Contributed by Riccardo Gullotta - 2020/9/13 - 00:28
×
Note for non-Italian users: Sorry, though the interface of this website is translated into English, most commentaries and biographies are in Italian and/or in other languages like French, German, Spanish, Russian etc.
[ 1954 ]
Movie / Film / Elokuva:
Mark Robson
The Bridges at Toko-Ri / 원한의 도곡리 다리 / I ponti di Toko-Ri / Les Ponts de Toko-Ri / Toko-Rin sillat
Music / Musica / Musique / Sävel:
Lyn Murray
I luoghi
Il toponimo Toko-Ri non corrisponde ad un luogo geografico. Più precisamente esiste una sottolocalità omonima nella Corea del Sud sul Mar Giallo , ma non ha niente a che vedere con i ponti in questione. Toko-Ri nacque dalla fantasia di James Michener, autore del romanzo, che combinò i nomi Poko-ri e Toko-san, questi sì reali, di villaggi situati nella Corea del Nord. Figuravano nelle mappe militari, non in quelle di google di oggi. Si trovavano nella valle ad est della cittadina di Yangdǒk lungo la linea ferroviaria da Yangdǒk a Samdǒng-ni. Erano tre ponti come si può vedere nell’immagine sottostante. Le coordinate approssimate, con una tolleranza di poche centinaia di metri, sarebbero queste, a nostro avviso: 39°12'22"N 126°40'45"E.
Infine, il suffisso 리 [ri], pronuncia lì, in coreano significa villaggio.
Corea. Un’anteprima storica, compressa
Fra’ Guglielmo di Rubruck, un francescano fiammingo inviato dal re capetingio Luigi IX in Estremo Oriente per evangelizzare i Tartari, scrisse al suo ritorno nel 1255 il rapporto Itinerarium fratris Willielmi de Rubruquis de ordine fratrum Minorum, Galli, Anno gratia 1253 ad partes Orientales. In tale capolavoro di antropologia e geografia si trova il primo riferimento alla Corea, ai suoi abitanti , i Caule [Kao-li: Korea].
Marco Polo parlò nel Milione della provincia di Cauli, dal cinese Gaoli e dal coreano Goryeo che designava la dinastia regnante vassalla dell’imperatore cinese Kublai Khan.
Subentrò la dinastia Joseon dal 1392 al 1910, anno dell’annessione della Corea al Giappone, protratta sino alla fine della seconda guerra mondiale.Il dominio giapponese fu uno dei periodi più nefasti per la Corea. Le manifestazioni pacifiche del movimento per l’autodeterminazione furono represse brutalmente dai giapponesi. Le vittime di esecuzioni sommarie furono migliaia. I giapponesi giunsero a bandire la lingua coreana, abolirono nelle scuole l’insegnamento della storia coreana, migliaia di testimonianze culturali presero la via del Giappone e degli Stati Uniti nei cui musei si trovano tuttora. Durante la guerra mondiale un numero compreso tra le cinquantamila e le duecentomila donne furono costrette a prostituirsi nei bordelli al servizio delle truppe giapponesi. Il numero non è determinabile con esattezza a causa dell’indisponibilità dei giapponesi di aprire i loro archivi. Deportarono in Giappone circa due milioni di coreani per colmare i posti lasciati vacanti dai lavoratori al fronte, tant’è che 40mila persone, il 28% delle vittime di Hiroshima e Nagasaki , erano coreane.
I coreani si aspettavano che alla fine della guerra avrebbero conquistato la sovranità sull’intero territorio. Non avevano messo in conto da un lato il disegno strategico della Cina comunista, che non poteva tollerare forze armate in funzione anticinese ai suoi confini, e dall’altro l’imperialismo americano. All’Unione Sovietica poteva andar bene la divisione della Corea in due sfere di influenza per avere mano libera altrove. La strategia statunitense puntava a garantirsi un ombrello e una testa di ponte funzionale allo sviluppo di un Giappone docile, scelto come punta avanzata della penetrazione commerciale e strategica nel Pacifico e nell’Est asiatico. Gli interessi in gioco erano enormi, la posta era la sopravvivenza, non c’era spazio per due. La contrapposizione dei blocchi e la guerra fredda portarono quindi nel 1948 a due paesi separati, retti da regimi schierati con la potenza che aveva occupato la zona alla fine del conflitto, russi a nord, statunitensi a sud. Quindi un governo comunista nella Corea del Nord e un governo democratico secondo il modello occidentale capitalista nella Corea del Sud. Il 12 dicembre 1948 con la risoluzione 195 l’Assemblea dell’Onu riconobbe la legittimità del governo della Corea del Sud come l’unico rappresentante dell’intero popolo coreano.
L’autoritarismo e le vessazioni del regime comunista nella Corea del Nord sono noti, meno note sono le ondate di violenza nella Corea del Sud dove il presidente Syngman Rhee governò con il beneplacito americano. Nelle elezioni presidenziali del ’48 parte della popolazione si sollevò per rinviare le elezioni che avrebbero sancito la divisione della Corea, reagivano alla tendenza diffusa di affidare gli incarichi pubblici ad ex-collaborazionisti dei giapponesi che avevano letteralmente schiavizzato per decenni la penisola. Si formarono dei comitati di autogoverno in cui la componente comunista era in netta minoranza. Per tutta risposta il campione Syngman Rhee fece massacrare nell’isola di Jeju 14mila persone accusate di essere la quinta colonna dei comunisti. Nel ’49 sterminò 60mila contadini affamati. Le torture erano all’ordine del giorno. Stime per difetto parlano di 100mila uccisi. Il regime del terrore fu fatto passare come il baluardo della libertà occidentale.
L’esercito della Corea del Nord oltrepassò il confine provvisorio del 38° parallelo per invadere la Corea del Sud il 25 giugno 1950. Fu l’inizio della guerra di Corea.
La guerra di Corea
Nei primi mesi i nordcoreani superiori per numero e risorse furono in netto vantaggio, gli avversari non avevano messo in conto un’operazione del genere. L’Onu diede mandato ad una forza internazionale, guidata dagli Stati Uniti con la partecipazione di altri 17 paesi, ad intervenire per fare rispettare le decisioni dell’Assemblea. Da ottobre del 1950 le truppe statunitensi sotto il comando di MacArthur sferrarono una controffensiva che portò gli alleati a invadere la maggior parte di territorio della Corea del Nord. I generali statunitensi in un eccesso di ottimismo annunciarono alle truppe che il conflitto sarebbe finito entro la fine dell’anno.
MacArthur in quella circostanza fece una valutazione errata che avrebbe avuto enormi ripercussioni. Nonostante fosse ben informato che i cinesi avevano concentrato più di 800.000 soldati al confine, fu convinto che non sarebbero intervenuti. Volle ignorare persino gli avvertimenti dei cinesi tramite l’ambasciatore indiano a Pechino. È probabile che MacArthur confidasse anche nelle notevoli tensioni tra russi e cinesi. Stalin infatti aveva dissuaso il dittatore nordcoreano Kim Il-Sung ad intraprendere la guerra. Nonostante i tentativi di Mao, Stalin si tenne abbastanza fuori, assicurò soltanto il supporto logistico. Il motivo principale dell’interesse cinese era di evitare che l’intera Corea diventasse un avamposto americano. L’egemonia statunitense in Estremo Oriente ne sarebbe uscita consolidata ponendo serie ipoteche sulla sopravvivenza del regime cinese. In altri termini lo scontro non era soltanto politico ed ideologico, la posta era strategica, la sovranità da una parte e la presenza, in prospettiva la penetrazione, dall’altra in uno scacchiere di primaria importanza.
La situazione precipitò prima della fine del 1950. La controffensiva cinese fu inarrestabile, i nordcoreani riuscirono a riprendere il territorio sino al 38° parallelo. MacArthur chiese a Truman di potere usare l’atomica. Per fortuna Truman respinse la richiesta farneticante che avrebbe portato ad un allargamento del conflitto su vasta scala. Si tenga presente che i russi disponevano da un anno dell’atomica. MacArthur rivolse critiche pesanti al presidente. Fu sostituito dal generale Ridgway che alle capacità del militare univa le doti del politico. Maturava già nel 1951 l’idea di trattare; i più favorevoli erano Stalin e Truman.
Le perdite economiche e le perdite di militari costrinsero statunitensi e cinesi a trattare l’armistizio mentre le due Coree si opponevano. L’armistizio venne firmato il 27 luglio 1953. Lasciò pressoché invariata la situazione preesistente al conflitto, con due paesi separati dal 38° parallelo e una zona demilitarizzata. L’intransigenza delle due Coree non permise di sottoscrivere il trattato di pace.
Quella che era iniziata come una campagna di breve durata e di perdite limitate fu una guerra in piena regola con il rischio di trasformarsi in un conflitto nucleare.
Il bilancio fu il seguente. Tra i civili: 1 milione di nordcoreani e 500mila sudcoreani morti; tra i militari degli alleati: 107.000 morti e dispersi, 275.000 feriti; tra nordcoreani e cinesi: 360.000 morti, 680.000 feriti secondo le stime cinesi.
A confronto con la seconda guerra mondiale sono evidenti per la guerra di Corea la scarsa disponibilità di informazioni e l’esigua produzione di fictions, documentari e romanzi. Si evita per quanto possibile di parlarne a ovest e a est. Se le guerre in generale presentano aspetti strani nella loro esecrabilità, quella di Corea si distingue nella conferma. Non fu mai dichiarata né formalmente è mai cessato lo stato di belligeranza, non c’è stato un trattato di pace tra le parti coinvolte.
Le ripercussioni furono vaste e di vasta portata. Gli insuccessi americani furono la causa principale della stagione del maccartismo e della caccia alle streghe. Alla presidenza degli stati Uniti andò un militare, Eisenhower. Il complesso militare-industriale da quel momento proseguì con un processo spiraliforme ancora in atto. A est le divergenze ideologiche tra l’orientamento stalinista e quello maoista arrivarono quasi allo scontro.
Tra tante ricadute negative la guerra di Corea servì però ad impedire l’attuazione di un piano; gli episodi a cui si ispira in parte il film, di guerra aerea, ebbero un ruolo centrale. Ci spiegheremo meglio, dato che l’argomento è relativamente poco noto per l’importanza enorme che ebbe.
Il crollo della certezza di godere della supremazia in campo militare fu il principale fattore che portò ad avviare dal 1951 la revisione e l’abbandono graduale del cosiddetto Piano Dropshot elaborato dai vertici militari americani. Gli obiettivi principali del piano erano l’attacco nucleare statunitense contro l’Unione Sovietica con 300 atomiche, 20mila tonnellate di bombe. Gli obiettivi previsti erano 200 dislocati in un centinaio di aree urbane, in testa Mosca e Pietroburgo (allora Leningrado). Sarebbe poi seguita un’invasione terrestre. La data prevista era il 1957, non era possibile anticipare in relazione alla disponibilità di un numero sufficiente di testate (si badi che il piano fu concepito nel 1949). Fu proprio la superiorità dei Mig nei combattimenti aerei in Corea a dimostrare che il piano, basato su una presunta limitata capacità di difesa aerea sovietica, non poteva funzionare.
Nella guerra di Corea i Mig furono pilotati da russi sotto false flag, inquadrati nel 176° reggimento aereo. La notizia del Sun sembrerebbe uno degli articoli ad effetto per i quali il rotocalco è noto, se non fosse che il piano è stato declassificato nel 1977 e reso disponibile, è anche acquistabile in libreria. Il lettore che ha avuto la coraggiosa pazienza di arrivare sin qui merita una considerazione supplementare: indichiamo infatti il link ad un sito specializzato dove potrà trovare di tutto sul Dropshot Plan.
Apprezzammo nel 1964, comodamente accovacciati in una poltrona al buio, la proiezione del Dottor Stranamore. Altro che commedia grottesca ! Incidentalmente, chi scrive si va vieppiù convincendo che certe fiction, capaci di scorgere in filigrana fatti a venire o documenti top secret molto prima che vengano desecretati, non sono soltanto brillanti intuizioni o capacità divinatorie del genio artistico. Non si può escludere che tali doti vengano fecondate da qualche leggera brezza, da qualche spiffero di quell’insostenibile leggerezza dell’intelligence i cui intenti rimangono insondabili perfino agli addetti. Le coincidenze cominciano a essere numerabili.
Il film
La scelta di affidare la regia al canadese Mark Robson da parte della Paramount fu azzeccata. Il film, largamente ispirato all’omonimo romanzo The Bridges at Toko-Ri di James Michener, vincitore del Pulitzer per la narrativa nel 1948, ebbe un notevole successo al botteghino. Vinse l’oscar ai migliori effetti speciali nel ’56. Pure la critica lo accolse favorevolmente.
Anche se fu ben confezionato come uno dei classici polpettoni hollywoodiani , con un cast di sicura presa, grazie all’interpretazione di attori del calibro di William Holden, di una gradevole e brava Grace Kelly , di Mickey Rooney, andò oltre il prodotto di largo consumo. In quegli anni era impensabile una conclusione non a lieto fine, così come non erano tollerate le espressioni di disincanto verso la guerra o di critica ai vertici militari. Tali posizioni critiche erano manifestate, si capisce, senza esagerare: rammentiamo che il maccartismo non era ancora finito e l’establishment militare era in netta ascesa.
Narra delle vicende di un ufficiale dell’aviazione di marina, Harry Brubaker, riservista, richiamato in guerra. Gli viene ordinato di partecipare al bombardamento per la distruzione di alcuni ponti nella Corea del Nord per tagliare le vie di rifornimento nemiche. L’operazione riesce, ma il comandante della squadriglia vuole andare oltre e aggiungere un altro obiettivo non autorizzato. L’aereo di Brubaker viene colpito, riesce a sopravvivere. Va in suo soccorso il simpatico Mike Forney con l’elicottero che però viene abbattuto. Brubaker e Forney combattono contro i nordcoreani e vengono uccisi.
Le vicende narrate nel romanzo e nel film furono riferite a personaggi reali e ad azioni che ebbero luogo durante la guerra ma non secondo le dinamiche narrate dal film.
Agli eventuali curiosi o agli studiosi di strategia, segnaliamo l’ articolo Behind the bridges of Toko-ri di un protagonista, il professore Richard Kaufman, il breve saggio sulla Strategia di interdizione ed il resoconto dello storico militare Hollway.
[Riccardo Gullotta]