemme.it/wp-content/uploads/2018/03/nino-rota.jpg|]]


Il film

Tra i tanti squarci suggestivi del film riportiamo le parole di Carini, l’intellettuale alter ego:

Distruggere è meglio che creare quando non si creano le poche cose necessarie. E poi, c’è qualcosa di così chiaro e giusto al mondo che abbia il diritto di vivere? […] Meglio lasciar andare giù tutto e far spargere sale come facevano gli antichi per purificare i campi di battaglia. In fondo avremmo solo bisogno di un po’ di igiene, di pulizia, di disinfettare. Siamo soffocati dalle parole, dalle immagini, dai suoni che non hanno ragione di vita, che vengono dal vuoto e vanno verso il vuoto. A un artista, veramente degno di questo nome, non bisognerebbe chiedere che quest’atto di lealtà: educarsi al silenzio.

La colonna sonora

Rota sottolinea con la sua musica, il processo narrativo di Fellini che alterna momenti di flashback a attimi di ‘tempo reale’. Per farlo, Rota è ricorso a un mix di jazz, musica classica, lounge e musica da circo.
Attraverso la sua usuale cifra stilistica, Rota muove la canzone principale attraverso vari generi musicali, ‘leggendola’ attraverso gli stilemi della polka o dello swing da cabaret. [Stefano Fonzi]

Ballata per Nino Rota di Raffaele Nigro

La città era piena di sole
cercava un luogo che non c'è,
si portava nella cartella
spartiti di ogni colore.

Musicava il mare e i viali
musicava le aiuole di pansé
nessuno sapeva che cercava
l'isola di chissà dov'è.

Aveva musicato il cielo
e l'aria, tracciato pentagrammi
festoni di passeri e colombe
come chiavi di violino.

Aveva descritto la guerra,
cancellarla per sempre
con i lager di Berlino le tombe
Ardeatine e i forni di Dakau
voleva proprio disegnare
una città perfetta un luogo
senza morti e gente da ammazzare
e invece la città era quell'assurdo
sgorbio del Novecento,
un arco di cemento e di mare.

Lui cittadino di un mondo senza vie
prive di consistenza dipingeva
un mondo di dolore e di odio
travestito di note e di armonie.

Lottava forse con se stesso
per trovare un paese di carne e sangue
e di ossa, un paese nato dal sesso
degli uomini e non degli angeli.

Ma a ogni giro del sole
si ritrovava con la sua borsa
sotto il braccio, i tasti del piano,
in quel paese di mare e di viole
la piazza era lo spartito,
le strade il pentagramma,
insegnava ai giovani
la voce della bellezza
colorata viva musicale e priva
di tanta assurda amarezza.

Che amico trova a Roma
quando incontra Federico,
Quest'uomo fragile e possente
improvvisava un motivo
e l'amico impazziva con niente
uno vestiva le storie in corsivo
le sue trame di sogni e di follie
l'altro vestiva le donne di lamé
le svestiva e vestiva di armonie.

Ma il musicante voleva una terra di ossa
di sangue, voleva vedere sepolta
sua madre in una vera fossa
di pietrisco e calce e sabbia
voleva vedere scolpita
nel cemento una città
fatta di amore e rabbia
e non quest'isola smarrita
nei suoni nelle musiche nella folla
impalpabile di sonorità.

Che strano vedere la materia
morire in bocca alla cinepresa,
che strano trovare la vita
consumata nel nulla delle sequenze,
un padrino che spara per finta
un circo che non ha leoni
un pescatore senza lenze,
la riviera romagnola e il rex
chiusi in piscina, una bagnarola
di Cinecittà, la strada e i pagliacci
prigionieri di una icona
e gli uccelli impagliati
gli uccellacci di cartapesta
nel falò delle falsità.

Questo è il cinema, questa è l'isola
che abbiamo inseguito, la festa
del vacuo. Da questa a quella
città non è cambiato nulla
si aggira il maestro con la sua borsa
e dentro ha due libri uno spartito
un asciugamano per i suoi sudori,
un asciugamano per lo sperpero
degli umori, vedete? Voi lo vedete?

è un uomo che gira senza meta,
ha trascorso una vita in cerca
della sua isola. Non ha famiglia
non ha amici, non ha conoscenti
vive crocifisso tra le note
e tra sentimenti preclusi
vive e non vive, Nino Rota.

Qualcuno sostiene che è
prigioniero degli accordi,
accorda tromboni e trombe
pizzica violini e flicorni
come fossero le ore e i giorni
di una vita sospesa
nella levità, una vita di aria
di contrappunti e di disappunti,
una vita sommaria a mettere in riga
strumenti all'estro della bellezza,
proprio come fa un sarto,
un maestro della finezza.

Rota, volante, sospeso
come gli amanti di Chagall
questo Nino Rota sognante
nessuno sa che è il mago dei sogni
e dell'infelicità, lui
che appare in un lieve volo
un volo volante, quest'uomo dolce
e terribilmente solo.


Federico e Nino, A v’salut
Riccardo Gullotta

envoyé par Riccardo Gullotta - 6/7/2021 - 08:49




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