Francesco Guccini: Canzone dei dodici mesi
GLI EXTRA DELLE CCG / AWS EXTRAS / LES EXTRAS DES CCGLanguage: Italian
Viene Gennaio silenzioso e lieve,
Un fiume addormentato
Fra le cui rive giace come neve
Il mio corpo malato, il mio corpo malato...
Sono distese lungo la pianura
Bianche file di campi,
Son come amanti dopo l'avventura
Neri alberi stanchi, neri alberi stanchi.
Viene Febbraio, e il mondo è a capo chino,
Ma nei convitti e in piazza
Lascia i dolori e vesti da Arlecchino,
Il carnevale impazza, il carnevale impazza...
L'inverno è lungo ancora, ma nel cuore
Appare la speranza
Nei primi giorni di malato sole
La primavera danza, la primavera danza.
Cantando Marzo porta le sue piogge,
La nebbia squarcia il velo,
Porta la neve sciolta nelle rogge
Il riso del disgelo, il riso del disgelo...
Riempi il bicchiere, e con l'inverno butta
La penitenza vana,
L'ala del tempo batte troppo in fretta,
La guardi, è già lontana, la guardi, è già lontana.
Con giorni lunghi al sonno dedicati
Il dolce Aprile viene,
Quali segreti scoprì in te il poeta
Che ti chiamò crudele, che ti chiamò crudele...
Ma nei tuoi giorni è bello addormentarsi
Dopo fatto l'amore,
Come la terra dorme nella notte
Dopo un giorno di sole, dopo un giorno di sole.
Ben venga Maggio e il gonfalone amico,
Ben venga primavera,
Il nuovo amore getti via l'antico
Nell'ombra della sera, nell'ombra della sera...
Ben venga Maggio, ben venga la rosa
Che è dei poeti il fiore,
Mentre la canto con la mia chitarra
Brindo a Cenne e a Folgore, brindo a Cenne e a Folgore.
Giugno, che sei maturità dell'anno,
Di te ringrazio Dio:
In un tuo giorno, sotto al sole caldo,
Ci sono nato io, ci sono nato io...
E con le messi che hai fra le tue mani
Ci porti il tuo tesoro,
Con le tue spighe doni all'uomo il pane,
Alle femmine l'oro, alle femmine l'oro.
Con giorni lunghi di colori chiari
Ecco Luglio, il leone,
Riposa, bevi e il mondo attorno appare
Come in una visione, come in una visione...
Non si lavora Agosto, nelle stanche
Tue lunghe oziose ore,
Mai come adesso è bello inebriarsi
Di vino e di calore, di vino e di calore.
Settembre è il mese del ripensamento
Sugli anni e sull'età,
Dopo l'estate porta il dono usato
Della perplessità, della perplessità...
Ti siedi e pensi e ricominci il gioco
Della tua identità,
Come scintille brucian nel tuo fuoco
Le possibilità, le possibilità.
Non so se tutti hanno capito, Ottobre,
La tua grande bellezza:
Nei tini grassi come pance piene
Prepari mosto e ebbrezza, prepari mosto e ebbrezza...
Lungo i miei monti, come uccelli tristi
Fuggono nubi pazze,
Lungo i miei monti colorati in rame
Fumano nubi basse, fumano nubi basse.
Cala Novembre e le inquietanti nebbie
Gravi coprono gli orti,
Lungo i giardini consacrati al pianto
Si festeggiano i morti, si festeggiano i morti...
Cade la pioggia, ed il tuo viso bagna
Di gocce di rugiada,
Te pure, un giorno, cambierà la sorte
In fango della strada, in fango della strada.
E mi addormento come in un letargo,
Dicembre, alle tue porte,
Lungo i tuoi giorni con la mente spargo
Tristi semi di morte, tristi semi di morte...
Uomini e cose lasciano per terra
Esili ombre pigre,
Ma nei tuoi giorni dai profeti detti
Nasce Cristo la tigre, nasce Cristo la tigre!
Un fiume addormentato
Fra le cui rive giace come neve
Il mio corpo malato, il mio corpo malato...
Sono distese lungo la pianura
Bianche file di campi,
Son come amanti dopo l'avventura
Neri alberi stanchi, neri alberi stanchi.
Viene Febbraio, e il mondo è a capo chino,
Ma nei convitti e in piazza
Lascia i dolori e vesti da Arlecchino,
Il carnevale impazza, il carnevale impazza...
L'inverno è lungo ancora, ma nel cuore
Appare la speranza
Nei primi giorni di malato sole
La primavera danza, la primavera danza.
Cantando Marzo porta le sue piogge,
La nebbia squarcia il velo,
Porta la neve sciolta nelle rogge
Il riso del disgelo, il riso del disgelo...
Riempi il bicchiere, e con l'inverno butta
La penitenza vana,
L'ala del tempo batte troppo in fretta,
La guardi, è già lontana, la guardi, è già lontana.
O giorni, o mesi che andate sempre via,
Sempre simile a voi è questa vita mia.
Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi che non sai mai giocare,
Che non sai mai giocare.
Sempre simile a voi è questa vita mia.
Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi che non sai mai giocare,
Che non sai mai giocare.
Con giorni lunghi al sonno dedicati
Il dolce Aprile viene,
Quali segreti scoprì in te il poeta
Che ti chiamò crudele, che ti chiamò crudele...
Ma nei tuoi giorni è bello addormentarsi
Dopo fatto l'amore,
Come la terra dorme nella notte
Dopo un giorno di sole, dopo un giorno di sole.
Ben venga Maggio e il gonfalone amico,
Ben venga primavera,
Il nuovo amore getti via l'antico
Nell'ombra della sera, nell'ombra della sera...
Ben venga Maggio, ben venga la rosa
Che è dei poeti il fiore,
Mentre la canto con la mia chitarra
Brindo a Cenne e a Folgore, brindo a Cenne e a Folgore.
Giugno, che sei maturità dell'anno,
Di te ringrazio Dio:
In un tuo giorno, sotto al sole caldo,
Ci sono nato io, ci sono nato io...
E con le messi che hai fra le tue mani
Ci porti il tuo tesoro,
Con le tue spighe doni all'uomo il pane,
Alle femmine l'oro, alle femmine l'oro.
O giorni, o mesi che andate sempre via,
Sempre simile a voi è questa vita mia.
Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi che non sai mai giocare,
Che non sai mai giocare.
Sempre simile a voi è questa vita mia.
Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi che non sai mai giocare,
Che non sai mai giocare.
Con giorni lunghi di colori chiari
Ecco Luglio, il leone,
Riposa, bevi e il mondo attorno appare
Come in una visione, come in una visione...
Non si lavora Agosto, nelle stanche
Tue lunghe oziose ore,
Mai come adesso è bello inebriarsi
Di vino e di calore, di vino e di calore.
Settembre è il mese del ripensamento
Sugli anni e sull'età,
Dopo l'estate porta il dono usato
Della perplessità, della perplessità...
Ti siedi e pensi e ricominci il gioco
Della tua identità,
Come scintille brucian nel tuo fuoco
Le possibilità, le possibilità.
Non so se tutti hanno capito, Ottobre,
La tua grande bellezza:
Nei tini grassi come pance piene
Prepari mosto e ebbrezza, prepari mosto e ebbrezza...
Lungo i miei monti, come uccelli tristi
Fuggono nubi pazze,
Lungo i miei monti colorati in rame
Fumano nubi basse, fumano nubi basse.
O giorni, o mesi che andate sempre via,
Sempre simile a voi è questa vita mia.
Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi che non sai mai giocare,
Che non sai mai giocare.
Sempre simile a voi è questa vita mia.
Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi che non sai mai giocare,
Che non sai mai giocare.
Cala Novembre e le inquietanti nebbie
Gravi coprono gli orti,
Lungo i giardini consacrati al pianto
Si festeggiano i morti, si festeggiano i morti...
Cade la pioggia, ed il tuo viso bagna
Di gocce di rugiada,
Te pure, un giorno, cambierà la sorte
In fango della strada, in fango della strada.
E mi addormento come in un letargo,
Dicembre, alle tue porte,
Lungo i tuoi giorni con la mente spargo
Tristi semi di morte, tristi semi di morte...
Uomini e cose lasciano per terra
Esili ombre pigre,
Ma nei tuoi giorni dai profeti detti
Nasce Cristo la tigre, nasce Cristo la tigre!
O giorni, o mesi che andate sempre via,
Sempre simile a voi è questa vita mia.
Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi che non sai mai giocare,
Che non sai mai giocare.
Sempre simile a voi è questa vita mia.
Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi che non sai mai giocare,
Che non sai mai giocare.
Contributed by Riccardo Venturi - 2021/1/1 - 10:53
Language: English
English translation / Traduzione inglese / Traduction anglaise / Englanninkielinen käännös:
Gyps Fulvus (Matilde) (L. Trans.)
Gyps Fulvus (Matilde) (L. Trans.)
Song of the Twelve Months
January comes, silent and subtle,
A sleeping river,
Between its banks lies like snow
My ailing body, my ailing body.
White rows of fields
Lie in the plains,
They look like lovers after an elopement
Those dark, tired trees, those dark, tired trees.
February comes and the world keeps its head down,
But in banquets and on squares
Ditch your sorrows and dress up as Harlequin,
Carnival is all over the streets, Carnival is all over the streets.
Winter is long still,
But hope springs in the heart,
In the first days of sickly sun,
Spring is dancing, spring is dancing.
March, singing, brings its rains,
The veil of fog is torn,
Snowmelt in the creeks carries
The laughter of thaw, the laughter of thaw.
Fill your glass and get rid of winter
And of the useless penance,
The wing of time beats too fast,
You see it and it's already gone, you see it and it's already gone.
With long days invested in sleep,
Sweet April comes,
What secrets about you were discovered by the poet
Who called you cruel, who called you cruel? [1]
Yet in your days it's lovely to fall asleep
After making love,
As the earth sleeps at night
After a sunny day, after a sunny day.
I welcome May [2] and the joyful flag, [3]
I welcome spring,
Let the new love push out the old one
In the shade of the evening, in the shade of the evening.
I welcome May and the rose,
The poets' flower,
While I sing of it on my guitar
I drink to Cenne and Folgore, I drink to Cenne and Folgore. [4]
June, ripeness of the year,
I thank God for you:
On one of your days, under the hot sun
I came into the world, I came into the world.
And with the harvest in your hands
You bring us your treasure,
With your ears of wheat you give bread to men
And gold to women, and gold to women.
With long days of light colours
Here comes July, the lion,
Rest, drink, and the world around you
Looks like a vision.
No one works, August, in your tired,
Long, idle hours,
It was never so enjoyable getting intoxicated
With wine and warmth, with wine and warmth.
September is the month of reconsideration
About years and age,
After the summer it brings the usual gift
Of doubt, of doubt.
You sit down and think and start playing again
With your identity,
Like sparkles in your fire
Opportunities burn, opportunities burn.
I'm not sure everyone has understood, October,
Your great beauty:
In those fat vats, as large as a full stomach,
You brew must and inebriation, you brew must and inebriation.
On my mountains, like mournful birds,
Mad clouds flee,
On my copper-tinged mountains
Low clouds raise like smoke, low clouds raise like smoke.
November falls and unsettling, heavy fog
Covers the orchards,
In gardens consecrated to sorrow
The dead are celebrated, the dead are celebrated .
Rain falls and splashes your face
With dewdrops,
One day, fate will turn you as well
Into mud on the roads, into mud on the roads.
And I fall asleep, as if in hibernation,
At your gates, December,
Along your days I spread
The sorrowful seeds of death, the sorrowful seeds of death.
Humans and things cast
Feeble, lazy shadows on the ground,
But in your days, as foretold by prophets,
Christ, the tiger, is born, Christ, the tiger, is born.
January comes, silent and subtle,
A sleeping river,
Between its banks lies like snow
My ailing body, my ailing body.
White rows of fields
Lie in the plains,
They look like lovers after an elopement
Those dark, tired trees, those dark, tired trees.
February comes and the world keeps its head down,
But in banquets and on squares
Ditch your sorrows and dress up as Harlequin,
Carnival is all over the streets, Carnival is all over the streets.
Winter is long still,
But hope springs in the heart,
In the first days of sickly sun,
Spring is dancing, spring is dancing.
March, singing, brings its rains,
The veil of fog is torn,
Snowmelt in the creeks carries
The laughter of thaw, the laughter of thaw.
Fill your glass and get rid of winter
And of the useless penance,
The wing of time beats too fast,
You see it and it's already gone, you see it and it's already gone.
Oh days, oh months that run away endlessly,
My life is always similar to you,
Different every year, yet the same every year,
A hand of tarot cards one never learns to play,
One never learns to play.
My life is always similar to you,
Different every year, yet the same every year,
A hand of tarot cards one never learns to play,
One never learns to play.
With long days invested in sleep,
Sweet April comes,
What secrets about you were discovered by the poet
Who called you cruel, who called you cruel? [1]
Yet in your days it's lovely to fall asleep
After making love,
As the earth sleeps at night
After a sunny day, after a sunny day.
I welcome May [2] and the joyful flag, [3]
I welcome spring,
Let the new love push out the old one
In the shade of the evening, in the shade of the evening.
I welcome May and the rose,
The poets' flower,
While I sing of it on my guitar
I drink to Cenne and Folgore, I drink to Cenne and Folgore. [4]
June, ripeness of the year,
I thank God for you:
On one of your days, under the hot sun
I came into the world, I came into the world.
And with the harvest in your hands
You bring us your treasure,
With your ears of wheat you give bread to men
And gold to women, and gold to women.
Oh days, oh months that run away endlessly,
My life is always similar to you,
Different every year, yet the same every year,
A hand of tarot cards one never learns to play,
One never learns to play.
My life is always similar to you,
Different every year, yet the same every year,
A hand of tarot cards one never learns to play,
One never learns to play.
With long days of light colours
Here comes July, the lion,
Rest, drink, and the world around you
Looks like a vision.
No one works, August, in your tired,
Long, idle hours,
It was never so enjoyable getting intoxicated
With wine and warmth, with wine and warmth.
September is the month of reconsideration
About years and age,
After the summer it brings the usual gift
Of doubt, of doubt.
You sit down and think and start playing again
With your identity,
Like sparkles in your fire
Opportunities burn, opportunities burn.
I'm not sure everyone has understood, October,
Your great beauty:
In those fat vats, as large as a full stomach,
You brew must and inebriation, you brew must and inebriation.
On my mountains, like mournful birds,
Mad clouds flee,
On my copper-tinged mountains
Low clouds raise like smoke, low clouds raise like smoke.
Oh days, oh months that run away endlessly,
My life is always similar to you,
Different every year, yet the same every year,
A hand of tarot cards one never learns to play,
One never learns to play.
My life is always similar to you,
Different every year, yet the same every year,
A hand of tarot cards one never learns to play,
One never learns to play.
November falls and unsettling, heavy fog
Covers the orchards,
In gardens consecrated to sorrow
The dead are celebrated, the dead are celebrated .
Rain falls and splashes your face
With dewdrops,
One day, fate will turn you as well
Into mud on the roads, into mud on the roads.
And I fall asleep, as if in hibernation,
At your gates, December,
Along your days I spread
The sorrowful seeds of death, the sorrowful seeds of death.
Humans and things cast
Feeble, lazy shadows on the ground,
But in your days, as foretold by prophets,
Christ, the tiger, is born, Christ, the tiger, is born.
Oh days, oh months that run away endlessly,
My life is always similar to you,
Different every year, yet the same every year,
A hand of tarot cards one never learns to play,
One never learns to play.
My life is always similar to you,
Different every year, yet the same every year,
A hand of tarot cards one never learns to play,
One never learns to play.
[1] Reference to the incipit of T.S. Eliot's The Waste Land.
[2] Reference to Ben venga maggio by Angelo Poliziano, Italian 15th century poet
[3] Florentine Renaisssance tradition. See here.
[4] Italian 14th century poets. Both wrote sets of poems dedicated to the months. See here.
[2] Reference to Ben venga maggio by Angelo Poliziano, Italian 15th century poet
[3] Florentine Renaisssance tradition. See here.
[4] Italian 14th century poets. Both wrote sets of poems dedicated to the months. See here.
Contributed by L'Anonimo Toscano del XXI Secolo - 2023/6/14 - 05:48
Language: Russian
Versione russa / Russian version / Version russe / Venäjänkielinen versio:
ГостьЯ /Gost’JA (L. Trans.)
ГостьЯ /Gost’JA (L. Trans.)
Песнь двенадцати месяцев
Приходит Январь, безмолвен и лёгок,
Уснувшей реке подобен,
Меж берегов её лежит, как снег,
Моё больное тело, моё больное тело.
Распростёрлись по равнине всей
Поля белыми рядами,
Как любовники после приключенья
Чёрные усталые деревья, чёрные усталые деревья.
Приходит Февраль и мир главой поник,
Но на площадях и пирушках
Оставь печали, Арлекином нарядись,
Карнавал бушует, Карнавал бушует.
Зима ещё длится, но в сердце уже
Надежда возникает,
В первые дни солнца больного
Весна поёт и пляшет, весна поёт и пляшет.
Напевая, Март несёт свои дожди,
Туман рвёт свою завесу,
Талый снег разносит в ручьях
Оттепели улыбку, оттепели улыбку.
Наполни бокал и с зимою отбрось
Тщетное самоедство,
Крылом время слишком быстро бьёт,
Смотришь, а его уж нету, смотришь, а его уж нету.
С длинными днями, погружёнными в сон,
Нежный Апрель приходит,
Какие тайны открыл в тебе поэт,
Что назвал он тебя жестоким, что назвал он тебя жестоким?
Но в дни твои так приятно вздремнуть
После утех любовных,
Как земля, которая ночью спит
После дневного солнца, после дневного солнца.
Да здравствует Май и дружественный стяг
Весна, моё почтенье,
Новая любовь, прежнюю тесни
Среди вечерней тени, среди вечерней тени.
Да здравствует Май, Роза, привет,
Что есть цветок всех поэтов.
Когда о ней пою под гитару свою,
Поднимаю тост за Ченне и Фольгоре, за Ченне и Фольгоре.
Июнь, зрелость года являешь ты,
За тебя благодарю я Бога:
В один из дней твоих, когда солнце горячо,
Я на свет родился, я на свет родился.
И с урожаем в твоих руках
Сокровище ты приносишь,
Колосьями даришь мужчинам хлеб,
Золото - девицам, золото- девицам.
С длинными днями светлых тонов
Вот и Июль, Лев,
Пей, отдыхай, а мир вокруг
Покажется виденьем, покажется виденьем.
Не работается, Август, усталыми твоими
Долгими праздными часами,
Опьянеть приятно, как никогда,
От вина и солнца, от вина и солнца.
Сентябрь - месяц, что размышленья несёт
О годах и своём веке,
После лета приносит подержанный дар
Из недоумений, из недоумений.
Сидишь ты и думаешь, и вновь заводишь игру
С собственной персоной,
Как искры, сгорают в твоём огне
Потерянные шансы, потерянные шансы.
Не знаю, все ли поняли, Октябрь,
Твои великие красоты.
В чанах толстых, как набитые животы
Варишь ты сусло и упоенье, варишь сусло и упоенье.
Вдоль гор моих, как грустные птицы
Бегут облака-безумцы,
Над горами моими, медных цветов,
Курятся низкие тучи, курятся низкие тучи.
Спускается Ноябрь и тревожные туманы
Тяжко гряды укрывают,
По садам, что плачу посвящены
Чествуют умерших, чествуют умерших.
Падает дождь и лицо орошает
Каплями, росою,
И сам ты, однажды, изменится судьба,
Станешь дорожной грязью, станешь дорожной грязью.
И засыпаю, как в спячке, я,
Декабрь, под твоею дверью,
По дням твоим мыслью разбрасываю я
Грустные семена смерти, грустные семена смерти.
Люди и вещи оставляют на земле
Слабые, вялые тени,
Но в дни твои, что пророками предречены,
Рождается Христос-тигр, рождается Христос-тигр.
Приходит Январь, безмолвен и лёгок,
Уснувшей реке подобен,
Меж берегов её лежит, как снег,
Моё больное тело, моё больное тело.
Распростёрлись по равнине всей
Поля белыми рядами,
Как любовники после приключенья
Чёрные усталые деревья, чёрные усталые деревья.
Приходит Февраль и мир главой поник,
Но на площадях и пирушках
Оставь печали, Арлекином нарядись,
Карнавал бушует, Карнавал бушует.
Зима ещё длится, но в сердце уже
Надежда возникает,
В первые дни солнца больного
Весна поёт и пляшет, весна поёт и пляшет.
Напевая, Март несёт свои дожди,
Туман рвёт свою завесу,
Талый снег разносит в ручьях
Оттепели улыбку, оттепели улыбку.
Наполни бокал и с зимою отбрось
Тщетное самоедство,
Крылом время слишком быстро бьёт,
Смотришь, а его уж нету, смотришь, а его уж нету.
О дни, о месяцы, что убегают без конца,
Как жизнь моя на вас похожа.
Все годы разные, но одинаковые всё ж.
Расклад Таро, а как играть, не знаешь,
А как играть, не знаешь.
Как жизнь моя на вас похожа.
Все годы разные, но одинаковые всё ж.
Расклад Таро, а как играть, не знаешь,
А как играть, не знаешь.
С длинными днями, погружёнными в сон,
Нежный Апрель приходит,
Какие тайны открыл в тебе поэт,
Что назвал он тебя жестоким, что назвал он тебя жестоким?
Но в дни твои так приятно вздремнуть
После утех любовных,
Как земля, которая ночью спит
После дневного солнца, после дневного солнца.
Да здравствует Май и дружественный стяг
Весна, моё почтенье,
Новая любовь, прежнюю тесни
Среди вечерней тени, среди вечерней тени.
Да здравствует Май, Роза, привет,
Что есть цветок всех поэтов.
Когда о ней пою под гитару свою,
Поднимаю тост за Ченне и Фольгоре, за Ченне и Фольгоре.
Июнь, зрелость года являешь ты,
За тебя благодарю я Бога:
В один из дней твоих, когда солнце горячо,
Я на свет родился, я на свет родился.
И с урожаем в твоих руках
Сокровище ты приносишь,
Колосьями даришь мужчинам хлеб,
Золото - девицам, золото- девицам.
О дни, о месяцы, что убегают без конца,
Как жизнь моя на вас похожа.
Все годы разные, но одинаковые всё ж.
Расклад Таро, а как играть, не знаешь,
А как играть, не знаешь.
Как жизнь моя на вас похожа.
Все годы разные, но одинаковые всё ж.
Расклад Таро, а как играть, не знаешь,
А как играть, не знаешь.
С длинными днями светлых тонов
Вот и Июль, Лев,
Пей, отдыхай, а мир вокруг
Покажется виденьем, покажется виденьем.
Не работается, Август, усталыми твоими
Долгими праздными часами,
Опьянеть приятно, как никогда,
От вина и солнца, от вина и солнца.
Сентябрь - месяц, что размышленья несёт
О годах и своём веке,
После лета приносит подержанный дар
Из недоумений, из недоумений.
Сидишь ты и думаешь, и вновь заводишь игру
С собственной персоной,
Как искры, сгорают в твоём огне
Потерянные шансы, потерянные шансы.
Не знаю, все ли поняли, Октябрь,
Твои великие красоты.
В чанах толстых, как набитые животы
Варишь ты сусло и упоенье, варишь сусло и упоенье.
Вдоль гор моих, как грустные птицы
Бегут облака-безумцы,
Над горами моими, медных цветов,
Курятся низкие тучи, курятся низкие тучи.
О дни, о месяцы, что убегают без конца,
Как жизнь моя на вас похожа.
Все годы разные, но одинаковые всё ж.
Расклад Таро, а как играть, не знаешь,
А как играть, не знаешь.
Как жизнь моя на вас похожа.
Все годы разные, но одинаковые всё ж.
Расклад Таро, а как играть, не знаешь,
А как играть, не знаешь.
Спускается Ноябрь и тревожные туманы
Тяжко гряды укрывают,
По садам, что плачу посвящены
Чествуют умерших, чествуют умерших.
Падает дождь и лицо орошает
Каплями, росою,
И сам ты, однажды, изменится судьба,
Станешь дорожной грязью, станешь дорожной грязью.
И засыпаю, как в спячке, я,
Декабрь, под твоею дверью,
По дням твоим мыслью разбрасываю я
Грустные семена смерти, грустные семена смерти.
Люди и вещи оставляют на земле
Слабые, вялые тени,
Но в дни твои, что пророками предречены,
Рождается Христос-тигр, рождается Христос-тигр.
О дни, о месяцы, что убегают без конца,
Как жизнь моя на вас похожа.
Все годы разные, но одинаковые всё ж.
Расклад Таро, а как играть, не знаешь,
А как играть, не знаешь.
Как жизнь моя на вас похожа.
Все годы разные, но одинаковые всё ж.
Расклад Таро, а как играть, не знаешь,
А как играть, не знаешь.
Contributed by Riccardo Venturi - 2023/6/14 - 08:38
Folgòre da San Gimignano (1270-1332): Sonetti dei Mesi
Proemio
A la brigata nobile e cortese,
e ’n tutte quelle parti, dove sono,
con allegrezza stando sempre dono
cani, uccelli e danari per ispese,
ronzin portanti e quaglie a volo prese,
bracchi levar, correr veltri a bandono:
in questo regno Niccolò corono,
per ch’elli è fior della città sanese;
Tingoccio e Min di Tengo ed Ancaiano,
Bartolo e Mugavèro e Fainotto,
che paiono figliuol del re Priàno:
prodi e cortesi piú, che Lancilotto;
se bisognasse, con le lance in mano
farian torneamenti a Camelotto.
Gennaio
I’ doto voi, nel mese di gennaio
corte con fuochi di salette accese,
camer’ e letta d’ogni bello arnese,
lenzuoi di seta e coperti di vaio,
tregèa, confetti e mescere a razzaio,
vestiti di doagio e di rascese:
e ’n questo modo stare a le difese,
muova scirocco, garbino e rovaio.
Uscir di fuor alcuna volta il giorno,
gittando de la neve bella e bianca
a le donzelle, che saran da torno;
e, quando fosse la compagna stanca,
a questa corte facciasi ritorno:
e si riposi la brigata franca.
Febbraio
E di febbrai’ vi dono bella caccia
di cervi, cavrioli e di cinghiari,
corte gonnelle con grossi calzari,
e compagnia che vi diletti e piaccia;
can da guinzagli e segugi da traccia,
e le borse fornite di danari,
ad onta degli scarsi e degli avari,
che di questo vi dán briga ed impaccia;
e la sera tornar co’ vostri fanti
carcati de la molta salvaggina,
avendo gioia ed allegrezza e canti;
far trar del vino e fumar la cucina,
e fin al primo sonno star razzanti:
e po’ posare ’nfin a la mattina.
Marzo
Di marzo sí vi do una peschiera
d’anguille, trote, lamprede e salmoni,
di dèntali, dalfini e storioni,
d’ogn’altro pesce in tutta la rivèra;
con pescatori e navicelle a schiera,
e barche, saettíe e galeoni,
le quai vi portino tutte stagioni
a qual porto vi piace a la primèra:
che sia fornito di molti palazzi,
d’ogn’altra cosa, che vi sie mesterò,
e gente v’abbia di tutt’i sollazzi.
Chiesa non v’abbia mai né monastero;
lassate predicar i preti·pazzi,
c’hanno troppe bugie e poco vero.
Aprile
D’april vi dono la gentil campagna
tutta fiorita di bell’erba fresca;
fontane d’acqua, che non vi rincresca;
donn’ e donzelle per vostra compagna;
ambianti palafren, destrier di Spagna
e gente costumata a la francesca;
cantar, danzar a la provenzalesca
con instrumenti novi d’Alemagna.
E da torno vi sia molti giardini,
e giacchito vi sia ogni persona:
ciascun con reverenza adori e ’nchini
a quel gentil, c’ho dato la corona
di pietre preziose le piú fini,
c’ ha presto Gianni o re di Babilòna.
Maggio
Di maggio sí vi do molti cavagli,
e tutti quanti siano affrenatori,
portanti tutti, dritti corritori;
pettorali e testère di sonagli,
con bandère e coverte a molti tagli
di zendadi e di tutti li colori;
le targhe a modo degli armeggiatori;
viol’ e ros’ e fìor, ch’ogn’uom abbagli;
e rompere e fiaccar bigordi e lance,
e piover da finestre e da balconi
in giú ghirlande ed in sú melerance;
e pulzellette gioveni e garzoni
baciarsi ne la bocca e ne le guance:
d’amor e di goder vi si ragioni.
Giugno
Di giugno dovvi una montagnetta
coverta di bellissimi arboscelli,
con trenta ville e dodici castelli,
che sian intorno ad una cittadetta,
ch’abbia nel mezzo una sua fontanetta;
e faccia mille rami e fiumicelli,
ferendo per giardin e praticelli,
e rinfrescando la minuta erbetta.
Aranci e cedri, dáttili e lumie
e tutte l’altre frutte savorose
impergolate siano per le vie;
e le genti vi sian tutte amorose,
e faccianvisi tante cortesie,
ch’a tutto ’l mondo siano graziose.
Luglio
Di luglio in Siena, su la saliciata,
con piene le ’nghistare di trebbiani;
ne le cantine li ghiacci vaiani,
e man e sera mangiar in brigata
di quella gelatina ismisurata,
istarne roste, gioveni fagiani,
lessi capponi, capretti sovrani
e, cui piacesse, la manza e l’agliata.
Ed ivi trar buon tempo e buona vita,
e non andar di fuor per questo caldo;
vestir zendadi di bella partita;
e, quando godi, star pur fermo e saldo,
e sempre aver la tavola fornita:
e non voler la moglie per gastaldo.
Agosto
D’agosto si vi do trenta castella
in una valle d’alpe montanina,
che non vi possa vento di marina,
per istar sani e chiari come stella;
e palafreni da montare ’n sella,
e cavalcar la sera e la mattina:
e l’una terra a l’altra sia vicina,
ch’un miglio sia la vostra giornatella,
tornando tuttavia verso la casa;
e per la valle corra una fiumana,
che vada notte e dí traente e rasa;
e star nel fresco tutta meriggiana:
la vostra borsa sempre a bocca pasa,
per la miglior vivanda di Toscana.
Settembre
Di settembre vi do diletti tanti:
falconi, astori, smerletti, sparvieri;
lunghe, gherbegli, geti con carnieri,
brachette con sonagli, pasto e guanti;
bolz’ e balestre dritt’ e ben portanti,
archi, strali, ballotte e ballottieri;
síanvi mudati guilfanghi ed astieri
nidaci e di tutt’ altri uccel volanti,
che fosser buoni da snidar e prendere:
e l’un a l’altro tuttavia donando,
e possasi rubar, e non contendere,
quando con altra gente rincontrando;
la vostra borsa si’ acconcia a spendere,
e tutti abbiate l’avarizia in bando.
Ottobre
Di ottobre nel contá, c’ha buono stallo,
e’ pregovi, figliuoi, che voi n’andate;
traetevi buon tempo ed uccellate,
come vi piace, a piè ed a cavallo.
La sera per la sala andate a ballo,
e bevete del mosto e inebriate,
ché non ci ha miglior vita, in veritate:
e questo è vero, com’è ’l fiorin giallo.
E poscia vi levate la mattina,
e lavatevi’l viso con le mani;
lo rosto e ’l vino è buona medicina.
A le guagnèle, starete più sani,
ca pesce in lag’ o fiume o in marina,
avendo meglior vita di cristiani!
Novembre
E di novembre Petriuolo, il bagno,
con trenta muli carchi di moneta:
la ruga sia tutta coverta a seta;
coppe d’argento, bottacci di stagno:
e dar a tutt’ i stazzonier guadagno;
torchi doppier, che vegnan di Chiareta;
confetti con cedrata di Gaeta:
e béa ciascun e conforti ’l compagno.
E lo freddo sia grande e ’l fuoco spesso;
fagiani, starne, colombi mortiti,
lèvori, cavrioli rosto e lesso:
e sempre aver acconci gli appetiti;
la notte ’l vento e piover a ciel messo:
e siate ne le letta ben forniti.
Dicembre
E di dicembre una città in piano:
sale terrene, grandissimi fuochi,
tappeti tesi, tavolier e giuochi,
torticci accesi, star coi dadi in mano,
e l’oste inebriato e catellano,
e porci morti e finissimi cuochi,
ghiotti morselli, ciascun bea e manrdóchi:
le botti sian maggior, che San Galgàno.
E siate ben vestiti e foderati
di guarnacch’e tabarri e di mantelli
e di cappucci fini e smisurati;
e beffe far de’ tristi cattivelli
de’ miseri dolenti sciagurati
avari: non vogliate usar con elli.
Proemio
A la brigata nobile e cortese,
e ’n tutte quelle parti, dove sono,
con allegrezza stando sempre dono
cani, uccelli e danari per ispese,
ronzin portanti e quaglie a volo prese,
bracchi levar, correr veltri a bandono:
in questo regno Niccolò corono,
per ch’elli è fior della città sanese;
Tingoccio e Min di Tengo ed Ancaiano,
Bartolo e Mugavèro e Fainotto,
che paiono figliuol del re Priàno:
prodi e cortesi piú, che Lancilotto;
se bisognasse, con le lance in mano
farian torneamenti a Camelotto.
Gennaio
I’ doto voi, nel mese di gennaio
corte con fuochi di salette accese,
camer’ e letta d’ogni bello arnese,
lenzuoi di seta e coperti di vaio,
tregèa, confetti e mescere a razzaio,
vestiti di doagio e di rascese:
e ’n questo modo stare a le difese,
muova scirocco, garbino e rovaio.
Uscir di fuor alcuna volta il giorno,
gittando de la neve bella e bianca
a le donzelle, che saran da torno;
e, quando fosse la compagna stanca,
a questa corte facciasi ritorno:
e si riposi la brigata franca.
Febbraio
E di febbrai’ vi dono bella caccia
di cervi, cavrioli e di cinghiari,
corte gonnelle con grossi calzari,
e compagnia che vi diletti e piaccia;
can da guinzagli e segugi da traccia,
e le borse fornite di danari,
ad onta degli scarsi e degli avari,
che di questo vi dán briga ed impaccia;
e la sera tornar co’ vostri fanti
carcati de la molta salvaggina,
avendo gioia ed allegrezza e canti;
far trar del vino e fumar la cucina,
e fin al primo sonno star razzanti:
e po’ posare ’nfin a la mattina.
Marzo
Di marzo sí vi do una peschiera
d’anguille, trote, lamprede e salmoni,
di dèntali, dalfini e storioni,
d’ogn’altro pesce in tutta la rivèra;
con pescatori e navicelle a schiera,
e barche, saettíe e galeoni,
le quai vi portino tutte stagioni
a qual porto vi piace a la primèra:
che sia fornito di molti palazzi,
d’ogn’altra cosa, che vi sie mesterò,
e gente v’abbia di tutt’i sollazzi.
Chiesa non v’abbia mai né monastero;
lassate predicar i preti·pazzi,
c’hanno troppe bugie e poco vero.
Aprile
D’april vi dono la gentil campagna
tutta fiorita di bell’erba fresca;
fontane d’acqua, che non vi rincresca;
donn’ e donzelle per vostra compagna;
ambianti palafren, destrier di Spagna
e gente costumata a la francesca;
cantar, danzar a la provenzalesca
con instrumenti novi d’Alemagna.
E da torno vi sia molti giardini,
e giacchito vi sia ogni persona:
ciascun con reverenza adori e ’nchini
a quel gentil, c’ho dato la corona
di pietre preziose le piú fini,
c’ ha presto Gianni o re di Babilòna.
Maggio
Di maggio sí vi do molti cavagli,
e tutti quanti siano affrenatori,
portanti tutti, dritti corritori;
pettorali e testère di sonagli,
con bandère e coverte a molti tagli
di zendadi e di tutti li colori;
le targhe a modo degli armeggiatori;
viol’ e ros’ e fìor, ch’ogn’uom abbagli;
e rompere e fiaccar bigordi e lance,
e piover da finestre e da balconi
in giú ghirlande ed in sú melerance;
e pulzellette gioveni e garzoni
baciarsi ne la bocca e ne le guance:
d’amor e di goder vi si ragioni.
Giugno
Di giugno dovvi una montagnetta
coverta di bellissimi arboscelli,
con trenta ville e dodici castelli,
che sian intorno ad una cittadetta,
ch’abbia nel mezzo una sua fontanetta;
e faccia mille rami e fiumicelli,
ferendo per giardin e praticelli,
e rinfrescando la minuta erbetta.
Aranci e cedri, dáttili e lumie
e tutte l’altre frutte savorose
impergolate siano per le vie;
e le genti vi sian tutte amorose,
e faccianvisi tante cortesie,
ch’a tutto ’l mondo siano graziose.
Luglio
Di luglio in Siena, su la saliciata,
con piene le ’nghistare di trebbiani;
ne le cantine li ghiacci vaiani,
e man e sera mangiar in brigata
di quella gelatina ismisurata,
istarne roste, gioveni fagiani,
lessi capponi, capretti sovrani
e, cui piacesse, la manza e l’agliata.
Ed ivi trar buon tempo e buona vita,
e non andar di fuor per questo caldo;
vestir zendadi di bella partita;
e, quando godi, star pur fermo e saldo,
e sempre aver la tavola fornita:
e non voler la moglie per gastaldo.
Agosto
D’agosto si vi do trenta castella
in una valle d’alpe montanina,
che non vi possa vento di marina,
per istar sani e chiari come stella;
e palafreni da montare ’n sella,
e cavalcar la sera e la mattina:
e l’una terra a l’altra sia vicina,
ch’un miglio sia la vostra giornatella,
tornando tuttavia verso la casa;
e per la valle corra una fiumana,
che vada notte e dí traente e rasa;
e star nel fresco tutta meriggiana:
la vostra borsa sempre a bocca pasa,
per la miglior vivanda di Toscana.
Settembre
Di settembre vi do diletti tanti:
falconi, astori, smerletti, sparvieri;
lunghe, gherbegli, geti con carnieri,
brachette con sonagli, pasto e guanti;
bolz’ e balestre dritt’ e ben portanti,
archi, strali, ballotte e ballottieri;
síanvi mudati guilfanghi ed astieri
nidaci e di tutt’ altri uccel volanti,
che fosser buoni da snidar e prendere:
e l’un a l’altro tuttavia donando,
e possasi rubar, e non contendere,
quando con altra gente rincontrando;
la vostra borsa si’ acconcia a spendere,
e tutti abbiate l’avarizia in bando.
Ottobre
Di ottobre nel contá, c’ha buono stallo,
e’ pregovi, figliuoi, che voi n’andate;
traetevi buon tempo ed uccellate,
come vi piace, a piè ed a cavallo.
La sera per la sala andate a ballo,
e bevete del mosto e inebriate,
ché non ci ha miglior vita, in veritate:
e questo è vero, com’è ’l fiorin giallo.
E poscia vi levate la mattina,
e lavatevi’l viso con le mani;
lo rosto e ’l vino è buona medicina.
A le guagnèle, starete più sani,
ca pesce in lag’ o fiume o in marina,
avendo meglior vita di cristiani!
Novembre
E di novembre Petriuolo, il bagno,
con trenta muli carchi di moneta:
la ruga sia tutta coverta a seta;
coppe d’argento, bottacci di stagno:
e dar a tutt’ i stazzonier guadagno;
torchi doppier, che vegnan di Chiareta;
confetti con cedrata di Gaeta:
e béa ciascun e conforti ’l compagno.
E lo freddo sia grande e ’l fuoco spesso;
fagiani, starne, colombi mortiti,
lèvori, cavrioli rosto e lesso:
e sempre aver acconci gli appetiti;
la notte ’l vento e piover a ciel messo:
e siate ne le letta ben forniti.
Dicembre
E di dicembre una città in piano:
sale terrene, grandissimi fuochi,
tappeti tesi, tavolier e giuochi,
torticci accesi, star coi dadi in mano,
e l’oste inebriato e catellano,
e porci morti e finissimi cuochi,
ghiotti morselli, ciascun bea e manrdóchi:
le botti sian maggior, che San Galgàno.
E siate ben vestiti e foderati
di guarnacch’e tabarri e di mantelli
e di cappucci fini e smisurati;
e beffe far de’ tristi cattivelli
de’ miseri dolenti sciagurati
avari: non vogliate usar con elli.
Cenne (Bencivenne) da la Chitarra (morto in Arezzo nel 1336): Risposta per contrarî ai sonetti de’ mesi di Folgore da San Geminiano
Dedica
A la brigata avara senza arnesi:
in tutte quelle parti dove sono,
davanti a’ dadi e tavolier’ li pono
perché al sole stien tutti distesi;
e in camicia stieno tutti i mesi
per poter più leggèr’ ire al perdono;
entro la malta e ’l fango gl’imprigiono,
e sien domati con diversi pesi.
E Paglierino sia lor capitano;
e abbia parte di tutto lo scotto,
con Benci e Lippo savio da Chianzano,
Senso da Panical ch’ha leggier trotto.
Chi lo vedesse schermir giuso al piano,
ciascun direbbe: «E’ pare un anitrotto».
Di gennaio
Io vi doto, del mese di gennaio,
corti con fumo al modo montanese,
letta qual’ ha nel mare il genovese,
acqua e vento che non cali maio,
povertà [di] fanciulle a colmo staio,
da ber aceto forte galavrese
e star[e] come ribaldo in arnese,
con panni rotti senza alcun denaio.
Ancor vi do così fat[t]o soggiorno:
con una vecchia nera, vizza e ranca,
catun gittando [de] la neve a torno;
apresso voi seder in una banca,
e resmirando quel so viso adorno;
così riposi la brigata manca.
Di febbraio
Di febbraio vi metto in valle ghiaccia
con orsi grandi vecchi montanari,
e voi cacciando con rotti calzari;
la nieve metta sempre e si disfaccia;
e quel che piace a l’uno a l’altro spiaccia:
con fanti ben ritrosi e bacalari;
tornando poi la sera ad osti cari,
lor moglie tesser tele ed ordir accia.
E ’n questo vo’ che siate senza manti,
con vin di pome, che stomaco affina;
in tal’ alberghi gran sospiri e pianti,
tremuoti, venti; e no sia con ruina,
ma sian sì forti, che ciascun si smanti
da prima sera enfino la mattina.
Di marzo
Di marzo vi riposo in tal manera:
in Puglia piana, tra molti lagoni,
e ’n essi gran mignatte e ranaglioni;
poi da mangiar abbiate sorbe e péra,
olio di noci vecchio, mane e sera,
per far caldegli, arance e gran cidroni;
barchette assai con remi e con timoni,
ma non possiate uscir de tal rivera;
Case de paglia con diversi razzi;
da bere vin gergon, che sia ben nero;
letta di schianze e di gionchi piumazzi.
Tra voi signor[e] sia un priete fero,
che da nessun peccato vi dislazzi;
per ciascun loco v’abbia un munistero.
Di aprile
Di aprile vi do vita senza lagna:
tafani a schiera con asini a tresca,
ragghiando forte, perché non v’incresca,
quanti ne sono in Perosa o Bevagna;
con birri romaneschi di Campagna
e ciaschedun di pugna sì vi mesca:
e, quando questo a gioco non rïesca,
restori i marri de’ pian de Romagna.
Per danzatori vi do vegli armini,
una campana, la qual peggio sona,
stormento sia a voi, e non refini.
E quel che ’n mil[l]antar sì largo dona,
en ira vegna de li soi vicini,
perché di cotal gente sì ragiona.
Di maggio
Il maggio voglio che facciate en Cagli
con una gente di lavoratori,
con muli e gran destrier’ zoppicatori:
per pettorali forti reste d’agli.
Intorno questo sìanovi gran bagli
di villan scapigliati e gridatori,
de’ qual’ resolvan sì fatti sudori,
che turben l’aire sì che mai non cagli;
altri villan poi facendovi mance
di cipolle porrate e di marroni,
usando in questo gran gavazze e ciance:
in giù letame ed in alto forconi;
vecchie e massai baciarsi per le guance;
di pecore e di porci si ragioni.
Di giugno
Di giugno siate in tal[e] campagnetta,
che ve sien[o] corbi ed argironcelli;
le chiane intorno senza caravelli:
entro nel mezzo v’abbia una isoletta,
de la qual esca sì forte venetta,
che mille parte faccia e ramicelli
d’aqua di solfo, e cotai gorgoncelli,
sì ch’ella adacqui ben tal contradetta.
Sorbi e pruni acerbi siano lìe,
nespole crude e cornie savorose;
le rughe sian fangose e stret[t]e vie;
le genti vi sian nere e gavinose,
e faccianvisi tante villanie,
che a Dio ed al mondo sïano noiose.
Di luglio
Di luglio vo’ che sia cotal brigata
en Arestano, con vin di pantani,
con acque salse ed aceti soprani,
carne di porco grasso apeverata;
e poi, diretro a questo, una insalata
di salvi’ e ramerin, per star più sani,
carne de volpe guascotta a due mani
e, a cui piacesse, drieto cavolata;
con panni grossi lunghi d’eremita:
e sia sì forte e [sì] terribil caldo
com’ha il solleone a la finita;
ed un brutto converso per castaldo,
avaro, che si apaghi di tal vita:
la moglie a ciaschedun sia’n manovaldo.
Di agosto
D’agosto vi reposo en aire bella,
en Sinegal[l]ia, che me par ben fina;
il giorno sì vi do, per medicina,
che cavalcate trenta migliatella,
e tutti en trottier’ magri senza sella,
sempre lung’ a un’acqua de sentina;
da l’altra parte si faccia tonnina,
poi ritornando a poso di macella.
E, se ben cotal poso non vi anasa,
met[t]ovi en Chiusi la cit[t]à sovrana,
sì stanchi tutti da non disfar l’asa;
la borsa di ciascuno stretta e vana,
e stare come lupi a boc[c]a pasa,
tornando in Siena un dïe la semana.
Di settembre
Di settembre vi do gioielli alquanti:
àgor’ e fusa, cumino et asolieri;
nottol’ e chieppe con nibbi lanieri;
archi da lana bistorti e pesanti;
barbagianni, assïuoli allocchi tanti
quanti ne son de qui a Monpeslieri;
guanti di lana, borsa da braghieri,
stando così a vostre donne davanti.
E sempre questo comparar e vendere
con tal mercadantìa il più usando;
e di settembre tal diletto prendere;
e per Siena entro gir alto gridando:
«Muoia chi cortesïa vuol defendere,
ch’i Salimbeni antichi li diêr bando»
Di ottobre
D’ ottobre vi conseglio senza fallo
che ne [la] Falterona dimorate,
e de le frutta, che vi so’, mangiate
a riglie grand’, e non vi canti gallo.
Chiare vi son l’acque come cristallo;
or bevete, figliuoli, e restorate;
uccellar bono v’è a’ varchi, en veritate,
ché farete nel collo nervo e callo,
in quel[l]’aire, che[d] è sot[t]ile e fina:
ben stanno en Pisa più chiari i pisani,
e ’l genovese lungo la marina.
Prendere ’l mi’ consegl’ non siate vani:
arosto vi darò mésto con strina,
che ’l sentiranno i p[i]edi con le mani.
Di novembre
Di novembre vi metto in un gran stagno,
in qual parte più pò fredda pianeta,
con quella povertà che non si acqueta
di moneta acquistar, che fa gran danno.
Ogni buona vivanda vi sia in banno;
per lume, facel[l]ine da verdeta;
castagne con mele aspre di Faeta:
[i]stando tutti ensieme en briga e lagno.
[E] fuoco non vi sia, ma fango e gesso,
se no ’n alquanti luochi di romiti
che sia di venti miglia lo più presso;
di vin e carne del tut[t]o sforniti:
[s]c[h]ernendo voi qual è più laido biesso,
veggendovi star tutti sì sguarniti.
Di dicembre
Di dicembre vi pongo in un pantano
con fango, ghiaccia ed ancor panni pochi;
per vostro cibo fermo fave e mochi;
per oste ab[b]iate un troio maremmano;
un cuoco brut[t]o, sec[c]o, tristo e vano,
che vi dia colli guascotti e, que’, pochi:
e qual tra voi ha lumi, dadi o rochi
tenuto sia come tra savi un vano.
Panni rotti vi do e debrilati;
apresso questo, on[n]’omo en capegli;
bot[t]acci di vin montanar fal[l]ati.
E chi ve mira sì se meravegli,
vedendovi sì brut[t]i e rabuf[f]ati,
tornando in Siena così bei fancegli.
Dedica
A la brigata avara senza arnesi:
in tutte quelle parti dove sono,
davanti a’ dadi e tavolier’ li pono
perché al sole stien tutti distesi;
e in camicia stieno tutti i mesi
per poter più leggèr’ ire al perdono;
entro la malta e ’l fango gl’imprigiono,
e sien domati con diversi pesi.
E Paglierino sia lor capitano;
e abbia parte di tutto lo scotto,
con Benci e Lippo savio da Chianzano,
Senso da Panical ch’ha leggier trotto.
Chi lo vedesse schermir giuso al piano,
ciascun direbbe: «E’ pare un anitrotto».
Di gennaio
Io vi doto, del mese di gennaio,
corti con fumo al modo montanese,
letta qual’ ha nel mare il genovese,
acqua e vento che non cali maio,
povertà [di] fanciulle a colmo staio,
da ber aceto forte galavrese
e star[e] come ribaldo in arnese,
con panni rotti senza alcun denaio.
Ancor vi do così fat[t]o soggiorno:
con una vecchia nera, vizza e ranca,
catun gittando [de] la neve a torno;
apresso voi seder in una banca,
e resmirando quel so viso adorno;
così riposi la brigata manca.
Di febbraio
Di febbraio vi metto in valle ghiaccia
con orsi grandi vecchi montanari,
e voi cacciando con rotti calzari;
la nieve metta sempre e si disfaccia;
e quel che piace a l’uno a l’altro spiaccia:
con fanti ben ritrosi e bacalari;
tornando poi la sera ad osti cari,
lor moglie tesser tele ed ordir accia.
E ’n questo vo’ che siate senza manti,
con vin di pome, che stomaco affina;
in tal’ alberghi gran sospiri e pianti,
tremuoti, venti; e no sia con ruina,
ma sian sì forti, che ciascun si smanti
da prima sera enfino la mattina.
Di marzo
Di marzo vi riposo in tal manera:
in Puglia piana, tra molti lagoni,
e ’n essi gran mignatte e ranaglioni;
poi da mangiar abbiate sorbe e péra,
olio di noci vecchio, mane e sera,
per far caldegli, arance e gran cidroni;
barchette assai con remi e con timoni,
ma non possiate uscir de tal rivera;
Case de paglia con diversi razzi;
da bere vin gergon, che sia ben nero;
letta di schianze e di gionchi piumazzi.
Tra voi signor[e] sia un priete fero,
che da nessun peccato vi dislazzi;
per ciascun loco v’abbia un munistero.
Di aprile
Di aprile vi do vita senza lagna:
tafani a schiera con asini a tresca,
ragghiando forte, perché non v’incresca,
quanti ne sono in Perosa o Bevagna;
con birri romaneschi di Campagna
e ciaschedun di pugna sì vi mesca:
e, quando questo a gioco non rïesca,
restori i marri de’ pian de Romagna.
Per danzatori vi do vegli armini,
una campana, la qual peggio sona,
stormento sia a voi, e non refini.
E quel che ’n mil[l]antar sì largo dona,
en ira vegna de li soi vicini,
perché di cotal gente sì ragiona.
Di maggio
Il maggio voglio che facciate en Cagli
con una gente di lavoratori,
con muli e gran destrier’ zoppicatori:
per pettorali forti reste d’agli.
Intorno questo sìanovi gran bagli
di villan scapigliati e gridatori,
de’ qual’ resolvan sì fatti sudori,
che turben l’aire sì che mai non cagli;
altri villan poi facendovi mance
di cipolle porrate e di marroni,
usando in questo gran gavazze e ciance:
in giù letame ed in alto forconi;
vecchie e massai baciarsi per le guance;
di pecore e di porci si ragioni.
Di giugno
Di giugno siate in tal[e] campagnetta,
che ve sien[o] corbi ed argironcelli;
le chiane intorno senza caravelli:
entro nel mezzo v’abbia una isoletta,
de la qual esca sì forte venetta,
che mille parte faccia e ramicelli
d’aqua di solfo, e cotai gorgoncelli,
sì ch’ella adacqui ben tal contradetta.
Sorbi e pruni acerbi siano lìe,
nespole crude e cornie savorose;
le rughe sian fangose e stret[t]e vie;
le genti vi sian nere e gavinose,
e faccianvisi tante villanie,
che a Dio ed al mondo sïano noiose.
Di luglio
Di luglio vo’ che sia cotal brigata
en Arestano, con vin di pantani,
con acque salse ed aceti soprani,
carne di porco grasso apeverata;
e poi, diretro a questo, una insalata
di salvi’ e ramerin, per star più sani,
carne de volpe guascotta a due mani
e, a cui piacesse, drieto cavolata;
con panni grossi lunghi d’eremita:
e sia sì forte e [sì] terribil caldo
com’ha il solleone a la finita;
ed un brutto converso per castaldo,
avaro, che si apaghi di tal vita:
la moglie a ciaschedun sia’n manovaldo.
Di agosto
D’agosto vi reposo en aire bella,
en Sinegal[l]ia, che me par ben fina;
il giorno sì vi do, per medicina,
che cavalcate trenta migliatella,
e tutti en trottier’ magri senza sella,
sempre lung’ a un’acqua de sentina;
da l’altra parte si faccia tonnina,
poi ritornando a poso di macella.
E, se ben cotal poso non vi anasa,
met[t]ovi en Chiusi la cit[t]à sovrana,
sì stanchi tutti da non disfar l’asa;
la borsa di ciascuno stretta e vana,
e stare come lupi a boc[c]a pasa,
tornando in Siena un dïe la semana.
Di settembre
Di settembre vi do gioielli alquanti:
àgor’ e fusa, cumino et asolieri;
nottol’ e chieppe con nibbi lanieri;
archi da lana bistorti e pesanti;
barbagianni, assïuoli allocchi tanti
quanti ne son de qui a Monpeslieri;
guanti di lana, borsa da braghieri,
stando così a vostre donne davanti.
E sempre questo comparar e vendere
con tal mercadantìa il più usando;
e di settembre tal diletto prendere;
e per Siena entro gir alto gridando:
«Muoia chi cortesïa vuol defendere,
ch’i Salimbeni antichi li diêr bando»
Di ottobre
D’ ottobre vi conseglio senza fallo
che ne [la] Falterona dimorate,
e de le frutta, che vi so’, mangiate
a riglie grand’, e non vi canti gallo.
Chiare vi son l’acque come cristallo;
or bevete, figliuoli, e restorate;
uccellar bono v’è a’ varchi, en veritate,
ché farete nel collo nervo e callo,
in quel[l]’aire, che[d] è sot[t]ile e fina:
ben stanno en Pisa più chiari i pisani,
e ’l genovese lungo la marina.
Prendere ’l mi’ consegl’ non siate vani:
arosto vi darò mésto con strina,
che ’l sentiranno i p[i]edi con le mani.
Di novembre
Di novembre vi metto in un gran stagno,
in qual parte più pò fredda pianeta,
con quella povertà che non si acqueta
di moneta acquistar, che fa gran danno.
Ogni buona vivanda vi sia in banno;
per lume, facel[l]ine da verdeta;
castagne con mele aspre di Faeta:
[i]stando tutti ensieme en briga e lagno.
[E] fuoco non vi sia, ma fango e gesso,
se no ’n alquanti luochi di romiti
che sia di venti miglia lo più presso;
di vin e carne del tut[t]o sforniti:
[s]c[h]ernendo voi qual è più laido biesso,
veggendovi star tutti sì sguarniti.
Di dicembre
Di dicembre vi pongo in un pantano
con fango, ghiaccia ed ancor panni pochi;
per vostro cibo fermo fave e mochi;
per oste ab[b]iate un troio maremmano;
un cuoco brut[t]o, sec[c]o, tristo e vano,
che vi dia colli guascotti e, que’, pochi:
e qual tra voi ha lumi, dadi o rochi
tenuto sia come tra savi un vano.
Panni rotti vi do e debrilati;
apresso questo, on[n]’omo en capegli;
bot[t]acci di vin montanar fal[l]ati.
E chi ve mira sì se meravegli,
vedendovi sì brut[t]i e rabuf[f]ati,
tornando in Siena così bei fancegli.
Riccardo Venturi - 2021/1/1 - 13:12
Tratto da: "Isole di Montagna: le due questioni cimbre" di Flavio Poltronieri (Terre Celtiche)
"Anche il tema dei dodici mesi di “gucciniana” memoria venne celebrato ben prima nel tempo dal poeta cimbro di Giazza, Eligio Faggioni, con altri nomi (Hornach, Febrar, Marso, Roasan, Madjo, Sunjo, Ludjo…) ma identica forza poetica: “Gennaio viene per primo, sano e freddo, portando neve e imbiancando tutto, il primo giorno la gente si stringe la mano e accendono la pipa adoperando un tizzone…Febbraio è corto più di tutti, quattro settimane passano presto, con sonagli e corni brucia la pira, tornano i codirossi davanti a casa…Marzo più lungo si fa vedere, spazzando via la neve sui monti e sulle strade, variopinte le forre, gialli e azzurri i fiori che sulle labbra suonano quando soffiano…e fanno vedere Aprile in queste dolci valli, alti i falchi si librano, rumoreggiano i torrenti, la domenica viene gente forestiera e legge sui muri cosa è scritto in cimbro, si guardano negli occhi e dicono – cosa è successo oggi?…”
"Anche il tema dei dodici mesi di “gucciniana” memoria venne celebrato ben prima nel tempo dal poeta cimbro di Giazza, Eligio Faggioni, con altri nomi (Hornach, Febrar, Marso, Roasan, Madjo, Sunjo, Ludjo…) ma identica forza poetica: “Gennaio viene per primo, sano e freddo, portando neve e imbiancando tutto, il primo giorno la gente si stringe la mano e accendono la pipa adoperando un tizzone…Febbraio è corto più di tutti, quattro settimane passano presto, con sonagli e corni brucia la pira, tornano i codirossi davanti a casa…Marzo più lungo si fa vedere, spazzando via la neve sui monti e sulle strade, variopinte le forre, gialli e azzurri i fiori che sulle labbra suonano quando soffiano…e fanno vedere Aprile in queste dolci valli, alti i falchi si librano, rumoreggiano i torrenti, la domenica viene gente forestiera e legge sui muri cosa è scritto in cimbro, si guardano negli occhi e dicono – cosa è successo oggi?…”
Flavio Poltronieri - 2023/6/14 - 09:03
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[1972]
Testo e musica / Lyrics and music / Paroles et musique / Sanat ja sävel: Francesco Guccini
Album / Albumi: Radici
Buon anno, anzi ri-buonanno a tutte e tutti. Oppure, come solgo dire da tanto tempo giocando sul cognome di un vecchio e indomito anarchico catanese, Alfredo Maria a tutti quanti e tutte quante voi! Ieri sera, mi è pure capitato di rivederlo brevemente, il Guccini, in collegamento oramai ultraottantenne dalla sua casa di una Pàvana deserta, mentre specificava che, comunque, a Pàvana non c'è un gran traffico nemmeno senza i locchi dàuni e i coprifuochi. E così, mentre io e la Daniela festeggiavamo un capodanno deliziosamente belga, con le endives al forno col formaggio e la birra trappista, e mentre passavano un commovente streaming da una Fosdinovo derelitta e più deserta di Pàvana (con il Giromini, il Lega e Matteo Procuranti) e il Guccini dagli schermi di Propaganda Live, mi è venuta a mente questa canzoncina parecchio annosa e conosciuta, sulla cui origine (tra l'ispirazione cavata dai sonetti de' dodici mesi di Folgòre da San Gimignano e i controsonetti di Cenne da la Chitarra (forse più aderenti alla realtà attuale...), con coltissime citazioni -Thomas Stearns Eliot, Omar Khayyam...) tutto è stato oramai sviscerato. Proponendola nel primo giorno di questo dumilaventùno, dopo il disgraziato Doppio Venti la cui ripetizione, il Doppio Ventuno, nessuno di noi vedrà (tanto per fare un po' di càbbala, sia detto con accento gucciniano) -a parte, naturalmente, l'Anonimo Toscano del XXII Secolo-, ho pensato a quanto ci piacerebbe che l'anno che inizia fosse come quello della canzone, con le bianche file di campi, le piogge di marzo, le rose di maggio, luglio il leone, i ripensamenti di settembre, i tini grassi come pance piene d'ottobre e Cristo la tigre.
Sono d'accordo sul fatto che, come è stato detto all'inizio della Pestilenza, fosse proprio l'attuale normalità ad essere un problema; però, come dire, in mezzo a streaming, coprifuochi, distanziamenti e mascherine un po' di perplessa e non acritica nostalgia viene. Così, torna di moda una vecchia, abusata e sovente malintesa parola, “speranza”; e così sia intesa questa canzone, ed anche queste brevi note redatte mentre dalla finestra sta infuriando una fitta nevicata che, di certo, qualche bella fila di campi la imbiancherà per poi sciogliersi in marzo e addivenire alle lunghe e oziose ore di agosto. Sono del tutto certo che neppure questo 2021 sarà poi così “normale”, e che ci avremo da penare ancora per diverso tempo; ma non lamentiamoci troppo. C'è chi ha vissuto il 1917 e il 1943, e secondo me sono state annate ben peggiori. Coraggio, e basta con gli gnè gnè; anche se resto convinto che gli dèi vadano comunque placati con adeguati sacrifizi, e che l'immolazione di Zangrillo su un altare di Proserpina, di un giornalista di Libero su un'ara di Minerva, il rogo di Matteo Renzi dedicato al padre Giove e la crocifissione di Vittorio Sgarbi in onore del Dio Sole di Eliogabalo potrebbero essere misure da prendere ragionevolmente in considerazione, e che potrebbero accelerare il ritorno, se non alla normalità, perlomeno a condizioni momentaneamente accettabili. Per sottolineare tutta questa speranza, illustro questa pagina sia coi sonetti originali di Cenne da la Chitarra e Folgòre da San Gimignano, sia con le immagini de' dodici mesi tratte dalle Très riches heures du Duc de Berry. Buon ascolto, e buon anno! [RV 1-1-21]