Ho gli occhi al cielo che piangono bombe
un cuore crollato tra martiri e tombe
Rojava insegna, Rojava insegna la dignità
Rojava insegna, come a Kobane No Pasaran!
Su terra antica che aiuta ad alzarmi
nascono fiori accanto alle armi
Rojava insegna, Rojava insegna la dignità
Rojava insegna, come a Kobane No Pasaran!
E quando intorno si alzano
muri d’odio, troverò
resistenza, solidarietà
e una scritta trionferà:
The only way to stop the hate
is with love and YPG
The only way to stop the hate
is with love and YPJ
Rojava insegna, Rojava insegna la libertà
Rojava insegna, come a Kobane No Pasaran!
un cuore crollato tra martiri e tombe
Rojava insegna, Rojava insegna la dignità
Rojava insegna, come a Kobane No Pasaran!
Su terra antica che aiuta ad alzarmi
nascono fiori accanto alle armi
Rojava insegna, Rojava insegna la dignità
Rojava insegna, come a Kobane No Pasaran!
E quando intorno si alzano
muri d’odio, troverò
resistenza, solidarietà
e una scritta trionferà:
The only way to stop the hate
is with love and YPG
The only way to stop the hate
is with love and YPJ
Rojava insegna, Rojava insegna la libertà
Rojava insegna, come a Kobane No Pasaran!
Contributed by Dq82 - 2021/6/23 - 16:26
ANKARA E MOSCA SI ACCORDANO SULLA TESTA DEI CURDI?
(Gianni Sartori)
Talvolta parlando della difficile situazione dei Curdi in Rojava si evoca il classico “vaso di coccio” sbattuto tra quelli di ferro (tra Usa e Russia, tra Ankara e Damasco…) e destinato quindi a frantumarsi.
Dimenticando che se c’è qualche speranza per l’intera area di fuoriuscire (oltre che dai conflitti settari, dall’autoritarismo patriarcale, dagli integralismi etc…) dallo stretto controllo esercitato sia dalla potenze regionali che da quelle planetarie, è solo quella del progetto curdo di Confederalismo democratico.
Altro, almeno per ora, non si intravede sul fosco orizzonte.In compenso stiamo probabilmente per assistere all’ennesimo voltafaccia (parlare di “tradimento” sarebbe forse eccessivo; in fondo Putin non ha mai garantito nulla o quasi ai curdi…) da parte di Mosca.
Sarebbero già in corso le trattative, da tempo ventilate e temute, con Ankara per consentire all’esercito turco di attaccare Kobane. In cambio le truppe di Erdogan dovrebbero lasciare a quelle russe il controllo di Ariha (provincia di Idleb),località posta lungo l’autostrada strategica M4.
Controllare Kobane per la Turchia significa stabilire una vera continuità territoriale nel nord della Siria. Dal cantone di Afrin fino a Kobane passando per Jarablous e Tall Abyad.
Stando a quanto riporta Middle East, la Russia conserverebbe una sua presenza a Kobane mentre la Turchia potrebbe impadronirsi delle zone circostanti in direzione della M4. L’autostrada sarebbe quindi controllata congiuntamente da Mosca e Ankara (a cui verrebbe affidata anche la sicurezza della base di Sarrine) mentre spetterebbe ai russi garantire un ulteriore ritiro verso sud delle YPG (quelle YPG, non dimentichiamolo, che dal 2014 hanno svolto un ruolo determinante nella lotta contro lo stato islamico pagando un prezzo altissimo per numero di caduti).
Facile immaginare quanta inquietudine serpeggi ora nella popolazione che è a conoscenza di quello che avviene nei territori del nord-est della Siria già occupati dalla Turchia e dalle milizie sue alleate: saccheggi, decine rapimenti e uccisioni extragiudiziarie, sparizioni, torture, stupri…
E gli USA?
L’amministrazione statunitense (sempre più improbabile anche nel ruolo di “convitato di pietra”) avrebbe inviato dei convogli di vario genere per sostenere le FDS (Forze democratiche siriane, la coalizione arabo-curda). Contravvenendo quindi alle ripetute richieste di sospendere gli aiuti inoltrate da Erdogan. Meglio che niente.
Gianni Sartori
(Gianni Sartori)
Talvolta parlando della difficile situazione dei Curdi in Rojava si evoca il classico “vaso di coccio” sbattuto tra quelli di ferro (tra Usa e Russia, tra Ankara e Damasco…) e destinato quindi a frantumarsi.
Dimenticando che se c’è qualche speranza per l’intera area di fuoriuscire (oltre che dai conflitti settari, dall’autoritarismo patriarcale, dagli integralismi etc…) dallo stretto controllo esercitato sia dalla potenze regionali che da quelle planetarie, è solo quella del progetto curdo di Confederalismo democratico.
Altro, almeno per ora, non si intravede sul fosco orizzonte.In compenso stiamo probabilmente per assistere all’ennesimo voltafaccia (parlare di “tradimento” sarebbe forse eccessivo; in fondo Putin non ha mai garantito nulla o quasi ai curdi…) da parte di Mosca.
Sarebbero già in corso le trattative, da tempo ventilate e temute, con Ankara per consentire all’esercito turco di attaccare Kobane. In cambio le truppe di Erdogan dovrebbero lasciare a quelle russe il controllo di Ariha (provincia di Idleb),località posta lungo l’autostrada strategica M4.
Controllare Kobane per la Turchia significa stabilire una vera continuità territoriale nel nord della Siria. Dal cantone di Afrin fino a Kobane passando per Jarablous e Tall Abyad.
Stando a quanto riporta Middle East, la Russia conserverebbe una sua presenza a Kobane mentre la Turchia potrebbe impadronirsi delle zone circostanti in direzione della M4. L’autostrada sarebbe quindi controllata congiuntamente da Mosca e Ankara (a cui verrebbe affidata anche la sicurezza della base di Sarrine) mentre spetterebbe ai russi garantire un ulteriore ritiro verso sud delle YPG (quelle YPG, non dimentichiamolo, che dal 2014 hanno svolto un ruolo determinante nella lotta contro lo stato islamico pagando un prezzo altissimo per numero di caduti).
Facile immaginare quanta inquietudine serpeggi ora nella popolazione che è a conoscenza di quello che avviene nei territori del nord-est della Siria già occupati dalla Turchia e dalle milizie sue alleate: saccheggi, decine rapimenti e uccisioni extragiudiziarie, sparizioni, torture, stupri…
E gli USA?
L’amministrazione statunitense (sempre più improbabile anche nel ruolo di “convitato di pietra”) avrebbe inviato dei convogli di vario genere per sostenere le FDS (Forze democratiche siriane, la coalizione arabo-curda). Contravvenendo quindi alle ripetute richieste di sospendere gli aiuti inoltrate da Erdogan. Meglio che niente.
Gianni Sartori
Gianni Sartori - 2021/11/2 - 19:17
CURDI SOTTO IL TALLONE DI FERRO DI ANKARA ANCHE NEL NORD DELLA SIRIA
Gianni Sartori
Dal Rojava, anche nel giorno di Natale, giungono altre brutte notizie. Se ormai è ordinaria amministrazione sentire degli attacchi ai civili con i droni (l’ultimo, quello del 25 dicembre, ha causato due morti e sette feriti, di cui un paio in gravi condizioni), suscita raccapriccio la notizia del ritrovamento del cadavere di una curda bruciata viva, Zeinab Abdo. Anche perché questa morte brutale è giunta dopo una serie infinita di tribolazioni subite dalla donna sessantenne.
Da mesi viveva in una casa diroccata nei pressi del villaggio di Rota (distretto di Mabata) dopo che le milizie filoturche avevano confiscato la sua casa arrestando praticamente tutti i membri della famiglia (il marito, i figli, le nuore…). Una delle due nuore - Zelikhe Walid Omar - era stata rimessa in libertà nell’agosto 2021 (dopo oltre un anno di detenzione) avendo perso la ragione a causa delle torture e degli stupri subiti.
Violenze subite anche da Zeinab Abdo durante il periodo in cui era nelle mani dei miliziani jihadisti che l’avevano liberata solo da qualche mese.
Per cui non si può escludere che si sia tolta volontariamente la vita per disperazione.
Zeinab era stata arrestata nel giugno 2020, così come gli altri componenti della famiglia di cui ancora non si conosce la sorte: il marito Osman Majid Naasan (65 anni), i suoi figli Jankin (32 anni), Sheyar (30 anni) e Mohammed (28 anni).
A finire nelle mani jihadiste anche le due nuore, Zelikhe Walid Omar (30 anni, l’unica, oltre a Zeinab, ad essere stata finora liberata, ma solo perché impazzita per le violenze subite) e Jaylan Hamalo. Nessuna notizia anche di due bambini, tra cui la figlia (di nemmeno 2 anni) di Jankin e Zelikhe.
In novembre era stato diffuso un video in cui si vedeva una senzatetto, Zelikhe Walid Omar, rovistare tra i rifiuti con lo sguardo perso nel vuoto. Da fonti locali si veniva a saper che la donna vagava da circa tre mesi per le strade di Afrin in cerca di cibo. Avviene anche questo nel Rojava invaso e occupato dalla Turchia e dalle sue bande di mercenari.
Gianni Sartori
Gianni Sartori
Dal Rojava, anche nel giorno di Natale, giungono altre brutte notizie. Se ormai è ordinaria amministrazione sentire degli attacchi ai civili con i droni (l’ultimo, quello del 25 dicembre, ha causato due morti e sette feriti, di cui un paio in gravi condizioni), suscita raccapriccio la notizia del ritrovamento del cadavere di una curda bruciata viva, Zeinab Abdo. Anche perché questa morte brutale è giunta dopo una serie infinita di tribolazioni subite dalla donna sessantenne.
Da mesi viveva in una casa diroccata nei pressi del villaggio di Rota (distretto di Mabata) dopo che le milizie filoturche avevano confiscato la sua casa arrestando praticamente tutti i membri della famiglia (il marito, i figli, le nuore…). Una delle due nuore - Zelikhe Walid Omar - era stata rimessa in libertà nell’agosto 2021 (dopo oltre un anno di detenzione) avendo perso la ragione a causa delle torture e degli stupri subiti.
Violenze subite anche da Zeinab Abdo durante il periodo in cui era nelle mani dei miliziani jihadisti che l’avevano liberata solo da qualche mese.
Per cui non si può escludere che si sia tolta volontariamente la vita per disperazione.
Zeinab era stata arrestata nel giugno 2020, così come gli altri componenti della famiglia di cui ancora non si conosce la sorte: il marito Osman Majid Naasan (65 anni), i suoi figli Jankin (32 anni), Sheyar (30 anni) e Mohammed (28 anni).
A finire nelle mani jihadiste anche le due nuore, Zelikhe Walid Omar (30 anni, l’unica, oltre a Zeinab, ad essere stata finora liberata, ma solo perché impazzita per le violenze subite) e Jaylan Hamalo. Nessuna notizia anche di due bambini, tra cui la figlia (di nemmeno 2 anni) di Jankin e Zelikhe.
In novembre era stato diffuso un video in cui si vedeva una senzatetto, Zelikhe Walid Omar, rovistare tra i rifiuti con lo sguardo perso nel vuoto. Da fonti locali si veniva a saper che la donna vagava da circa tre mesi per le strade di Afrin in cerca di cibo. Avviene anche questo nel Rojava invaso e occupato dalla Turchia e dalle sue bande di mercenari.
Gianni Sartori
Gianni Sartori - 2021/12/26 - 15:51
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