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Tredici vite

Andrea Polini
Language: Italian


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2020

Il 7 dicembre 1943 alcuni partigiani vennero catturati durante un rastrellamento sui monti di Lovere, altri catturati nelle loro case. Dopo interrogatori e torture il 22 dicembre vennero tutti fucilati.
Questa canzone vuole ricordare i "Tredici Martiri" di Lovere ripercorrendo, senza seguire le loro
biografie, le diverse motivazioni che hanno portato tanti alla scelta della lotta partigiana.
Partiti da luoghi diversi per percorrere lo stesso sentiero.

Sullo stesso episodio Ninetto

Lovere Garibaldina

Eraldo Locardi, tenente dell’esercito italiano, ferito in combattimento sul fronte greco e rimpatriato claudicante dall’Albania, dopo l’8 settembre 1943 non aderì al ricostituito regime fascista e organizzò in Val Calepio un gruppo di rivoltosi contro l’occupazione nazifascista e la Repubblica Sociale.
Assunse il nome di battaglia di Longhi e operò nella zona del Sebino.
Dopo un assalto alla caserma della milizia fascista di Sarnico, raggiunse i monti di Lovere affiancandosi al gruppo partigiano di Giovanni Brasi.
Partecipò all’operazione di autofinanziamento dei partigiani di Lovere che il 29 novembre 1943 prelevò il denaro dello stabilimento dell’Ilva di Lovere, applaudito dalle maestranze, e che contemporaneamente attaccò la sede del Fascio repubblicano di Lovere e le due centrali telefoniche di Lovere e dello stabilimento Ilva. Nell’azione furono uccisi due notabili del fascismo di Lovere: il notaio Paolo Rosa e Giuseppe Cortesi, che secondo i progetti iniziali doveva essere fatto prigioniero insieme a Giovanni Capitanio. Catturarono invece Valentino Fabbri, un fascista di Costa Volpino, che verrà liberato dopo alcuni giorni.
Eludendo i posti di blocco, Locardi si recò a Milano per farsi curare una mano ferita durante l’azione. Insieme ad altri partigiani, fu catturato dalla milizia fascista a seguito della delazione di una spia. I prigionieri furono sottoposti a torture e maltrattamenti di ogni genere, nelle prigioni di via Pignolo a Bergamo.
Ai genitori ed ai familiari venne negato il permesso di visitarli e di portare loro l’ultimo conforto. A nulla valsero le raccomandazioni e gli interventi verso i capi fascisti perché risparmiassero la vita di tanti giovani.
Mercoledì 22 dicembre 1943 furono prelevati dal carcere e condotti a Lovere. Furono fatti sedere sulle casse da morto dell’autocarro che li trasportava. Il camion della morte fece la prima tappa nell zona di Poltragno. Sette partigiani furono fatti scendere e sulla strada per Sellere furono fucilati alla presenza dei loro compagni.
Gli esecutori, sghignazzando, scrissero sul muro bagnato di sangue “fuorilegge“ e ripartirono per Lovere per compiere la seconda strage.
La direzione dell’Ilva si oppose al tentativo di procedere alla fucilazione lungo il muro di cinta della fabbrica, così gli altri seri furono condotti nei pressi della pesa pubblica di Lovere, l’attuale Caserma dei Carabinieri, e fucilati di fronte al alcuni cittadini inorriditi. I loro corpi furono sepolti in una fossa comune del cimitero di Bergamo.
Dopo la fine della guerra, vennero riesumati e sepolti con gli onori resi ai martiri della Resistenza italiana.
Lovere, testimone del crimine, si trasformò in una cittadella partigiana: tredici eroi erano caduti, ma altri giovani presero il loro posto di combattimento e accorsero nella formazione al fianco dei partigiani superstiti. La lotta partigiana visse ancora, pur nelle difficoltà e nel terrore del momento, si rafforzò e andò avanti, con l’aiuto degli Alleati, sino alla vittoria.
Nacque così la 53a Brigata Garibaldi, che si diede il nome di “Tredici Martiri di Lovere“ in memoria dei tredici caduti e fucilati dai fascisti nei primi mesi della resistenza armata al nazifascismo dopo l’otto settembre 1943.

13 martiri113 martiri2
Uno non voleva fare il soldato
una lapide e un nome marcire in un prato
Grecia albania la fine di tanti
aveva 20 anni e la vita davanti

l'altro era stanco di una vita banale
Di giorni insensati di un mondo volgare
il caso ha voluto finisse con loro
Non con un basco vestito di nero

uno da sempre aveva un amico
che con i ribelli sarebbe partito
forse il motivo lui non capi
ma aveva un amico e lassù lo seguì

13 passi sullo stesso sentiero
Ora nessuno cammina da solo
13 vite ed un solo cammino
lo stesso nemico eguale il destino

Uno sali perché aveva paura
dei repubblichini della sventura
di spie di tedeschi venuti fin là
aveva paura e ancora ce l'ha

uno ricorda i pugni e il bastone
di chi lo picchiò come un mulo od un cane
ma il tempo è cambiato e lui ora ha fretta
non ci fu giustizia ci sarà vendetta

l'altro arrivò da una terra innevata
Con altri soldati e la croce uncinata
Fuggì sopra i monti appena potè
Sapeva combattere e sapeva il perché

13 passi sullo stesso sentiero
Ora nessuno cammina da solo
13 vite ed un solo cammino
lo stesso nemico eguale il destino

Uno perchè lì aveva una casa
un padre una madre dei figli e una sposa
in fondo alla valle tamburi di guerra
in fondo alla valle ci sta la sua terra

un altro vide fascisti e tedeschi
A caccia di uomini e bestie nei boschi
Il paese in rovina a fuoco il fienile
ma gli restava in mano il fucile

uno parti da una terra oltremare
tradito da chi lo doveva guidare
ma da sbandato aveva capito
dov'era il fronte chi era il nemico

13 passi sullo stesso sentiero
Ora nessuno cammina da solo
13 vite ed un solo cammino
lo stesso nemico eguale il destino

uno la patria voleva salvare
dal fango dall'onta dal disonore
Da re e generali in fuga lontani
da chi si nasconde aspettando domani

un altro pensa ma come a cosa vera
a un mondo nuovo e alla rossa bandiera
sa che quando la guerra si spegne
sarà tempo di pace e senza catene

Uno una storia dietro di sé
la Spagna gli scioperi del 43
e anche stavolta non è da solo
per libertà giustizia e lavoro

uno ogni giorno dall'alba alla sera
La vanga la scure il buio in miniera
e attorno padroni e chi si gode la vita
con il suo lavoro e vuol farla finita

Contributed by Dq82 - 2021/4/16 - 20:54


Alcuni partigiani furono catturati durante un rastrellamento fascista sopra i monti di Lovere il 7 dicembre 1943 e altri nelle loro case. Tra loro c’era quasi tutto il gruppo Locardi. I tredici giovani furono rinchiusi nel convitto «Baroni» di Bergamo, interrogati, maltrattati, picchiati, torturati.
Nell’alba a fosca e piovigginosa del 22 dicembre 1943, furono portati a Lovere con le loro bare: sette furono fucilati in località Poltragno poco prima di Lovere e sei furono fucilati a Lovere in località “Magazzini”, nel cortile di un deposito di legnami, vicino alla strada statale del Tonale.
Salvatore Conti e Ivan Piana si abbracciarono nell’ultimo saluto fraterno. Tutti rifiutarono la benda. Una scarica li uccise, Poi altri due spari per il colpo di grazia a Ivan Piana. Gli uccisi furono riposti nelle bare e sepolti in un angolo solitario del Cimitero di Bergamo perché i loveresi non li potessero piangere e prendere ad esempio per la lotta antifascista. Oltre la metà di loro non aveva compiuto vent’anni.

Questi i nomi dei “Tredici Martiri”:

Francesco Bezzi (o Bessi), 18 anni, nato a Bornato (in provincia di Brescia) il 9 gennaio 1925, residente a Cazzano S. Martino, operaio e partigiano del gruppo di Eraldo Locardi, organizzato in Val Calepio e chiamato “Primo battaglione Badoglio”.

Giulio Buffoli, 41 anni, nato a Palazzolo sull’Oglio (Bs) il 24 ottobre 1902, residente a Lovere (Bg), operaio e partigiano del “Gruppo Patrioti Loveresi” di Giovanni Brasi, il più anziano del gruppo, aveva già 5 figli.

Salvatore Conti, 21 anni, nato e residente a Lovere (Bg) il 21 gennaio 1922, studente del primo anno di ingegneria e partigiano del “Gruppo Patrioti Loveresi” di Giovanni Brasi. Insieme all’amico Ivan Piana, fondò il “Gruppo patriottico giovanile” di Lovere con questo giuramento: “lotteremo con tutte le nostre forze contro il nazifascismo e per la libertà della patria e se dovremo morire, sapremo morire”, con la precisa volontà di propaganda e azione contro il fascismo.

Andrea Guizzetti detto Andreino, 19 anni, nato e residente a Lovere (Bg) l’8 settembre 1924, apprendista operaio nello stabilimento Ilva di Lovere e partigiano del “Gruppo Patrioti Loveresi” di Giovanni Brasi e attivo nei “Gruppi patriottici giovanili” fu catturato nel rastrellamento del 7 dicembre 1943, imprigionato e torturato nel collegio “Baroni” di Bergamo.

Eraldo Locardi, 23 anni, nato a Milano il 26 giugno 1920, residente a Grumello del Monte (Bg), era tenente dell’Esercito Italiano, ferito in combattimento sul fronte greco-albanese e rimpatriato claudicante dall’Albania. Dopo l’8 settembre 1943, con il nome di battaglia “Longhi”, organizza in Val Calepio il gruppo partigiano “Primo battaglione Badoglio” che si unisce ai partigiani di Giovanni Brasi di Lovere. Nel giornale del 22 dicembre 1943 è citato come Aleardo. Prima di essere fucilato, il giovane tenente Locardi chiese di abbracciare i compagni e disse: «Bisogna saper morire per la Patria! Sulla terra bagnata dal nostro sangue cresceranno i fiori della libertà. Viva l’Italia libera!».

Vittorio Lorenzini, 18 anni, nato a Telgate (Bg) il 25 agosto 1925, residente a Sesto S. Giovanni (Mi), operaio e partigiano con il nome di battaglia “Sbafì” del “Primo battaglione Badoglio” di Eraldo Locardi. Per liberare la sorella, tenuta come ostaggio dai fascisti, il 19 dicembre 1943 si consegnò, certo di affrontare il peggio. Venne imprigionato, trasferito a Bergamo e brutalmente maltrattato. Poi fu fucilato con gli altri Tredici Martiri.

Guglielmo Giacinto Macario, 18 anni, nato e residente a Lovere (Bg) il 3 ottobre 1925, apprendista operaio e partigiano, nome di battaglia “Cinto”, del “Gruppo Patrioti Loveresi” di Giovanni Brasi e sin dal settembre 1943 iscritto ai locali “Gruppi patriottici giovanili”. Aveva chiesto di essere ucciso in località Poltragno, per evitare che a Lovere sua madre potesse assistere alla sua fucilazione.

Giovanni Moioli, 17 anni, nato e residente a Grumello del Monte (Bg) il 29 ottobre 1926, bracciante e partigiano, nome di battaglia “Tocia”, del “Primo battaglione Badoglio” di Eraldo Locardi. Insieme a Giovanni Vender era il più giovane, ma per l’ideale della libertà si fece partigiano e per questo ideale fu ucciso, perché la nostra Costituzione, è nata tra le montagne dove furono uccisi i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, come disse Piero Calamandrei nel suo memorabile discorso del 1955.

Luca Nitckisc, un giovane slavo, ex prigioniero di guerra, fuggito dopo l’8 settembre dal campo di prigionia fascista di Grumello al Piano detto della Grumellina di Bergamo e unitosi al gruppo di Locardi in Val Calepio, il “Primo battaglione Badoglio”, amico di Mario Tognetti, prima di essere fucilato dichiarò di voler morire da italiano.

Ivan Piana, 19 anni, nato e residente a Lovere (Bg) il 24 febbraio 1924, ragioniere, studente alla facoltà di economia, fondatore del “Gruppo patriottico giovanile” di Lovere, che ebbe sede nella sua casa, in collaborazione con il compagno Salvatore Conti, e partigiano del “Gruppo Patrioti Loveresi” di Giovanni Brasi.

Giuseppe Ravelli, 20 anni, nato a Casnigo (Bg) il 3 luglio 1923, residente a Leffe (Bg), manovale e partigiano del “Gruppo Patrioti Loveresi” di Giovanni Brasi.

Mario Tognetti, 21 anni, nato e residente a Grumello del Monte il 7 aprile 1922, commesso di negozio, amico di Giovanni Moioli, partigiano del “Primo battaglione Badoglio” di Eraldo Locardi, arrestato a Grumello del Monte da una squadra fascista, incarcerato a Bergamo nel collegio convitto “Baroni” dove subì sevizie e torture e quindi portato a Lovere per essere fucilato.

Giovanni Vender, 17 anni, nato a Breno (Bs) il 29 marzo 1926, residente a Lovere (Bg), meccanico apprendista, partigiano “Gianni” del “Gruppo Patrioti Loveresi” di Giovanni Brasi.

Dq82 - 2021/4/16 - 20:56




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