Langue   

Hoka Hey

A 'Fora De Arrastu
Langues: anglais, sarde


A 'Fora De Arrastu

Liste des versions


Peut vous intéresser aussi...

Indian Prayer
(War Party)
No Basis! No Scorias!
(A 'Fora De Arrastu)
Pratobello
(Nicolò Giuseppe Rubanu)


[2004]
Album: "Istorias"

afda


Questo e' il grido di battaglia dei pellerossa che disarmati affrontavano senza paura i propri invasori, urlando "questo e' un bel giorno per morire". Pensiamo che questo possa essere ancora (e soprattuto) oggi un esempio da seguire per chi lotta per la propria identita' e la propria vita. (dal libretto dell'album "Istorias" 2004)
Hey! Today is a good day…
Hey! Today is a real day… for die !!

Patriotu armau ma vili e spramau
agripiadori ignaru po podi pappai
e tenni domu in terra de libertadi
No pongiasta a menti
furriadì
e gira su fosili in facci a su meri
aici a su gridu de « hoka hey!! »
podeusu cabai a su costau de Mama Terra
impari a su fradi arruju
Arregorda che fadeusu attimi
poitta no timmeusu s’invasori
Ariseu Indios e Pellerossa
oi su populu Mapuche
Forzis chi s’America no
podi essi de chi da bividi?

envoyé par adriana - 5/8/2007 - 10:53



Langue: italien

Versione italiana ripresa da questa pagina
Oggi è un buon giorno
Oggi è un buon giorno per morire…

Patriota armato ma vile e spaventato
ti hanno reso un inconsapevole aggressore
per il pane e per vivere in terra di “libertà”
Disubbidisci
Ribellati
e volgi il fucile verso il tuo comandante
così al grido di “Hoka hey”
scenderai al fianco di Madre Terra
insieme ai fratelli rossi
Ricorda che ci temono
Perché noi non temiamo invasori
Ieri Indios e Pellerossa
Oggi il popolo Mapuche
Forse l’America
non può essere di chi la abita?

envoyé par adriana - 5/8/2007 - 10:56


Vorrei dire due cose fuori dai denti.

Nulla da dire sulla canzone in sé e sulle sue motivazioni, che sono nobilissime. Quel che mi torna poco è una parte del commento introduttivo ripreso dal libretto, esattamente quella dove si parla dell' "identità".

Come dire, a me tutte queste "identità" mi hanno rotto vagamente i coglioni. L'identitarismo è un concetto ambiguo, e pericoloso. Nulla mi toglie dalla mente che è ciò che esattamente propugnano i nazisti in camicia verde della Lega, così come "identità" varie, nazionali e/o locali, (l'italianità, l'ispanità, la francesità, la lombardità, la toscanità, la napoletanità, la giurassianità -esiste pure questa-) sono alla base di molti movimenti semplicemente fascisti.

Lottare per l'"identità"? Ma non raccontiamoci storie. Si lotta per cose concrete, non per concetti astratti. In Sardegna come presso i Mapuches come dovunque nel mondo. Si lotta per mangiare. Si lotta per il lavoro. Si lotta contro tutti i meccanismi di oppressione che sono sempre gli stessi e portati avanti sempre dagli stessi. Si lotta, si vive e si muore per dei fatti, non per delle "idee".

Sono certo che i sardi di Pratobello non lottassero per la "sardità", ma per togliersi di mezzo la base militare che avrebbe mangiato pascoli togliendo alla gente di che vivere. Così come non mi risulta che gli zapatisti in Messico lottino per la "chiapasità", e via discorrendo.

Per favore, basta con l' "identità". Ne esiste una sola di identità: quella di classe. O uno se ne rende conto, o non se ne rende conto. Con tutto ciò, non voglio tirare nessuna croce addosso agli 'A fora de arrastu, e questo vorrei che fosse ben chiaro. Semplicemente puntualizzare alcune cose.

Cosa c'è veramente alla base della perdita delle prerogative locali (la lingua, gli usi e i costumi, le tradizioni)? Ci sono esattamente le stesse cose che presiedono alla repressione del sistema. C'è il mercato e le sue "leggi".

Forse sarebbe proprio questa la lezione da imparare, ad esempio, dalle guerre jugoslave: conflitti scatenati dal potere internazionale per le sue logiche, che sono stati ben travestiti soffiando proprio sull' "identità". Si pensi a quanti avevano scelto di rifiutarla, questa identità, preferendo continuare a chiamarsi "jugoslavi".

Oppure a quel che succede attualmente in Corsica, dove, dopo anni e anni di "identitarismo", ora i muri delle città e dei paesi sono pieni di scritte "Arabi fora".

arabifora


Identitarismo e razzismo vanno di pari passo, e vorrei farlo notare proprio a chi, probabilmente, razzista non lo è per nulla. Stia attento ad usare certe parole, sono merda che brucia in mano.

Riccardo Venturi - 7/8/2007 - 20:01


Ciao qua bebbo, chitarrista/cantante degli a fora de arrastu.
Capisco prima di tutto che la tua critica non era nei nostri confronti ma più che altro nell'uso "fuori luogo" della parola IDENTITA'.
Qua però penso sia d'obbligo una nostra spiegazione.

E' ovvio che una rivolta, una sommossa, una qualsiasi azione contro il potere da parte dei subalterni è sempre dettata da cose che sono tangibili, come la fame, la casa, il lavoro, la libertà fisica e mentale.
Però qua mi viene naturale una domanda. Cosa significa allora identità se non potersi gestire la propria vita secondo modi e tempi propri? Secondo i metodi del tuo territorio e della gente che vive la tua stessa situazione? E non secondo metodi o modalità dettate da un potere esterno che vuol soltanto trarre un vantaggio da questo sfruttamento. E qua non stiamo parlando di idee ma di cose di prima necessità!!
Questo tipo di identità, come era nostra intenzione raccontare, non riguarda soltanto i sardi o i mapuche o i corsi...ma l'identità di individuo libero. Libero di decidere quale è il modo migliore per vivere e per sostenere la propria vita.
Il nostro è stato un esempio.
Gli indiani d'america, come tutte le popolazioni sterminate da un invasore che prometteva progresso e prosperità, può essere un buon modo di rapportare cose che sono successe tempo fa e in una parte del mondo lontana migliaia di km dalla Sardegna, a situazioni (che in modi differenti ma analoghi) succedono a noi ogni giorno. Ma questo non per rivendicare una sardità, o per chiuderci in una riserva per uomini!!
Non ci può essere identità senza una vera libertà, e non ci può essere libertà senza una autodeteminazione della propria vita (di qualsiasi latitudine si voglia parlare).
Quindi finchè verremo comandati da leggi dettate dal capitalismo e dalla standardizzazione non ci potrà essere una identità di nessun tipo, non ci potrà essere perchè si continuerà a vivere, lavorare, mangiare, svagarsi, associarsi, ribellarsi e morire secondo schemi già impostati da altri.
La vera identità è poter scegliere i modi e i tempi con cui affrontare la vita.
Se poi questo succede in Sardegna secondo me sarà una identità Sarda.

Spero di essere stato più esplicativo, anche se un argomento di questo tipo non può essere discusso prescindendo da altre idee che ci sono alla base, quali l'autodeterminazione e l'autogestione, ma per le quali si entrerebbe in discussioni molto lunghe.

Grazie per lo spazio.
AFDA.

A FORA DE ARRASTU - 19/10/2007 - 11:15


Ciao bebbo, sono riccardo venturi e prima di ogni cosa vorrei ringraziarti per la tua precisazione, puntuale e quantomai opportuna. Ovviamente, e ci tengo a dirlo fin dall'inizio, questo spazio è a libera disposizione di tutti per qualsiasi forma di discussione.

Passiamo appunto alla tua precisazione.

Quello che dici è senz'altro vero. Potersi gestire la vita secondo modi e tempi propri, e non soltanto. Da cosa derivano questi modi e tempi? Da un complesso di cose, che potremmo chiamare in senso lato la "storia". Di un territorio, delle sue vicende, della gente che lo abita. Da questo punto di vista ogni territorio e ogni popolazione che lo abita ha non solo il diritto, ma addirittura il dovere di lottare perché tali modi e tali tempi siano rispettati; a condizione che tale storia esista veramente, e che si abbiano sempre sotto gli occhi quelle che tu, giustamente, definisci cose di prima necessità.

Apro una parentesi, forse non dovuta ma che mi va di fare, sull'indipendentismo. Che ogni popolo abbia diritto alla sua autodeterminazione è per me un fatto assodato; ma in questo mondo attuale occorre vedere, purtroppo, se possa davvero esistere una vera autodeterminazione. A mio parere la lotta per una vera autodeterminazione passa prima per combattere ogni forma di sfruttamento globalizzato. La lotta contro i meccanismi capitalistici planetari che hanno di fatto ridotto tutto il pianeta ad una serie infinita di "indipendenze" di facciata. Secondo me, una Sardegna (Corsica, Vallonia, Euskadi, Bretagna, Chiapas, quello che ti pare) indipendente non sarebbe attualmente più "indipendente" di quanto lo sia all'interno delle "entità statali" (Italia, Francia, Belgio, Spagna, Messico) di cui fa parte. La vera autodeterminazione si ottiene combattendo contro il capitalismo in ogni sua forma, il capitalismo che rende tutti schiavi. In Sardegna come ovunque. Chiaro che lo sfruttamento assume ovunque forme particolari, pur mantenendo saldissimi i principi di base.

E' sintomatico che proprio il capitalismo si sia impadronito dell'anelito all'autodeterminazione sfruttando a suo vantaggio la politica delle "piccole patrie"; politica nel quale il cosiddetto "identitarismo" gioca un ruolo decisivo. Qui, credo, sto procedendo di pari passo con la tua precisazione, stiamo dicendo esattamente le stesse cose. Nel tuo intervento c'è un punto centrale che vorrei sottolineare, perché lo ritengo veramente focale: l'identità di individuo libero. Questa frase, direi, chiarisce in modo inequivocabile il tuo pensiero e le intenzioni del tuo gruppo. Pensiero e intenzioni alle quali non posso che affiancarmi.

E' una battaglia comune e difficilissima. Ma non voglio, e non vorrò mai, definirla senza speranza. Pur tra le mille e mille contraddizioni che comporta. Quello che è il mio pensiero al riguardo, lo ha ben espresso il bretone Alan Stivell, nel 1970, nel suo brano Délivrance, che ti/vi invito a leggere ed ascoltare se già non lo conosci/conoscete. Spingere di nuovo la lotta per la vera autodeterminazione e per la vera identità di uomini liberi verso la condivisione con tutti gli sfruttati della terra, in ogni luogo, ad ogni latitudine. Rifiutarsi di farci mettere gli uni contro gli altri, ma comprendere bene che la libertà passa soltanto per l'abbattimento delle sue catene, del suo lavoro, delle sue galere.

Grazie ancora per il tuo intervento, a risentirci e buona fortuna, di cuore, agli AFDA per le vostre canzoni. Se ne avete altre, anzi, vi preghiamo di segnalarcele sempre!

Riccardo Venturi - 19/10/2007 - 12:41


Allora ti ringrazio per la risposta velocissima! Ho notato che abbiamo idee molto simili su ciò che riguarda autodeterminazione, indipendentismo (e spero autoproduzione, argomento su cui noi ci battiamo molto).

Ciò che tu hai scritto rispecchia perfettamente ciò che noi, nel nostro piccolo e nei nostri metodi, portiamo avanti. L'autodeterminazione non come obbiettivo, ma come metodo di lotta contro uno stato di cose che basa la sua potenza sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e sullo sfruttamento incondizionato e senza criterio della terra e di ciò che dentro ci abita.

Per quanto riguarda l'indipendentismo Sardo (o di una qualsiasi altra realtà) io personalmente sono molto scettico. Mi spiego perchè questa affermazione potrebbe sembrare un pò ambigua rispetto all'intervento precendente.

Io sono per l'indipendenza di ogni popolo, ma prima di tutto per l'indipendenza di ogni gruppo di persone che si vogliono unire e collaborare in qualcosa, senza che questa debba essere per forza una associazione nel senso "normale" del termine.
Non penso che l'indipendenza dei Sardi, dei Corsi, dei Friulani etc... possa esistere se non esiste una indipendenza globale.
A cosa servirebbe avere uno stato Sardo, se poi deve per forza stare alle regole di una economia capitalistica?
Stesso discorso vale per tutti quei popoli che vorrebbero una indipendenza politica dai proprio stati attuali.
Io vorrei che i Sardi si autogestissero la propria terra, che si potesse lavorare e crescere nel modo che ognuno crede migliore. Ma per una cosa del genere la prima cosa da fare è tagliare quelle catene di cui tu parlavi, ma che secondo me non sono catene che legano solo noi, o soltanto i Baschi, o gli altri, sono catene che ci legano tutti insieme! Fino a quando uno rimarrà legato gli altri rimarranno legati.

Perciò il primo passo per avere una indipendenza (come detto precedentemente) è fare della propria autodeterminazione il metodo di vivere.
Questo esclude a priori qualsiasi tipo di partito, associazione etc che basa il suo potere sulla delega. L'unico modo per avere l'autodeterminazione è che ognuno di noi scelga di non stare più al gioco della maggioranza.

Anche qua, si rischia di entrare in discorsi lunghi che sono per forza collegati al discorso di libertà.

Detto questo ribadisco che è un piacere poter partecipare a discussioni libere di questo tipo. Noi come gruppo/colletivo A FORA DE ARRASTU portiamo avanti varie iniziative.
La canzone che voi avete messo qua fa parte della prima demo che abbiamo registrato, risalente al 2004, in questi anni abbiamo inciso altre canzoni che sono molto più mature dal punto di vista musicale, ma sopratutto dal punto di vista delle tematiche affrontate.
Ti invito perciò a fare un "giro" in queste pagine.

www.sonosafda.altervista.org

www.myspace.com/aforadearrastu

www.aforadearrastu.tk (in fase di aggiornamento..)

Nel primo di questi 2 siti troverai, oltre alle pagine che parlano degli AFDA, soprattutto le pagine inerenti le iniziative quali pubblicazioni di materiale cartaceo libertario, iniziative e proposte sull'autoproduzione e anche tutto ciò che riguarda la FESTA DELL'AUTOPRODUZIONE che noi come AFDA e altri amici organizziamo annualmente ormai da 4 anni.

Speriamo di incontrarci anche di persona magari a qualche iniziativa interessante.

Un abbraccio forte bebbo e AFDA.

BEBBO | A FORA DE ARRASTU - 19/10/2007 - 14:51




Page principale CCG

indiquer les éventuelles erreurs dans les textes ou dans les commentaires antiwarsongs@gmail.com




hosted by inventati.org