Ici l'hiver n'a pas de prise,
Ici les bois sont toujours verts ;
De l'Océan, la fraîche brise
Souffle sur les mornes déserts,
Et si profond est le silence
Que l'insecte qui se balance
Trouble seul le calme des airs.
Le soir, sur ces lointaines plages,
S'élève parfois un doux chant :
Ce sont de pauvres coquillages
Qui le murmurent en s'ouvrant.
Dans la forêt, les lauriers-roses,
Les fleurs nouvellement écloses
Frissonnent d'amour sous le vent.
Viens en sauveur, léger navire,
Hisser le captif à ton bord !
Ici, dans les fers il expire :
Le bagne est pire que la mort.
En nos coeurs survit l'espérance,
Et si nous revoyons la France,
Ce sera pour combattre encor !
Voici la lutte universelle :
Dans l'air plane la Liberté !
A la bataille nous appelle
La clameur du déshérité !...
... L'aurore a chassé l'ombre épaisse,
Et le Monde nouveau se dresse
A l'horizon ensanglanté !
Ici les bois sont toujours verts ;
De l'Océan, la fraîche brise
Souffle sur les mornes déserts,
Et si profond est le silence
Que l'insecte qui se balance
Trouble seul le calme des airs.
Le soir, sur ces lointaines plages,
S'élève parfois un doux chant :
Ce sont de pauvres coquillages
Qui le murmurent en s'ouvrant.
Dans la forêt, les lauriers-roses,
Les fleurs nouvellement écloses
Frissonnent d'amour sous le vent.
Viens en sauveur, léger navire,
Hisser le captif à ton bord !
Ici, dans les fers il expire :
Le bagne est pire que la mort.
En nos coeurs survit l'espérance,
Et si nous revoyons la France,
Ce sera pour combattre encor !
Voici la lutte universelle :
Dans l'air plane la Liberté !
A la bataille nous appelle
La clameur du déshérité !...
... L'aurore a chassé l'ombre épaisse,
Et le Monde nouveau se dresse
A l'horizon ensanglanté !
Contributed by Riccardo Venturi - 2007/8/19 - 18:57
Language: Italian
Versione italiana di Flavio Poltronieri
Qui l'inverno non ha presa
Qui i boschi sono sempre verdi
Dall'oceano, la fresca brezza
Soffia sui cupi deserti
E il silenzio è talmente profondo
Che un insetto che si dondola
E’ sufficiente a turbare la calma dell’aria
La sera, su queste lontane spiagge
Si leva talvolta un dolce canto
Sono le povere conchiglie
A mormorarlo aprendosi
Nella foresta gli oleandri
Fiori appena sbocciati
Fremono d'amore al vento
Vieni come una salvatrice, nave leggera
Issa lo schiavo a bordo
Qui tra i ferri lui muore
Il bagno penale è peggio della morte
Nei nostri cuori sopravvive la speranza
E se rivedremo la Francia
Sarà per combattere ancora
Ecco la lotta universale
Nell’aria aleggia la libertà
Ci chiama alla battaglia
Il clamore dei diseredati
L'aurora ha scacciato l'ombra fitta
E il mondo nuovo si leva
All’orizzonte insanguinato
-traduzione Flavio Poltronieri-
Qui i boschi sono sempre verdi
Dall'oceano, la fresca brezza
Soffia sui cupi deserti
E il silenzio è talmente profondo
Che un insetto che si dondola
E’ sufficiente a turbare la calma dell’aria
La sera, su queste lontane spiagge
Si leva talvolta un dolce canto
Sono le povere conchiglie
A mormorarlo aprendosi
Nella foresta gli oleandri
Fiori appena sbocciati
Fremono d'amore al vento
Vieni come una salvatrice, nave leggera
Issa lo schiavo a bordo
Qui tra i ferri lui muore
Il bagno penale è peggio della morte
Nei nostri cuori sopravvive la speranza
E se rivedremo la Francia
Sarà per combattere ancora
Ecco la lotta universale
Nell’aria aleggia la libertà
Ci chiama alla battaglia
Il clamore dei diseredati
L'aurora ha scacciato l'ombra fitta
E il mondo nuovo si leva
All’orizzonte insanguinato
-traduzione Flavio Poltronieri-
Contributed by Flavio Poltronieri - 2022/1/19 - 16:57
OCEANIA INQUIETA:
PROTESTE IN NUOVA CALEDONIA E ANCORA SANGUE IN PAPUA NUOVA GUINEA
Gianni Sartori
Forse quella di Gérald Darmanin (ministro francese dell’Interno e dell’Oltre-Mare) a Kanbaly (Nuova Caledonia) non era una visita particolarmente gradita agli indipendentisti.
Il 21 febbraio i militanti della Cellule de coordination des actions de terrain (CCAT, composta da movimenti e sindacati favorevoli all’autodeterminazione: PT, MOI, UC, USTKE… ) avevano sfilato pacificamente a Noumea per protestare contro il progetto (già ufficialmente annunciato) di sbloccare il corpo elettorale provinciale. Ma ben presto la manifestazione era degenerata e - dopo il tentativo di raggiungere la sede dell’alto-commissariato - scoppiavano scontri con le forze di polizia (tra rue Anatole-France e Rue Général-Mangin dove erano stati schierati in gran numero camion militari).
Alla fine si sono registrati cinque arresti e numerosi feriti, in particolare tra le forze dell’ordine.
In cosa consisterebbe il previsto “scongelamento” - l’apertura - del corpo elettorale provinciale?
In base agli accordi di Noumea (firmati nel 1998) il diritto di voto spetta soltanto alle persone iscritte nelle liste elettorali prima del 1998. Ritenendo tali restrizioni “poco democratiche” il governo francese intende aprire sia ai nativi caledoniani dai 18 anni in su, sia alle persone presenti nell’arcipelago almeno da dieci anni. Con un aumento previsto di circa 25mila elettori.
Nel giorno immediatamente successivo, con un comunicato, i responsabili della CCAT hanno condannato i disordini e le violenze. Anche se - denunciano -sono stati “provocati da chi voleva impedire la consegna delle nostre richieste al ministro”.
Infatti l’intenzione degli organizzatori della protesta pacifica (i quali denunciano di essere finiti in una “trappola”) era soltanto quella di consegnargli direttamente una richiesta per il ritiro del decreto di legge.
Da parte sua l’organizzazione Loyalistes (una coalizione di partiti di destra anti-indipedentisti, sorta nel 2020 e diventata nel 2022 Rassemblement au Congrès de Nouvelle-Calédonie ) ha forzatamente evocato l’immagine di una città “messa a ferro e fuoco, saccheggiata” sostenendo che le violenze erano state previste e organizzate. Arrivando a chiedere la dissoluzione della CCAT.
Inevitabile un pensiero per Louise Michel che, sfuggita ai massacri della “Semaine sanglante” (dopo la caduta della Commune di Parigi) venne deportata in Nuova Caledonia. Tra l’altro durante il viaggio sulla Virginie completò la sua evoluzione politica transitando definitivamente dal blanquismo all’anarchismo.Louise non solo si interessò della lingua, delle tradizioni, dei miti e della musica degli indigeni, ma si schierò apertamente al loro fianco quando i Canachi si sollevarono. Paragonandolo la loro rivolta a quella della Commune del 1971 e donando agli insorti un simbolica bandiera rossa (anche se al momento del dibattito su quale bandiera utilizzare a Parigi nel 1971 Louise pare si fosse schierata con la minoranza che voleva quella nera).
Una vera eccezione la sua, dato che anche la comunità degli ex comunardi qui deportati alla fine si era allineata alle posizioni delle autorità francesi.
Per tornare ai giorni nostri, molto peggio quanto sta avvenendo in Papua Nuova Guinea dove una settimana fa decine di persone (le cifre ufficiali parlano di una trentina di vittime, altre fonti di una settantina) sono state assassinate nella provincia di Enga nel corso di un’imboscata. Questa regione di altopiani (conosciuta come Highlands e dove da alcuni mesi vige il coprifuoco) è da tempo martoriata da uccisioni e scontri presumibilmente legati al controllo delle terre da parte di una ventina di tribù. Un conflitto reso ulteriormente sanguinoso dalla recente diffusione delle armi da fuoco. Il tutto in un generale contesto di crisi sia economica che sociale.
Del resto quest’anno le violenze non hanno risparmiato nemmeno la capitale. Qui il 10 gennaio sono state ammazzate almeno 22 persone. Tanto che il governo australiano (forse preoccupato per i i suoi investimenti in Papua Nuova Guinea) ha offerto il proprio sostegno per garantire la sicurezza nell’isola, in particolare per l’addestramento delle forze di polizia locale.
Gianni Sartori
PROTESTE IN NUOVA CALEDONIA E ANCORA SANGUE IN PAPUA NUOVA GUINEA
Gianni Sartori
Forse quella di Gérald Darmanin (ministro francese dell’Interno e dell’Oltre-Mare) a Kanbaly (Nuova Caledonia) non era una visita particolarmente gradita agli indipendentisti.
Il 21 febbraio i militanti della Cellule de coordination des actions de terrain (CCAT, composta da movimenti e sindacati favorevoli all’autodeterminazione: PT, MOI, UC, USTKE… ) avevano sfilato pacificamente a Noumea per protestare contro il progetto (già ufficialmente annunciato) di sbloccare il corpo elettorale provinciale. Ma ben presto la manifestazione era degenerata e - dopo il tentativo di raggiungere la sede dell’alto-commissariato - scoppiavano scontri con le forze di polizia (tra rue Anatole-France e Rue Général-Mangin dove erano stati schierati in gran numero camion militari).
Alla fine si sono registrati cinque arresti e numerosi feriti, in particolare tra le forze dell’ordine.
In cosa consisterebbe il previsto “scongelamento” - l’apertura - del corpo elettorale provinciale?
In base agli accordi di Noumea (firmati nel 1998) il diritto di voto spetta soltanto alle persone iscritte nelle liste elettorali prima del 1998. Ritenendo tali restrizioni “poco democratiche” il governo francese intende aprire sia ai nativi caledoniani dai 18 anni in su, sia alle persone presenti nell’arcipelago almeno da dieci anni. Con un aumento previsto di circa 25mila elettori.
Nel giorno immediatamente successivo, con un comunicato, i responsabili della CCAT hanno condannato i disordini e le violenze. Anche se - denunciano -sono stati “provocati da chi voleva impedire la consegna delle nostre richieste al ministro”.
Infatti l’intenzione degli organizzatori della protesta pacifica (i quali denunciano di essere finiti in una “trappola”) era soltanto quella di consegnargli direttamente una richiesta per il ritiro del decreto di legge.
Da parte sua l’organizzazione Loyalistes (una coalizione di partiti di destra anti-indipedentisti, sorta nel 2020 e diventata nel 2022 Rassemblement au Congrès de Nouvelle-Calédonie ) ha forzatamente evocato l’immagine di una città “messa a ferro e fuoco, saccheggiata” sostenendo che le violenze erano state previste e organizzate. Arrivando a chiedere la dissoluzione della CCAT.
Inevitabile un pensiero per Louise Michel che, sfuggita ai massacri della “Semaine sanglante” (dopo la caduta della Commune di Parigi) venne deportata in Nuova Caledonia. Tra l’altro durante il viaggio sulla Virginie completò la sua evoluzione politica transitando definitivamente dal blanquismo all’anarchismo.Louise non solo si interessò della lingua, delle tradizioni, dei miti e della musica degli indigeni, ma si schierò apertamente al loro fianco quando i Canachi si sollevarono. Paragonandolo la loro rivolta a quella della Commune del 1971 e donando agli insorti un simbolica bandiera rossa (anche se al momento del dibattito su quale bandiera utilizzare a Parigi nel 1971 Louise pare si fosse schierata con la minoranza che voleva quella nera).
Una vera eccezione la sua, dato che anche la comunità degli ex comunardi qui deportati alla fine si era allineata alle posizioni delle autorità francesi.
Per tornare ai giorni nostri, molto peggio quanto sta avvenendo in Papua Nuova Guinea dove una settimana fa decine di persone (le cifre ufficiali parlano di una trentina di vittime, altre fonti di una settantina) sono state assassinate nella provincia di Enga nel corso di un’imboscata. Questa regione di altopiani (conosciuta come Highlands e dove da alcuni mesi vige il coprifuoco) è da tempo martoriata da uccisioni e scontri presumibilmente legati al controllo delle terre da parte di una ventina di tribù. Un conflitto reso ulteriormente sanguinoso dalla recente diffusione delle armi da fuoco. Il tutto in un generale contesto di crisi sia economica che sociale.
Del resto quest’anno le violenze non hanno risparmiato nemmeno la capitale. Qui il 10 gennaio sono state ammazzate almeno 22 persone. Tanto che il governo australiano (forse preoccupato per i i suoi investimenti in Papua Nuova Guinea) ha offerto il proprio sostegno per garantire la sicurezza nell’isola, in particolare per l’addestramento delle forze di polizia locale.
Gianni Sartori
Gianni Sartori - 2024/2/23 - 15:22
RETATE E ARRESTI IN NUOVA CALEDONIA
Le recenti proteste indipendentiste del popolo kanak in Nuova Caledonia hanno portato a numerosi arresti. In particolare nei confronti dei militanti di CCAT (Cellula di Coordinamento dell’ Azione sul Campo)
Gianni Sartori
Tra le conseguenze immediate delle proteste e degli scontri che hanno attraversato l’arcipelago della Nuova Caledonia per oltre un mese (grosso modo: da metà maggio a metà giugno, quasi un preludio di guerra civile) almeno un migliaio di arresti. Due terzi per danneggiamenti e furti, i rimanenti per atti violenti nei confronti delle forze dell’ordine. Oltre una settantina le carcerazioni effettive. In particolare nei confronti di esponenti di CCAT (Cellula di Coordinamento dell’ Azione sul Campo, fondata nel novembre 2023 in netta opposizione alla riforma elettorale).
Tra gli arresti più significativi, quelli del 19 giugno a Nouméa che avevano portato in carcere ufficialmente otto persone (in realtà poi risultavano molte di più). Tra loro anche l’indipendentista Christian Tein, leader del CCAT. Accusati di “associazione a delinquere” in quanto le indagini avrebbero individuato elementi relativi alla criminalità organizzata (secondo il procuratore della Repubblica).
Contemporaneamente venivano perquisiti i locali dell’Unione Caledoniana che ospita anche gli uffici del CCAT.
Nel frattempo proseguono le indagini (analizzando video, foto, testimonianze…) su diversi altri episodi (incendi, furti, saccheggi, violenze anche sulle persone…) che in futuro potrebbero portare ad altri arresti.
In particolare si indaga sui furti di denaro nei DAB, i distributori automatici di biglietti scassinati in gran quantità nei giorni della rivolta.
Tuttavia sarebbe riduttivo pensare che le aspirazioni indipendentiste del popolo kanak si esprimano soltanto con le proteste, le barricate, la violenza…
Per esempio un ruolo non secondario è quello rivestito dalla musica tradizionale.
Come si evince dai versi (risalenti al 1985) di Gilbert KKaloonbat Tein, il cantante del gruppo indigeno Bwanjep (membri della tribù di Bas-Coulna, originaria di Hienghène nel nord-est del Paese):
“Kanaky mon pays/ton peuple souverain est fier/sur tes terres sacrées liées aux ancêtres de toujours/pour proclamer face au monde, face à l’histoire, ta souveraine liberté”.
O anche, dall’albo Percussion del 1992 :
“Ô mon grand-père,...raconte tous tes souvenirs/donne-moi les secrets du temps”.
Testimonianza vitale delle rivendicazioni identitarie di un popolo oppresso e colonizzato, ma non ancora - non del tutto almeno - addomesticato.
Gianni Sartori
Le recenti proteste indipendentiste del popolo kanak in Nuova Caledonia hanno portato a numerosi arresti. In particolare nei confronti dei militanti di CCAT (Cellula di Coordinamento dell’ Azione sul Campo)
Gianni Sartori
Tra le conseguenze immediate delle proteste e degli scontri che hanno attraversato l’arcipelago della Nuova Caledonia per oltre un mese (grosso modo: da metà maggio a metà giugno, quasi un preludio di guerra civile) almeno un migliaio di arresti. Due terzi per danneggiamenti e furti, i rimanenti per atti violenti nei confronti delle forze dell’ordine. Oltre una settantina le carcerazioni effettive. In particolare nei confronti di esponenti di CCAT (Cellula di Coordinamento dell’ Azione sul Campo, fondata nel novembre 2023 in netta opposizione alla riforma elettorale).
Tra gli arresti più significativi, quelli del 19 giugno a Nouméa che avevano portato in carcere ufficialmente otto persone (in realtà poi risultavano molte di più). Tra loro anche l’indipendentista Christian Tein, leader del CCAT. Accusati di “associazione a delinquere” in quanto le indagini avrebbero individuato elementi relativi alla criminalità organizzata (secondo il procuratore della Repubblica).
Contemporaneamente venivano perquisiti i locali dell’Unione Caledoniana che ospita anche gli uffici del CCAT.
Nel frattempo proseguono le indagini (analizzando video, foto, testimonianze…) su diversi altri episodi (incendi, furti, saccheggi, violenze anche sulle persone…) che in futuro potrebbero portare ad altri arresti.
In particolare si indaga sui furti di denaro nei DAB, i distributori automatici di biglietti scassinati in gran quantità nei giorni della rivolta.
Tuttavia sarebbe riduttivo pensare che le aspirazioni indipendentiste del popolo kanak si esprimano soltanto con le proteste, le barricate, la violenza…
Per esempio un ruolo non secondario è quello rivestito dalla musica tradizionale.
Come si evince dai versi (risalenti al 1985) di Gilbert KKaloonbat Tein, il cantante del gruppo indigeno Bwanjep (membri della tribù di Bas-Coulna, originaria di Hienghène nel nord-est del Paese):
“Kanaky mon pays/ton peuple souverain est fier/sur tes terres sacrées liées aux ancêtres de toujours/pour proclamer face au monde, face à l’histoire, ta souveraine liberté”.
O anche, dall’albo Percussion del 1992 :
“Ô mon grand-père,...raconte tous tes souvenirs/donne-moi les secrets du temps”.
Testimonianza vitale delle rivendicazioni identitarie di un popolo oppresso e colonizzato, ma non ancora - non del tutto almeno - addomesticato.
Gianni Sartori
Gianni Sartori - 2024/6/21 - 10:15
NUOVA CALEDONIA: ALTRI ARRESTI E DEPORTAZIONI IN FRANCIA
Gianni Sartori
A ormai sei settimane dalla rivolta kanak in Nuova Caledonia vengono condannati (e talvolta deportati) i presunti leader indipendentisti
Il 25 giugno altri due militanti indipendentisti sono stati incarcerati a Nouméa, una conseguenza delle operazioni di polizia della settimana scorsa.
Tra di loro anche Joël Tjibaou, figlio del noto esponente kanak Jean-Marie Tjibaou (assassinato nel1989).
Risaliva a qualche giorno prima la condanna di altri nove esponenti indipendentistisospettati di aver organizzato le violenze registrate nei disordini della seconda settimana di maggio.
Sette di loro, tra cui Christian Tein, portavoce della CCAT (Cellule de coordination des actions de terrain), dopo essere stati sottoposti a giudizio, venivano trasferiti nelle carceri francesi (della métropole), mentre altri due sono ancora in stato di detenzione nell’arcipelago.
Inevitabile notare che si tratta del percorso inverso a quello cui vennero sottoposti i comunardi sopravvissuti.
Una decisione che arriva a ormai sei settimane dalla sollevazione kanak. Tra l’altro il giudice per le libertà e la detenzione (JLD) sembra aver sottoscritto l’ipotesi che individua in Christien Tein il capo della CCAT. Per Tein si sono aperte (ma solo in entrata) le porte del carcere di Mulhouse (Haut-Rhin). Invece Brenda Wanabo, madre di tre figli (il più piccolo ha solo quattro anni) e responsabiledella comunicazione della CCAT, è stata rinchiusa in una prigione di Dijon. Frédérique Muliava, direttrice dell’ufficio di Roch Wamytan, presidente del Congrès de Nouvelle-Calédonie, sarebbe detenuta aRiom (non lontano da Clermont-Ferrand).
E’ evidente che per i loro famigliari, soprattutto per i figli, la deportazione si traduce in un supplemento di pena.
Altri due degli undici accusati, Joël Tjibaou e Gilles Jorédié, avevano richiesto un dibattito differito davanti al giudice delle libertà e della detenzione, dibattito che si è svolto martedì 25 giugno. Per decisione del giudice sono stati rinchiusi (in attesa di giudizio) nel centro penitenziario di Camp Est a Nouméa.
Gianni Sartori
Gianni Sartori
A ormai sei settimane dalla rivolta kanak in Nuova Caledonia vengono condannati (e talvolta deportati) i presunti leader indipendentisti
Il 25 giugno altri due militanti indipendentisti sono stati incarcerati a Nouméa, una conseguenza delle operazioni di polizia della settimana scorsa.
Tra di loro anche Joël Tjibaou, figlio del noto esponente kanak Jean-Marie Tjibaou (assassinato nel1989).
Risaliva a qualche giorno prima la condanna di altri nove esponenti indipendentistisospettati di aver organizzato le violenze registrate nei disordini della seconda settimana di maggio.
Sette di loro, tra cui Christian Tein, portavoce della CCAT (Cellule de coordination des actions de terrain), dopo essere stati sottoposti a giudizio, venivano trasferiti nelle carceri francesi (della métropole), mentre altri due sono ancora in stato di detenzione nell’arcipelago.
Inevitabile notare che si tratta del percorso inverso a quello cui vennero sottoposti i comunardi sopravvissuti.
Una decisione che arriva a ormai sei settimane dalla sollevazione kanak. Tra l’altro il giudice per le libertà e la detenzione (JLD) sembra aver sottoscritto l’ipotesi che individua in Christien Tein il capo della CCAT. Per Tein si sono aperte (ma solo in entrata) le porte del carcere di Mulhouse (Haut-Rhin). Invece Brenda Wanabo, madre di tre figli (il più piccolo ha solo quattro anni) e responsabiledella comunicazione della CCAT, è stata rinchiusa in una prigione di Dijon. Frédérique Muliava, direttrice dell’ufficio di Roch Wamytan, presidente del Congrès de Nouvelle-Calédonie, sarebbe detenuta aRiom (non lontano da Clermont-Ferrand).
E’ evidente che per i loro famigliari, soprattutto per i figli, la deportazione si traduce in un supplemento di pena.
Altri due degli undici accusati, Joël Tjibaou e Gilles Jorédié, avevano richiesto un dibattito differito davanti al giudice delle libertà e della detenzione, dibattito che si è svolto martedì 25 giugno. Per decisione del giudice sono stati rinchiusi (in attesa di giudizio) nel centro penitenziario di Camp Est a Nouméa.
Gianni Sartori
Gianni Sartori - 2024/6/27 - 14:15
Kanaky (Nuova Caledonia): adesso c’e’ chi vuole tagliarla in due
Gianni Sartori
Dopo i recenti “disordini” in Nuova Caledonia, la destra di origine coloniale propone un modello “separatista” dal sapore vagamente sudafricano.
Ovviamente qualcuno lo ha immediatamente paragonato alla logica dello “sviluppo separato” degli afrikaner (l’apartheid). Volendo si poteva evocare anche un fumoso progetto dei “lealisti” protestanti (UDA, UVF…) che - nel secolo scorso - ipotizzavano l’indipendenza delle Sei contee (impropriamente denominate “Ulster” visto che delle nove originarie tre erano andate alla Repubblica irlandese). O anche Santa Cruz in Bolivia, il Katanga in Congo…
Insomma il separatismo dei benestanti diretti discendenti dei colonizzatori (o comunque al loro servizio, v. Ciombé in Katanga). Per cui quella di Sonia Backés (ex secrétaire d’État à la Citoyenneté dal 2022 al 2023) e attuale Presidente della provincia Sud) appare più che altro una provocazione politica, a scopo propagandistico. Per galvanizzare la sua base elettorale. In genere piuttosto oltranzista nei confronti della popolazione indigena (diciamo pure radicalmente di destra).
Il 14 luglio (riprendendo quanto già affermato in una intervista a Le Monde) Sonia Backès ha ribadito che “il progetto di una Nuova Caledonia istituzionalmente unita e fondata sul vivere insieme, gli uni con gli altri (indigeni e originari dell’Esagono nda) è finito”.
E calcando la mano: “Così come l’olio e l’acqua non si mescolano, devo constatare che tra il mondo kanak e quello occidentale, nonostante più di 170 anni di vita in comune, persistono antagonismi non superabili”.
Proseguiva criticando le modalità della vita sociale dei kanak e in particolare il loro rapporto con le donne. Senza peraltro entrare più di tanto nel merito delle contraddizioni in cui viene fatalmente a precipitare una comunità colonizzata e oppressa (quelle dei kanak ovviamente). Definisce i loro “sistemi politici” come “feudali” (sta forse per “primitivi” ?) Mentre quello dei bianchi sarebbe “democratico” (e te pareva?!?).
Pur riconoscendo - bontà sua - che “i due campi contrapposti sono entrambi persuasi di difendere legittimamente i loro valori”.
Arrivando quindi alla scontata conclusione: l’autonomisation di ciascuna delle tre province della Nouvelle-Calédonie.
Attualmente Sonia Backès presiede la provincia del Sud, quella abitata in prevalenza dai caldoches, i discendenti dei colonizzatori europei (compresi i deportati).
Il progetto, secondo la Backès, costituirebbe “una opportunità per la costruzione di diverse entità distinte per quanto complementari (intende forse che ai nativi sarebbe comunque garantito un ruolo di forza lavoro subalterna ? nda)così che ciascun popolo possa infine fiorire (tocco poetico nda) secondo le proprie aspirazioni”.
Va sottolineato che perfino un “lealista moderato” come Philippe Gomés l’ha apertamente contestata evocando lo spettro dell’apartheid sudafricano del secolo scorso.
Nel frattempo, dopo gli scontri di mesi scorsi, la situazione appare stagnante, quella di una “calma apparente”. Con l’arcipelago immerso in una evidente crisi sia economica che politica e sociale.
Nonostante il progetto di riforma costituzionale del governo francese sia stato - almeno per ora - sospeso, il 10 luglio si è registrata un’altra vittima.
Un ricercato per la recente ribellione, Rock Victorin Wamytan (38 anni), parente di un leader kanak, è stato ucciso dal fuoco della polizia.
Rimangono ancora in carcere cinque militanti indipendentisti dei sette trasferiti nelle prigioni del Continente. Tra cui Christian Tein, esponente della Cellule de coordination des actions de terrain (CCAT) ritenuto uno dei maggiori fomentatori dei "disordini" e rinchiuso in cella d’isolamento nel carcere di Mulhouse-Lutterbach.
Invece Frédérique Muliava (già a capo del gabinetto del presidente del Congrès de Nouvelle-Calédonie) e Brenda Wanabo-Ipeze, rinchiuse rispettivamente a Riom e a Dijon, sono uscite dal carcere (rimanendo agli arresti domiciliari, con braccialetto elettronico) il 10 luglio.
Mentre ufficialmente le barricate erano state tutte demolite liberando le strade sull'intero territorio, in realtà alcune sarebbero state già ripristinate più di una volta. Anche in questi ultimi giorni, in particolare nel nord.
E’ quindi probabile che rimangano in vigore il copri-fuoco e la proibizione di vendita di armi e alcolici.
Gianni Sartori
Gianni Sartori
Dopo i recenti “disordini” in Nuova Caledonia, la destra di origine coloniale propone un modello “separatista” dal sapore vagamente sudafricano.
Ovviamente qualcuno lo ha immediatamente paragonato alla logica dello “sviluppo separato” degli afrikaner (l’apartheid). Volendo si poteva evocare anche un fumoso progetto dei “lealisti” protestanti (UDA, UVF…) che - nel secolo scorso - ipotizzavano l’indipendenza delle Sei contee (impropriamente denominate “Ulster” visto che delle nove originarie tre erano andate alla Repubblica irlandese). O anche Santa Cruz in Bolivia, il Katanga in Congo…
Insomma il separatismo dei benestanti diretti discendenti dei colonizzatori (o comunque al loro servizio, v. Ciombé in Katanga). Per cui quella di Sonia Backés (ex secrétaire d’État à la Citoyenneté dal 2022 al 2023) e attuale Presidente della provincia Sud) appare più che altro una provocazione politica, a scopo propagandistico. Per galvanizzare la sua base elettorale. In genere piuttosto oltranzista nei confronti della popolazione indigena (diciamo pure radicalmente di destra).
Il 14 luglio (riprendendo quanto già affermato in una intervista a Le Monde) Sonia Backès ha ribadito che “il progetto di una Nuova Caledonia istituzionalmente unita e fondata sul vivere insieme, gli uni con gli altri (indigeni e originari dell’Esagono nda) è finito”.
E calcando la mano: “Così come l’olio e l’acqua non si mescolano, devo constatare che tra il mondo kanak e quello occidentale, nonostante più di 170 anni di vita in comune, persistono antagonismi non superabili”.
Proseguiva criticando le modalità della vita sociale dei kanak e in particolare il loro rapporto con le donne. Senza peraltro entrare più di tanto nel merito delle contraddizioni in cui viene fatalmente a precipitare una comunità colonizzata e oppressa (quelle dei kanak ovviamente). Definisce i loro “sistemi politici” come “feudali” (sta forse per “primitivi” ?) Mentre quello dei bianchi sarebbe “democratico” (e te pareva?!?).
Pur riconoscendo - bontà sua - che “i due campi contrapposti sono entrambi persuasi di difendere legittimamente i loro valori”.
Arrivando quindi alla scontata conclusione: l’autonomisation di ciascuna delle tre province della Nouvelle-Calédonie.
Attualmente Sonia Backès presiede la provincia del Sud, quella abitata in prevalenza dai caldoches, i discendenti dei colonizzatori europei (compresi i deportati).
Il progetto, secondo la Backès, costituirebbe “una opportunità per la costruzione di diverse entità distinte per quanto complementari (intende forse che ai nativi sarebbe comunque garantito un ruolo di forza lavoro subalterna ? nda)così che ciascun popolo possa infine fiorire (tocco poetico nda) secondo le proprie aspirazioni”.
Va sottolineato che perfino un “lealista moderato” come Philippe Gomés l’ha apertamente contestata evocando lo spettro dell’apartheid sudafricano del secolo scorso.
Nel frattempo, dopo gli scontri di mesi scorsi, la situazione appare stagnante, quella di una “calma apparente”. Con l’arcipelago immerso in una evidente crisi sia economica che politica e sociale.
Nonostante il progetto di riforma costituzionale del governo francese sia stato - almeno per ora - sospeso, il 10 luglio si è registrata un’altra vittima.
Un ricercato per la recente ribellione, Rock Victorin Wamytan (38 anni), parente di un leader kanak, è stato ucciso dal fuoco della polizia.
Rimangono ancora in carcere cinque militanti indipendentisti dei sette trasferiti nelle prigioni del Continente. Tra cui Christian Tein, esponente della Cellule de coordination des actions de terrain (CCAT) ritenuto uno dei maggiori fomentatori dei "disordini" e rinchiuso in cella d’isolamento nel carcere di Mulhouse-Lutterbach.
Invece Frédérique Muliava (già a capo del gabinetto del presidente del Congrès de Nouvelle-Calédonie) e Brenda Wanabo-Ipeze, rinchiuse rispettivamente a Riom e a Dijon, sono uscite dal carcere (rimanendo agli arresti domiciliari, con braccialetto elettronico) il 10 luglio.
Mentre ufficialmente le barricate erano state tutte demolite liberando le strade sull'intero territorio, in realtà alcune sarebbero state già ripristinate più di una volta. Anche in questi ultimi giorni, in particolare nel nord.
E’ quindi probabile che rimangano in vigore il copri-fuoco e la proibizione di vendita di armi e alcolici.
Gianni Sartori
Gianni Sartori - 2024/7/15 - 12:34
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Testo di Louise Michel