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(Procession)


[1972]
Album: Frontiera
[[https://img.discogs.com/xU4awRbkfayFHJ29YmBLjqZmtWg=/fit-in/600x655/filters:strip_icc():format(jpeg):mode_rgb():quality(90)/discogs-images/R-2262799-1361547376-1469.jpeg.jpg|Album Cover]

Con un originale logo in perfetto stile fumettistico la label Help! viene fondata sul finire degli anni sessanta dal musicista-produttore Gianni Dell’Orso, figura di spicco dell’entourage della RCA Italiana nonché patron della GDM Music (progetto tutt’oggi attivo specializzato in soundtracks). Contraddistinto dalla presenza di band di provenienza teutonica (dalla psichedelia dei bavaresi Sub al beat targato Hamburg dei Rattles) il catalogo a 33 giri Help! conta solo dieci titoli (le pubblicazioni si interruppero definitivamente nel 1975) anche se tra questi gli ultimi due lavori in ordine cronologico risultano meritevoli di molto più di una semplice considerazione. Distribuiti nel 1972 gli album in questione portano la firma di due formazioni legate al fervido scenario pop italiano (anche se in seguito il contesto al quale appartengono verrà ridefinito prog): Quella Vecchia Locanda e Procession. “Non è grossa, non è pesante la valigia dell’emigrante. C’è un po’ di terra del mio villaggio per non restare solo in viaggio“. (La Valigia dell’Emigrante – Filastrocca di Gianni Rodari, 1952).
Angoli arrotondati e due piccole maniglie nere flessibili. Una copertina a forma di valigia sulla quale è impressa l’immagine di un quotidiano ripiegato ed avvinto con uno spago al logoro bagaglio. “Il Nordista del Sud ha vinto la sua battaglia” la scritta che campeggia sulla prima pagine del giornale, un eloquente messaggio grafico con il quale i piemontesi Procession fanno capolino sul mercato discografico. Simbolo per antonomasia dell’immigrazione, “la valigia con lo spago” è il biglietto da visita di “Frontiera” (1972), album che narra di complessi processi d’integrazione e distacchi da lande natie, tematiche di quanto mai drammatica attualità nella industrializzata Torino delle automobili. Tra i molti complessi esordienti che prendono parte, nell’estate 1972, alla tre giorni del Festival Pop di Gualdo di Macerata i Procession vengono notati da Pino Tuccimei, già manager della “prima era” Pooh, che decide di curarne la produzione. Affidata alla moglie del discografico romano la stesura delle liriche (la stessa Marina Comin sarà artefice anche dei testi di “Per… Un Mondo di Cristallo” dei Raccomandata Ricevuta di Ritorno) il quintetto formato da Gianfranco Gaza (voce), Angelo Girardi (basso), Gianfranco Capello (batteria) e i chitarristi Marcello Capra e Roby Munciguerra effettua il suo ingresso negli studi capitolini Globe Records nell’ottobre 1972 per registrare – in una sola settimana – il proprio debut act discografico. “Ancora una notte e il treno partirà. Ma questa sera non riesco a dormire. Lascio la mia casa e l’anima quaggiù, ma chissà un dì io vi ritornerò. Vivo o morto non so, ma qui io finirò“.
Mentre nelle sale cinematografiche Lina Wertmüller sintetizza le traversie di un immigrato siciliano al Nord (magistralmente interpretato da Giancarlo Giannini) attraverso i fotogrammi di “Mimì Metallurgico ferito nell’onore”, sul finire del 1972 i Procession rilasciano alle stampe un’opera prima che altresì rivolge la propria attenzione su esodi carichi di aspettative, metropoli ammantate di pregiudizi e gente straniera nella propria terra. ”Frontiera” è un concept frammentato in sette movimenti all’interno del quale è il falsetto incontaminato di Gaza, futuro vocalist nel “Giro di Valzer per Domani” (1975) degli Arti & Mestieri, ad incarnare i tormentati pensieri del protagonista della vicenda. In bilico tra orditi acustici ed aggressive intuizioni hard prog, ricorrendo a liriche semplici spesso al limite dell’ingenuità, il disco ripercorre le tappe di uno dei tanti “spostamenti interni” del periodo, quasi sempre una desolata risalita della penisola verso le aree della grande fabbrica moderna del settentrione. L’incertezza del domani, il dolore del distacco, la speranza di un ritorno si condensano nella traccia d’apertura Ancora una Notte, tormentato tourbillon di agitati pensieri alla vigilia della “fatidica partenza“.
Abbozzate da una tarantella-rock in stile marconiano, le rotaie e le fantasie di Uomini e Illusioni (“Treno corri lontano, porti uomini e illusioni. Dei robot di pasta umana che il lavoro abbruttirà“) trascinano il malinconico passeggero a destinazione, alle porte della Città Aperta (“Tu di certo, non sai che ho lasciato i miei grandi amori. Una madre, una donna, forse la gioia di vivere. Ma la speranza fa vivere e di questa speranza vivrò“) traccia offuscata da dolenti soli di sei corde che precede i riflessi mediterranei di tamburello e mandolino in Incontro. I reiterati inviti ad una apertura nei confronti del prossimo non riescono a mitigare il profondo senso di malessere indotto dalla nuova dimensione; le evoluzioni del mellotron del “Corvo” dei Raccomandata Ricevuta di Ritorno (pubblicamente ringraziato in copertina come il barman Luigi Filippo per i cappuccini) dipingono in Anche io Sono un Uomo la lucida consapevolezza di quanto possa risultare astruso erigere legami sinceri quando si è distanti dalle proprie radici (Un Mondo di Libertà). Una sempre più crescente alienazione che finirà per confluire in sentimenti di rassegnazione e rifiuto della quotidianità. (“Vorresti essere a casa, ma non puoi ripartire senza quella fortuna per cui tu sei partito“) sino alla metamorfosi definitiva in Un’Ombra che Vaga per le vie di una città dannatamente estranea. “Ti guardi intorno per cercare di capire dove andrai senza un solo amico. C’era chi ti ha offerto il cuore. Non l’hai capito. Di nuovo Solo con la grande città“.
magazzini inesistenti
Città grande, son qua
Cosa mi riserverai?
Tu di certo non sai
Che ho lasciato i miei grandi amori
Una madre, una donna
Forse la gioia di vivere
Ma la speranza fa vivere
E di questa speranza vivrò

Chissà se mai verrà
Giorno in cui gente come me
Non dovrà, non dovrà partire
Per potere lavorar
Quel giorno festa sarà
Festa per gente come me
Stranieri noi non saremo
Ma lì, dove il seme ci creò

envoyé par Alberto Scotti - 29/7/2020 - 03:31




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