Fermar a sentir il vento mi non poudir andar
Mi sentir il sono del Mistral
Venir commé ouno rayon verdé qué far loumé de mi
Star maréia de la luz
Hevrin, evina min (*)
Forar ouno fouogo dentro qué prendir l'anima de mi
Mi sentir il souono qué mi tocar
Fermar a aspétar il vento qué mi portar fora de aki
Mi sentir il soffio del Mistral
Fermo ad ascoltare il vento non posso andare via
Sento il suono del Maestrale
Arriva come un raggio verde che m'illumina
è il riflesso della luce
S'alza un fuoco dentro che mi ruba l'anima
Sento il sonno che mi sfiora
Fermo ad aspettare il vento spero che mi porti via
Sento il soffio del Maestrale
Mi sentir il sono del Mistral
Venir commé ouno rayon verdé qué far loumé de mi
Star maréia de la luz
Hevrin, evina min (*)
Forar ouno fouogo dentro qué prendir l'anima de mi
Mi sentir il souono qué mi tocar
Fermar a aspétar il vento qué mi portar fora de aki
Mi sentir il soffio del Mistral
Fermo ad ascoltare il vento non posso andare via
Sento il suono del Maestrale
Arriva come un raggio verde che m'illumina
è il riflesso della luce
S'alza un fuoco dentro che mi ruba l'anima
Sento il sonno che mi sfiora
Fermo ad aspettare il vento spero che mi porti via
Sento il soffio del Maestrale
(*) Hevrin, amore mio
envoyé par Dq82 - 4/4/2021 - 10:28
MURI TURCO-EUROPEI CONTRO I MIGRANTI O CONTRO I CURDI? ENTRAMBE LE COSE PROBABILMENTE
Gianni Sartori
La denuncia era partita dalla copresidente dell’Associazione Göç-Der di ricerca sulle migrazioni .
Gülşen Kurt sosteneva che “dal 2021 la Turchia sta utilizzando i fondi europei per costruire muri sulla frontiera con l’Iran”.
Muri destinati non solamente a fermare i flussi migratori, ma anche a spezzare i legami tra la popolazione curda del Rojhilat (Kurdistan dell’Est, sotto amministrazione iraniana) da quella del Bakur (Kurdistan del Nord, sotto occupazione turca).
Un medesimo popolo anche qui artificialmente separato dalle frontiere statali. Frontiere che - ricordo - sempre più spesso costituiscono il tragico scenario della morte per assideramento di migranti (in buona parte di origine afgana, numerose le donne) fermati dai soldati turchi e rispediti indietro, nella neve e nel gelo. Oltre che di decine di kolbar (spalloni curdi) attaccati per lo più dai soldati iraniani.
Attualmente del muro sarebbero già stati realizzati due tronconi, in corrispondenza delle province di Van e di Hakkari.
Il primo, costruito dalla società statale TOKI, è lungo circa 45 chilometri e una volta completato dovrebbe raggiungere i 65 chilometri, arrivando quasi alla periferia di Van.
Il troncone di Hakkari, più a sud, attualmente sarebbe lungo 16 chilometri ed è previsto che si prolunghi fino a 28.
Momentaneamente interrotti per le condizioni invernali, i lavori riprenderanno in primavera.
La realizzazione del muro potrebbe fornire qualche ulteriore spiegazione in merito alla destituzione forzata - nell’agosto 2019 - del sindaco, regolarmente eletto, di Van. Poi sostituito da un amministratore imposto con un decreto-legge dal governo turco. Forse un intervento propedeutico alla realizzazione del muro, operazione su cui il nuovo responsabile della municipalità si è mostrato assolutamente favorevole.
Sopra al muro verranno aggiunti fili spinati ed è previsto anche un fossato di circa 200 chilometri. Oltre a 217 torri di guardia e alcuni avamposti militari.
Per ora tre rifugiati, quelli accertati almeno, sono deceduti cadendo nei fossati già realizzati. Altri cinque, sempre quelli accertati, respinti verso l’Iran dopo esser riusciti a valicare il confine, sono morti congelati. Di altri, scomparsi, si attende il disgelo per ritrovarne i cadaveri.
Va sottolineato che il muro verrebbe finanziato grazie ai fondi europei versati alla Turchia con l’esplicito impegno da parte di Ankara di fermare i flussi migratori verso l’Europa. Quello dei migranti è anche un pretesto, un alibi. Alla Turchia - e indirettamente anche all’Iran - interessa soprattutto frantumare ulteriormente l’unità della Nazione curda (Nazione senza Stato, ma comunque Nazione). Interromperne le relazioni interne: politiche e culturali. Oltre che naturalmente commerciali. Vedi gli attacchi sistematici ai kolbar e al contrabbando, una delle poche alternative alla miseria dilagante in queste zone di confine.
Ovviamente nessuno, tantomeno il popolo curdo, sottovaluta la tragedia epocale dei rifugiati, persone senza statuto giuridico. Hanno suscitato orrore - anche nelle anestetizzate coscienze del mondo “civile” - le immagini dei piedi avvolti in sacchetti di plastica di una donna afgana morta assiderata. Respinta alla frontiera, per proteggere dal gelo le mani dei suoi bambini si era privata di scarpe e calze.
inoltre, così come avviene sulla frontiera tra Messico e Stati Uniti, molte donne migranti sono state violentate in prossimità di quella turco-iraniana.
E anche quando riescono a raggiungere le grandi metropoli turche, i rifugiati subiscono attacchi di stampo razzista da parte di gruppi nazionalisti e fascisti (come i Lupi grigi).
Gianni Sartori
Gianni Sartori
La denuncia era partita dalla copresidente dell’Associazione Göç-Der di ricerca sulle migrazioni .
Gülşen Kurt sosteneva che “dal 2021 la Turchia sta utilizzando i fondi europei per costruire muri sulla frontiera con l’Iran”.
Muri destinati non solamente a fermare i flussi migratori, ma anche a spezzare i legami tra la popolazione curda del Rojhilat (Kurdistan dell’Est, sotto amministrazione iraniana) da quella del Bakur (Kurdistan del Nord, sotto occupazione turca).
Un medesimo popolo anche qui artificialmente separato dalle frontiere statali. Frontiere che - ricordo - sempre più spesso costituiscono il tragico scenario della morte per assideramento di migranti (in buona parte di origine afgana, numerose le donne) fermati dai soldati turchi e rispediti indietro, nella neve e nel gelo. Oltre che di decine di kolbar (spalloni curdi) attaccati per lo più dai soldati iraniani.
Attualmente del muro sarebbero già stati realizzati due tronconi, in corrispondenza delle province di Van e di Hakkari.
Il primo, costruito dalla società statale TOKI, è lungo circa 45 chilometri e una volta completato dovrebbe raggiungere i 65 chilometri, arrivando quasi alla periferia di Van.
Il troncone di Hakkari, più a sud, attualmente sarebbe lungo 16 chilometri ed è previsto che si prolunghi fino a 28.
Momentaneamente interrotti per le condizioni invernali, i lavori riprenderanno in primavera.
La realizzazione del muro potrebbe fornire qualche ulteriore spiegazione in merito alla destituzione forzata - nell’agosto 2019 - del sindaco, regolarmente eletto, di Van. Poi sostituito da un amministratore imposto con un decreto-legge dal governo turco. Forse un intervento propedeutico alla realizzazione del muro, operazione su cui il nuovo responsabile della municipalità si è mostrato assolutamente favorevole.
Sopra al muro verranno aggiunti fili spinati ed è previsto anche un fossato di circa 200 chilometri. Oltre a 217 torri di guardia e alcuni avamposti militari.
Per ora tre rifugiati, quelli accertati almeno, sono deceduti cadendo nei fossati già realizzati. Altri cinque, sempre quelli accertati, respinti verso l’Iran dopo esser riusciti a valicare il confine, sono morti congelati. Di altri, scomparsi, si attende il disgelo per ritrovarne i cadaveri.
Va sottolineato che il muro verrebbe finanziato grazie ai fondi europei versati alla Turchia con l’esplicito impegno da parte di Ankara di fermare i flussi migratori verso l’Europa. Quello dei migranti è anche un pretesto, un alibi. Alla Turchia - e indirettamente anche all’Iran - interessa soprattutto frantumare ulteriormente l’unità della Nazione curda (Nazione senza Stato, ma comunque Nazione). Interromperne le relazioni interne: politiche e culturali. Oltre che naturalmente commerciali. Vedi gli attacchi sistematici ai kolbar e al contrabbando, una delle poche alternative alla miseria dilagante in queste zone di confine.
Ovviamente nessuno, tantomeno il popolo curdo, sottovaluta la tragedia epocale dei rifugiati, persone senza statuto giuridico. Hanno suscitato orrore - anche nelle anestetizzate coscienze del mondo “civile” - le immagini dei piedi avvolti in sacchetti di plastica di una donna afgana morta assiderata. Respinta alla frontiera, per proteggere dal gelo le mani dei suoi bambini si era privata di scarpe e calze.
inoltre, così come avviene sulla frontiera tra Messico e Stati Uniti, molte donne migranti sono state violentate in prossimità di quella turco-iraniana.
E anche quando riescono a raggiungere le grandi metropoli turche, i rifugiati subiscono attacchi di stampo razzista da parte di gruppi nazionalisti e fascisti (come i Lupi grigi).
Gianni Sartori
Gianni Sartori - 31/1/2022 - 10:44
Mentre i sostenitori di Erdogan tentano di impedire i concerti della femminista Melek Mosso, un medico molestatore rientra al suo posto ospedaliero. Tra le proteste della popolazione.
DONNE IN TURCHIA: NON CERTO ROSE E VIOLE
Gianni Sartori
Ovviamente “tutto il mondo è paese” e non si pretende (tantomeno dall’Italia) di dar lezioni a nessuno, nemmeno alla Turchia.
Tuttavia a volte sembra che in alcuni contesti geopolitici le cose per le donne siano particolarmente difficili.
In questi giorni in Turchia due episodi (ma volendo sarebbero ben di più) sembrano dar conferma ulteriore.
Il 5 giugno Melek Mosso (Melek Davarcı), cantante turca, aveva dedicato un premio (Premio della musica PowerTurk) ricevuto quel giorno alle donne vittime della violenza maschile.
Dichiarando pubblicamente di essere riconoscente a tutte coloro che da secoli ormai "sono state giudicate, assassinate. Ma le nostre voci non saranno mai uccise. Nessuno potrà farmi tacere. Continuerò a parlare, a scrivere, a cantare“.
Quanto basta (e avanza) perché dai sostenitori del partito AKP partisse sui social una campagna per la sospensione di tutti i suoi concerti. E’ risaputo che nel ventennio dominato da Erdogan le violenze contro le donne sono aumentate in maniera esponenziale. Al punto che le militanti femministe parlano, a ragion veduta, di “genocidio delle donne”. E’ lecito pensare che tale situazione venga favorita, alimentata dal clima “culturale” che ha contraddistinto le politiche governative. Ma su questo è stato steso un velo impietoso.
L’interdizione, si prevede, interesserà in particolare le località amministrate dall’AKP. Al momento la boria dei sostenitori di Erdogan si va concentrando sul previsto concerto dell’11 giugno a Tekirdağ Süleymanpaşa per l’annuale “Festival delle ciliegie di Tekirdağ”.
Altra vicenda solo apparentemente diversa.
Decine di donne avevano denunciato le aggressioni sessuali subite dal medico İsmail Hakim, assunto all’ospedale del distretto di Pertek (provincia di Dersim, a prevalenza curda). Il medico, di origini pachistane, era stato anche arrestato, ma per altre ragioni. In quanto sospettato di far parte della confraternita FETÖ (v.Fethullah Gülen). In precedenza veniva ugualmente accusato di analoghe aggressioni nei confronti delle sue pazienti nella provincia di Izmir. Per precauzione era stato trasferito in un ospedale della provincia di Agri. Tuttavia, avendo fatto ricorso, recentemente è rientrato a Pertek. Dove evidentemente la sua presenza non è gradita, viste le mobilitazioni di questi giorni. Oltre alle donne che ne hanno subito le aggressioni, alle manifestazioni partecipano molti altri cittadini e militanti di Ong che ne chiedono le immediate dimissioni.
Gianni Sartori
DONNE IN TURCHIA: NON CERTO ROSE E VIOLE
Gianni Sartori
Ovviamente “tutto il mondo è paese” e non si pretende (tantomeno dall’Italia) di dar lezioni a nessuno, nemmeno alla Turchia.
Tuttavia a volte sembra che in alcuni contesti geopolitici le cose per le donne siano particolarmente difficili.
In questi giorni in Turchia due episodi (ma volendo sarebbero ben di più) sembrano dar conferma ulteriore.
Il 5 giugno Melek Mosso (Melek Davarcı), cantante turca, aveva dedicato un premio (Premio della musica PowerTurk) ricevuto quel giorno alle donne vittime della violenza maschile.
Dichiarando pubblicamente di essere riconoscente a tutte coloro che da secoli ormai "sono state giudicate, assassinate. Ma le nostre voci non saranno mai uccise. Nessuno potrà farmi tacere. Continuerò a parlare, a scrivere, a cantare“.
Quanto basta (e avanza) perché dai sostenitori del partito AKP partisse sui social una campagna per la sospensione di tutti i suoi concerti. E’ risaputo che nel ventennio dominato da Erdogan le violenze contro le donne sono aumentate in maniera esponenziale. Al punto che le militanti femministe parlano, a ragion veduta, di “genocidio delle donne”. E’ lecito pensare che tale situazione venga favorita, alimentata dal clima “culturale” che ha contraddistinto le politiche governative. Ma su questo è stato steso un velo impietoso.
L’interdizione, si prevede, interesserà in particolare le località amministrate dall’AKP. Al momento la boria dei sostenitori di Erdogan si va concentrando sul previsto concerto dell’11 giugno a Tekirdağ Süleymanpaşa per l’annuale “Festival delle ciliegie di Tekirdağ”.
Altra vicenda solo apparentemente diversa.
Decine di donne avevano denunciato le aggressioni sessuali subite dal medico İsmail Hakim, assunto all’ospedale del distretto di Pertek (provincia di Dersim, a prevalenza curda). Il medico, di origini pachistane, era stato anche arrestato, ma per altre ragioni. In quanto sospettato di far parte della confraternita FETÖ (v.Fethullah Gülen). In precedenza veniva ugualmente accusato di analoghe aggressioni nei confronti delle sue pazienti nella provincia di Izmir. Per precauzione era stato trasferito in un ospedale della provincia di Agri. Tuttavia, avendo fatto ricorso, recentemente è rientrato a Pertek. Dove evidentemente la sua presenza non è gradita, viste le mobilitazioni di questi giorni. Oltre alle donne che ne hanno subito le aggressioni, alle manifestazioni partecipano molti altri cittadini e militanti di Ong che ne chiedono le immediate dimissioni.
Gianni Sartori
Gianni Sartori - 8/6/2023 - 09:50
FRANCIA: LIONE NON DIMENTICA HEVRIM KHALAF
Gianni Sartori
Manca poco ormai al quinto anniversario del brutale, barbaro assassinio della femminista e pacifista curda Hevrim Xelef (Hevrin Khalaf, 15 novembre 1984 – 12 ottobre 2019)*. Massacrata per mano delle bande mercenarie-jihadiste filo-turche a Tirwazî (tra Soulouk e Tall Tamer/Girê Sipî) sull'autostrada M4.
E giustamente non sarà ricordata solo in Rojava e nel resto del Kurdistan, ma dovunque permanga un briciolo di dignità umana e di amore per la libertà e la giustizia.
In Francia per esempio. L'11 ottobre 2024, alle ore 18, nel Municipio del 7°arrondissement di Lione, la militante curda verrà ricordata in una cerimonia organizzata dall'associazione Amitiés Kurdes de Lyon et Rhône Alpes.
Già nel luglio 2021 il consiglio comunale di Lione (all'unanimità, in collaborazione con l'associazione Amitiés Kurdes de Lyon) prendeva l'iniziativa di dedicare una piazza del 7° arrondissement a Hevrin Khalaf. Qui il 21 settembre 2021, all'angolo tra rue Salomom Reinach e rue de Marseille (quartier de la Guillotiére), in settembre venne inaugurata la piazza e posta la targa commemorativa con la scritta “place Hevrin Khalaf”. Per la prima volta in Francia.
Alla cerimonia di scoprimento della targa à la mémoire, oltre a una folta delegazione della comunità curda, avevano presenziato molte autorità locali.
Tra cui il sindaco di Lione Grégory Doucet, la Vicensindaco Sonia Zdorovtzoff (Déléguée aux Relations, à la coopération et à la solidarité internationales) e Fanny Dubot, sindaco del 7à arrondissement. Prendevano la parola anche Alexandre Koroglu (presidente di Soleil Rouge – Roja Sor France) e il rappresentante in Francia del Rojava, Khaled Issa.
Alla cerimonia era seguita l'inaugurazione dell'esposizione “Hevrin Khalaf, sa vie, ses combats”, realizzata dall'ONG umanitaria franco-curda Soleil Rouge – Roja Sor France in collaborazione con l'associazione Amitiés Kurdes de Lyon.
Altre due targhe commemorative venivano poste sui candélabres della piazza e una terza veniva donata alla mamma di giovane martire curda.
Chi era Hevrin Khalaf ?
Nata in Siria, militante per i diritti delle donne, era membro della direzione del Consiglio democratico siriano, braccio politico dell'alleanza tra forze curde e arabe nella lotta contro lo Stato islamico.
Nel 2018 aveva partecipato a Raqqa alla costituzione del partito “Avvenire della Siria” (Future Syria Party, considerato di “centro-sinistra”) divenendone preso segretario generale. Un partito che riuniva arabi e curdi nel comune progetto di una Siria democratica, pluralista, decentralizzata. Per “un Medio Oriente laico e democratico, pacifista e femminista”, come lei aveva spiegato innumerevoli volte.
I suoi carnefici, dopo averla violentata e lapidata, finendola con un colpo sparato in testa, avevano calpestato e preso a calci il cadavere. Filmando le scene orribili per poi metterle in rete.
Ucciderla non bastava evidentemente. Il corpo martoriato della donna (così come era accaduto con quello di tante militanti e guerrigliere curde uccise dalle bande jihadiste o dai militari turchi) doveva diventare un monito per tutte quelle donne che hanno osato rivoltarsi contro il patriarcato e il fondamentalismo religioso.
Va poi ricordato che all'epoca dell'inaugurazione di place Hevrin Khalaf, nel 2021, il clima a Lione per la comunità curda era carico di tensione a causa delle provocazioni di appartenenti al gruppo ultranazionalista turco dei “Lupi grigi”. Per esempio il 4 aprile la sede di un'associazione culturale veniva assaltata con un bilancio di quattro feriti tra i curdi presenti. Senza dimenticare che nello stesso periodo incidenti simili avevano colpito anche la comunità armena. Sappiamo inoltre che con ogni probabilità in Francia, oltre ai “Lupi grigi”, hanno agito anche i sicari dei Servizi di intelligence turchi (il MIT) assassinando numerosi militanti curdi.
Ragion per cui la cerimonia prevista per l'11 ottobre 2024 nel Municipio del 7°arrondissement di Lione, quando la militante curda verrà ricordata, acquista un significato ulteriore.
Gianni Sartori
* nota 1: http://uikionlus.org/a-due-anni-dal-ba...
Gianni Sartori
Manca poco ormai al quinto anniversario del brutale, barbaro assassinio della femminista e pacifista curda Hevrim Xelef (Hevrin Khalaf, 15 novembre 1984 – 12 ottobre 2019)*. Massacrata per mano delle bande mercenarie-jihadiste filo-turche a Tirwazî (tra Soulouk e Tall Tamer/Girê Sipî) sull'autostrada M4.
E giustamente non sarà ricordata solo in Rojava e nel resto del Kurdistan, ma dovunque permanga un briciolo di dignità umana e di amore per la libertà e la giustizia.
In Francia per esempio. L'11 ottobre 2024, alle ore 18, nel Municipio del 7°arrondissement di Lione, la militante curda verrà ricordata in una cerimonia organizzata dall'associazione Amitiés Kurdes de Lyon et Rhône Alpes.
Già nel luglio 2021 il consiglio comunale di Lione (all'unanimità, in collaborazione con l'associazione Amitiés Kurdes de Lyon) prendeva l'iniziativa di dedicare una piazza del 7° arrondissement a Hevrin Khalaf. Qui il 21 settembre 2021, all'angolo tra rue Salomom Reinach e rue de Marseille (quartier de la Guillotiére), in settembre venne inaugurata la piazza e posta la targa commemorativa con la scritta “place Hevrin Khalaf”. Per la prima volta in Francia.
Alla cerimonia di scoprimento della targa à la mémoire, oltre a una folta delegazione della comunità curda, avevano presenziato molte autorità locali.
Tra cui il sindaco di Lione Grégory Doucet, la Vicensindaco Sonia Zdorovtzoff (Déléguée aux Relations, à la coopération et à la solidarité internationales) e Fanny Dubot, sindaco del 7à arrondissement. Prendevano la parola anche Alexandre Koroglu (presidente di Soleil Rouge – Roja Sor France) e il rappresentante in Francia del Rojava, Khaled Issa.
Alla cerimonia era seguita l'inaugurazione dell'esposizione “Hevrin Khalaf, sa vie, ses combats”, realizzata dall'ONG umanitaria franco-curda Soleil Rouge – Roja Sor France in collaborazione con l'associazione Amitiés Kurdes de Lyon.
Altre due targhe commemorative venivano poste sui candélabres della piazza e una terza veniva donata alla mamma di giovane martire curda.
Chi era Hevrin Khalaf ?
Nata in Siria, militante per i diritti delle donne, era membro della direzione del Consiglio democratico siriano, braccio politico dell'alleanza tra forze curde e arabe nella lotta contro lo Stato islamico.
Nel 2018 aveva partecipato a Raqqa alla costituzione del partito “Avvenire della Siria” (Future Syria Party, considerato di “centro-sinistra”) divenendone preso segretario generale. Un partito che riuniva arabi e curdi nel comune progetto di una Siria democratica, pluralista, decentralizzata. Per “un Medio Oriente laico e democratico, pacifista e femminista”, come lei aveva spiegato innumerevoli volte.
I suoi carnefici, dopo averla violentata e lapidata, finendola con un colpo sparato in testa, avevano calpestato e preso a calci il cadavere. Filmando le scene orribili per poi metterle in rete.
Ucciderla non bastava evidentemente. Il corpo martoriato della donna (così come era accaduto con quello di tante militanti e guerrigliere curde uccise dalle bande jihadiste o dai militari turchi) doveva diventare un monito per tutte quelle donne che hanno osato rivoltarsi contro il patriarcato e il fondamentalismo religioso.
Va poi ricordato che all'epoca dell'inaugurazione di place Hevrin Khalaf, nel 2021, il clima a Lione per la comunità curda era carico di tensione a causa delle provocazioni di appartenenti al gruppo ultranazionalista turco dei “Lupi grigi”. Per esempio il 4 aprile la sede di un'associazione culturale veniva assaltata con un bilancio di quattro feriti tra i curdi presenti. Senza dimenticare che nello stesso periodo incidenti simili avevano colpito anche la comunità armena. Sappiamo inoltre che con ogni probabilità in Francia, oltre ai “Lupi grigi”, hanno agito anche i sicari dei Servizi di intelligence turchi (il MIT) assassinando numerosi militanti curdi.
Ragion per cui la cerimonia prevista per l'11 ottobre 2024 nel Municipio del 7°arrondissement di Lione, quando la militante curda verrà ricordata, acquista un significato ulteriore.
Gianni Sartori
* nota 1: http://uikionlus.org/a-due-anni-dal-ba...
Gianni Sartori - 28/9/2024 - 21:23
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Mediterraneo Ostinato
Dedicato a Hevrin Khalaf, vittima dell'odio e della violenza
Stefano Saletti: vocals, saz, oud, piano
Barbara Eramo: vocals
Pejman Tadayon: ney, daf, backing vocals
Mario Rivera: acoustic bass
Giovanni Lo Cascio: darbouka
Arnaldo Vacca: dumbak, riq, shaker
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